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Stratagemmi d'amore: I Romanzi Storici
Stratagemmi d'amore: I Romanzi Storici
Stratagemmi d'amore: I Romanzi Storici
Ebook294 pages4 hours

Stratagemmi d'amore: I Romanzi Storici

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About this ebook

Inghilterra, 1785 - Un tempo, quando erano entrambi ragazzini, Claire si era innamorata di Ewan Geddes, eppure aveva sempre custodito nel cuore quel segreto, e non solo perché lei era una nobile e lui un semplice guardiacaccia. Ewan infatti amava Tessa, la sua sorellastra, ed era proprio Tessa che credeva di aver baciato la fatidica notte in cui era stato cacciato da Strathandrew, dieci anni prima. Ora lui è tornato, più affascinante e indisponente che mai, e vuole coronare il sogno d'amore al quale era stato costretto a rinunciare: sposare Tessa. La passione mai sopita nel cuore di Claire si risveglia, e con essa il prepotente desiderio di rivelare a Ewan che era lei, Claire, la fanciulla che allora gli aveva incendiato il sangue. Riuscirà a conquistarlo senza compromettere la propria reputazione?

LanguageItaliano
Release dateJul 22, 2013
ISBN9788858913420
Stratagemmi d'amore: I Romanzi Storici

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    Stratagemmi d'amore - Deborah Hale

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Highland Rogue

    Harlequin Historical

    © 2004 Deborah M. Hale

    Traduzione di Laura Lunardi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5891-342-0

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Londra, 1875

    «La mia matrigna? Santo cielo!» Claire Brancaster Talbot alzò gli occhi, smettendo di leggere la corrispondenza che aveva sulla scrivania. Se la memoria non la tradiva, Lady Lydiard non aveva mai varcato la soglia dell’ufficio londinese della Brancaster, sullo Strand. «Ha specificato la ragione per cui desidera vedermi, Catchpole?»

    L’improvviso arrivo della donna sembrava aver sconvolto il signor Catchpole, di solito imperturbabile. Claire, comunque, sospettava da tempo che il suo pedante e non più giovane segretario coltivasse una segreta venerazione per le persone titolate.

    «Sua Signoria non mi ha fatto l’onore di fornirmi tale informazione, signorina. Avrei forse dovuto avere l’ardire di domandarglielo?»

    «Non mi pare che chiedere a un visitatore il motivo della sua venuta chiami in causa l’ardire.» Lei represse a stento uno sbadiglio e sgombrò una parte del piano della scrivania dalle carte. «Comunque, dubito che Sua Signoria mi terrà in sospeso troppo a lungo prima di dirmi cosa desidera. Fatela entrare.»

    Claire si alzò e si ravviò la gonna dell’abito in seta a quadretti, augurandosi che la matrigna non la criticasse troppo per la pochezza delle sue crinoline o la totale assenza di corsetto. Non che ne avesse bisogno per assottigliare la vita. Il corsetto, tuttavia, l’avrebbe aiutata a creare l’illusione di un seno fiorente, caratteristica di cui poteva tranquillamente fare a meno, nel mondo del lavoro.

    La porta dell’ufficio si aprì e Lady Lydiard, elegantemente vestita, entrò baldanzosa. La sua vita era strizzata con tale forza dal busto che Claire non poté fare a meno di chiedersi come riuscisse a sedersi, se non addirittura a respirare.

    Il signor Catchpole seguiva la donna con un sorriso affettato e sottomesso che fece venir voglia a Claire di afferrarlo per le spalle e scuoterlo con forza. «Ecco qui Lady Lydiard, signorina Brancaster Talbot. Gradite che vi serva del tè?»

    «Un cognome è più che sufficiente, Catchpole» lo corresse Claire.

    Che lei assumesse il cognome materno nel momento in cui era entrata nella Brancaster era stata una delle volontà testamentarie di suo nonno. Ma, anche se Claire firmava con entrambi i cognomi la corrispondenza commerciale, preferiva usarne uno solo in tutte le altre occasioni.

