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La reputazione del milionario: Harmony Destiny
La reputazione del milionario: Harmony Destiny
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La reputazione del milionario: Harmony Destiny

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Eredi dei Jameson 1/3

Come mantenere il controllo degli interessi di famiglia, riunire i fratelli, ottenere l'agognata eredità e salvare la reputazione compromessa? Il milionario Derrick Jameson ha deciso: coinvolgerà in un finto fidanzamento la sorella del suo nemico. Deve solo conquistarne il cuore, così da carpirle i segreti di famiglia.
Ellie Gold è senza lavoro, e per questo accetta, pur con riluttanza, l'offerta di recitare il ruolo di fidanzata di Derrick. Quando, però, il loro accordo di tenere fuori dalla relazione ogni romanticismo e ogni contatto fisico salta, i due scoprono un'inaspettata e travolgente passione. La loro relazione ora è più che mai reale, anche se impreviste novità e malintesi potrebbero metterla a repentaglio.
LanguageItaliano
Release dateMay 20, 2019
ISBN9788858998052
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    La reputazione del milionario - Helenkay Dimon

    successivo.

    1

    DC Insider: Girano voci che lo scapolo più appetibile e più ostinato di Washington DC – l'uomo che è stato definito l'attrazione principale della città per tre anni consecutivi – potrebbe essersi finalmente ritirato dal mercato. Sarà a causa di tutte quelle chiacchiere circa la mancanza di sicurezza e la cattiva gestione? Quelle accuse potrebbero essere di un fratello insoddisfatto che vuole pareggiare i conti con il nuovo amore della sorella. Quando gli sono state poste domande a proposito di una ragazza segreta e dell'invadente fratello di lei, il celebre imprenditore Derrick Jameson ha risposto solo: Ellie Gold è adorabile. A noi sembra proprio un'ammissione. Rimanete sintonizzati.

    Ellie Gold non aveva mai preso a pugni nessuno, ma si persuase che fosse giunto il momento di iniziare a farlo.

    Con indosso l'unico abito da cocktail che possedeva: un semplice tubino nero, impreziosito da una sovrapposizione di pizzo dello stesso colore, e con dei vertiginosi tacchi a spillo che le torturavano i piedi, entrò nella sala da pranzo privata all'ultimo piano dello storico Hay-Adams Hotel, soprannominato, a ragion veduta, il Tetto del Mondo.

    Per un secondo, la collera che le annebbiava il cervello si diradò. Il respiro le si bloccò mentre lo sguardo vagava tutto intorno, ammirando l'eleganza dell'ambiente, i raffinati lampadari di cristallo e le pareti color crema. L'unica nota che minacciava di rovinare quello scenario da favola erano i numerosi uomini d'affari che si aggiravano pigramente per la stanza con i loro drink in mano.

    Diverse portefinestre erano allineate lungo le pareti esterne e ampi lucernari sovrastavano la sala. Si sollevò in punta di piedi per guardare al di sopra dei presenti e ammirare lo spettacolare panorama della Casa Bianca più in basso.

    Perse l'equilibrio e sarebbe precipitata sul vicino carrello su cui erano sistemati i calici di champagne se una mano forte e decisa non le avesse afferrato un gomito per sostenerla.

    Si raddrizzò per ringraziare il suo salvatore e vide un viso... il suo viso.

    Derrick Jameson era il figlio maggiore del proprietario di un vasto impero che includeva qualsiasi cosa, dagli immobili commerciali di Washington, a un allevamento di cavalli da competizione nelle campagne della Virginia. Ed era l'uomo che le rendeva la vita impossibile.

    Il solo vederlo le fece perdere la capacità di parlare. Desiderò imputare il proprio mutismo alla rabbia che le incendiava il corpo, ma forse quella non era la vera ragione della sua improvvisa incapacità di proferire parola.

    Aveva eseguito delle ricerche su Derrick e aveva letto parecchi articoli che si dilungavano sulla sua ricchezza e sulla sua movimentata vita sentimentale. Ma vederlo da vicino? Un vero shock. Quei capelli neri e quegli straordinari occhi nocciola... Si era documentata sul suo ambiente famigliare e aveva appreso che quell'accenno di aria orientale gli era stato trasmesso dalla nonna materna.

    I lineamenti si armonizzavano con la potenza fisica della sua altezza. Emanava sicurezza, controllo e determinazione. Ma la tacita risolutezza a distruggere la sua reputazione e ad annientare la sua famiglia rovinò l'apprezzamento per quel bel viso.

    «Signorina Gold.» Fece un cenno con la testa. «Non mi aspettavo di vederla a una riunione d'affari.»

    La voce le tornò di colpo. Così come la rabbia che le torturava le viscere. «Una tattica interessante.»

    «Mi scusi?»

    «Tutto questo fascino e la galanteria che mi sta riservando.» Si sporse e abbassò la voce, cercando di ignorare la stuzzicante fragranza della sua colonia. «Non me la bevo.»

    Lui continuava a stringerle il braccio. Non con forza. No.

    Il suo pollice le accarezzava la pelle nuda con delicatezza, come se cercasse di calmarla. Era chiaro che ignorasse di essere lui la causa dello stress. Lui e anche tutti gli altri presenti nella sua vita.

