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Una fidanzata per connor: Harmony Jolly
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Una fidanzata per connor: Harmony Jolly
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Una fidanzata per connor: Harmony Jolly

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2 ROMANZI IN 1. UNA FIDANZATA PER CONNOR di Christine Rimmer. L'uomo che sta bussando infuriato alla sua porta è l'affascinante Connor McFarlane, proprietario di una famosa catena d'alberghi. Cerca suo figlio e Tori Jones è la sua insegnante. A chi altri potrebbe chiedere, dunque? Ma questo è solo il primo di una serie di incontri finto casuali che Connor tende alla bella e dolce insegnante. Il suo obiet-tivo? Farle accettare di diventare la sua fidanzata per soli... due mesi!

UN BACIO MILIONARIO di Teresa Southwick. Unire l'utile al dilettevole? Perché no? Il milionario Marlon Cates non ha dubbi, svolgerà i suoi servizi socialmente utili al centro per adolescenti di Haley Anderson, la donna che da più di sei anni gli ruba il sonno tutte le notti. Marlon non ha ancora dimenticato il bacio appassionato che all'epoca si erano scambiati e che lo aveva lasciato quasi senza fiato. Ora vuole riprovare quelle sensazioni e Haley è la donna giusta.

LanguageItaliano
Release dateOct 20, 2011
ISBN9788861839489
Una fidanzata per connor: Harmony Jolly

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    Una fidanzata per connor - Christine Rimmer

    Una fidanzata per Connor

    1

    Il campanello dell’ingresso squillò proprio nel momento in cui Tori Jones appoggiava il vassoio colmo di stuzzichini sul tavolo della cucina.

    «Servitevi pure» disse, rivolgendo un sorriso caloroso alla propria alunna migliore, Jerilyn Doolin, e incoraggiando il suo nuovo amico, CJ, con un cenno del capo. «C’è anche del succo di frutta in frigo.»

    Jerilyn scostò la sedia dal tavolo, alzandosi per andarlo a prendere. «Grazie, signorina Jones.»

    Il campanello suonò di nuovo. «Vado a vedere chi è» dichiarò Tori prima di precipitarsi ad aprire.

    Era a metà strada tra il salotto e l’ingresso, quando ebbe inizio un frenetico bussare contro la porta.

    Il campanello suonò di nuovo, due volte, in rapida successione. Poi altri colpi. Fu colta dal panico. C’era forse un incendio?

    «Arrivo... arrivo...»

    Spalancata la porta, si ritrovò davanti un tipo alto e sexy, con indosso jeans firmati e stivali costosi.

    Prima di riuscire a proferire un Desidera?, lo sconosciuto ruggì: «Quello è lo skateboard di mio figlio!». E glielo indicò con un ripetuto movimento dell’indice.

    Tori lanciò uno sguardo oltre la porta, verso lo skateboard che l’amico di Jerilyn aveva appoggiato al muro del portico. «È lei che ha mio figlio?» le chiese l’uomo.

    Averlo? Come se lo avesse rapito o roba del genere? Tori sentì montare la rabbia.

    Ma si dominò, ricordandosi che l’uomo infuriato che aveva di fronte probabilmente era solo spaventato a morte. E poi scorse lo splendido SUV trangugiadiesel parcheggiato lungo il marciapiede.

    Aveva percorso tutte le stradine alla ricerca di un segno del figlio scomparso? Thunder Canyon, nel Montana, non era una metropoli, ma le strade dovevano essere sembrate infinite a un uomo alla disperata ricerca di un ragazzo.

    «Le ho fatto una domanda.» L’uomo si passò le dita tra i folti capelli castani, tagliati da mano sapiente.

    Tori improntò il proprio tono di voce a una calma che non provava. «Suo figlio si chiama CJ?»

    «Esatto.» Lo sconosciuto sembrava sul punto di volerla afferrare e strattonare fino a quando non fosse venuto fuori il ragazzo. «È qui?»

    «Sì, è qui. È in...» Con un grido sorpreso, balzò all’indietro mentre il tipo irrompeva in casa sua.

    «Dov’è?» ringhiò. «Mi porti da lui! Subito!»

    «Aspetti un attimo, lei non può...»

    Oh, eccome se poteva. Si era già diretto verso il salotto, urlando: «CJ! Accidenti, CJ!».

