Due cuori in gioco
By Penny Jordan
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Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Due cuori in gioco - Penny Jordan
successivo.
1
La festa era in pieno svolgimento quando Jessica, dopo aver bussato diverse volte, aprì la porta dell'appartamento di Greg Hardiman. Il soggiorno era pieno di coppie che si muovevano al ritmo di una musica sensuale e le ci volle qualche secondo per individuare il suo ospite. Quando infine lo trovò, lui le mise un braccio attorno alla vita e le sorrise. Jessica inarcò leggermente le sopracciglia e fece per ritrarsi ma Greg, che doveva aver bevuto, aumentò la stretta.
«Bene, bene... Quale buon vento ti porta?» chiese, fissandola. «Non credevo che saresti riuscita a venire. Un uccellino mi aveva detto che avresti lavorato fino a tardi, questa sera. Ti fa sudare il tuo capo, eh?»
«Qualcuno deve pur guadagnarsi da vivere, no?» gli ricordò freddamente lei.
Era potuta andare alla festa solo perché Elaine, la moglie di Bob, aveva telefonato al marito per dirgli di tornare a casa prima. Ora, però, se ne era già pentita.
«Vieni, ti presento agli altri» disse Greg. «Non accade spesso che vostra signoria ci degni della sua presenza. Un vero peccato che alla fine della settimana debba partire per gli Stati Uniti... Tu mi piaci, Jessica... Mi sono sempre chiesto che cosa nascondi dietro quella tua fredda facciata. Che ne diresti di rimanere quando tutti gli altri se ne saranno andati?»
Jessica aveva udito quella domanda troppe volte per sentirsi scioccata o arrabbiata. Perché gli uomini erano convinti che qualsiasi donna priva di legami e al di sopra dei ventunanni dovesse automaticamente passare da un letto all'altro? Erano ormai quattro anni che doveva lottare strenuamente per tenere a bada individui come Greg, i quali avevano l'arroganza di pensare che un sorriso e qualche insignificante complimento bastassero per sedurre una ragazza.
Si districò da quel braccio e disse che non c'era bisogno di presentazioni. Conosceva quasi tutti lì dentro perché quasi tutti, come lei, lavoravano alla Computerstore, una piccola azienda che vendeva software all'industria e al commercio. Jessica vi era impiegata ormai da quattro anni, da quando cioè si era trasferita a Londra, ed era soddisfatta del suo posto di assistente personale del direttore delle relazioni pubbliche... o, perlomeno, lo era stata fino a poco tempo prima. Il suo viso si oscurò leggermente al ricordo delle novità che aveva trovato al ritorno dalla sua vacanza in Grecia.
La Computerstore era stata assorbita da una grossa organizzazione e correva voce che presto i dirigenti sarebbero stati sostituiti e che ci sarebbero stati molti licenziamenti. Bob Myers, il suo capo, aveva avuto il muso lungo per tutta la settimana... Era affezionata a Bob e le piaceva molto lavorare con lui. Insieme, formavano una coppia ben affiatata e, sebbene avesse imparato a non attaccarsi troppo alle persone, Jessica sapeva che le sarebbe stato difficile trovarsi altrettanto bene con qualcun altro.
Prese un bicchiere e rimase a osservare con aria critica quegli strani invitati. Poteva anche sbagliarsi ma era pronta a scommettere che dall'atmosfera calda che regnava lì dentro sarebbero nate almeno un paio di promettenti relazioni... Alta, elegante, con i capelli rossi che le scendevano sulle spalle e i lineamenti così classici che sembravano scolpiti, era di gran lunga la donna più attraente tra quelle presenti. Tutt'a un tratto, ebbe la sensazione che qualcuno la osservasse, ma invece di commettere l'errore di voltarsi di scatto percorse lentamente con lo sguardo tutta la stanza.
Lui era appoggiato alla parete opposta e sollevò il bicchiere in un segno di saluto che esprimeva ammirazione e arroganza al tempo stesso. Era evidentemente abituato a essere corteggiato dalle donne e si aspettava forse che lei gli si avvicinasse, si disse Jessica tra il disgustato e l'arrabbiato. Be', questa volta gli sarebbe andata male. Era tuttavia innegabile che fosse un uomo molto affascinante e che sprigionasse un senso di potenza. Indossava pantaloni di tela nera, una camicia di cotone dello stesso colore e neri erano anche i capelli che gli si arricciavano sul colletto della camicia.
