L artista della seduzione: Harmony Collezione
By Liz Fielding
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Liz Fielding
Liz Fielding vive a Merlin's Fort, nel Galles, una terra leggendaria e disseminata di castelli. Sposata da quasi trent'anni con John, l'uomo che ha conosciuto quando lavorava in Africa, ha due figli e un gattone bianco e nero chiamato Rocky.
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L artista della seduzione - Liz Fielding
successivo.
1
«Che cosa gli è preso oggi a Miles? Non l'ho mai sentito così agitato.» Sospirando, Natasha Gordon si versò una mezza tazza di caffè americano. Il primo appuntamento della giornata era stato alle otto. E da allora non si era fermata un istante. «Stavo accompagnando un cliente a visitare l'appartamento di St John's Wood, quando ho ricevuto un sms con cui mi ordinava di mollare tutto e presentarmi subito qui.»
Janine, la segretaria della Morgan and Black che era sempre la prima a intercettare ogni minimo pettegolezzo nei corridoi dell'ufficio, alzò le spalle come a dire: non chiederlo a me. «Se ti ha scritto così, però, sarà bene non farlo aspettare» rispose vaga. Ma un accenno di sorriso del tipo io so qualcosa che tu non sai incurvò le labbra sempre ben disegnate con il rossetto.
Tash mollò il caffè al secondo sorso e si precipitò su per le scale, due gradini alla volta. Miles Morgan, il socio anziano della prestigiosa agenzia immobiliare Morgan and Black, il primo approdo dei milionari arrivati a Londra da ogni angolo del mondo e intenzionati ad accaparrarsi immobili di lusso, da settimane le lasciava intendere che il posto di associato, rimasto vacante, sarebbe stato suo.
Ed era maledettamente giusto così. Negli ultimi tre anni aveva sgobbato come una pazza, senza orario e quasi senza ferie. Quella promozione se l'era guadagnata lavorando sodo, pochi scherzi. E proprio venerdì pomeriggio la petulante Janine, che non mancava mai di rimarcare quanto fosse in confidenza con il capo, si era lasciata sfuggire che Miles avrebbe passato il weekend in campagna con Peter Black, prossimo alla pensione, per discutere del futuro della società.
«Rilassati... inspira... espira...» mormorò Natasha davanti alla sua porta, rimettendo a posto una lunga ciocca di capelli biondi sotto il fermaglio d'argento della bisnonna.
A inizio giornata usciva da casa con il look della perfetta donna in carriera, ma dopo aver attraversato tutta Londra in lungo e in largo si ritrovava regolarmente spettinata, con il trucco da ritoccare e la camicetta sgualcita.
Stava appunto controllando l'ultimo bottoncino della scollatura quando la porta si spalancò.
«Janine! È arrivata Tash?» gridò Miles, prima di realizzare che ce l'aveva davanti. «Ah, eccoti. Dove diavolo eri finita? Entra.»
«Stamattina alle otto avevo appuntamento con i Williams per quell'attico a Chelsea» rispose lei, abituata al suo temperamento irascibile. «Quei due facevano i sostenuti, ma a lei brillavano gli occhi e scommetto ciò che vuoi che entro stasera presenteranno un'offerta sostanziosa.»
La prospettiva di una commissione a cinque zeri di norma sarebbe bastata a rasserenare l'umore di Miles. Invece, stavolta, si limitò a grugnire, spegnendo in lei ogni scintilla di entusiasmo. No, certamente al momento non era in programma un party per il nuovo associato della Morgan and Black.
«E poi ho avuto un cliente dietro l'altro» aggiunse Tash. «È tanto urgente, Miles? Perché tra mezz'ora devo vedermi a Belgravia con lady Glencora Jarrett e c'è un traffico pazzesco.»
«Scordatelo. Ci ho mandato Toby.»
«Toby?» A quanto ne sapeva, il suo collega nonché occasionale compagno di letto e baldoria era in Australia per un torneo di rugby e non sarebbe tornato che a fine mese. «Ma lady Glencora aveva chiesto proprio...»
«Voleva proprio te, lo so, ma lascia perdere sua signoria» la interruppe Miles brusco, mettendole in mano l'ultimo numero del settimanale Country Chronicle. «Piuttosto dai un'occhiata a questo.»
La rivista era aperta sulla pubblicità a tutta pagina di Hadley Chase, una storica dimora di campagna appena messa sul mercato da uno dei loro clienti.
«Oh, direi che la mia foto è venuta bene...» Una nebbiolina sottile, attraversata da un raggio di sole, donava all'edificio una provvidenziale patina dorata e sfocata, che nascondeva le sue numerose pecche. Ne era valsa la pena svegliarsi all'alba e guidare fino al Berkshire, nell'unico giorno della settimana in cui avrebbe potuto dormire fino a tardi. «Immagino che il nostro telefono sarà rovente» azzardò, allungandogli di nuovo la rivista.