    Ellie aveva superato il limite e le decisioni di Derrick la stavano spingendo sempre più verso l'orlo del baratro. Noah, suo fratello minore, era stato travolto da una spirale emotiva negativa grazie a Derrick che lo accusava di averlo derubato.

    Noah non era un ragazzo facile, tuttavia non era di certo un ladro. Era stata lei a crescerlo dopo che i loro genitori avevano perso la vita in un incidente. A quel tempo, si mostrava aggressivo e frustrato, molto più degli altri bambini. Lo aveva anche portato da uno specialista che gli aveva diagnosticato un disturbo oppositivo provocatorio, qualcosa di cui lei non aveva mai sentito parlare.

    Ellie aveva racimolato il denaro necessario per le terapie ma, ancora adesso, nei momenti di stress o quando si sentiva messo alle strette, lampi di rabbia annebbiavano la mente del fratello e lui rifiutava ogni tipo d'autorità.

    La parte peggiore della questione era che Noah non se ne accorgeva. Da bambino, lo aveva visto fare scelte sbagliate e aveva cercato di aiutarlo, sacrificando la propria vita personale per trascorrere più tempo con lui. Il pensiero che le sue problematiche fossero riemerse adesso, a vent'anni, la scoraggiava.

    «È una faccenda seria.» Tanto seria da spingerla a dargli la caccia con diverse telefonate al suo ufficio.

    «Davvero?» Il suo tono vibrò di una nota divertita mentre le porgeva un bicchiere di champagne.

    Lei non poté pensare a niente di più indisponente di quell'amichevole cadenza della sua voce. Quella scena di finto fascino la distrasse e non si rese conto di essere stata sospinta verso gli ascensori finché non si guardò attorno e notò la distanza fra loro e il resto dei presenti. Come si permetteva? Non era pronta a essere liquidata. La posta in gioco era troppo alta perché si arrendesse adesso.

    «Signor Jameson, io...»

    «Derrick. Diamoci del tu.»

    Ellie aveva indagato sugli affari di Derrick quando il fratello aveva ottenuto un impiego presso la sua compagnia sette mesi prima. All'inizio, Noah aveva parlato di lui in maniera entusiastica, come se fosse un eroe. La sua ammirazione l'aveva contagiata e ne aveva cercato ogni foto. Aveva fatto volare la fantasia, immaginando che effetto le avrebbe fatto vedere da vicino quel viso scandalosamente attraente.

    I Jameson erano una sorta di famiglia reale di Washington. Lei non aveva accesso al loro mondo ed era diffidente nei confronti di persone che disponevano di così tanto denaro. Ma Noah ne era rimasto affascinato. Cosa incredibile dato che, di solito, niente impressionava il brillante e lunatico fratello.

    «Il DC Insider ha postato un articolo su di noi.» Il commento scivolò fuori dalle sue labbra come se avesse un senso logico.

    Per un istante, Derrick la fissò, poi annuì. «Lo so.»

    Le sue parole la sconcertarono. «Che razza di risposta è?»

    «Il mio nome è nella cronaca mondana perché io l'ho permesso.»

    Oh, signore. «Stai scherzando?»

    La osservò accigliato. «No.»

    «Credo che la gente ti abbia concesso di comportarti in maniera insensata per troppo tempo.» Non gli diede modo di ribattere e proseguì: «Dico davvero. Hai idea di quanto tu appaia altezzoso e borioso?».

    Questa volta, la scrutò, riorganizzando la propria strategia. «Ti ho definita adorabile nella citazione riportata dal DC Insider, se questo ti aiuta.»

    Le ci volle un secondo perché il cervello si riprendesse. Dentro di sé, attribuì i problemi di concentrazione alle persone in abito da sera che li circondavano, in realtà sospettò che dipendesse solo dal tono carezzevole e accattivante del suo interlocutore.

    «Non aiuta affatto e non è questo il punto.»

    «Avrei dovuto usare un termine diverso?»

    La sua insistenza sul vocabolario le fece pulsare le tempie. Si girò e diede le spalle alla sala. «Smettila di parlare.»

    «Le persone in genere non si rivolgono a me in questo modo.»

    «Forse è proprio questo il problema» replicò lei con tono seccato. «Ammetti di essere stato tu l'artefice di quell'articolo?»

    «Certamente.»

    Lo champagne fu sul punto di fuoriuscire dal calice che stringeva in mano. «Quello su di me?»

    Era andata lì per strappargli la verità circa l'articolo e magari metterlo sulla difensiva. E Derrick le aveva rovinato i piani ammettendo con aria serafica di essere stato lui stesso a diffondere il gossip.

    Le sfilò il bicchiere dalle dita e lo pose su un tavolino. «Tecnicamente, la storia riguarda me.»

    Prese un lungo respiro con la netta sensazione che lui tentasse di confonderla con l'eloquenza.

    «Okay, perché lo hai fatto?»

    «Per distogliere l'attenzione dalle false accuse di tuo fratello mentre cerco di capire cosa ne ha fatto del denaro mancante dai miei conti aziendali» le spiegò con tranquillità.