    «E non preoccupatevi per il tè» aggiunse, senza consultare la matrigna. «Dubito che questa sia una visita di cortesia.»

    Qualunque fosse lo scopo della visita di Lady Lydiard infatti, Claire non aveva alcun desiderio di prolungarla oltre il dovuto.

    «Benissimo, signorina.» Catchpole fece un profondo inchino e uscì dall’ufficio. Il suo ossequioso congedo sfuggì all’attenzione di Lady Lydiard, che stava ispezionando l’ufficio spartano ma spazioso di Claire e intanto arricciava il naso, come se il repellente odore del commercio potesse realmente arrivarle alle narici. «E così è qua dentro che trascorrete tutto il vostro tempo?»

    «Non tutto.» Claire guardò verso la finestra, che si affacciava sul traffico della zona commerciale di Londra. «Solo quanto basta per far sì che le vostre azioni non perdano di valore e per incrementare il patrimonio che un giorno erediteranno i vostri nipoti.»

    Lady Lydiard emise una specie di gemito strozzato e Claire si pentì di essere stata così dura. Per amore della sua adorata sorellastra si stava sforzando di migliorare i suoi gelidi rapporti con la matrigna, perlomeno finché il matrimonio di Tessa non fosse stato celebrato.

    Quando si voltò verso Lady Lydiard per scusarsi, vide che aveva estratto dalla borsetta un fazzoletto e se lo premeva sulla bocca tremante. Claire provò nel contempo pena ed esasperazione. Non era giusto che una persona che per lei non aveva mai contato nulla avesse il potere di farle provare emozioni tanto sgradevoli.

    «È... è proprio per questo che sono qui!» Con encomiabile prontezza, Lady Lydiard scoppiò in lacrime, suscitando in Claire un’ulteriore ondata di dispetto.

    Aveva un vero e proprio terrore di quel genere di piagnistei ai quali Lady Lydiard era avvezza. «Perché non vi sedete?» Claire non riusciva a capire cosa fosse stato esattamente a suscitare il pianto della matrigna.

    Che avesse problemi finanziari? Impossibile. Lady Lydiard viveva in mezzo agli agi grazie al generoso appannaggio di cui disponeva.

    «Devo richiamare il signor Catchpole perché ci prepari il tè che ci aveva offerto?» le chiese Claire con una punta di esasperazione nella voce.

    Servire del tè era spesso un modo per risolvere tante imbarazzanti situazioni sociali e quella in cui si trovava rientrava a buon diritto nel novero.

    «Niente tè.» Lady Lydiard sospirò in modo teatrale e si sedette sulla poltroncina collocata di fronte alla scrivania di Claire. «Non voglio rubare tempo a... a quel che dite di dover fare.»

    Questa volta Claire faticò a tenere a freno la lingua. Il suo lavoro alla Brancaster, fiorente impresa di costruzioni navali, era senz’altro più importante di ciò che la maggior parte delle donne della sua classe sociale faceva per ingannare il tempo.

    «Ho bisogno del vostro aiuto!» La frase sgorgò dalla gola di Lady Lydiard come un’odiosa confessione. «È per via di Tessa. Sta avendo dei ripensamenti riguardo al matrimonio con Spencer.»

    Tutto lì? Claire tirò un respiro di sollievo e si risedette al suo posto, dietro la scrivania.

    «Se per questo, sta avendo parecchi ripensamenti riguardo al matrimonio con il povero Spencer e la cosa peggiorerà con l’avvicinarsi della data del matrimonio, temo. Ciononostante, alla fine salirà all’altare. Spencer è il tipo d’uomo tranquillo e posato di cui lei ha bisogno e ho il sospetto che, malgrado tutti i suoi dubbi, in cuor suo anche Tessa lo sappia.»

    Non guastava certo le cose, secondo Claire, il fatto che il matrimonio avesse anche degli ottimi risvolti economici. La famiglia di Spencer Stanton possedeva una grande compagnia di spedizioni che era tra i migliori clienti della Brancaster. Inoltre, per Tessa erano finiti da un pezzo i giorni del debutto in società. Il suo spirito libero aveva spaventato già da tempo una gran quantità di corteggiatori.