    Jerilyn e CJ apparvero sulla soglia della cucina, entrambi con gli occhi sgranati. Ma non appena CJ scorse l’uomo infuriato, si fece scuro in volto.

    «Sst, papà. Calmati.»

    «Che diavolo ti è preso?» Il signor Prepotenza si arrestò di colpo e iniziò a fare la paternale al proprio figlio. «Non avevo idea di dove fossi finito. Lo sai che non ti devi allontanare da casa senza dire a Gerda dove vai?»

    Il volto di CJ avvampò. Abbassò lo sguardo sul pavimento in legno massiccio e i capelli scesero a nascondergli le guance arrossate. «E dai, papà» mormorò. «Stavo solo...»

    «E che ne è del tuo cellulare? Mi avevi promesso di non allontanarti senza portarlo con te.»

    «Come se nel canyon funzionasse.» Il ragazzo teneva ancora gli occhi incollati al pavimento.

    «Parla più forte!» gli intimò, duro, il padre. «Non ti sento.»

    CJ, che fino all’arrivo del genitore era sembrato un adolescente normale e simpatico, strinse le mascelle senza più dire una parola. Si rifiutò persino di guardare il padre negli occhi.

    Tori si rese conto di essere rimasta in silenzio fin troppo a lungo. Doveva calmare quell’uomo e allentare la tensione. «Sentite, perché non ci sediamo e...»

    «No, grazie.» Il padre di CJ liquidò la sua offerta con un veloce gesto della mano. «Forza, CJ. Noi ce ne andiamo. E subito.» Si voltò verso la porta. Il ragazzo lo seguì a testa bassa, trascinando i piedi.

    Tori avrebbe voluto fermarli, indurli a parlarsi in modo civile prima che se ne andassero. Ma sapeva che era solo la voce dell’insegnante che c’era in lei a desiderarlo. In fondo, non aveva alcun diritto di intromettersi. CJ sembrava imbarazzato dal comportamento del padre, ma non intimorito. E lei non se la sentiva di interferire nel rapporto tra padre e figlio senza un vero motivo. E un’assoluta, totale maleducazione, purtroppo non lo era.

    Sulla scia del genitore, il ragazzo uscì alla luce del sole di giugno, richiudendo la porta alle proprie spalle. Tori e Jerilyn non si mossero finché non sentirono il motore del costosissimo fuoristrada ruggire e poi allontanarsi.

    Jerilyn ruppe per prima il silenzio.

    «CJ odia suo padre. Ma io non capisco. Era arrabbiato, però almeno tiene a suo figlio» considerò tristemente.

    Tori ebbe un moto di comprensione per la ragazzina. La madre di Jerilyn era morta di cancro l’anno prima. Da allora, suo padre era rimasto emotivamente paralizzato dal dolore. Butch Doolin aveva sempre adorato la propria bambina, ma era cambiato da quando aveva perso la moglie. Jerilyn aveva confidato a Tori che ultimamente si chiedeva se il padre fosse ancora consapevole della sua esistenza.

    Tori le si avvicinò e le accarezzò i folti capelli neri. «Che ne dici di proseguire il nostro spuntino? Ci aspettano dei cracker integrali e della frutta fresca.»

    La tristezza svanì dal viso della ragazzina.

    «Signorina Jones, ma lei non offre mai qualcosa che non sia assolutamente sano?»

    «Neanche per idea.» Prese Jerilyn per le spalle e la voltò verso la cucina.

    Mentre sorseggiavano il succo biologico di mirtilli rossi, mangiucchiavano fettine di mela e del Cheddar bianco non cagliato, Jerilyn le parlò di CJ.

    «L’ho visto un paio di volte sullo skateboard dalle parti di Heritage Park, la settimana scorsa, ma non avrei mai pensato che mi avesse notato. Oggi però si è fermato e abbiamo iniziato a parlare...» Uno sguardo sognante le illuminò gli occhi scuri. «Il modo in cui ci siamo subito capiti, è stato strano, sa? Sembrava che potessimo dirci da subito ogni cosa. Io mi sono sentita così a mio agio con lui... Be’, certo, si veste come uno skater e ha i capelli troppo lunghi, ma è molto intelligente. Ha quindici anni, come me. E ha saltato la quarta elementare, come me.»

