Un milionario dal passato: Harmony Jolly
By Cara Colter
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About this ebook
David Blaze, CEO di una importante società d'investimenti, torna a Blossom Valley solo per andare a trovare sua madre; se fosse per lui questo capitolo della sua vita sarebbe già stato chiuso da tempo. Ehi, un momento ma che cosa sta succedendo a quella ciclista? Perché gesticola in quel modo e soprattutto perché si schiaffeggia convulsamente le gambe? E che gambe! No, non ci credo, ma è Kayla! David non può fare finta di niente, deve scendere dall'auto, forse la ragazza ha bisogno d'aiuto. Kayla sembra ancora la ragazza di cui tanto tempo prima si era follemente innamorato. Forse, fare un tuffo nel passato non sarà così male.
Cara Colter
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Un milionario dal passato - Cara Colter
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Millionaire’s Homecoming
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2014 Cara Colter
Traduzione di Giovanna Cavalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-250-5
1
Blossom Valley. In un mondo che correva sempre più veloce, pensò David Blaze con un filo di sarcasmo, la cittadina in cui era nato invece non cambiava mai.
Costruita su un’ampia insenatura del lago Ontario, era una classica e affollata località di villeggiatura estiva, dove i ricchi canadesi cercavano scampo dall’afa opprimente di luglio.
La strada da Toronto – due ore, con la sua nuova spider grigio perla decappottabile del 1957 – si snodava piacevolmente tra dolci colline verdi punteggiate di bestiame ben pasciuto, granai rossi un po’ sbiaditi, bancarelle di frutta stagionate dalle intemperie e sonnacchiose stazioni di servizio che ancora vendevano bibite gassate in spesse bottiglie di vetro.
Una volta arrivati, si veniva accolti dalla via principale di Blossom Valley, con i suoi maestosi edifici vittoriani. Il più antico, che adesso ospitava un negozio di antiquariato, sfoggiava una bella targa di bronzo a ricordare che era stato innalzato nel 1832. Ogni bottega era stata restaurata e conservata con amore e dalle finestre bianche all’inglese pendevano allegre cascate di petunie multicolori.
Purtroppo chi aveva realizzato Main Street – senza dubbio uno degli antenati di David – l’aveva pensata per i calessini trainati da cavalli, troppo stretta per le auto, nel migliore dei casi. Al momento era intasata dal consueto ingorgo di vacanzieri.
Da quando se n’era andato, appena finito il liceo, David tornava soltanto per qualche visita occasionale, ma come tutti i vecchi residenti detestava cordialmente il traffico causato dalle orde di turisti.
Un tempo c’erano due ragazzini indisciplinati in bicicletta che zigzagavano tra le auto, ridendo degli automobilisti inviperiti che suonavano il clacson...
David scacciò via il ricordo. Questo era il guaio di restare imbottigliati a Blossom Valley. A Toronto non era poi un grande problema, visto che aveva un autista a sua disposizione ventiquattr’ore al giorno, per cui durante il tragitto ne approfittava per fare qualche telefonata o per smaltire la posta elettronica sul pc.
Da quando era a capo della Blaze Enterprises, la sua società di investimenti con base a Toronto, David nella vita e nel lavoro viaggiava a una sola velocità: acceleratore a tavoletta. La sua posizione di responsabilità, grazie al cielo, non gli lasciava troppi momenti di vuoto per rimuginare su un passato scandito da molti dolori e che non poteva più essere cambiato.
Proprio in quel frangente, come per impedirgli di cancellare l’immagine di quei due ragazzini in bicicletta, pochi metri più avanti, scorse una ragazza in sella a una bici che si destreggiava nel traffico con la disinvoltura tipica di una del posto.
Pedalava su una due ruote color rosso scuro, un modello vecchio stile, con maniglie alte e un cestino appeso al manubrio. Portava una gonna di cotone bianco lunga al polpaccio. I raggi del sole di mezzogiorno, filtrando attraverso il tessuto leggero, svelavano in controluce le gambe lunghe e affusolate.
La canottiera era in tinta con la bicicletta. Le spalle sottili erano già dorate dal sole. In testa aveva un largo cappello di paglia con un nastro bianco che le scendeva lungo la schiena.