    «Questa volta è diverso!» insistette Lady Lydiard. «C’è un altro uomo per il quale ha una violenta infatuazione. Uno che viene dall’America.» Pronunciò il nome come se fosse un insulto. «Si chiama Gilliss, o forse Getty... Be’, non importa. Sono sicura che sia un cacciatore di doti della peggior specie.»

    La tensione, che aveva cominciato a lasciare a poco a poco il corpo di Claire, tornò a impadronirsene con forza.

    Non avrebbe mai dimenticato le parole che aveva pronunciato suo padre, dieci anni prima, in una delle sere più dolorose della sua vita.

    Mia cara, sei troppo ricca, troppo intelligente e troppo poco attraente perché un uomo voglia sposarti, a meno che non sia un cacciatore di dote.

    All’epoca, non aveva voluto credergli. Quale ragazza della sua età avrebbe prestato fede a parole tanto dure? I corteggiatori che l’avevano avvicinata negli anni a seguire, però, l’avevano convinta che l’impietosa valutazione di suo padre era corretta.

    E quindi, si era sbarazzata delle poche, modeste illusioni sentimentali, così come del desiderio di avere una famiglia, cosa quest’ultima che le era risultata più dolorosa. Nel corso degli anni, aveva dedicato alla Brancaster tutto il suo tempo e tutte le attenzioni che, in circostanze diverse, avrebbe invece riversato su un marito e dei figli. In cambio, l’azienda aveva ricompensato la sua dedizione con uno sviluppo e una prosperità crescenti.

    Per niente al mondo avrebbe lasciato che l’impresa di famiglia finisse nelle mani di uno di coloro che maggiormente disprezzava al mondo, i cacciatori di doti. Tanto più se l’individuo in questione stava cercando di impadronirsene attraverso la sua sorellastra.

    «Parlerò con Tessa.» Claire lo disse in tono grave e solenne, come se il suo intervento fosse destinato a risolvere ogni problema. Del resto, non sarebbe stata la prima volta.

    Aveva già usato la voce della ragione per contrastare i capricciosi impulsi di sua sorella. E in genere, Tessa le era sempre riconoscente per i suoi interventi. Talvolta le era addirittura sembrata ansiosa di essere riportata con i piedi per terra, anche quando era in preda a qualche nuovo e travolgente, ma effimero, entusiasmo.

    «Io le ho già parlato» dichiarò Lady Lydiard, attorcigliando il fazzoletto tra le dita, «ma è stato inutile. Non vuole ascoltarmi. Ha perso la testa per quel filibustiere, credetemi. Grazie al cielo, Spencer è fuori città per affari. È stato terribilmente paziente con lei in tutti questi anni, ma ho paura che quest’ultima vicenda...»

    Claire non ne era così sicura. Le passioni della sorella non duravano mai a lungo. Più divampavano alte e più rapide tendevano a estinguersi. Tuttavia, con una posta in gioco così alta per la Brancaster, non se la sentiva di correre rischi.

    Si posò un dito sul labbro inferiore e meditò su quale potesse essere il piano d’intervento più efficace in merito a quella situazione delicata.

    «Vorrei conoscere quest’uomo io stessa» decise infine. «Nel frattempo, farò qualche indagine su di lui, così sapremo di chi si tratta.»

    Lady Lydiard emise un ultimo gemito, ma era più sollevata. «Grazie, Claire. Siete sempre stata una persona saggia e concreta. Parlare con voi è come parlare con un uomo, davvero.»

    «Grazie» mormorò Claire, chiedendosi se dovesse prenderlo come un complimento.

    «Questa sera Lord e Lady Fortescue daranno un ballo» riprese Lady Lydiard, «e sono sicura che ci sarà anche lui. Quel mascalzone è riuscito a farsi invitare a tutte le feste alle quali ha partecipato anche Tessa nel corso delle ultime due settimane. E visto e considerato che Sylvia Fortescue è americana...»

