Patto con lo sceicco (eLit): eLit
By Maisey Yates
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Elegante, bella e posata, il compito di Olivia è insegnare a Tarek la sottile arte della politica, ma la vita accanto allo sceicco scatena in lei una passione incontrollata e primitiva che non avrebbe mai immaginato di poter provare. E ben presto Olivia si rende conto di essere ormai indissolubilmente legata al suo re guerriero.
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Patto con lo sceicco (eLit) - Maisey Yates
978-88-5899-908-0
1
Lei era fragile. Pallida. I capelli biondi raccolti in un elegante chignon. Probabilmente, le maniche lunghe del vestito e l'orlo che sfiorava il pavimento tentavano di proteggere la sua pelle europea dal forte impatto del sole di Tahar.
Non sarebbe servito a nulla. Pochi istanti all'aperto, nell'ambiente in cui lui aveva trascorso gli ultimi quindici anni, e sarebbe morta.
Come un giglio bianco che inaridisce sulla sabbia, si sarebbe trasformata in polvere per essere spazzata via dalla prima brezza calda.
Chiunque fosse il consigliere che l'aveva ritenuta una moglie adatta per lo sceicco di Tahar, doveva essere rimosso dall'incarico.
In fatto di personale, le esigenze di Tarek non erano quelle di Malik. Come diventava sempre più evidente di giorno in giorno.
Un'alleanza politica. Così era stato definito il potenziale matrimonio. Dal momento che Tarek non ne sapeva nulla di politica, era stato più che contento di valutare le possibilità di quell'unione.
Vedendo la donna, però... No, non avrebbe retto.
«Portatela via» disse.
Lei alzò la testa, lo sguardo dolce ma risoluto. «No.»
«No?» chiese Tarek incredulo.
«Non posso andarmene.»
«Certo che puoi. Per la stessa strada da cui sei venuta.» Era lui che non poteva andarsene. Che non poteva tornare nel deserto.
Lui, che era stato costretto all'isolamento per gran parte della propria vita e ora doveva trovare il modo di governare una popolazione di milioni di persone.
Osservò il portamento regale della donna, i tratti aristocratici del viso. Non si era neppure dato la pena di memorizzarne il nome.
Di certo gliel'avevano detto quando, due settimane prima, l'avevano informato dell'arrivo di una principessa europea che voleva offrirsi in sposa. Il cervello però non aveva trattenuto quel dato.
Il nome non era essenziale, quindi l'aveva scordato.
«Lei non capisce, mio sceicco» continuò la donna. La voce ferma echeggiava nell'ampia sala del trono.
A Tarek piaceva la sala. Gli ricordava una grotta.
«Ah no?» le chiese, ancora poco abituato al titolo.
«No. Non posso tornare ad Alansund senza la garanzia dell'unione. Anzi, sarebbe meglio che non ci tornassi affatto.»
«Perché?»
«Là non c'è posto per me. Non sono di sangue reale. Non sono neppure nata in quel Paese.»
«No?»
«Sono americana» disse. «Ho conosciuto mio marito... il mio defunto marito, il re, quando andavo a scuola. Adesso è morto. Gli è succeduto il fratello, che vuole prendere moglie. Non me, per fortuna. Ma ha stabilito che il mio valore è in un matrimonio dinastico all'estero. Dunque... eccomi qui.»
«Il tuo nome» chiese Tarek.
La donna batté le palpebre. «Non lo sa già?»
«Non ho tempo per le cose futili e dal momento che non intendo tenerti, il nome non mi sembrava importante. Ma adesso voglio saperlo.»
La donna alzò il mento, l'espressione altera. «Mi perdoni, Sua Altezza, ma in gran parte degli ambienti il mio nome non è considerato futile. Sono la regina vedova Olivia di Alansund. E pensavo che avremmo discusso dei pro e dei contro del matrimonio.»
Tarek si lisciò la barba. «Non sono del tutto convinto che ci siano dei pro in un matrimonio.»
«Allora, perché sono qui?»
«I miei consiglieri pensavano mi sarebbe stato utile parlare con te. Non ho ancora deciso.»
«C'è un'altra donna che preferisce?»
Non sapeva bene come rispondere alla domanda. Era un pensiero estraneo. Le donne non avevano mai fatto parte della sua vita. Del suo esilio. «No. Perché lo chiedi?»
«Le serve un erede, immagino.»
Non aveva torto. Tarek era l'ultimo discendente della famiglia al-Khalij. Tutto ciò che rimaneva di una stirpe un tempo potente. Accidenti al fratello che non aveva preso moglie! E che non aveva procreato. Ora sarebbe toccato a lui e nulla l'aveva preparato a quel compito. Anzi, gli avevano detto che la famiglia era una debolezza per uno come lui. Dapprima lo avevano indotto a liberarsi dei desideri della carne. Perché per proteggere il Paese doveva diventare più di un uomo. Doveva trasformarsi nella pietra che cresceva nell'arido e impervio deserto. E ora gli chiedevano di tornare a essere sangue e ossa. Un'impresa ardua.
