Sulle tracce di Sabrina: Harmony Destiny
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About this ebook
Elizabeth Bevarly
Elizabeth Bevarly é nata e cresciuta a Louisville, nel Kentucky e si é laureata con lode in letteratura inglese all'università di Louisville nel 1983. Nonostante abbia sempre desiderato diventare una scrittrice, prima di riuscire a coronare il suo sogno, ha lavorato con contratti a termine in sale cinematografiche, ristoranti, boutiques e grandi magazzini.
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Sulle tracce di Sabrina - Elizabeth Bevarly
successivo.
1
Perso nei suoi pensieri, mentre redigeva l'ultimo rapporto sulla famiglia Barker, lo sceriffo Riley Hunter aprì il cassetto della scrivania, frugò alla cieca con una mano e aggrottò la fronte quando non trovò quello che cercava. Allora spinse indietro la sedia e guardò meglio. Il pacchetto dei suoi biscotti preferiti era scomparso.
Chi mai poteva averli presi?, si domandò Riley, seccato. Senza dubbio Virgil. Il suo aiutante era goloso più di lui e sicuramente aveva pensato che un piccolo furto sarebbe passato inosservato in una tranquilla comunità come Wallace Canyon. Non vi accadeva infatti quasi mai niente, come aveva imparato Riley nei sei mesi dall'inizio del suo incarico.
«Virgil!» chiamò ad alta voce alzandosi in piedi. «Dove diavolo sono i miei biscotti al cioccolato?»
Riley tese le orecchie nel tentativo di sentire se Virgil stava sgranocchiando qualcosa, ma l'unico rumore che udì fu il crepitio della radio di Rosaria nell'ingresso, sintonizzata sull'unica stazione di musica country-western della città. Con un sorriso riconobbe la voce calda e sensuale di Patsy Cline. Non c'era nessuno che sapesse toccargli il cuore come lei. No, senza alcun dubbio.
«Virgil!» provò ancora.
Finalmente si udirono dei passi lenti lungo il corridoio e sulla soglia si affacciò la testa di Virgil Bybee, come se il giovane non volesse mostrare nulla al di sotto del collo.
Comportamento ambiguo, decise Riley seguendo il suo istinto, che non falliva mai. D'altronde, se era sopravvissuto quasi dieci anni nel distretto di Tulsa, non era stato soltanto grazie alla fortuna e al suo aspetto gradevole.
«Mi hai chiamato?» chiese Virgil in tono gentile.
«Dove diavolo sono finiti i miei biscotti?» domandò Riley senza preamboli.
«Come faccio a saperlo?» Ma Virgil sembrava in preda a un'ansia sospetta.
Per un lungo istante Riley non parlò e si limitò a mettere una mano sulla fondina della pistola. Poi con voce minacciosa tuonò: «Virgil, voglio che quei biscotti tornino dov'erano» e indicò il cassetto, «entro le tre di oggi pomeriggio. Chiaro?».
Virgil annuì in silenzio e, nel movimento, i capelli biondi gli caddero davanti agli occhi. Poi, prima che Riley avesse il tempo di continuare, gli tese un foglio. «È arrivato via fax qualche minuto fa» annunciò con enfasi, come se la notizia lo eccitasse.
Stringendo gli occhi con espressione perplessa, Riley fece il giro della scrivania. Di solito non giungeva nulla via fax a Wallace Canyon. «Di che cosa si tratta?»
«Sembra un avviso di ricerca» rispose Virgil decidendosi finalmente a entrare. «Una regolare caccia all'uomo.»
Riley impiegò un attimo per notare che non c'erano tracce di briciole di biscotti sull'uniforme di Virgil, identica alla sua, una camicia e dei pantaloni color cachi. Quindi, dato che aveva una natura fiduciosa, decise di concedergli il beneficio del dubbio. L'agitazione che aveva mostrato era l'effetto del foglio che aveva in mano e non del tentativo di nascondere un crimine. Inoltre Rosaria, la segretaria all'ingresso, era altrettanto amante dei biscotti. Quindi la lista dei sospettati si allungava.