    Claire annuì. I matrimoni tra i rampolli della nobiltà inglese pieni di debiti e giovani ereditiere americane erano diventati una specie di moda, negli ultimi tempi.

    Ci pensò su per un momento. «Credo di aver ricevuto un invito al ballo da parte di Lady Fortescue. Poiché non le ho risposto, sono libera di presentarmi alla festa con una scorta che vada bene per l’occasione, naturalmente.»

    «Voi non rammentate mai di mandare un biglietto di scuse, quando declinate un invito» la rimproverò con un mezzo sorriso Lady Lydiard. «Poi però non vi presentate, lasciando un posto libero alla tavola di quelle padrone di casa che sono così ingenue da aspettarvi. Ma... quale scorta adatta all’occasione intendete portare?»

    «Un investigatore privato, se proprio volete saperlo. L’ho già utilizzato in precedenza per avere informazioni che mi servivano. Si è dimostrato molto discreto e affidabile. Vorrei che entrasse in contatto con il nuovo ammiratore di Tessa.»

    Claire aprì il primo cassetto della scrivania e vi ripose le carte che fino a poco prima stava esaminando. Non aveva più tempo per occuparsi di affari, per quel giorno. Doveva prima rintracciare il signor Hutt e assicurarsi i suoi servigi, poi correre a casa a prepararsi per il ballo dei Fortescue.

    Non aveva altra scelta, purtroppo. Vanificare le mosse dell’ennesimo cacciatore di dote poteva dimostrarsi vitale per il futuro della Brancaster e dei suoi affari. Inoltre, sentiva il dovere di proteggere Tessa dalla sua stessa stupidità.

    Il ballo era già iniziato quando Claire e il suo accompagnatore arrivarono davanti alla bella casa dei Fortescue, in Grosvenor Square.

    «Signorina Talbot, che bella sorpresa!» A dire il vero, Lady Fortescue non sembrava affatto felice di vederla. «Lady Lydiard mi aveva fatto sapere che sareste riuscita a venire da noi, questa sera.»

    «È stata gentile ad avvisarvi in vece mia.» Claire imitò il sorriso freddo e insincero della padrona di casa. «Posso presentarvi il mio accompagnatore? Il signor Obadiah Hutt, un mio collega.»

    Lady Fortescue diede cortesemente il benvenuto al signor Hutt, che in abito da sera aveva un aspetto distinto. L’avrebbe trattato con altrettanto garbo, se avesse conosciuto la vera ragione della sua presenza?, non poté fare a meno di chiedersi Claire.

    Quando si furono allontanati da Lady Fortescue, il signor Hutt si sporse verso Claire e mormorò: «Se non avete niente in contrario, signorina, vado un po’ in giro a dare un’occhiata».

    «Certamente.» Claire scrutò il salone, ma non vide traccia né di Tessa né di Lady Lydiard. «Mi fa sempre piacere vedere la gente che affronta senza indugi il lavoro per cui è pagata.»

    Il suo investigatore si guardò attorno con occhio professionale. «Se il nostro uomo si è fatto vedere spesso in società nelle ultime due settimane, qualcuno saprà sicuramente qualcosa di lui.»

    Più informazioni il signor Hutt fosse riuscito a scoprire, tanto meglio sarebbe stato per tutti, pensò Claire, mentre l’investigatore si allontanava. Tessa, infatti, era sempre stata attratta dai misteri.

    «Guarda guarda! La signorina Talbot!» Una familiare e vellutata voce maschile riecheggiò alle sue spalle. «Siete proprio voi o ho già bevuto troppo?»

    Claire si voltò e si trovò a faccia a faccia con il maggiore Maxwell Hamilton-Smythe. Come sempre, l’ufficiale era impeccabile nella sua uniforme di gala. E, come sempre, aveva un bicchiere in mano e un lampo ironico negli occhi.

    Malgrado tutto, Claire ricambiò il sorriso con sincerità. «Nessuno che vi conosca potrebbe ragionevolmente scartare la seconda ipotesi, caro Max.»