    Era un bene sapere qualcosa del ragazzo. Tori non aveva avuto il tempo di fargli le domande di rito prima dell’irruzione paterna.

    Sorseggiò il proprio succo. «Ti piace davvero.»

    Jerilyn le sorrise timidamente. «Spero di rivederlo. In autunno andrà in qualche collegio di lusso sulla costa orientale. Ma anche se restasse qui, finirebbe per legare con i ragazzi più ricchi...»

    Tori fece scivolare il proprio bicchiere contro quello di Jerilyn e brindò con lei.

    «Oh-oh. Niente idee sbagliate. Non hai motivo di dichiararti perdente in partenza. Tu sei carina e vali tanto quanto ogni altra ragazza della Thunder Canyon High

    Jerilyn storse il naso. «Lo dice solo perché sono intelligente e capisco Moby Dick meglio degli altri ragazzi del liceo.»

    «Lo dico perché è la verità. E il fatto di essere intelligente è un punto in più.» Mangiò una fragola. «Devo però ammettere di amare in modo particolare uno studente che adora leggere e scrive saggi migliori dei miei. E, anche se non sono riuscita a parlare molto con lui, a me sembra senza ombra di dubbio che tu piaccia a CJ.»

    «Lo dice solo per farmi sentire meglio.»

    «Jerilyn» la richiamò Tori seria. «Se te lo dico, vuol dire che lo penso sul serio.»

    «Sì, signorina Jones» sospirò Jerilyn. «Ma lo crede davvero?»

    «Certo, davvero. E sembra un ragazzo carino.»

    «Sono così contenta che le piaccia!» esclamò Jerilyn radiosa.

    Peccato che suo padre sia un bruto, considerò Tori tra sé.

    «Alto, di bell’aspetto, capelli castani, chiaramente ricco, prepotente e maleducato?» domandò Allaire Traub, l’amica del cuore di Tori.

    Tori prese dal frigorifero lo stesso vassoio con la frutta e il formaggio di quel pomeriggio e tolse la pellicola per alimenti che lo ricopriva. «Proprio lui.»

    Allaire diede un bacio al piccolo Alex che teneva in braccio e gli porse una fettina di mela. «Mela. Buona, sai?» disse al bambino che giocava con la sua tazza.

    Tori si sedette di fronte all’amica.

    «E allora... lo conosci?»

    «Be’, per la precisione ne ho sentito parlare.» Allaire afferrò al volo la tazza del piccolo prima che cadesse sul pavimento. Lo baciò su una guancia. «Mangia la mela e fai il bravo» lo esortò, osservandolo mentre si infilava la fetta di frutta in bocca. Per un po’ sarebbe stato buono.

    «E si chiama...» la sollecitò Tori.

    «Ah, sì, giusto. Si chiama Connor McFarlane, è il fratello di Melanie Chilton.»

    Tori si portò le mani al viso. «Ma certo! Avrei dovuto capirlo.» Melanie McFarlane era giunta in città tre anni prima, dopo essersi ribellata alla sua famiglia ricca e snob, e aveva finito per aprire un ranch che ospitava i turisti e per sposare il proprietario di un altro ranch della zona, Russ Chilton. «Connor McFarlane. È alla guida dell’impero di famiglia, vero?»

    Allaire annuì. «La catena McFarlane di hotel di lusso in residenze d’epoca.» Passò al figlio uno spicchio di arancia. «Trascorre qui l’estate con suo figlio, Connor Junior.»

    «Ah, ecco spiegato il CJ

    «Esatto» confermò Allaire, provando a restituire la tazza al piccolo, ma togliendogliela subito nel vederlo pronto a scagliarla di nuovo per terra.

    «Credevo che Melanie e il fratello non andassero d’accordo.»

    «Le voci dicono che ci stanno riprovando. Da quando c’è la crisi, Connor ha abbassato un po’ la cresta. Da quel che ho sentito, hanno operato dei tagli e hanno dovuto chiudere alcuni hotel. La società è in buone condizioni ora, ma non cresce quanto vorrebbero. E il patrimonio personale di Connor ha subito un duro colpo, anche se è ben lungi dall’essere povero. Sua moglie lo ha mollato e CJ, da figlio modello che era, ha iniziato a dare dei problemi. Melanie gli ha proposto di venire a trascorrere le vacanze estive nel Montana e Connor ha preso in affitto una di quelle case enormi che si costruiscono i nuovi arrivati e di cui finiscono per liberarsi perché il mercato va a rotoli.»