    Lei decise d'ignorare la questione del denaro per il momento. «Mi hai menzionata come... la donna che frequenti.»

    «Esatto.»

    Non seppe cosa pensare di quella schietta risposta. «Non ci conosciamo nemmeno. Perché hai pensato che fosse una cosa giusta?»

    «Gli affari sono importantissimi per me.»

    «Mio fratello è importantissimo per me» lo rimbeccò con severità.

    «Risposta sbagliata, Ellie.»

    Stava davvero scuotendo la testa con aria delusa? «Cosa c'è che non va in te?»

    «Ho due fratelli adulti che sanno badare molto bene a se stessi. E io mi occupo di me e delle mie imprese.»

    «È una cosa triste.»

    «Non è che sei tu quella che fa confusione con le priorità?»

    Ingoiò un singulto di rabbia. «Un impenitente scapolo che viene provocato da mio fratello nei suoi video anti-business mi sta dando consigli sulle relazioni interpersonali?» Sospirò e assunse un atteggiamento formale. «Senta, signor Jameson...»

    «Sono sempre Derrick e ci davamo del tu.»

    La sua imperturbabile pacatezza la irritò ancora di più e sulle sue guance si diffuse un intenso rossore. «Non menzionare mai più il mio nome a nessuno.»

    «Non ti sembra di esagerare?»

    Il tono era incisivo. Come se lei avesse bisogno di altri motivi per detestarlo. «Lascia in pace mio fratello.»

    «Quando confesserà e ritratterà riguardo a quei video, lo farò.»

    «Tu sei un adulto.»

    «Anche lui.» Derrick si avvicinò e il suo respiro tiepido le sfiorò la guancia. «Ti suggerisco d'iniziare a trattarlo come tale.»

    «Non sto scherzando.»

    Gli occhi di lui scrutarono il suo viso per poi indugiare sulla sua bocca. «Lo vedo.»

    Ellie combatté il tremore che le formicolava per tutto il suo corpo. «Lasciami fuori dai tuoi giochi.»

    Prima che lui potesse aggiungere altro, gli girò attorno, salì in ascensore e osservò le porte che si richiudevano sul suo volto. Le ci volle parecchio tempo per riportare il respiro alla normalità e fare svanire quell'ultima immagine dalla mente.

    Un'ora più tardi, Ellie si versò un bicchiere di vino rosso, scalciando lontano gli stupidi tacchi a spillo. Brontolando furibonda tra sé, aveva esaurito tutte le energie e non ce l'aveva fatta a raggiungere il suo appartamento. Aveva bisogno di sfogarsi e questo significava prendere la metropolitana e raggiungere l'appartamento della sua migliore amica.

    Il monolocale di Vanessa McAllister era minuscolo ma accogliente.

    Di giorno, il sole proiettava i raggi sulle pareti gialle del soggiorno attraverso una grande finestra. Dal televisore, proveniva il borbottio monotono di una conversazione di qualche talk show.

    Ben poche cose riuscivano a turbare Vanessa. Fra la carriera nella Marina militare del padre e la madre francese, era stata in tutto il mondo. Parlava un'assurda quantità di lingue che le servivano per il suo impiego al museo.

    Si erano conosciute al college e, da allora, erano sempre rimaste amiche. Si sostenevano e si incoraggiavano a vicenda in ogni situazione.

    Appollaiata su uno degli sgabelli al pianale della cucina, l'amica sorseggiava il vino rosso, osservando lo schermo del portatile davanti a lei. «Ripetimi ciò che è accaduto a quel cocktail party.»

    Il suo tono distante non fu di buon auspicio. «Ho incontrato Derrick Jameson e gli ho intimato di fare marcia indietro.»

    La spiegazione era efficace, proprio come desiderava. Dopo anni faticosi, cercando di giostrarsi in ogni situazione per poi fallire nella maggior parte dei casi, Ellie voleva prendere il controllo della propria vita, non correrle dietro, cercando di recuperare.

    Vanessa batté sulla tastiera. «Uh, uh...»

    Niente di buono. «Che cosa vuol dire uh, uh

    «Hai per caso visto un fotografo mentre eri là?» Vanessa raddrizzò la schiena e sventolò una mano in aria. «Dimenticalo. Andrò avanti e leggerò io per te per evitare che tu esploda.»

    Ellie lasciò cadere il tovagliolo di carta che stava stropicciando tra le dita. «Aspetta, leggerai cosa?»

    «L'ultimo articolo sul sito dell'Insider

    «No.» Una morsa le stritolò lo stomaco.

    «Derrick Jameson ed Ellie Gold hanno fatto un'apparizione ufficiale insieme nel lussuoso Hay-Adams Hotel questa sera. Non si sa se hanno una stanza, ma hanno lasciato il ricevimento uno dopo l'altro, stuzzicando la curiosità degli invitati che si sono chiesti se Derrick avesse scelto la suite presidenziale...»

    Il silenzio cadde nella stanza, divenendo assordante. Ellie avvertì le tempie pulsarle e il corpo fremere.

    Vanessa si schiarì la gola. «Insomma,

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