Doveva essere sui trent'anni ed era sicuramente consapevole dell'effetto che produceva sulle donne. Appoggiandosi ora su una gamba ora sull'altra, la stava fissando con insistenza. Una bella bionda che lavorava nell'ufficio delle dattilografe gli passò davanti lanciandogli un'occhiata provocante. Povera sciocca, pensò Jessica, non capiva che quell'uomo apparteneva a un altro mondo e che, scherzando col fuoco, avrebbe finito per bruciarsi?
Non le venne da chiedersi chi fosse perché non provava alcuna curiosità al suo riguardo né piacere per averlo sorpreso a osservarla. Era facile capire cosa gli passasse per la mente. Avendola degnata più volte della sua attenzione, ora si aspettava che lei lo ripagasse dividendone il letto finché lui non si fosse stancato e non si fosse gettato su un'altra conquista. La bionda intanto continuava a guardarlo, cercando di attirare la sua attenzione, ma lui, pur avendo notato tutti quegli sforzi, non faceva nulla per mitigare l'umiliazione che la poveretta doveva sentire in quel momento. Continuava invece a guardare Jessica e in quello sguardo lei vide ciò che maggiormente disprezzava in quel genere d'uomo: l'arroganza di chi è sicuro del fatto suo. Ed ebbe una gran voglia di dimostrargli quanto si sbagliasse. Non era detto che prima della fine di quella serata non avrebbe trovato il modo di umiliarlo a tal punto che in futuro si sarebbe ben guardato dall'osservare una donna con la stessa arroganza, si disse con un sorriso ironico sulle labbra.
Gli voltò la schiena e si avvicinò alla finestra. Era vestita più semplicemente delle altre ospiti perché era venuta direttamente dall'ufficio, ma il top nero e la gonna di seta a scacchi bianchi e neri che portava mettevano splendidamente in risalto l'abbronzatura che aveva preso in vacanza. Aveva gli occhi rivolti al cielo, a fissare le stelle, quando sentì una mano posarsi sul braccio.
«Tanto allettanti quanto pericolose, non crede? Proprio perché così irraggiungibili, trascinano l'uomo alla rovina come le farfalle alla fiamma...»
«È un astronomo?» Jessica l'aveva visto avvicinarsi attraverso il vetro, ma cercò lo stesso di mostrarsi sorpresa.
«Diciamo piuttosto che anche se sono attratto dalle cose pericolose, preferisco quelle un po' più a portata di mano...» fece lui, senza staccarle gli occhi di dosso. «È qui da sola?» chiese poi, senza molti preamboli, guardandole le mani come per cercarvi un anello e Jessica aggrottò le sopracciglia.
«E se così non fosse?»
Lui sorrise a sua volta e soltanto allora lei notò la piega un po' crudele che gli torceva la bocca, la bocca di un uomo che non era avvezzo a provare compassione per la debolezza altrui.
«Se così non fosse, lui sarebbe un pazzo a lasciare sola una cosa bella come lei. A ogni modo, tanto meglio per me...»
Jessica si morse le labbra per impedirsi di rispondergli per le rime. D'altra parte, quell'uomo si stava comportando esattamente come lei aveva previsto. Chissà se era sposato... No, non aveva l'aria del marito. Ma perché non accertarsene?
«E lei?» domandò. «È... solo?»
«Solo e libero» rispose lui, prendendola sottobraccio. «Le va di ballare?»
Jessica fu sul punto di rifiutare, ma vide Greg che si dirigeva verso di loro e, quasi senza accorgersi, si lasciò condurre tra le altre coppie.
«Un ex ammiratore?» le chiese lo sconosciuto, circondandole la vita con le braccia.
«Chiamiamolo piuttosto un seccatore» rispose lei, troppo stupita dalla sua domanda per prendere in considerazione la possibilità di mentire. Subito dopo, tuttavia, si accorse dell'errore che aveva commesso perché, a giudicare dall'espressione del suo viso, l'altro stava forse pensando che fosse stata lei a incoraggiare Greg. Gli uomini non ritenevano possibile che una donna non si interessasse a loro. Be', gli avrebbe fatto cambiare idea!