    Tori, con sua grande sorpresa, sentì crescere dentro di sé un moto di simpatia per il fratello di Melanie. «Sua moglie ha chiesto il divorzio?»

    Allaire annuì. «Da un giorno all’altro, a quanto sembra. Pare che abbia conosciuto uno decisamente più ricco di Connor.»

    «Ma come le sai tutte queste cose?»

    Allaire sollevò un sopracciglio dorato. «Per molti non sono che un’insegnante d’arte, dall’aspetto fragile, una brava moglie e una madre adorata. In realtà io so come sentire il polso di Thunder Canyon.»

    «Perché sei sposata con DJ» concluse Tori, soffocando una risata.

    Allaire si strinse nelle spalle. «Lo conosci mio marito. Sai che per lui è una questione di principio tenere d’occhio i movimenti dei suoi concittadini. Anche se lo saranno solo per un’estate.»

    DJ Traub aveva una catena di ristoranti economici, disseminati nella parte occidentale del paese. Quando, alcuni anni prima, si era stabilito in città, aveva aperto il DJ’s Rib Shack presso il Thunder Canyon Resort, un sofisticato villaggio turistico.

    Quel resort faceva una spietata concorrenza ad Aspen e Vail, per lo meno era così prima della crisi finanziaria.

    DJ conosceva tutti e sapeva sempre che cosa stavano facendo.

    Alex agitò il suo spicchio di arancia. «DJ! DJ è il mio papà!»

    «Oh, sì, tesoro, è proprio lui.» Allaire lo strinse affettuosamente a sé e chiese a Tori: «Sabato verrai alla grigliata al villaggio, vero?».

    «Non me la perderei per nessuna cosa al mondo. Pensavo di portarci anche Jerilyn.»

    «Bene. Le piacerà. È davvero carino da parte tua prenderti cura di lei.»

    «Non è una fatica. È un piacere averla vicina.»

    Allaire guardò Tori con affetto. «Ti ricorda te stessa, vero?»

    «Un po’, forse, sì.»

    Tori aveva perduto la madre a tredici anni. E suo padre aveva passato un bruttissimo periodo prima di superare il dolore.

    «Tuo papà alla fine ce l’ha fatta.»

    «Sì, è così.» Ora aveva una nuova madre che adorava e tre fratellini, di dieci, sei e tre anni.

    «Quindi si può sperare che anche Butch Doolin ne venga fuori.»

    Tori voleva aggiungere qualcosa sull’argomento, ma si accorse che il piccolo Alex, che aveva annunciato poco prima di essere stanco, si era addormentato tra le braccia della sua mamma.

    «Incredibile» sussurrò, sorridendo teneramente.

    Allaire accarezzò i riccioli del piccolo con un leggero cenno di assenso. A voce bassa per non svegliarlo, le raccontò della piccola riunione di famiglia che lei e DJ volevano tenere quel fine settimana al loro ranch. Per l’occasione sarebbero arrivati anche un paio di facoltosi cugini dal Texas. E per la grigliata di sabato al Rib Shack, ci sarebbero stati tutti.

    Tori però aveva ancora Connor McFarlane in mente. «Ma intendi dire che Connor probabilmente si fermerà solo per l’estate?» s’informò, bisbigliando.

    «Be’, DJ dice che Connor è andato un sacco di volte al villaggio turistico. A chiacchierare e a ficcanasare. E Grant ha riferito a DJ che Connor ha cenato con Caleb Douglas al ranch dei Douglas.» Caleb Douglas era comproprietario del villaggio e Grant Clifton ne curava l’amministrazione con l’aiuto di Riley Douglas, il figlio di Caleb.

    Tori si fece scura in viso.

    «Intende rilevarlo? Sapevo che il villaggio era in difficoltà ultimamente... Ma tu credi che Caleb glielo cederebbe? Quel posto è il suo orgoglio e la sua gioia.»

    «Sono a corto di denaro. Persino i Douglas devono stringere la cinghia.»

    «Ma davvero Caleb lo venderebbe?»

    Allaire si schiarì la gola, cauta. «Non posso dirlo per certo. Ma di sicuro qualcosa bolle in pentola.»