«Continua a leggere» la esortò lui.
«So benissimo che cosa dice l'annuncio, Miles, l'ho scritto io.» La storica dimora, un tempo grandiosa, in realtà era parecchio malridotta, perciò si era concentrata sulla bellezza del luogo per convincere i potenziali acquirenti a prenderla in considerazione. «E tu l'hai approvato» gli ricordò.
«Non ho certo approvato questa porcheria.»
Natasha si accigliò. Per quanto fosse per natura irritabile e sgarbato, questo era troppo pure per Miles. Che le fosse sfuggito un errore macroscopico? Poteva succedere, ma trattandosi di una pubblicità a colori e a tutta pagina, Natasha l'aveva rivista un milione di volte. Certa che niente potesse essere andato storto, cominciò a leggere l'annuncio ad alta voce.
«Pregevole magione del XVII secolo situata in una magnifica posizione sulle colline del Berkshire, facilmente raggiungibile da Londra e dalle Midlands. E queste sono le buone notizie. Quelle brutte invece...» Natasha sobbalzò. Brutte? «Ma che diavolo...»
«Vada avanti, prego. Non si fermi sul più bello.»
Parole scandite con tono sicuro e altezzoso, ma non era stato Miles a parlare. Sbigottita, Natasha si voltò su se stessa, mentre il proprietario di quella voce profonda si alzava dalla poltrona di pelle di fronte alla scrivania.
Un cavaliere oscuro, questa fu la sua prima impressione. Capelli neri, così come l'abito e gli occhi color carbone, su un viso straordinario, quasi bello, se solo fosse stato illuminato da un sorriso.
La seconda cosa che notò di lui fu la prestanza fisica non comune. Non era massiccio, ma aveva spalle larghe sotto la giacca di lino spiegazzata e consunta, tanto che il nero era sbiadito in grigio, lo stomaco piatto sotto la T-shirt che ricadeva morbida sui fianchi stretti.
La sua mano era posata sullo schienale alto della poltrona, con le lunghe dita callose che stringevano il cuoio. Dita che avrebbero potuto farle cose che non osava nemmeno immaginare...
Natasha alzò lo sguardo e incontrò due occhi che sembrarono penetrarle sotto la pelle. Una vampata di eccitazione, partita dalle parti del basso ventre, si propagò in lei come un incendio doloso, in ogni direzione...
«Natasha!»
La voce brusca di Miles riportò di colpo la sua attenzione sulla pagina della rivista, ma le ci volle qualche istante ancora, prima di riuscire a concentrarsi sulle parole che danzavano davanti alle sue pupille.
... le brutte notizie invece sono le assi marcite, i tarli, l'intonaco che cade a pezzi e il tetto che imbarca acqua. Il proprietario avrebbe certo preferito demolire la costruzione e vendere il terreno, purtroppo però si tratta di un edificio di valore storico, nel cuore della cintura verde, perciò il poveretto è rimasto fregato. Ci sarebbe una bella scalinata in stile Tudor, ma considerando il marcio che avanza, è consigliabile affrettarsi, se volete visitare sani e salvi i piani superiori.
Ancora sotto choc per quella fiammata di desiderio così potente e inaspettata, Natasha dovette rileggere il testo due volte prima di realizzare che cosa significava.
«Non capisco. Com'è potuto succedere?»
«Come, infatti? Me lo chiedo anch'io.»
La domanda di Tash in realtà era rivolta a Miles, ma a rispondere era stato mister Bello, Bruno e Letale. Chi diamine era?
«Hadley» disse lui, come se le avesse letto nella mente. O forse era stata lei a parlare ad alta voce, senza accorgersene. Cercò di recuperare un po' di autocontrollo. Mi servirebbe una doccia fredda...
Si schiarì la gola. «Hadley?» gracchiò, non solo perché il sangue sembrava aver abbandonato il cervello, diretto altrove. La dimora risultava disabitata. Poiché la vendita era stata trattata da uno studio legale e nessuno aveva menzionato un proprietario in carne e ossa, aveva dato per scontato che non ci fossero eredi.
«Darius Hadley» chiarì lui, per toglierle anche l'ultimo dubbio.