«Si rilassi!»
Jessica sentì le dita dello sconosciuto che le accarezzavano leggermente la schiena ed ebbe una reazione che lui dovette scambiare per un brivido di piacere perché la strinse di più a sé.
«E se ci presentassimo? Mi chiamo Luke Ferguson. E lei?»
«Jessica» rispose semplicemente lei che odiava parlare troppo di sé. La gente diventava curiosa e cominciava a fare domande. E lei si irrigidiva. Come ai tempi della scuola, quando i compagni facevano strane allusioni alla sua mancanza di un padre. Quelle ferite facevano ancora male...
«Jessica! Grazioso e insolito... Come chi lo porta.»
«Lei mi trova... insolita?
«Sì... Definirla graziosa non basta. Lei è una donna molto bella, Jessica, e io non voglio passare il resto della serata a dividerla con altri.»
«Che cosa le viene in mente?»
Diverse persone li stavano guardando ora e, primo fra tutti, Greg. No, Jessica non aveva dubbi su quello che doveva passare per la mente di Luke Ferguson. La stessa cosa che era passata per la mente a suo padre quando aveva conosciuto sua madre e la stessa cosa che era passata per la mente a Richard quando... No, non era il momento di pensare a Richard, ora... Doveva assecondare Luke Ferguson e lasciare che si scavasse la fossa da solo... Che piacere avrebbe provato nel vedercelo cadere dentro!
«Se glielo dicessi, mi darebbe sicuramente del pazzo. Penso che lei sia la cosa più bella che abbia mai visto.» Gli occhi di Luke brillarono di una luce calda e Jessica fu ben contenta di non trovarsi sola con lui. Quello non era un ragazzino inesperto ma un maschio sofisticato... e non faceva nulla per nasconderlo.
«E per questo dovrei ritenerla pazzo?» Quella schermaglia verbale era soltanto un preludio al vero finale della serata e Jessica fu percorsa da un brivido di paura vedendo il desiderio che bruciava nei suoi occhi.
Quando la musica cessò, Luke la lasciò con riluttanza e Jessica non si ritrasse quando lui le mise un braccio attorno alle spalle. Si stava comportando in modo decisamente anomalo, ma questo lui non lo sapeva. Era evidentemente abituato ad avere intorno donne che cedevano volentieri alla sua volontà. Quello che la sorprendeva di più era che lui non le avesse ancora chiesto di seguirlo nel suo appartamento. E che schianto doveva essere quando lo faceva, pensò ironicamente, con quei suoi occhi pieni di desiderio che a lei erano sembrati neri ma che in realtà erano grigi!
Greg si avvicinò stringendo a sé la bionda che poco prima aveva fatto la sdolcinata con Luke. Aveva gli occhi iniettati di sangue e Jessica immaginò che nel frattempo avesse continuato a bere.
«Bene, bene» disse Greg. «Che cosa succede? Il nostro iceberg si è finalmente sciolto? Sei fortunato, Luke. Jessica è una signora molto pignola.»
«Hai bevuto troppo, Greg» fece Luke, con voce piatta. «Perché non lo porta in cucina e non gli prepara una tazza di caffè forte?» aggiunse poi, rivolgendosi alla bionda.
Ora li stavano guardando tutti e Jessica pensò al colpo da sferrare per sgonfiare una volta per tutte lo smisurato ego di Luke Ferguson. E lo trovò. Lui intanto si era voltato verso di lei e le aveva sfiorato le guance in una tenera carezza.
«È pronta per andare?»
Era un eccellente attore, niente da dire. La sua voce tradiva un leggero accenno di tremito, quel tanto che bastava per far pensare che stesse lottando per tenere a freno il desiderio di rimanere solo con lei. E non soltanto per soddisfare un momentaneo bisogno fisico.
«Andare? Con lei?» Jessica inarcò le sopracciglia e si sforzò di ridere. «Caro signore, la sua compagnia è stata piacevole, ma fino a un certo punto. Da un uomo