Ma lui era tutto ciò che rimaneva fra Tahar e i suoi nemici. Fra la nazione e la rovina. Per lungo tempo era stato la spada della nazione, ora ne era il sovrano. Un compito a cui non poteva sottrarsi.
«Prima o poi.»
«Con tutto il dovuto rispetto, sceicco, il mancato concepimento di un erede è il motivo per cui io e lei oggi ci troviamo qui. Io non sono riuscita ad averne con mio marito, come del resto suo fratello. Perciò sono stata deposta. Mio cognato non ha interesse a prendermi in sposa, né io a unirmi a lui. E lei occupa il trono che sarebbe spettato a un suo nipote. Se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi anni, è che indugiare nel procreare può costare caro.»
Tarek si appoggiò allo schienale, i muscoli indolenziti. Un mese a palazzo non gli era bastato per abituarsi all'arredamento moderno. Le posizioni che lo costringevano a tenere gli sembravano innaturali.
A prima vista quella regina, Olivia, gli era sembrata una donna fragile. Cominciava a chiedersi se non si fosse lasciato ingannare dalle apparenze. Eppure non era così ingenuo.
Aveva trascorso nel deserto talmente tanti anni, che sapeva bene di non potersi fidare dei soli occhi. I miraggi non erano leggende.
Era molto più probabile trovare sabbia, nel deserto, che sollievo dalla calura. E tuttavia, quando il capo della tribù dei beduini, con i quali aveva vissuto per un periodo, gli aveva portato la notizia della morte di Malik, era stato piuttosto riluttante a tornare.
Che cosa poteva offrire al Paese in qualità di diplomatico? Quel Paese che era parte della propria anima. Una nazione devastata dal malgoverno del fratello. Dalla perdita dei genitori, tanti anni prima, uccisi dai proiettili di un assassino.
Quel Paese che aveva giurato di proteggere a tutti i costi. Perché era tutto ciò che gli era rimasto. Il trono, la protezione di Tahar, erano i motivi per cui i genitori avevano perso la vita.
Gli stessi motivi per cui lui era tornato. Per cui doveva governare e guarire la nazione messa in ginocchio da Malik.
Per quanto sgradito gli fosse, dunque, doveva considerare i vantaggi del prendere moglie. Una che colmasse le sue lacune.
«La tua osservazione è molto pertinente. Eppure, io ho altre opzioni. Per lo meno, ho dimostrato di essere molto più difficile da uccidere rispetto a mio fratello.»
La donna alzò un sopracciglio. «Qualcuno sta forse tentando di provare il contrario? La sicurezza è fondamentale per me. Se lei ha nemici, credo sia meglio evitare di mettere me stessa, o un potenziale figlio, in quel tipo di situazione.»
«Apprezzo l'interesse che hai per la sua persona. Tuttavia, la morte di Malik è stata un puro incidente. Non ci sono nemici. Se anche li avesse avuti, li ha castigati a dovere. Non ne è rimasto nemmeno uno.»
«Quel modo di governare, in realtà, ne crea molti. Sono solo messi a tacere. Speriamo che lei non debba sopportare lo sfogo della loro rabbia.»
«Io non sono mio fratello. Non intendo seguire il suo esempio.» Al contrario. Voleva governare per il popolo, non per se stesso. Malik aveva intimidito le masse. Ignorato l'economia. Chiuso gli occhi mentre la gente moriva di fame. Aveva speso soldi per feste sfarzose e comprato gioielli e attici per la sua ultima cortigiana. Aveva servito solo la propria lussuria e Tarek non intendeva seguire le sue orme.
Molto meglio detestare il potere, che bramarlo. Come aveva fatto il fratello fin da ragazzo e come Tarek aveva scoperto da quando era tornato a palazzo.
Quell'uomo era un assassino. Fortuna che era morto.
Olivia fece un lento cenno col capo. «Capisco. I cambiamenti possono comportare problemi.»
«Ne parli come se ne avessi esperienza.»
Un sorriso le illuminò il viso. Era una creatura raffinatissima. A lui estranea. Tarek aveva passato pochissimo tempo in compagnia femminile, meno che meno di donne simili.
Le femmine che popolavano gli accampamenti beduini erano forti, abituate alla vita dura. Non erano come quell'esemplare ridicolo e inutile che aveva di fronte. Slanciata, snella, con un collo troppo lungo e fragile. Sembrava potesse rompersi facilmente.
