La ragazza di Rio: Harmony Collezione
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About this ebook
Cristina Marques è rimasta sola e, sommersa dai debiti, sta disperatamente cercando un modo per salvare Santa Rosa, l'antica tenuta di famiglia. Quando ormai dispera di trovare una soluzione ai suoi problemi, trova una via d'uscita nella proposta di matrimonio di Anton Luis Scott-Lee, potente e ricco banchiere. Lo scopo di Anton è duplice: se da un lato è in cerca di vendetta nei confronti della giovane, che sei anni prima lo aveva lasciato spezzandogli il cuore, dall'altro il matrimonio gli è imposto dal testamento di suo padre. Per entrare in possesso dell'eredità dei Ramirez, infatti, Anton deve sposare proprio la ragazza che ama ancora alla follia, e che, ora, sembra ricambiarlo...
Michelle Reid
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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La ragazza di Rio - Michelle Reid
successivo.
1
La stanza in boiserie di ciliegio aveva un'eleganza antica che mal si conciliava con l'idea che lì dentro qualcuno potesse alzare la voce. In circostanze normali, Anton Luis Ferreira Scott-Lee non si sarebbe mai sognato di fare qualcosa del genere. Purtroppo, in quella situazione, non c'era proprio niente di normale.
«Dovrò dare le dimissioni» annunciò sconvolgendo le altre due persone presenti.
«Ma, meu querido...» annaspò la madre, una donna sulla cinquantina troppo bella e giovane per essere già vedova. «Non puoi andartene.»
«Non essere sciocco, ragazzo» sbuffò Maximilian Scott-Lee impaziente. «Tutto questo non c'entra niente con la banca. Cerchiamo di tenere i piedi per terra e di usare un po' di buon senso.»
Buon senso? Anton spostò l'attenzione sull'uomo che aveva amorevolmente chiamato zio per tutta la vita, e provò l'irresistibile desiderio di colpirlo in viso con un pugno. Poi si avvicinò a una delle finestre nel bovindo dello studio della dimora degli Scott-Lee a Belgravia.
Era davvero una brutta giornata e la pioggia cadeva a scrosci, riversandosi con violenza sulle foglie degli alberi. Soltanto due ore prima un tranquillo sole invernale aveva illuminato la città di Londra mentre lui partecipava a una riunione importante, sicuro della sua carica di presidente della storica banca Scott-Lee.
Adesso, invece, si sentiva alla deriva, esattamente come quelle foglie strapazzate dalla tempesta.
Serrò la mascella mettendo in risalto la fossetta in mezzo al mento su cui, fino a quel momento, non si era mai posto troppe domande, così come non se ne era poste su tante altre cose che lo riguardavano.
E perché mai avrebbe dovuto? Figlio unico della splendida brasiliana Maria Ferreira e del ricco banchiere inglese Sebastian Scott-Lee, aveva dato per scontato di avere ereditato il suo aspetto latino dalla madre e il genio finanziario dall'amatissimo e compianto padre britannico.
All'inizio, quando aveva letto la lettera arrivata dal Brasile da un certo Enrique Ramirez, che sosteneva di essere il suo vero padre, aveva pensato a uno scherzo di pessimo gusto. C'era voluto quel confronto con sua madre e lo zio per capire che, purtroppo, non era così. E adesso doveva venire a patti non solo con il fatto che quel Ramirez aveva detto la verità, ma anche che l'uomo che aveva sempre considerato suo padre era a conoscenza della relazione della moglie con questo Enrique, da cui aveva avuto un figlio. Un'adozione segreta gli aveva assicurato un posto legale nella vita di Sebastian, con la clausola che la verità non venisse mai a galla.
«Sai benissimo che senza di te la banca fallirebbe» disse Max rompendo il silenzio della stanza. «Tu sei la banca, Anton. Se te ne vai, la gente vorrà conoscerne il motivo, e il buon nome della famiglia sarà...»
«Nessuno verrà a sapere niente» ribatté Anton in tono aspro. «Come è stato in passato.»
«Perché mio fratello ha fatto in modo che fosse così» rispose lo zio. «Chi diavolo si aspettava che Ramirez saltasse fuori con quel testamento?»
«Non ti è mai venuto in mente che io avessi il diritto di sapere?» sbottò Anton guardando la madre.
