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Una verità nascosta: Harmony Collezione
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Una verità nascosta: Harmony Collezione

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About this ebook

Jake va a far visita alla moglie con lo scopo di chiederle il divorzio. Nono¬stante la grande passione, il loro matrimonio era finito dopo tre anni, allorché Jake aveva sorpreso il suo migliore amico nel letto della moglie ubriaca. Isobel aveva protestato la propria innocenza, ma quando si era accorta di essere incinta, Jake l'aveva lasciata, convinto che il bambino non fosse suo. Ora, dopo undici anni, l'incontro con la piccola Emily rimette tutto in discussione.

LanguageItaliano
Release dateJan 9, 2015
ISBN9788858930106
Una verità nascosta: Harmony Collezione

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    Una verità nascosta - Anne Mather

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sinful Truths

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2003 Anne Mather

    Traduzione di Carlotta Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-010-6

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    L’appartamento era situato in uno dei quartieri più eleganti della città, ma non era costato tanto rispetto alle altre abitazioni di lusso di quella zona. L’appartamento che Isobel aveva scelto era al piano superiore di un palazzo vittoriano ristrutturato, e sebbene mancasse di tutti i comfort moderni, spiccava per stile ed eleganza.

    Jake non era stato sorpreso dalla scelta di Isobel di vivere in un vecchio edificio. Sua moglie apparteneva a una famiglia aristocratica, tuttavia aveva preferito abitare in una casa senza riscaldamento piuttosto che avere a disposizione ogni sorta di comodità.

    Non che l’appartamento fosse costato poco, Jake lo sapeva perfettamente. Lo aveva comprato per lei quando si erano separati e doveva ancora finire di pagarlo.

    Jake parcheggiò la macchina in una stradina laterale e raggiunse a piedi Eaton Crescent.

    Era una giornata di pioggia, tipica del mese di maggio, e lui scosse le spalle indispettito per far scivolare l’acqua dalla giacca di pelle. Un’altra giacca da buttare, pensò rassegnato. Avrebbe fatto meglio a prendere un ombrello. Ne aveva uno nel baule della sua costosa macchina che, inutile a dirsi, non aveva mai usato.

    Un pannello posto a fianco del portone indicava i nomi degli inquilini e i rispettivi campanelli. Era stato messo per sicurezza, ma Jake sapeva che se qualcuno avesse suonato con insistenza, qualche sprovveduto, prima o poi, avrebbe aperto. L’edificio non era provvisto di citofono, e quando Jake aveva espresso i suoi timori a Isobel, lei aveva reagito con insofferenza.

    «Non farmi credere che ti preoccupi per me, adesso!» gli aveva risposto con tono glaciale mentre rientravano dall’agenzia immobiliare, ma lui non aveva raccolto la provocazione.

    Jake scacciò quei pensieri e suonò il campanello di Isobel. Lei sapeva del suo arrivo, quindi lui non dovette aspettare a lungo che il portone si aprisse. L’ingresso aveva un aspetto cupo e triste, ma profumava di fiori secchi e cera per mobili. Una ditta si occupava della pulizia dell’immobile e ciò dava un’immediata impressione di calore e accoglienza.

    La porta si chiuse silenziosa alle sue spalle. Jake si passò una mano tra i capelli bagnati e salì le scale a due gradini alla volta. Con il fiato corto, raggiunse il secondo piano. Si rese conto di aver fatto poca attività fisica negli ultimi tempi. Stare seduti tutto il giorno di fronte al computer non era certo il modo migliore per tenersi in forma.

    La porta di Isobel non era aperta. Strano, perché lei sarebbe dovuta essere lì ad attenderlo. Frenò l’impulso di girare la maniglia e bussò in attesa di una risposta.

    Non fu Isobel ad aprire la porta, ma Emily, che lo guardò con un’espressione di rabbia e risentimento che lui si sarebbe aspettato da parte della madre.

    «Che cosa vuoi?»

    La domanda lo colse di sorpresa. Era sicuro che Isobel l’avesse avvisata del suo arrivo, ma era ovvio il contrario. Ora era lui a dover spiegare a una precoce ragazzina di dieci anni che sua madre lo stava aspettando.

    «Non è qui» dichiarò Emily, soddisfatta. «Dovrai tornare in un altro momento.»

    «Non dirai sul serio» replicò Jake, pensando alle difficoltà che aveva avuto per ottenere quell’incontro.

    «Sì, dico sul serio» rispose la ragazzina, contenta che lui si trovasse in difficoltà. «Le dirò che sei passato...» Stava per sbattergli la porta in faccia, quando Jake infilò un piede tra lo stipite e il battente e lei dovette arrendersi. «Aspetta!»

    «Sai che alla mamma non piacerà tutto questo» replicò Emily, respingendo dal viso i capelli scuri. «Non puoi dirmi che cosa devo fare.»

    «Posso e lo farò. E adesso perché non la smetti di comportarti come un monellaccio qualunque e non vai a dire a tua madre che la sto aspettando?»

    «Ti ho già detto che non è in casa» ribadì Emily con voce tremante. «Chi credi di essere per entrare qui con la forza e spaventarmi?»

    Jake aveva pensato che ci sarebbe voluto ben altro per spaventare la figlia di Isobel, invece si sbagliava. Non doveva dimenticarsi che, nonostante fosse alta per la sua età e insolente, come aveva provato a sue spese, era ancora una bambina e si pentì di aver perso la pazienza con lei.

    «Sono il marito di tua madre. Sapeva che sarei venuto. Perché non è qui?» si limitò a dire.

    Emily si morse le labbra. «È andata da Granny, e non so per quanto tempo si tratterrà» spiegò dopo un minuto.

