Sorvegliata per amore: Harmony Jolly
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Michelle Douglas
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Sorvegliata per amore - Michelle Douglas
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Her Irresistible Protector
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2014 Michelle Douglas
Traduzione di Leonora Sioli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-446-2
1
«Sì!»
Tash tolse dalla lavatrice una maglietta e la infilò nell’asciugatrice, poi fece lo stesso con un paio di pantaloncini corti, un’altra maglietta e una tuta da ginnastica. Infine, in preda all’euforia, lanciò in aria una felpa, facendola finire direttamente nell’asciugatrice.
Ridacchiò soddisfatta. Tra pochi minuti sarebbe cominciata ufficialmente la sua vacanza.
Una settimana. Tutta per sé.
Si mise a ballare per la stanza. Una settimana. Un’intera settimana!
Qualcuno, però, bussò alla porta interrompendo i suoi festeggiamenti.
No, no, no. Stai calma. Sta per iniziare la tua vacanza, ricordi?
Respirò a fondo, quindi indossò la sua abituale maschera di impassibilità. Appena avesse varcato i confini di Sydney avrebbe potuto dare libero sfogo a tutto il suo entusiasmo, ora però doveva mantenere intatta la sua immagine di donna tutta d’un pezzo.
Viso leggermente inclinato?
Fatto.
Andatura spavalda?
Fatto.
Espressione annoiata?
Fatto.
Aveva impiegato così tanto tempo a costruirsi quel personaggio. All’inizio non era stato facile, ora invece le bastava un attimo per calarsi nel ruolo.
Attraversò il corridoio con passo svelto, decisa a liberarsi il più rapidamente possibile dell’inopportuno visitatore, solo che quando spalancò la porta sbiancò.
Tutto in lei si bloccò. I piedi, la mente e il suo buonumore svanirono. Avrebbe voluto mettersi a urlare, ma non riusciva nemmeno a respirare.
Incrociò le braccia sul petto per nascondere le mani tremanti e sentì i muscoli – muscoli ben allenati dalla sua ora settimanale di judo – irrigidirsi.
Mitch King.
L’agente Mitchell King abbassò lo sguardo su di lei come se fosse stato una specie di antico guerriero. In effetti, pur non avendo addosso un’uniforme, aveva un’aria spaventosamente autorevole. Dalla cima dei capelli corti biondi, fino alla punta degli stivali, tutto in lui faceva pensare a un eroe: i lineamenti decisi, gli occhi blu dallo sguardo diretto, il fisico statuario, l’atteggiamento sicuro tipico di una persona che sapeva sempre che cosa era giusto e che cosa era sbagliato.
«Posso entrare?» le domandò.
«Sei qui per arrestarmi?»
«Ovviamente no.»
«Allora mi dispiace, ma no.»
Fece per chiudere la porta, ma lui la fermò.
«In realtà non era una domanda, Tash. Se mi chiudi la porta in faccia, la butterò giù a spallate.»
Tash sapeva che lo avrebbe fatto. Secondo l’agente Mitchell, infatti, il fine giustificava sempre i mezzi.
Senza dire una parola, dunque, Tash aprì la porta quindi si voltò e tornò verso la cucina, per poi girarsi verso di lui, mettendo le mani sui fianchi.
«Come posso aiutarti, agente?»
Il modo in cui lui la guardò le fece capire che Mitch aveva percepito la sua ostilità. Meglio così.
Da quando erano ragazzini vivevano nello stesso quartiere, da otto anni però non si rivolgevano la parola. E, per quanto la riguardava, avrebbero potuto continuare così fino alla fine dei loro giorni.
«Abbiamo un problema e temo che non ti piacerà la soluzione» le spiegò lui, rivolgendole uno sguardo più dolce. «Non puoi immaginare quanto ne sia dispiaciuto.»
Lei si impose di non lasciarsi incantare da quegli occhi ammalianti. Del resto non aveva più diciassette anni. «Sinceramente dubito che tu sia in grado di provare dispiacere per qualcosa.»
Lui si irrigidì.
«Sentiamo, qual è il problema? Se ha a che fare con il pub, rivolgiti a Clarke.»
«No, non riguarda il pub.»
Da tre anni Tash gestiva il Royal Oak, punto di ritrovo di tutti gli operai della zona. Non era un posto elegante o trendy, ma era pulito e abbastanza tranquillo e Tash desiderava che continuasse a esserlo. «D’accordo, ma se non ha a che fare con il pub...»
«Per caso hai parlato con Rick Bradford di recente?»
Lei scoppiò in una risata isterica. «Stai scherzando, vero? L’ultima volta in cui noi due abbiamo parlato di Rick, tu lo hai arrestato. Ingiustamente, aggiungerei. Se credi che io abbia intenzione di parlare con te di lui, sei completamente pazzo.»
Mitch strinse i pugni rivolgendole uno sguardo gelido. «Quindi non è cambiato niente? Lo consideri ancora come una specie di eroe? Chissà perché le donne hanno un debole per i mascalzoni?»
Lei alzò la testa. «Da quello che mi ricordo, io non mi ero innamorata di un mascalzone.»
Mitch gelò. Spostò lo sguardo e Tash fece altrettanto, pentendosi di avere pronunciato quelle parole. Dopo un attimo, lui prese dalla tasca un pacchetto di fotografie e gliele passò. «Crediamo che Rick sia responsabile di questo.»