Maria si irrigidì e strinse nervosamente il fazzoletto che teneva appoggiato in grembo. «Tuo padre non voleva...» obiettò.
«Enrique Ramirez è mio padre!» tuonò lui con furia crescente.
«No!» Maria scosse la testa rabbrividendo. «Enrique è stato un terribile errore nella mia vita. Non c'era bisogno che tu...»
«... che io sapessi di aver vissuto nella menzogna per trentun anni?»
La madre si portò il fazzoletto alla bocca con dita tremanti. «Mi dispiace» sussurrò.
«Sentirtelo dire non mi è di grande conforto.»
«Non capisci...»
«Credevo di essere il figlio di un uomo che amavo più di chiunque altro e adesso, invece, scopro di essere il risultato di una relazione extraconiugale con un giocatore di polo giramondo.»
Maria impallidì. «Non è così. Sono stata con Enrique prima di sposare tuo pa... padre.»
«Fammi capire bene» ribatté Anton sentendo montare dentro di sé una rabbia incontrollabile. «Hai avuto una storia con questo tipo; lui ti ha lasciato e, quando ti sei accorta di essere incinta, ti sei guardata in giro cercando un allocco che prendesse il suo posto; hai trovato Sebastian e mi hai spacciato per suo. Giusto?»
«No!» Maria balzò in piedi, oltraggiata. «Non osare parlarmi con quel tono insultante. Tuo padre ha sempre saputo tutto. Sono stata onesta con lui fin dall'inizio. Sebastian mi ha perdonato, ti ha dato il suo nome e ti ha fatto da padre. Eri la luce dei suoi occhi, quindi non ti permettere di insultare la sua memoria parlandone con disprezzo.»
Anton tornò a guardare fuori della finestra. Alla rabbia e all'amarezza ora si era aggiunto anche il rimorso. Aveva amato il padre con tutto se stesso e, quando era morto in un incidente stradale, un dolore insopportabile lo aveva accompagnato per mesi.
«Ho sempre saputo di non assomigliare a lui fisicamente» borbottò con voce roca.
«Sebastian era a conoscenza del fatto di non poter avere figli» intervenne lo zio Max. «Lo sapeva già il giorno in cui ha conosciuto Maria, innamorandosene perdutamente. Così, quando lei gli disse di te, accolse la tua nascita come un dono del cielo.»
«Un dono che ha insistito per tenere segreto.»
«Non puoi negargli un po' di orgoglio» sospirò lo zio in modo ragionevole.
Purtroppo, in quel momento, Anton non riusciva a pensare all'orgoglio di nessuno. «Sono il figlio di un brasiliano mentre ho sempre vissuto, parlato e agito come un inglese» sbottò, picchiando un pugno contro lo stipite della finestra. In quel preciso istante un'immagine che aveva cercato invano di cancellare per sei anni gli si affacciò prepotentemente alla mente.
Davanti a lui si parò un incantevole volto di donna dagli occhi scuri e la bocca rossa tentatrice. «Non posso sposarti, Luis. Mio padre non lo permetterà. Il nostro sangue portoghese deve restare puro...»
«Ramirez è un cognome portoghese?» domandò in tono aspro.
«Sì» rispose la madre rabbrividendo a quell'inaspettato sfogo violento del figlio.
Anton cercò di tornare a respirare normalmente. Non riusciva ad allontanare da sé il ricordo di quel momento in cui un metro e sessantacinque di pura razza brasiliana gli aveva detto brutalmente che non era degno di lei.
Nessuno aveva mai osato fare una cosa del genere, e sicuramente lui non avrebbe concesso a quella donna la possibilità di rifiutarlo una seconda volta.
La rabbia si trasformò in gelo. Si voltò e guardò prima la madre, sull'orlo di una crisi di pianto, poi lo zio. Da quando aveva avuto il suo primo attacco di cuore, Max si era ritirato dalla banca lasciando a lui il pieno comando.
Si avvicinò di nuovo alla scrivania su cui giacevano i documenti che gli erano arrivati dal Brasile, spediti dall'avvocato che si occupava dei beni dei Ramirez. Trattenendo le emozioni che minacciavano di sopraffarlo, scorse i fogli finché non trovò ciò che cercava.
