Benvenuta in paradiso: Harmony Collezione
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Diana Hamilton
Prolifica autrice inglese, adora la bellissima villa in stile Tudor in cui vive con il marito.
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Benvenuta in paradiso - Diana Hamilton
successivo.
1
Jethro Cole sistemò la scala di alluminio pieghevole sul portapacchi del tetto del vecchio furgone, poi appoggiò il secchio e i panni di pelle sul sedile posteriore del veicolo. Si asciugò la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano e respinse una ciocca di capelli neri che gli era ricaduta sugli occhi con un gesto impaziente.
Respirò a fondo. La fine di un'altra dura giornata di lavoro, trascorsa sotto il sole di luglio arrampicandosi sulla scala per lustrare le finestre. Almeno stava imparando a svolgere bene il suo compito, e riceveva sempre meno lamentele.
Aveva avuto anche un paio di proposte da parte di casalinghe annoiate, proposte che aveva finto di non capire, per non offenderle e per non perdere clienti. Affondò le mani nelle tasche dei jeans per cercare la chiave dell'avviamento e, in quel momento, un fischio che esprimeva apprezzamento, e chiaramente rivolto a lui, sibilò nell'aria.
Due ragazze molto giovani, che indossavano pantaloni di finta pelle e maglie così ridotte da lasciar ben poco spazio all'immaginazione, stavano camminando verso di lui. «Puoi spiare dalla mia finestra ogni volta che vuoi!» esclamò quella con il naso dritto e a punta, prima di riprendere il cammino verso High Street, ovviamente in cerca di quello che la notte poteva offrire loro a Shrewsbury.
La trasformazione in lavavetri che si era imposto gli stava mostrando un aspetto della vita che nulla aveva a che fare con il mondo sofisticato, elegante e ricco dell'alta finanza. Jethro sorrise fra sé, gli occhi color dell'ambra che scintillavano divertiti, mentre prendeva posto nel camioncino e girava la chiave dell'avviamento.
Andava in giro con quel malandato veicolo mentre la sua splendida Jaguar decappottabile era al sicuro in un garage dall'altra parte della piccola città, indossava jeans consumati e maglie vecchie di anni mentre i suoi vestiti di sartoria erano accuratamente conservati in una valigia.
Era rimasto nella modesta casa di Albert Terrace molto più a lungo di quanto ne avesse avuto intenzione. In circostanze normali, un sola serata sarebbe bastata per salutare e scambiare qualche chiacchiera con la sua governante di un tempo.
Ma era ancora lì, occupato a pulire finestre invece di dirigere le molte aziende che gli appartenevano da uno dei tanti uffici che possedeva in ogni parte del mondo. O di riposarsi nel suo cottage, quello che era stato d'altra parte il suo progetto originale.
Perché, quando si era fermato a salutare la governante, come faceva sempre quando era diretto alla sua casa di campagna, i suoi programmi erano cambiati.
E si stava divertendo! Anche se sarebbe stato molto più felice, ricordò a se stesso, se fosse riuscito a ottenere quello che voleva, o se almeno avesse fatto qualche progresso in quella direzione.
Stava vivendo la stessa emozione che provava quando era in gara per concludere un affare fantastico, ma mai, nei suoi trentaquattro anni di vita, una tale sensazione era stata associata a una donna.
Per lui era facile avere una donna.
Non questa, però. Non Alissa Brannan.
Alla fine avrebbe vinto. Lui otteneva sempre quello che voleva, giusto?
Era riuscito a costruire un impero finanziario praticamente dal nulla proprio perché non aveva mai contemplato la possibilità di un fallimento, rifletté. Inoltre, corteggiare una donna costituiva una bella novità per un uomo che era stato praticamente messo sotto assedio dal sesso femminile sin da quando aveva solo vent'anni e solo poche aziende al suo controllo.