    Quell’uomo era un serpente. Claire l’aveva deciso molto tempo addietro, quando lui l’aveva corteggiata senza tregua. Ma era anche il più bel serpente sul quale avesse mai posato gli occhi. C’era stato un tempo, quando era più giovane e non ancora avvezza all’idea di trascorrere il resto dei suoi giorni da sola, in cui la presenza di Max Hamilton-Smythe l’aveva portata a chiedersi se comperarsi un marito fosse poi un’azione così terribile, in particolare se si sapeva bene ciò che si stava facendo e si sceglieva un consorte all’altezza della cifra stanziata per lui.

    «Comunque, tanto per essere sincera» aggiunse in tono grave, «sono soltanto una sosia che la signorina Talbot ha assunto affinché la sostituisca in queste terribili riunioni mondane che altrimenti non saprebbe come evitare.»

    Aveva appena terminato la battuta quando il senso di leggerezza con cui l’aveva pronunciata l’abbandonò di colpo. E se il mascalzone che puntava alla dote di Tessa fosse stato proprio Max?

    Provò un immediato senso di sollievo nel rammentare che il corteggiatore di sua sorella era americano. E poi, Max aveva sposato di recente una ragazza il cui patrimonio superava di gran lunga la sua bellezza e il suo buonsenso.

    Max vuotò il bicchiere, poi lo porse a un domestico di passaggio. «Be’, chiunque voi siate, volete farmi l’onore di un ballo?» Le offrì il braccio. «In ricordo dei vecchi tempi?»

    «Non sono certa che i vecchi tempi meritino di essere ricordati.» Claire accettò comunque il suo braccio e si lasciò condurre verso la pista da ballo. «E poi, non dovreste far da cavaliere a vostra moglie, questa sera?»

    «Non è qui.» Max alzò le spalle, come se dell’assenza della consorte non gli importasse un granché. «È indisposta, poverina.»

    Mentre Max la faceva volteggiare sulla pista, lei valutò se per la signora Hamilton-Smythe provava più compassione perché il marito la trascurava... o più invidia perché aspettava un bambino.

    Dopo due valzer e un ulteriore scambio di battute divertenti, Claire si congedò dal maggiore, più convinta che mai di essere stata molto saggia a tenersi fuori dalle sue attraenti grinfie.

    «Mi ha fatto piacere rivedervi, Max, ma non voglio distogliervi dalla vostra missione d’impoverire le cantine di Lady e Lord Fortescue. Dite a vostra moglie che le auguro di rimettersi presto.»

    «A proposito di mia moglie...» Max spinse Claire in un angolo, accanto al palco dei musicisti, e abbassò la voce. «Solo perché sono sposato non significa che io e voi non possiamo...»

    «Lo significa eccome, Max. Siete viscido come un serpente!»

    Lui la guardò come se, anziché insultarlo, gli avesse rivolto un complimento, e aggiunse divertito: «Io e Barbara abbiamo degli accordi ben precisi».

    «Bene!» Claire resistette a fatica alla voglia di dargli un ceffone. «Forse dovremmo farne uno anche noi, allora.»

    Gli occhi verdazzurro di Max luccicarono di desiderio o... forse si trattava solo di avidità? Claire non era mai riuscita a distinguere quale delle due emozioni fosse più forte in lui.

    «Vedo che siete rimasto il mascalzone di un tempo.» Claire glielo disse in tono zuccherino. «Cercate di mettervi in testa che non tratterei con voi neppure se foste l’ultimo uomo rimasto sulla terra. Allora, sono stata chiara?»

    Se credeva di averlo ferito, si sbagliava.

    Max la guardò con aria sorniona e schioccò la lingua. «Giuro che non sapete che cosa vi perdete. Se per caso doveste cambiare idea, sapete dove trovarmi.»

    All’inferno! Claire si staccò da lui, ben decisa a dimenticare il suo comportamento offensivo.

    Voltandosi, restò però come impietrita quando vide Tessa che, scortata da un aitante giovanotto, entrava nella pista da ballo per un giro di valzer.