«Una caccia all'uomo?» ripeté Riley attraversando l'ufficio a grandi falcate.
Virgil annuì con vigore. «Anzi, anche meglio. Una caccia alla donna. E, secondo Rosaria, la delinquente è proprio qui a Wallace Canyon.»
Riley scosse la testa per lo stupore. Prima il furto dei biscotti e adesso Virgil Bybee che usava la parola delinquente
. Tutto nello stesso giorno. Avrebbe retto il suo cuore, ormai vecchio di trentadue anni?
Prese il bollettino e lo esaminò in fretta, poi tornò a guardare il suo aiutante. «Virgil» disse piano.
«Sì, Riley?»
«Non è una delinquente. È una persona scomparsa. Ed è una notizia vecchia. Abbiamo ricevuto un fax su di lei... un paio di settimane fa. Io ho risposto chiedendo di spedirci dettagli più precisi, perché Rosaria era convinta di aver visto una donna che corrispondeva alla descrizione proprio qui a Wallace Canyon, ma, non avendo saputo più niente, ho de dotto che l'avessero trovata da qualche parte. È chiaro che la macchina del fax funziona lentamente. Come sempre. Questi sono...» agitò il pezzo di carta, «i dettagli che avevo richiesto.»
Virgil lo fissò, perplesso. «Una notizia vecchia? Io è la prima volta che la sento. Nessuno si è preoccupato di informarmi. Perché mi lasciate sempre all'oscuro di tutto?»
Riley alzò gli occhi al cielo. «Non era niente di importante, Virgil.» Ma l'aiutante continuava a tenere il broncio, perciò, preso da pietà, decise di chiarire: «Il fax dev'essere arrivato quando tu eri a Guymon per la Festa del Ringraziamento. Si diceva che questa donna...». Lesse il nome sul foglio. «Sabrina Jensen, era ricercata in tutto lo stato, da Freemont a Tulsa. Ma non perché fosse una delinquente, Virgil, bensì perché è scomparsa.» Indicò il fax. «È ripetuto anche qui.»
L'aiutante sembrò deluso, probabilmente perché era sfumata la prospettiva di organizzare una caccia all'uomo. «Oh!» mormorò. «Temo di non averlo letto con attenzione.»
Riley continuò a leggere il fax, questa volta ad alta voce, in modo che Virgil si rendesse conto della situazione. «Dicono che la signorina Jensen è scomparsa da mesi e che probabilmente si sta nascondendo. Quello che non capisco è che chi la sta cercando è la famiglia Wentworth. Sono loro che hanno fatto la denuncia. Come devo interpretarlo?»
«Chi sono questi Wentworth?» domandò Virgil.
«Sono una delle famiglie più famose dello stato» rispose Riley scuotendo la testa, incredulo di fronte a tanta ignoranza. «Però, capisco che a Wallace Canyon possano sfuggire tante cose. Io li conosco perché sono cresciuto poco distante da Tulsa. Si tratta di una vecchia dinastia di petrolieri di Freemont Springs, la cui reputazione, come si dice, li ha sempre preceduti. Ricchi. Potenti. Chiacchierati. Figli viziati. Quel genere di persone. Di fatto, mi sono imbattuto nel più giovane una volta che era stato arrestato in stato di ubriachezza dopo una festa. Niente di grave... una semplice lavata di capo. Poi ho saputo che il maggiore, recentemente, è morto durante un'esplosione.»
«Ma questa donna mi pare si chiami Jensen» gli fece notare Virgil.
Riley annuì. «Sì, e come ti ho già detto, non sappiamo molto di lei. Soltanto adesso apprendo che...» Tornò a concentrarsi sul fax e lesse parola per parola ad alta voce: «Ventiquattro anni, statura media, corporatura normale, capelli castani, occhi verdi. Tutti i distretti di polizia sono stati allertati... Ah, aspetta un attimo. Ecco la spiegazione del perché si sono apprese tante cose sulla signorina in questione. È stata visitata da un ginecologo che ha fornito i particolari.»