    «Tu ci vieni!» puntualizzò Connor con tono piatto. «E siamo già in ritardo.»

    CJ non lo degnò nemmeno di un’occhiata. Era impegnatissimo a maneggiare il comando nero della sua Xbox 360 Elite: tramite le cuffiette poteva parlare con chiunque stesse giocando online e allo stesso tempo escludere la voce di suo padre.

    Sullo schermo piatto che occupava metà di una parete della sua camera da letto, dei soldati americani combattevano contro i tedeschi in una qualche città semidistrutta della Francia. Un edificio esplose e un paio di sventurati tedeschi volarono in aria con i volti contorti dal terrore.

    Connor rimase fermo vicino al letto convinto di avere la pressione alle stelle. Ma che accidenti è successo a mio figlio?, avrebbe voluto urlare. Quel ragazzo arrabbiato, imbronciato e dall’aspetto trasandato gli era quasi estraneo.

    Il CJ che conosceva lo guardava con occhi colmi di adorazione e non voleva altro che trascorrere un po’ di tempo con il suo papà sempre superindaffarato.

    Non griderò. Non gli strapperò quelle cuffiette dalle orecchie.

    Connor strinse le mani a pugno, contò fino a dieci, quindi afferrò il telecomando del televisore e lo puntò verso lo schermo gigante che divenne nero.

    CJ gli rivolse uno sguardo al veleno.

    «Riaccendilo. Subito.»

    Connor non fece nulla del genere. Con una calma che non provava, gli tolse gentilmente le cuffiette dalle orecchie. «Ti avevo detto che saremmo andati alla grigliata di inizio estate.» Si sarebbe tenuta al Rib Shack di DJ all’interno del villaggio turistico e per lui quella festa costituiva l’opportunità ideale per trascorrere più tempo con delle persone che doveva conoscere meglio. «Vengono tua zia Melanie e tuo zio Russ. E anche Ryan.» Ryan Chilton, figlio del primo matrimonio di Russ, aveva tredici anni.

    CJ gemette, lanciando il telecomando sul letto.

    «Non ho voglia di fare da babysitter a Ryan.»

    «Nessuno ha mai parlato di fare il babysitter. Tuttavia ti comporterai da persona civile e tratterai tua zia e la sua famiglia con il dovuto rispetto.»

    «Odio queste cose... La grande grigliata di inizio estate» cantilenò con voce rabbiosa. «Che scemenza.»

    Connor si costrinse a ricordare che con le urla e le minacce non avrebbe ottenuto niente. Così gli parlò con una calma mortale.

    «Bene. Allora resta a casa, se preferisci. Stai pure a casa tutta l’estate. In questa stanza. Ma senza giochi elettronici, però.»

    CJ sbatté le palpebre.

    «Mi metteresti in punizione solo perché non vengo a una stupida grigliata?»

    «Provaci e vedrai.»

    CJ lo guardò in cagnesco e lui ricambiò lo sguardo con assoluta fermezza.

    Alla fine CJ si decise. «D’accordo, andiamo allora.» Balzò in piedi e si diresse verso la porta con il suo sciatto abbigliamento da skater: jeans strappati e bassi sui fianchi, felpa stropicciata su una maglietta che aveva visto giorni migliori e, ai piedi, delle vecchie scarpe da tennis slacciate.

    Connor si ricordò che la grigliata era una festa informale e che ormai non aveva più tempo per una battaglia anche sul tema abbigliamento.

    CJ si fermò sulla soglia, quindi si voltò, lanciandogli un’occhiata in tralice. «E allora? Vieni o no?»

    Connor si aggiustò la giacca sportiva e gli rivolse un veloce cenno d’assenso. «Certo. Ti seguo.»

    Il villaggio turistico era affollatissimo. La gente usciva dal Rib Shack riversandosi nell’enorme salone principale del complesso.

    Connor individuò Melanie, Russ e Ryan vicino al caminetto in pietra, naturalmente di proporzioni enormi, come del resto tutto il locale.

    Era grande abbastanza da arrostirci un paio di manzi e avere ancora posto per due o tre alci.

    Connor agganciò con un braccio le spalle di CJ impedendogli di sparire, e si fece strada tra la folla dispensando saluti alle persone che conosceva.