«C'è dell'altro» aggiunse, osservando la madre e lo zio irrigidirsi per la tensione. «Non sono l'unico bastardo di cui Ramirez reclama la paternità. Ce ne sono altri due in giro da qualche parte. Considerando il tipo di vita di quell'uomo, potrebbero essere ovunque.»
«Vuoi dire che Enrique non sa dove si trovano?»
«Non esattamente» ribatté Anton cinico. «La faccenda non è così semplice.» Ormai iniziava a conoscere Ramirez e gli piaceva sempre meno.
«Ma ormai è morto...»
«Sì» annuì Anton. «Però ha deciso di continuare a divertirsi a spese mie e dei miei fratellastri. Ci ha tenuti d'occhio tutti e tre per anni.»
Enrique Ramirez sapeva cose di lui che gli fecero accapponare la pelle: le scuole che aveva frequentato, i suoi successi accademici. Era a conoscenza persino di tutti i trofei conquistati sia sui campi di atletica che... in camera da letto.
«Nella sua infinita saggezza ha voluto impartire a me e ai miei fratelli una lezione di vita che lui deve avere appreso soltanto in età avanzata, quando ormai era troppo tardi per cambiare quello che era.»
La madre sussultò nell'udire il tono intimo della sua voce mentre si riferiva ai fratellastri. In realtà, Anton sentiva dentro di sé che quel legame era come una nuova arteria che richiedeva di essere alimentata.
«Ramirez era ricco sfondato» continuò. «E non stiamo parlando solo di grosse cifre di denaro. Possedeva miniere di diamanti e di smeraldi, oltre a numerosi pozzi petroliferi. Noi tre figli potremo dividerci il bottino solo se soddisferemo alcune condizioni che quel codardo di nostro padre ha lasciato scritte nel suo testamento.»
«Enrique non era un codardo» protestò Maria.
«E com'era, allora?» volle sapere Anton.
«Bello... come te, e seducente.»
Possibile che sua madre fosse ancora affascinata da quel bastardo?
Maximilian si spostò a disagio sulla sedia e cambiò argomento. «Che tipo di condizioni?» volle sapere.
«Posso parlare soltanto per me» riferì Anton cercando di dominare una nuova ondata di collera. Poi, sul suo volto, comparve uno strano sorriso beffardo. «Devo emendare la mia vita da casanova, diventare responsabile, trovare una moglie, sistemarmi e produrre una legittima progenie.»
«Buon Dio!» esclamò lo zio. «Quell'uomo dev'essersi bevuto il cervello.»
«A questo punto mi domando cosa dovranno fare i miei fratelli per guadagnarsi il diritto di conoscermi.»
«Tu non devi fare proprio niente, querido» si intromise Maria. «Non hai bisogno dei suoi soldi. Non hai bisogno di...»
«Non voglio i suoi maledetti soldi! Voglio solo incontrare i miei fratelli» sbraitò Anton montando su tutte le furie, e vide sua madre indietreggiare.
Si disprezzò per quel suo comportamento e maledì Ramirez per ciò che stava facendo a tutti loro. Era vero, lui non doveva fare niente, tuttavia si sentiva ingannato e privato del suo sacrosanto diritto di sapere tante cose su di sé.
A quel punto non voleva lasciarsi sfuggire l'occasione di conoscere coloro nelle cui vene scorreva il suo stesso sangue, indipendentemente da quanto gli sarebbe costato.
Già, quanto gli sarebbe costato?
Tornò con lo sguardo sui documenti sparpagliati di fronte a lui e scorse velocemente il paragrafo in cui Ramirez lo accusava di avere piantato in asso, sei anni prima, una donna, lasciandola in terribili difficoltà. Enrique gli ingiungeva di fare ammenda e gli concedeva alcuni mesi di tempo per rimediare. Dopodiché si sarebbe dovuto recare a un incontro in uno studio legale di Rio de Janeiro, insieme a quella donna che, nel frattempo, sarebbe dovuta diventare sua moglie e avrebbe dovuto aspettare un bambino.
Se Anton non avesse soddisfatto quelle richieste, non avrebbe conosciuto i fratelli e la sua parte di eredità sarebbe andata a lei invece che a lui.
«Quindi... cos'hai intenzione di fare?» gli domandò Maria.
Anton la ignorò. Era troppo concentrato a fissare il nome stampato sulla pagina, accompagnato dalla visione di una massa di capelli neri