Nel cestino c’era un cagnolino dal pelo raso color beige, forse un cucciolo, che si guardava intorno con aria un po’ spaurita, tra un cespo di lattuga verde e un mazzo di girasoli.
Componevano un quadretto così grazioso e innocente, che per qualche attimo David frenò la propria impazienza. La ragazza aveva persino un che di familiare, forse nella forma delle spalle o nel modo in cui teneva la testa.
David trattenne il respiro.
Possibile che...
Poi lei si voltò e la vide brevemente in viso.
Kayla?
Un colpo di clacson rivolto a un pedone distratto lo riscosse. David riportò l’attenzione sul traffico.
No, non poteva trattarsi di Kayla. Era solo una suggestione. Tornare a casa risvegliava in lui una certa inevitabile malinconia. Per l’età dell’innocenza ormai svanita. Per il suo migliore amico che non c’era più.
E per lei, Kayla. Il primo amore, quello mai vissuto e subito perso.
Rattristato, David alzò il volume dello stereo. Se avesse proseguito dritto per quella strada, dopo altri sei isolati, sarebbe arrivato a Gala Beach, la celebre spiaggia sul lago di Blossom Valley, così chiamata non perché ci si tenessero dei ricevimenti, ma in onore di una qualità di mele che si coltivava da quelle parti.
Erano passati dieci anni da quando faceva il bagnino su quella spiaggia, eppure David Blaze provò lo stesso vuoto allo stomaco quando in lontananza intravide lo scintillio del lago illuminato da sole.
Detestava tornare a casa.
Svoltò a sinistra per Sugar Maple Lane. La differenza con i colori e il frastuono di Main Street era incredibile. Qui regnava una pace silenziosa e gli ampi marciapiedi erano costeggiati dagli aceri secolari che davano il nome alla via. Lontane dalla strada e protette da giardini ben curati, si susseguivano una dopo l’altra le graziose villette vittoriane, con solide colonne bianche e verande ombreggiate. I divanetti di vimini imbottiti di cuscini rigonfi e colorati gli ricordarono il tè freddo e zuccherato bevuto nei pomeriggi caldi d’estate.
Ed ecco di nuovo la ragazza con la bicicletta che pedalava tranquilla davanti a lui. Era perfetta in quella scenografia d’altri tempi, che invitava a rallentare la corsa frenetica e ad assaporare la vita.
David si accigliò. C’era davvero qualcosa di familiare in lei...
La serenità della scena fu spezzata all’improvviso.
La ragazza lanciò un piccolo grido e saltò giù dalla bici che cadde a terra, spargendo girasoli sul selciato. Il cagnolino, sbalzato fuori dal cestino, sfrecciò via con la codina tra le gambe.
Nel frattempo la sua padrona gesticolava come se fosse impazzita, schiaffeggiandosi sia le gambe sia le braccia. Per qualche istante David lo trovò divertente, poi però si rese conto che c’era qualcosa di disperato in quella folle danza.
Il cappello le scivolò via e i capelli castano chiaro le ricaddero sulle spalle, lucidi e dritti. La luce che filtrava tra i rami degli alberi li accendeva di riflessi dorati.
David provò la stessa sensazione di vuoto allo stomaco per la seconda volta in un paio di minuti.
Ti prego, no.
Inchiodò in mezzo alla strada. Si scaraventò giù dall’auto senza nemmeno curarsi di chiudere lo sportello e corse verso la ragazza che intanto continuava a battersi le mani sulle cosce attraverso il tessuto leggero della gonna.
La sua ombra si proiettò sull’asfalto accanto a lei, che si immobilizzò e lo guardò in viso.
Si era detto che non poteva assolutamente essere lei, eppure il suo istinto l’aveva riconosciuta.
Nonostante il nasino costellato di lentiggini che le dava un’aria sbarazzina e infantile, si trattava di una giovane donna.
Una giovane donna con gli occhi del colore della giada, che gli ricordavano la radura segreta non lontana da lì. Un posto nascosto, sconosciuto ai turisti, dove una spumeggiante cascatella precipitava in un laghetto tranquillo, nel quale si rifletteva il verde delle felci che crescevano fin dentro l’acqua.
Ovviamente non era una qualunque.
Era Kayla McIntosh.
No, si corresse, Kayla Jaffrey.