Jethro rimase assorto nei suoi pensieri mentre guidava lentamente nel traffico dell'ora di punta. Aveva visto Alissa Brannan per la prima volta circa un anno prima, stava sfilando su un marciapiede per un giovane sarto italiano di grande talento e lui, Jethro, che era un vero intenditore di belle donne, era rimasto colpito. Molto colpito.
Se non fosse stato con la sua compagna in quel momento, avrebbe fatto qualcosa. Ma finché le sue relazioni sentimentali duravano, lui era fedele. Faceva parte del suo codice d'onore. Quella stessa sera, la relazione era finita, con il simbolico regalo di un costoso gioiello e nessuna recriminazione da parte di entrambi. Un altro punto del codice d'onore.
Aveva fatto domande e aveva saputo che Alissa Brannan, l'indossatrice del momento, quella che i più famosi stilisti si contendevano per le loro sfilate, aveva la reputazione di una reclusa. Apparentemente non frequentava nessuno e usciva raramente, e solo per partecipare a feste con scopo benefico.
Ma lui le avrebbe fatto cambiare stile di vita, aveva promesso Jethro a se stesso. Purtroppo non aveva avuto la possibilità di mettere in pratica il suo piano perché impegni di lavoro lo avevano costretto all'estero per un lungo periodo di tempo.
Altre donne, rifletté in quel momento, non sarebbero rimaste così a lungo presenti nei suoi ricordi, ma per qualche motivo quei lineamenti delicati, la grazia felina del corpo, gli erano rimasti impressi nella mente.
Non aveva avuto relazioni sentimentali durante gli ultimi dodici mesi, nonostante le innumerevoli possibilità. Si era detto che ormai stava invecchiando, però, dopo averla rivista in una stradina della piccola città medioevale, aveva capito che non stava invecchiando affatto, almeno non in quel senso!
Lasciò la superstrada e imboccò una traversa che lo avrebbe condotto alla zona del mercato, i suoi pensieri completamente dedicati alla splendida creatura che era riuscita, senza far nulla, a conquistargli il cuore.
L'incontro con lei aveva trasformato quella che doveva essere una settimana di doverosa visita alla tata Briggs e a suo marito Harry in qualcosa di completamente differente. Si era trattata di una coincidenza talmente eclatante da poterla addebitare solo al destino.
Jethro si soffermò su quell'ultima riflessione. Destino? Lui non credeva al destino. Aveva il controllo assoluto sulla sua esistenza, costringeva la sua vita a seguire i percorsi che lui sceglieva. Allora perché Alissa gli aveva opposto un secco rifiuto?
La sua fronte era attraversata da una ruga, mentre parcheggiava il furgone davanti all'ingresso di 182 Albert Terrace. Richiuse lo sportello e camminò sul pavimento sconnesso. La tata Briggs era intenta a innaffiare le piante di gerani che rallegravano la sottile striscia di giardino.
«Buone notizie, signorino Jethro... Harry è di nuovo in piedi e pronto per riprendere il lavoro» l'accolse la donna sorridendo. Per lei, Jethro rimaneva il signorino Jethro, a dispetto degli anni che passavano. «Non troviamo il modo per ringraziarla per averlo sostituito. Harry era così preoccupato, era sicuro che i suoi clienti si sarebbero rivolti ad altri, dal momento che si è messo in affari da così poco tempo.»
Ovvero da sei mesi, da quando l'anziano uomo era stato licenziato dalla fabbrica.
«Sono stato felice di dare una mano» replicò Jethro. Una settimana prima, quell'affermazione non sarebbe stata onesta. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per la sua governante, ma questo non includeva una settimana trascorsa a lustrare finestre. Infine, però, aiutare il povero Harry era diventata un'esigenza prioritaria, ed era già stato ricompensato, perché così aveva avuto l'occasione di rivedere Alissa, o Allie, come lei preferiva essere chiamata.
«Si lavi le mani mentre io preparo una tazza di tè» disse la tata Briggs, mentre si avviava dentro casa seguita da Jethro. «Harry sta facendo il bagno in questo momento, lei potrà usare la vasca prima di cena. Ah, ho preparato un pasticcio di carne, è sempre stato uno dei suoi piatti preferiti.»
