Mio signore e padrone (eLit): eLit
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Mio signore e padrone (eLit) - Jennifer Dale
1
Molly strinse forte il vassoio d'argento mentre camminava a passo svelto lungo il corridoio. La colazione doveva arrivare calda dal padrone, ma nel frattempo occorreva fare attenzione a non rovesciare niente. Molly era nuova ad Ashford Hall e voleva fare buona impressione. Raggiunta la sua destinazione bussò con discrezione alla porta, tenendo il vassoio in equilibrio precario con una mano.
Sentì un grido indistinto provenire dall'interno della camera, poi l'uscio si aprì e Molly vide un bel giovane biondo con gli occhi verdi. Subito pensò che non poteva trattarsi del padrone. Benché fosse abbigliato in maniera impeccabile, non aveva l'aria arrogante da aristocratico. Molly suppose che fosse il valletto di Sua Signoria. Il bel ragazzo si portò l'indice alle labbra per indicarle che doveva fare silenzio, poi si scostò per farla entrare.
La camera era un disastro. Molly evitò per un pelo d'inciampare in un paio di stivali lucidi neri da cavallerizzo mentre attraversava la stanza in cerca di un posto dove poggiare il vassoio. Ogni superficie disponibile era coperta da scatole e valigie aperte, da cui uscivano lembi d'indumenti maschili. Mentre si fermava, esterrefatta, a contemplare quel disordine, il valletto si avvicinò in punta di piedi all'enorme letto a baldacchino.
«La colazione, milord» annunciò sottovoce.
«Non la voglio!» fu la risposta stizzita proveniente da un fagotto in mezzo al letto, completamente coperto dalle coltri.
Molly rimase immobile con il vassoio in mano, incerta sul da farsi. Alla fine il valletto tolse una bracciata di camicie da uno scrittoio in ciliegio e urtò sbadatamente un calamaio, che si rovesciò a terra. Dal letto provenne un altro grido, stavolta perfettamente comprensibile. «Plunkett! Cos'è questo baccano infernale?»
All'esclamazione irosa seguì il lancio di un cuscino, che volò nel mezzo della stanza. Plunkett, nonostante le braccia ingombre dagli indumenti, si scostò con balzo felino. Molly, impacciata dal vassoio, non ebbe la sua stessa prontezza. Il cuscino le piombò addosso, facendo cadere a terra tè e dolcetti. Il rumore della tazza di porcellana che s'infrangeva a terra fece arrabbiare ancora di più la figura informe ammantata dalle coperte.
«Per tutti i santi, fuori di qui!»
Per evitare ulteriori lanci di oggetti, il valletto batté rapidamente in ritirata, ancora con gli abiti del suo padrone stretti tra le braccia. Molly s'irrigidì, poi s'inginocchiò senza aprire bocca e si apprestò a raccogliere i miseri resti della colazione del padrone. Se avesse lasciato anche solo una goccia di tè a terra, la signora Hutchins gliel'avrebbe fatta pagare.
«Sei sorda, ragazza?»
Molly cercò d'ignorare la voce autoritaria e asciugò il pavimento con il grembiule.
«Eh, sì. Devi proprio essere sorda.»
Molly fece un respiro profondo e si voltò verso il padrone che nel frattempo si era alzato a sedere sul letto. Per poco non ebbe un mancamento quando lo vide. Era bello come un angelo... be', forse un angelo caduto dal paradiso all'inferno. Aveva lunghi capelli neri, sopracciglia arcuate che incorniciavano gli occhi dell'azzurro più intenso che Molly avesse mai visto. Quelle iridi penetranti sembravano trapassarla per toccarle l'anima.
Si fece coraggio e rispose: «No, milord».
«Dunque, una volta accertato che la signora Hutchins non ha assunto domestiche sordomute nella mia casa, devo presumere che sei semplicemente stupida!»
«Vi chiedo perdono, milord.»
«Ho detto... fuori!»
«Sì, milord, ma...»
Lui sollevò un sopracciglio. Nervosa, Molly inghiottì a vuoto, poi farfugliò: «Vi chiedo scusa, milord, ma la signora Hutchins mi licenzierebbe su due piedi se lasciassi il pavimento sporco e non raccogliessi tutti i pezzi sparsi a terra».
«E non hai paura che invece sia io a licenziarti?»
«Sì, milord.» Molly chinò il capo e si fissò la punta delle scarpe, trattenendo il fiato e sperando che il padrone non la buttasse fuori di casa.
«E va bene» borbottò