«Un ginecologo?» ripeté Virgil, confuso.
«Sì, il dottore che aiuta a far nascere i bambini» spiegò Riley in tono ironico. «Cito quanto è scritto qui: La signorina Jensen è incinta e il parto è previsto per...
». Alzò gli occhi a guardare Virgil. «Manca un pezzo di fax.»
L'aiutante si strinse nelle spalle. «È tutto quello che è arrivato. Insieme alla foto della suddetta.»
«Diavolo, dovrebbe esserci almeno un'altra pagina» dichiarò Riley. «C'è una frase troncata a metà e non chiarisce neppure perché i Wentworth la stiano cercando.»
«È tutto qui» insistette Virgil.
Riley annuì con un sospiro. Era già successo altre volte. Come tutto il resto, lì alla stazione di polizia di Wallace Canyon, la macchina del fax era antiquata e inaffidabile e avrebbe avuto bisogno di essere sostituita.
«E va bene» concesse alla fine. «Dato che abbiamo la foto e le caratteristiche essenziali, credo sia sufficiente per cominciare. Rosaria ha visto la foto?»
Virgil annuì. «Sì. Appena le ha dato un'occhiata, l'ha riconosciuta. Ha detto che era la donna che aveva incontrato a Westport.»
Riley rifletté per un attimo. «L'unica cosa che c'è a Westport è un camping di roulotte. E dev'essere proprio lì che Rosaria l'ha vista, perché nel fax dicono che vi abita sua sorella
.»
Riley prese il cappello da cowboy color caffè che era appeso a un gancio dietro la porta e se lo calcò sulla fronte, poi si infilò una giacca di montone sopra la divisa cachi e se la abbottonò. «Dov'è la foto della donna?»
«È sulla scrivania di Rosaria.»
«La prendo e vado subito a Westport. Oh, e Virgil...» aggiunse mentre gli passava davanti, «non dimenticarti dei miei biscotti.»
Riley ebbe l'impressione che l'aiutante fosse arrossito, ma non se ne preoccupò e ripeté l'avvertimento: «Entro le tre, mi raccomando. Sarà meglio che, al mio ritorno, quei biscotti siano saltati fuori».
Così dicendo, Riley si avviò, a passo sostenuto, verso la scrivania di Rosaria.
Rachel Jensen sistemò un filo di lamé sull'albero di Natale di plastica di sua sorella e rilasciò un sospiro melodrammatico. Le luci colorate che incorniciavano la finestra si accendevano e si spegnevano a ritmo regolare, ma la vista che si godeva da lì era tutt'altro che allegra.
Il paesaggio era piatto e incolore, senza un albero, né una collina o una vallata, e terminava in un cielo grigio che, nel giro di pochi secondi, si riempì di qualche sparuto fiocco di neve che, spinto dal vento, andò a fermarsi sul tetto della roulotte.
Sin da bambina, Rachel aveva attraversato tutto il paese a bordo del camion del padre, Frank, insieme alla sorella gemella, Sabrina. Ma non aveva mai visto nulla di così noioso e prevedibile come la piana di Oklahoma in inverno. Spazzata dal vento. Tetra. Monotona. E adesso era lì, a una settimana dal Natale, in quel panorama deprimente.
Almeno la roulotte dei vicini era decorata con dei festoni gialli e rossi e sulla porta c'era una corona di agrifoglio a indicare che non si arrendevano allo squallore del posto, rifletté Rachel passandosi una mano tra i capelli castani che le scendevano sulle spalle.
Sconsolata, diede un'occhiata all'arredamento della roulotte dove l'aveva convocata sua sorella. I mobili di formica erano marroni, come la moquette, le pareti e il divano... con qualche traccia di beige qua e là. Giurò a se stessa che nell'attimo preciso in cui fosse riuscita ad andarsene di lì, e cioè appena trovata Sabrina, non avrebbe mai più comprato, a nessun costo, niente di marrone.
Ma fino a quel momento, sembrava che dovesse abituarsi a quel colore.