La prima donna che David avesse mai amato. E perso. A quei tempi però era più una ragazzina che una donna.
Provò la stessa fitta di desiderio di allora. Cercò di convincersi che era una reazione primordiale, di un uomo davanti a una donna attraente.
Ma sapeva benissimo che non si trattava soltanto di questo.
Era il sole di giugno che le faceva uscire le lentiggini sul naso, era Kayla che lo sfidava in sella alla sua bici. Guarda, David, senza mani! Era il riflesso di un falò sui suoi capelli, era l’odore della legna bruciata, erano le stelle che brillavano come puntini di luce nel cielo color inchiostro della notte e che lei sapeva riconoscere una per una.
David Blaze detestava tornare a casa.
«David?»
Per un attimo il terrore di essere stata punta da un insetto venne cancellato dalla mente di Kayla e rimpiazzato da un altro genere di panico. Nel frattempo il suo stomaco era salito sulle montagne russe, come la prima volta che lo aveva visto.
A parte quello, le sembrò che il mondo intorno a lei si fosse fermato, mentre fissava David Blaze come ipnotizzata.
Cercò di dirsi che era lo choc per la puntura – soffriva di un’allergia molto forte alla puntura di insetti – a rendere quel momento sospeso nel tempo. Ma la sua reazione fisica a lui era netta e inconfondibile, come un milione di minuscoli spilli sulle braccia. Desiderio purissimo.
Non era più la donna di ventisette anni che conosceva la durezza della vita, che aveva già sepolto suo marito insieme ai suoi sogni. Le sembrava di avere di nuovo quindici anni, la ragazzina appena arrivata in città, quando aveva visto David e l’aria era carica di magia.
No, si rimproverò. Si era lasciata alle spalle quelle sciocchezze romantiche. Il pizzicore diffuso era solo l’inizio di una violenta reazione allergica.
Eppure, nonostante il fermo ordine impartito a se stessa, Kayla restò a fissarlo sbalordita.
Quando incontrava gli amici di un tempo erano tutti molto cambiati e non in meglio. Aveva incrociato Mike Humes dal ferramenta – uno dei suoi negozi di riferimento, da quando era entrata nel fantastico mondo dei proprietari di casa – e l’ex capoclasse dell’ultimo anno di liceo aveva una chierica da frate così buffa che lei aveva dovuto mordersi un labbro per non scoppiare a ridere.
E Cedric Parson? L’ex star del football aveva aperto il Second Time Around, un bel negozio di antichità che frequentava anche Kayla, sempre con l’idea di arredare la sua casa troppo grande, ma sembrava che si fosse messo un pallone sotto la camicia troppo stretta.
Era divorziato e le aveva chiesto di uscire. Sebbene però fosse vedova da due anni, Kayla non si sentiva pronta per una nuova relazione e forse non lo sarebbe stata mai.
Era cambiata. Anche la severità con cui giudicava i suoi ex compagni di classe diceva qualcosa di lei. Era diventata più dura e forse anche più cinica.
David Blaze era un caso a parte, però. Con gli anni era migliorato, anziché peggiorare. Kayla sapeva chi e cosa era diventato, certo, tutta la città era orgogliosa del suo successo.
Nonostante fosse tornata a Blossom Valley da meno di due settimane, aveva già visto e rivisto la sua foto sulla copertina di Lakeside Life, dato che la rivista era distribuita ovunque, nei supermercati, nei ristoranti e nei chioschi dove si affittavano le barche.
Nell’ultimo numero c’era un lungo servizio sulla Blaze Enterprises e in copertina campeggiava una foto di David, immortalato davanti al complesso residenziale da parecchi milioni di dollari che aveva costruito a Yorkton, il quartiere più esclusivo di Toronto. Anche a un occhio inesperto era evidente che indossava un abito di alta sartoria, che accentuava l’aura di potere e di suprema fiducia in se stesso.
Sebbene Kayla avesse messo in conto che avrebbe finito per incontrarlo prima o poi, visto dove abitava, la foto non l’aveva preparata alla realtà. Dal vivo, David Blaze era uno schianto.
Come era possibile che qualcuno che si occupava di investimenti, presumibilmente seduto dietro una scrivania, avesse ancora quell’inconfondibile struttura fisica del nuotatore, spalle ampie,