    «Da tua nonna?» Jake si sentì assalire dalla collera, tuttavia riuscì a controllarsi. Avrebbe dovuto capire che c’era lo zampino di Lady Hannah. Quella donna non lo aveva mai tollerato e non voleva che la figlia avesse nulla da spartire con lui. Non ammetteva neanche il fatto che, senza il suo aiuto economico, avrebbe perso la casa di famiglia che era già in stato di semiabbandono.

    Jake respirò a fondo. «Non mi dirai che è andata nello Yorkshire, vero?»

    «No, è nell’appartamento di città di Granny» rispose Emily, imbronciata.

    «Bene.» Perlomeno non dista duecento miglia, pensò lui. «Che cosa è andata a fare?» le domandò, soddisfatto che dalla sua voce non trapelasse alcuna rabbia.

    Emily scrollò le spalle sottili e Jake si rese conto di quanto assomigliasse a Isobel. I capelli lucidi e le sue forme infantili suggerivano che un giorno sarebbe diventata bella come la madre. Era alta e snella e gli occhi azzurri erano profondi e luminosi.

    «Granny l’ha voluta vicina a sé perché non si sente molto bene» rispose con riluttanza.

    Jake si lasciò sfuggire un’imprecazione ed Emily si limitò ad aggrottare le sopracciglia nello stesso modo di sua nonna. «Dunque, non hai la più pallida idea di quando tua madre tornerà?» insistette Jake.

    «Mi ha detto che non si sarebbe trattenuta a lungo» rispose Emily con esitazione.

    «Un momento. Ti ha lasciata sola?»

    «Che cosa ti importa? Non sono più una bambina, dovresti saperlo» replicò Emily con aria di sfida.

    «Comunque, anche una ragazzina di dieci anni dovrebbe riflettere prima di aprire la porta a uno sconosciuto.»

    «Adesso ne ho quasi undici» lo corresse Emily con tono sprezzante. «Ma non mi aspetto che te lo ricordi. Sei solo mio padre.»

    «Io non sono tuo...»

    Jake si interruppe di colpo. Non voleva discutere con lei di un argomento pericoloso come la sua paternità. Perché diavolo Isobel le aveva detto che lui era suo padre? Forse per evitare delle critiche. Di certo aveva creato una frattura insanabile tra lui e la figlia e qualsiasi speranza di avvicinare Emily a sé era stata vanificata da tutte le bugie di Isobel.

    «Sapevo che eri tu. Ti ho visto dalla finestra, tutto bagnato.» Emily lo guardò con un’espressione da adulta negli occhi.

    Jake serrò la mascella. «Lo hai notato» borbottò. «Ti ha detto tua madre che sarei passato?» le domandò, intuendo che Emily si era messa alla finestra ad aspettarlo.

    Questo avrebbe spiegato perché Isobel fosse andata a Londra lasciando la figlia a casa da sola. Buon Dio, si aspettava che lui attendesse il suo ritorno facendo da babysitter a Emily.

    «Può darsi» rispose Emily con indifferenza, allontanandosi da lui. «Entri o no?»

    Non entro, pensò lui con rabbia, dando un’occhiata all’orologio d’oro da polso e soffocando un’imprecazione. Erano quasi le cinque e aveva promesso a Marcie che sarebbe passato a prenderla alle sei dal suo parrucchiere a Mayfair. Dannazione, non sarebbe arrivato in tempo.

    Sbuffando, entrò in casa.Emily, che ormai si era rassegnata alla presenza di Jake, scomparve in una stanza in fondo al corridoio. Se la memoria non mi tradisce, quella dev’essere la cucina, pensò Jake. Quindi si sfilò la giacca bagnata e decise di seguire la ragazzina. La trovò che armeggiava con il bollitore.

    «Immagino che tu voglia un caffè, ma posso offrirti solo un caffè solubile. La mamma dice che non possiamo permetterci altro.» Emily parlò con voce fredda e distaccata, così come avrebbe fatto sua madre.

    Jake digrignò i denti. Quella ragazzina impertinente lo aveva colto di sorpresa. Perché mai non potevano permettersi altro? Eppure lui, in tutti quegli anni, non le aveva mai fatto mancare niente. Ma questo non era un argomento da poter discutere con lei.

    «Vuoi latte e zucchero?» domandò Emily, gentile.

    «Non mi sembra di averti detto che volevo qualcosa» tagliò corto Jake. «Di solito lo prepari tu il caffè?»

    «Oh, per favore!» rispose Emily, cinica. «Non far finta di interessarti a me. Se proprio lo vuoi sapere, sono perfettamente in grado di preparare del tè o del caffè.»

    Jake contrasse la mascella. «Se lo dici tu.»

    «Certo che lo dico io. Allora, che cosa vuoi?»

    Lui si risentì per il tono aspro con cui Emily gli si rivolgeva e tornò alla carica. «Da quanto tempo è uscita tua madre?».

    Emily scosse le spalle. «Da un pochino.»

    «Che cosa significa da un pochino

    «Non lo so.» La bambina respinse la treccia oltre la spalla. «Forse da un’ora.»

    «Un’ora?»

    Jake fece un rapido calcolo. Isobel avrebbe impiegato un’ora per raggiungere l’appartamento di sua madre a Bayswater, si sarebbe fermata mezz’ora e poi sarebbe tornata indietro. Due ore e mezza in tutto. Jake non avrebbe fatto in tempo a rispettare l’appuntamento con Marcie. Sperava di arrivare puntuale almeno per la loro cena di fidanzamento insieme agli Allens.

    «Non mi hai ancora detto come ti piace il caffè.»

    Mentre lui rimuginava i suoi pensieri, Emily aveva già riempito la caffettiera d’acqua bollente. «È uguale, come capita» mugugnò. «Grazie»

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