Come al solito. Mitch era sempre stato convinto che Rick fosse un delinquente. Già dai tempi della scuola, se qualcuno rubava qualcosa in un negozio, secondo Mitch, era stato Rick a istigarlo, se scoppiava una rissa in cortile la colpa era di Rick, se c’erano dei graffiti in stazione, di sicuro il responsabile era Rick. E ancora adesso, appena succedeva qualcosa nel quartiere, la prima porta a cui la polizia bussava era quella della nonna di Rick.
Una volta, quando dei ragazzini erano stati sorpresi a fumare della marijuana, Mitch aveva accusato Rick di essere stato il loro fornitore. Si era sbagliato, però. Si era completamente sbagliato. Eppure Rick aveva dovuto scontare quindici mesi in prigione e la cosa peggiore era stata che l’agente King era riuscito a spedirlo dietro le sbarre proprio grazie a lei.
Non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore, però. Aveva imparato tanto negli ultimi otto anni. Soprattutto a non fidarsi degli uomini come Mitch King!
Allungò una mano e prese le fotografie. Nella prima si vedeva una casa bruciata. «Rick non è, e non è mai stato, un piromane.»
Nella seconda si vedeva un’auto distrutta.
«Sono stati manomessi i freni» le spiegò Mitch. «È una fortuna che la donna al volante se la sia cavata con una clavicola rotta e qualche livido.»
«Rick non farebbe mai del male a una donna.» Rick, semmai, le aveva sempre protette, le donne. Ma ovviamente Mitch non le avrebbe creduto se lei glielo avesse detto.
La terza e la quarta foto le fecero sentire una stretta allo stomaco.
«E ovviamente non massacrerebbe mai degli animali. Questo è...» aggiunse Tash, indicando le fotografie nelle quali si vedeva un gregge di pecore sgozzate.
«Questo è quello che è successo alle ultime tre fidanzate di Rick.»
«Mi dispiace, agente King, ma temo di non poterti essere di alcun aiuto.»
«Hai parlato con Rick di recente?»
Lui le aveva telefonato due sere prima per avvertirla che stava per tornare in città.
«No» reagì lei con decisione. «Non parlo con lui da mesi.»
«Non so se ti posso credere.»
«Non ha importanza» reagì lei stringendosi tra le spalle. Lo squadrò poi dalla testa ai piedi. Non si poteva negare che Mitch avesse un fisico da capogiro. Questo però non cambiava il fatto che fosse un essere spregevole! «Bisogna ammettere, comunque, che l’ultima volta hai usato con me un approccio decisamente più convincente.»
Tra loro l’atmosfera diventò elettrica.
«Non mi perdonerai mai, non è vero?»
«No.»
«Volevo solo proteggerti, Tash.»
«Bugiardo» gli sussurrò lei con un filo di voce.
Mitch fece un passo indietro, calandosi di nuovo nella veste dell’agente intransigente. «Abbiamo tutte le ragioni di credere che Rick stia tornando a Sydney.»
Lei non aprì bocca.
«E temiamo che potresti essere la sua prossima vittima.»
«Che cosa? A parte il fatto che ho l’assoluta certezza che Rick non farebbe mai del male a una donna, io non sono mai stata la sua ragazza, quindi non capisco per quale motivo dovrei essere in pericolo.»
«Perché abbiamo trovato un pezzo di carta appallottolato con su scritto il tuo indirizzo.»
«Dove lo avete trovato?»
«Nel campo dove sono state uccise le pecore.»
Lei incrociò le braccia sul petto, sforzandosi di non perdere la calma.
«Due poliziotti sotto copertura stanno venendo qui. Una di loro ti somiglia.»
Abbiamo un problema... non ti piacerà la soluzione.
«E quale sarebbe la parte che non mi dovrebbe piacere?»
«Si apposteranno qui per aspettare Rick, e dobbiamo portarti in un posto sicuro.»
Lei scosse la testa.
«Non ci sono alternative, Tash.»
Si guardarono per un lungo momento. «Dobbiamo significa che tu devi?»
Lui annuì.
«È pazzesco! E come mai proprio tu, dall’alto della tua posizione, dovresti svolgere un compito così ingrato?» lo provocò.
Mitch in effetti aveva fatto carriera all’interno della polizia con una rapidità impressionante, e ora era un apprezzato detective. Non capiva perché non se ne fosse andato da quel sobborgo di periferia per trasferirsi in una zona più elegante della città. Come non capiva perché ora fosse lì, nella sua cucina, a parlare di Rick. Di nuovo.
Tash indicò la valigia sul divano. «Sto per partire. Resterò via una settimana, quindi non intralcerò in alcun modo le vostre indagini.»
«Non capisci, Tash. Devi stare in un posto sicuro. Non vogliamo che tu finisca in ospedale... o peggio.»
«Perché proprio tu?» non poté fare a meno di domandargli Tash. Non voleva avere nulla a che fare con lui. Mai più.
«Tutti sanno che cosa penso di Bradford» reagì lui secco. «I miei capi vogliono tenermi alla larga dalle indagini.»
«Quindi anche loro credono che tu abbia troppi pregiudizi su Rick?»
Invece di rispondere, lui le mise di fronte di nuovo quelle foto.
Tash rimase impassibile, anche se si era sentita attraversare da un brivido. Non era Rick il responsabile di quella strage, ma qualcun altro. Qualcuno che voleva incastrare Rick, o fargli del male.
Ripensando