«Mio marito ha fatto diversi cambiamenti quando è salito al trono. È stato responsabile di gran parte della modernizzazione. Alansund era uno dei Paesi più antiquati della Scandinavia e re Marcus ha fatto molto per cambiarlo.» Deglutì, muovendo quella deliziosa gola poco funzionale. «I cambiamenti sono sempre dolorosi.»
«E la tua nazione sta affrontando un altro cambiamento. Un nuovo re.»
«Sì. Anche se sono sicura che Anton farà del proprio meglio per il bene della patria. È un brav'uomo, mio cognato.»
«Ma non abbastanza per sposarlo?»
«Ha una relazione con un'altra donna e vuole sposare lei. E comunque, è un tantino biblico prendere la moglie del fratello morto. Senza contare che a me non andava bene.»
Tarek non capiva perché la cosa le fosse tanto sgradevole. Cercò di immaginarsi come sarebbe stato se Malik avesse avuto una moglie. Non gli sembrava peggio di un qualsiasi altro modo di procurarsi una sposa. Che importava a chi era stata sposata la donna?
D'altra parte, doveva anche ammettere la propria ignoranza in fatto di relazioni fra uomini e donne. Forse era una di quelle cose che gli sfuggivano a causa della natura singolare della propria esistenza.
«È stato lui a mandarti qui? Tuo cognato?»
Olivia annuì e fece un passo avanti. Il rumore dei tacchi sul marmo lo colpì. Qualcosa a che fare con lo stile delle calzature a tacchi alti. Intrigante. Insolito.
«Sì. Ha pensato che lei potesse avere bisogno di una regina. E da noi ce n'era una di troppo.»
Tarek riconobbe uno strano umorismo in quell'affermazione. Avrebbe potuto ridere, se fosse stato un uomo abituato a quel genere di cose. Ma aveva dimenticato come si faceva.
«E a noi ne manca una. Capisco che vi possa essere sembrata una soluzione logica. Purtroppo, credo di non essere nella posizione di prendere i voti coniugali. Ora, ce la fai a trovare l'uscita da sola o ti faccio accompagnare dalle guardie?»
Olivia non riusciva a ricordare l'ultima volta che era stata respinta. O forse sì. In realtà Anton l'aveva fatto, mandandola in una terra straniera a vantaggio di Alansund. Non aveva senso arrabbiarsi, però. Lei non aveva sangue reale. Non aveva dato alla luce eredi. La vita di palazzo era così. Nulla di personale.
Il benessere del Paese innanzitutto. Sposando Marcus, aveva giurato fedeltà alla propria patria adottiva. Non poteva venire meno, ora che lui non c'era più.
Inoltre, quello era il secondo incontro che Anton le organizzava. Il primo era stato con un diplomatico di Alansund che avrebbe preso residenza negli Stati Uniti. Visto che lei era americana, aveva senso.
Olivia però non era entrata in sintonia con quell'uomo. E l'idea di tornare in America le era parsa una sorta di regressione. Voleva qualcosa di nuovo.
Poi era giunta la notizia della morte di Malik e che a Tahar si era insediato un nuovo sceicco. L'occasione perfetta per forgiare un'alleanza con un Paese a lungo isolato, ma ricco di petrolio e di altre risorse.
Anton glielo aveva chiesto e lei aveva accettato. L'aveva deluso una volta, non sarebbe accaduto di nuovo. Nonostante sapesse che il nuovo sceicco era cresciuto nel deserto, però, aveva immaginato... qualcos'altro. Non si era certo aspettata quell'uomo.
La sua presenza sembrava riempire tutta la sala dell'energia ferina che emanava. Non era il tipo di reale a cui era abituata. Il marito e il cognato erano uomini acculturati. Sceglievano con attenzione le parole, indossavano i completi con precisa meticolosità, possedevano una bellezza aristocratica talmente intensa da essere letale.
Lo sceicco Tarek al-Khalij non mostrava nessuna di quelle qualità. Sembrava più animale che uomo. Se ne stava seduto sul trono con una mano sul mento e l'altra stretta al bracciolo. Le gambe aperte, una tesa in avanti, l'altra infilata sotto la poltrona.
Non era bello.
Con quella sua tunica anonima e i pantaloni di lino, i lunghi capelli neri tenuti indietro da un cordino di cuoio e la barba nera che gli nascondeva i lineamenti, era molto lontano dall'essere bello.
Eppure, era affascinante.
Aveva occhi di onice, piatti e infiniti. Occhi che valutavano. Olivia non riusciva a smettere di fissarli.
Per molti versi, il rifiuto la sollevò. Non era ciò che aveva accettato. Aveva visto alcune foto del regnante precedente. Era un uomo acculturato, bello allo stesso modo di Marcus.
Un uomo come quello era disposta a prenderlo. Ma non uno