Nella sua professione, Natasha aveva trattato con qualsiasi tipo di cliente, dai compratori squattrinati che raggranellavano a stento il denaro per la caparra, ai multimilionari che investivano una fortuna senza battere ciglio. Perciò sapeva bene che le apparenze possono ingannare. Darius Hadley non sembrava per niente il discendente di una famiglia che si era stabilita in quella dimora già dal XVII secolo, quando Re Carlo II, per mostrare la sua gratitudine a James Hadley, un ricco mercante che lo aveva sovvenzionato durante l'esilio, gli aveva donato quella tenuta.
Con un orecchino d'oro che brillava tra la massa di riccioli scuri lunghi sul collo, la giacca stropicciata e i jeans sdruciti alle ginocchia, assomigliava semmai a un pirata. Forse era proprio così che gli Hadley avevano messo insieme le loro fortune, assaltando le navi spagnole cariche di tesori. Oppure si erano spinti verso Oriente, per commerciare in seta e spezie. E questo avrebbe spiegato perché Darius si chiamasse come il grande sovrano dell'antica Persia.
In effetti mostrava tutta l'arroganza del nome. Tuttavia, a differenza dei suoi antenati, l'ultimo Hadley non sembrava interessato alla vita del gentiluomo di campagna. Non che lo biasimasse per questo.
Hadley Chase, con le rose rampicanti che ricoprivano la facciata originale in stile Tudor, poteva apparire romantica nella bruma di un'alba d'estate, ma ci sarebbe voluto parecchio tempo e soprattutto un portafoglio rigonfio di denaro per modernizzare almeno gli impianti idraulico, elettrico e di riscaldamento. Non c'era niente di romantico nei tubi arrugginiti e nell'acqua che colava dal tetto. E da come era ridotto pure il giardino, era evidente che le ricchezze degli Hadley si erano prosciugate da un pezzo.
L'aspetto positivo della faccenda era che, persino in quello stato, c'era comunque un gran numero di sceicchi, popstar e oligarchi russi interessati alla privacy di una dimora di campagna, a pochi minuti di elicottero dal centro di Londra. E Natasha non vedeva l'ora di aggiungere Hadley Chase al suo palmares di agente immobiliare.
Miles si schiarì la gola, come per segnalarle qualcosa.
Oh, già. Si affrettò a porgere la mano al bel tenebroso.
«Sono Natasha Gordon, come va signor Hadley?»
«E come crede che vada?» ribatté lui, ignorando la mano tesa.
«Immagino che sia molto arrabbiato.» E ne aveva tutto il diritto. Chiunque fosse stato a manomettere il suo annuncio pubblicitario, studiato con cura, parola per parola, se ne sarebbe pentito amaramente. Prima o poi lo avrebbe scoperto e Dio sa che cosa avrebbe potuto fargli. Ma ogni cosa a suo tempo. Al momento doveva innanzitutto riprendere il controllo dei propri ormoni, quindi mostrarsi calma e professionale, e infine convincerlo che la situazione non era disastrosa come sembrava. «Non so ancora dirle come ciò sia accaduto, signor Hadley, però le garantisco che si rivelerà un disguido di poco conto.»
«Un disguido di poco conto?» Un lampo negli occhi neri, nemmeno più come il carbone, ma come l'inchiostro, la incenerì sul posto. Tash sentì un'ondata di calore risalirle fino alle guance. Era arrossita. E con una sola occhiata del cavaliere oscuro. Assurdo. «Un disguido di poco conto?» ripeté lui, incredulo.
Okay. Tash riuscì a staccare la lingua dal palato e respirò per mandare ossigeno al cervello. «Gli acquirenti più seri saranno ben consapevoli dei problemi legati a una proprietà così antica, signor Hadley.»
«Ma avranno anche la pretesa di poter visitare i piani superiori senza rimetterci la pelle, cadendo da una scalinata pericolante» rimarcò Darius, tagliente. Non aveva alzato la voce. Non ce n'era stato bisogno. Al suo confronto la collera di Miles era un capriccio da bambino.
«Natasha!» esclamò giustappunto il suo capo, sempre più ostile. «Hai qualcosa in merito da dire al signor Hadley?»
«Come?» A forza distolse lo sguardo dalla curva seducente delle labbra di Darius Hadley, concentrandosi sulla zona del pomo d'Adamo... mmh... abbastanza prominente... e in un istante si ritrovò a riflettere sulla nota equazione tra le estremità di un uomo e la sua virilità...
E ora non fissargli i piedi!
Già fatto. Un quarantacinque, almeno. «Oh... ehm... sì, certo.» Natasha cercò disperatamente di rimettere in funzione il cervello, mentre osservava gli stivali da lavoro sfondati e i jeans tesi sulle cosce potenti, sporchi di quello che sembrava un fango secco e grigiastro. Era chiaro che Hadley aveva interrotto quello che stava facendo per precipitarsi nel loro ufficio, appena letto l'annuncio. Che