Jethro fece quello che gli era stato ordinato. Certe cose non cambiavano mai, pensò sorridendo mentre si lavava le mani nel lavatoio posto nella veranda, ascoltando il confortante rumore dei piatti che proveniva dalla cucina.
La babysitter Briggs sarebbe rimasta per sempre una delle figure più importanti della sua vita. Le uniche attenzioni materne le aveva ricevute da lei, dal momento che sua madre era troppo impegnata a divertirsi per trovare tempo da dedicare a lui e a sua sorella minore Chloe.
Si asciugò le mani e il viso con un telo di spugna pulito, la signora Briggs non amava gli asciugamani di carta, e tornò in cucina.
«Beva il tè prima che si raffreddi, e mi parli dei suoi progetti» lo invitò la donna. «Mi sento in colpa per aver ritardato la sua vacanza, quindi non voglio sentire che è in procinto di tornare a Londra o di partire per Amsterdam. Lei lavora troppo.»
Jethro allontanò una sedia dal tavolo di legno grezzo e prese posto, le lunghe gambe distese davanti a sé. Sorrise osservando l'espressione severa della governante, poi si fece immediatamente serio notando che sul viso della donna c'era anche altro, stanchezza, vecchiaia, trascuratezza.
Quali erano i suoi progetti? La guarigione di Harry dall'attacco d'influenza lo rendeva libero di riprendere il viaggio verso la sua casa di campagna nello Shropshire, se desiderava ancora farlo.
Fissò per un istante la tazza ormai vuota che stringeva fra le mani. Doveva fare qualcosa in più per la tata e suo marito. Aveva sempre pensato a lei come a una persona indistruttibile, ma in quel momento si rendeva conto che invece non lo era. Era arrivato il momento per lei di condurre una vita più tranquilla, di trascorrere gli anni della vecchiaia senza l'assillo dei problemi finanziari.
«Pensavo di restare per un altro paio di giorni, se tu sei d'accordo» disse mentre la donna si accingeva a riempirgli di nuovo la tazza. «Vorrei fare una proposta di affari a Harry.» Intanto, avrebbe trovato il modo per non fare sembrare quella proposta un puro gesto di carità.
Allie pagò il conducente del taxi e rimase a guardare il condominio dove abitava. Lei, che detestava le menzogne, aveva appena detto la bugia più grossolana del secolo!
Nonostante la nebbiolina grigia che incombeva su Londra, aveva caldo, e la fronte era imperlata da gocce di sudore. Era debole, in preda all'ansia e praticamente sull'orlo di una crisi di nervi, quando infine riuscì a raggiungere la porta del suo appartamento. Era la punizione che meritava per aver mentito così sfacciatamente all'avvocato.
Entrando nel minuscolo salotto arredato con l'essenziale, consigliò a se stessa di calmarsi, e di farlo in fretta. Aveva pochissimo tempo per trasformare la bugia in verità, e lasciarsi prendere dall'isteria non l'avrebbe aiutata in alcun modo.
Si tolse le scarpe e si avviò verso il bagno, sfilando le forcine che trattenevano i lunghi capelli biondi nella sofisticata pettinatura che evidenziava il collo lungo ed elegante.
Alla svelta, si liberò dal tailleur e indossò un paio di vecchi jeans e una maglia. Ora che si sentiva finalmente più se stessa e meno un'indossatrice di successo, poteva pensare con maggiore chiarezza.
Mentre si struccava, cercò di riflettere con freddezza sulla situazione che si era creata, ricordando l'iniziale curiosità che la convocazione dell'avvocato del suo defunto zio le aveva causato.
«Forse ti ha nominato nel suo testamento» aveva suggerito Laura, sua madre. «Forse, alla fine, ha provato dei sensi di colpa» aveva aggiunto, senza troppa convinzione.
«Come se gli asini potessero volare!» aveva esclamato Allie, gli occhi