    Il suo compagno non era né alto né bello come il maggiore, tuttavia Claire non riuscì a staccargli gli occhi di dosso, perché ballava il valzer come camminava, cioè con una grazia che faceva voltare la testa a tutti coloro che lo incrociavano.

    I capelli, di un castano vivo e luminoso, gli circondavano il viso in ciocche folte e mosse. Aveva il naso aquilino e una bocca carnosa e ben disegnata che suggeriva buonumore e al tempo stesso determinazione. Occhi grigi, curiosi e penetranti, mandavano lampi sotto folte sopracciglia castane. In quel momento, erano fissi su Tessa con un’espressione talmente intensa da lasciare Claire senza fiato.

    «Signorina Talbot?»

    «Andatevene, Max!» sbottò lei. «Non vi voglio come amante proprio come non vi ho voluto come marito.»

    «Perdonate, signorina Talbot, ma sono solo io... Hutt.»

    Claire arrossì visibilmente mentre si voltava piano verso l’investigatore. Per un istante, si dimenticò sia di Tessa sia del suo compagno di ballo. «Scusatemi tanto, signor Hutt! Vi ho confuso con... qualcun altro.»

    «Niente di male, signorina.»

    Le sue labbra sottili restarono immobili, senza essere scosse dall’ombra di un sorriso. Una volta di più, Claire si congratulò con se stessa per essersi assicurata i servigi di un uomo così freddo e affidabile.

    «Le mie prime indagini hanno già dato dei frutti, signorina Talbot.» Pur essendo riuscito a nascondere il proprio divertimento per l’uscita imbarazzante di Claire, Obadiah Hutt non riuscì a celare la soddisfazione per la rapidità con cui aveva già ottenuto dei risultati. «Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere sapere subito le novità.»

    Claire si voltò e cercò con lo sguardo il tanto odiato cacciatore di dote. Alle sue spalle, Obadiah Hutt cominciò a riferirle ciò che aveva appreso.

    «Conosco il nome del nostro uomo, signorina, e ho scoperto che non è americano, come Lady Lydiard supponeva.»

    Certo che non era americano.

    Dalla pista da ballo le arrivarono all’improvviso dei brandelli della sua voce dolce e musicale, ingentilita dall’accento della zona delle Highlands. Claire si fece forza e tentò di sottrarsi al suo fascino, ma non vi riuscì.

    Quando il signor Hutt ricominciò a parlare, alzò una mano per zittirlo.

    «Signorina, non volete sapere il nome di quel gentiluomo?»

    Dalla pista da ballo, Ewan Geddes alzò gli occhi e la sorprese mentre lo fissava. Per un attimo, lo stupore gli fece aggrottare la fronte. Poi però il suo viso si distese.

    La sua bocca si piegò in un largo, diabolico sorriso, e infine lui le strizzò l’occhio.

    «Conosco già il suo nome, signor Hutt.» Claire strinse entrambe le mani a pugno. «E in più, so con assoluta certezza che non si tratta affatto di un gentiluomo.»

    2

    Era una bella cosa trovarsi a un ballo con un’orchestra che suonava in continuazione, pensò Ewan. Gli dava la scusa di muoversi per il salone a passo di danza, senza fare la figura dell’imbecille.

    Per dieci anni si era adoperato infaticabilmente per arrivare al punto in cui si trovava in quel momento: con la signorina Tessa Talbot tra le braccia, senza che attorno ci fosse un rivale capace di sottrargliela.

    Doveva essere stato il destino a volerli unire e poco importava che in apparenza non sembrassero molto compatibili. Considerata tutta la strada che aveva fatto, ormai sapeva che niente era impossibile per un uomo che aveva fiducia in se stesso e l’audacia di agire con decisione e a tempo debito per cogliere l’occasione giusta.

    La musica cessò, ma lui continuò a far volteggiare Tessa sulla pista, evitando per un soffio altre coppie che si erano fermate, in attesa che l’orchestra ricominciasse a suonare.

    «Ewan!» strillò Tessa. «Che cosa state facendo? Non possiamo danzare

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