    Melanie lo vide un attimo prima che li raggiungesse. Gli sorrise facendogli un cenno con la mano e i suoi capelli rossi brillarono ai raggi del sole del pomeriggio che scendevano dai lucernari sopra le loro teste e che inondavano di luce la sala e la parete a finestre, dalle quali la vista sul picco innevato del Thunder Mountain toglieva davvero il fiato.

    Sua sorella era una bella donna. Una che sapeva perdonare. Se pensava a tutti quegli anni in cui lui l’aveva trattata con disprezzo! Eppure lei lo aveva accolto nella sua nuova città, pronta a dimenticare il passato. Connor si sentiva umiliato da tanta generosità ed era un sentimento che non aveva mai provato prima.

    Russ lo salutò con un freddo cenno del capo. Il viso di Ryan invece si aprì in un sorriso felice alla vista del cugino più grande.

    CJ si agitò sotto la presa ferrea di Connor e alla fine disse: «Be’, eccoci qua. Si può mangiare?».

    Ryan annuì, impaziente. «Al Rib Shack. Vieni che ti mostro...»

    Connor esitò a lasciare andare suo figlio. «Resta nell’edificio.»

    «Sì, papà, sì.»

    «E resta con Ryan.»

    «Sì, certo.»

    Melanie lo guardò negli occhi. «Sono sicura che andrà tutto bene.»

    «Ryan, teneteci un tavolo, se ci riuscite» disse Russ.

    «D’accordo, papà. Vieni, CJ.» Osservando i due ragazzi che si allontanavano uno dietro l’altro tra la folla, Connor invidiò a Russ quel figlio così docile e sereno.

    Anche Russ li stava guardando.

    «Il lavoro è sempre lì» borbottò in quel suo tipico modo criptico.

    Il lavoro in questione era per CJ. Russ e Melanie si erano offerti di assumerlo per un lavoretto part-time estivo presso il loro ranch per turisti, l’Hopping H.

    Russ pensava che alcune ore al giorno a pulire le stalle e a lavare i piatti avrebbero giovato al nipote.

    Quando glielo avevano proposto, Connor aveva immediatamente rifiutato. I McFarlane non lavavano i piatti e tanto meno pulivano le stalle dei cavalli. Ma in quel momento nutriva ancora la speranza che durante l’estate CJ potesse recuperare le materie scolastiche insufficienti. Solo poche settimane prima, il ragazzo era stato quasi espulso dall’esclusivo collegio di New York che frequentava, a causa dei voti, abbassatisi precipitosamente tutto a un tratto.

    Tuttavia negli undici giorni che avevano già trascorso a Thunder Mountain, Connor non aveva mai visto CJ con un libro in mano. Non faceva che girare sul proprio skateboard, sparendo per ore e preoccupando il padre a morte. E quando non svaniva nel nulla, si chiudeva in camera a giocare con i videogiochi.

    Così aveva iniziato a chiedersi se non dovesse riconsiderare l’offerta di Russ.

    «Ti dispiace se ci penso ancora un po’?» gli chiese mestamente.

    Russ e Melanie si scambiarono un’occhiata. «Prenditi pure tutto il tempo. Il lavoro ci sarà se deciderai di farglielo fare» gli rispose il cognato.

    All’improvviso gli arrivò una manata sulla schiena. «Sono felice che tu sia venuto! È bello vederti.»

    Connor si voltò e salutò Caleb Douglas e sua moglie, Adele.

    Negli ultimi tempi Caleb non aveva goduto di buona salute. Aveva ancora una voce tonante e modi cordiali, ma in viso gli si leggeva la stanchezza. Era proprietario per metà del villaggio e pertanto si sentiva obbligato a partecipare a un evento come quello, ma ormai aveva il cuore da un’altra parte.

    I tempi erano diventati duri.

    Caleb poteva essere facilmente convinto a vendere il resort e, dalle ricerche che Connor aveva effettuato, sembrava che il socio di Caleb, che non partecipava alla gestione, avrebbe appoggiato qualsiasi decisione Caleb avesse preso.

    Sì, avrebbero venduto. Magari prima della fine dell’estate. E a un prezzo ragionevole.

    Il vecchio chiacchierò con loro per alcuni minuti quindi lo prese da parte, mentre Adele conversava con Melanie e Russ. Gli si rivolse a voce bassa in modo che solo lui potesse sentirlo. «Vieni di nuovo a

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