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L'ultimatum del milionario: Harmony Collezione
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L'ultimatum del milionario: Harmony Collezione
Ebook170 pages2 hours

L'ultimatum del milionario: Harmony Collezione

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About this ebook

Pascha Virshilas sta per redimersi dagli errori del passato quando Emily Richardson penetra nel suo ufficio venendo a conoscenza di importanti informazioni riservate, e avendo persino la faccia tosta di ricattarlo nel tentativo di costringerlo a riabilitare il nome di suo padre, accusato di furto.

Pascha starà ai patti, ma ha intenzione di dettare anche lui qualche condizione. Lei dovrà accompagnarlo sull'isola di sua proprietà, l'unico luogo dove è certo che lei non possa svelare il suo piano segreto, ma le cose non vanno esattamente come lui aveva previsto...

LanguageItaliano
Release dateJan 20, 2016
ISBN9788858944301
L'ultimatum del milionario: Harmony Collezione

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    L'ultimatum del milionario - Michelle Smart

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Russian’s Ultimatum

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2015 Michelle Smart

    Traduzione di Carla Ferrario

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-430-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Emily Richardson si chinò per passare sotto l’impalcatura all’ingresso di un edificio signorile in pieno centro a Londra. Avanzò nell’atrio spazioso, diretta verso le scale, e raggiunto il secondo piano svoltò di scatto a sinistra, arrivò in fondo al corridoio e premette il pulsante dell’ascensore. Solo una volta entrata, quando le porte si furono chiuse, si concesse di respirare.

    Vedendosi riflessa nella parete a specchio, inarcò un sopracciglio. Quell’abbigliamento da donna in carriera non faceva per lei, si sentiva soffocare, e le scarpe nere con tacco a spillo la stavano uccidendo.

    Eppure era necessario, doveva confondersi tra chi frequentava l’edificio per non destare sospetti. Se si fosse vestita a modo suo l’avrebbero individuata immediatamente. E anche così devo tenere gli occhi aperti. Aveva studiato l’orario perfetto per arrivare: non troppo presto per non dare nell’occhio ma neppure troppo tardi, per far sì che le persone che doveva evitare fossero già in ufficio. Fino a quel momento, tutto bene.

    Per utilizzare quell’ascensore era necessario digitare un codice, cosa che lei fece, lasciandosi trasportare fino all’ultimo piano, dove lavoravano i dirigenti della Bamber Cosmetics International o, com’era stata da poco rinominata, Virshilas LG.

    L’ufficio più spazioso era occupato dal signor Virshilas in persona, ma non quel giorno: Pascha Virshilas era in trasferta a Milano.

    All’ultimo piano i lavori di ristrutturazione non erano ancora iniziati, ma Pascha Virshilas aveva le idee chiare sul risultato che voleva ottenere.

    Emily percorse il corridoio stretto e aprì la porta in fondo con la tessera magnetica sottratta al padre.

    Entrò in un grande open space, apparentemente vuoto. Sospirò sollevata.

    Imponendosi un’andatura temeraria, attraversò il locale facendo ondeggiare la valigetta nera, vuota. Non c’era proprio nessuno, aveva battuto sul tempo anche le segretarie.

    Si stupì trovando l’ufficio di Pascha Virshilas non chiuso a chiave. Sapendo quanto fosse ossessionato dalla sicurezza, si era aspettata un campo minato...

    Forse non è paranoico come mi hanno raccontato.

    Per sicurezza aprì solo uno spiraglio e bussò. Forse avrebbe trovato gli addetti alle pulizie, ma si sarebbe scusata, fingendo di essersi persa. Non sono venuta qui per lasciarmi fermare da un forse.

    Nessuna risposta.

    Allargò lo spiraglio di un po’, poi ancora un po’ e con il cuore in gola penetrò nell’ufficio, richiudendosi adagio la porta alle spalle.

    Ci sono.

    Si guardò attorno rapidamente e tolse dalla tasca della gonna una chiavetta USB di ultima generazione.

    Secondo le informazioni ottenute dalla sua fonte, Pascha Virshilas teneva un portatile in ognuno dei suoi uffici, in tutto il mondo. Se le informazioni erano corrette, il portatile sulla scrivania conteneva tutti i file creati da ciascun dipartimento delle holding possedute dalla Virshilas LG. Perciò contiene certamente i dati che mi permetteranno di riabilitare il nome di mio padre.

    L’ufficio esprimeva una perfezione quasi maniacale. Niente era fuori posto e non si trovava un’ombra di polvere o una briciola. Persino i disegni a matita appesi al muro sembravano sistemati con precisione militare. Sulla scrivania di ebano sotto l’ampia finestra c’era solo il portatile e un raccoglitore di documenti.

    Aprì il computer e premette il pulsante di accensione. L’apparecchio si illuminò subito. Emily corrugò la fronte. Possibile che si sia dimenticato di spegnerlo? Da quello che raccontano di lui non pare plausibile.

    In ogni caso non aveva il tempo di andare per il sottile. Una volta tanto che pare che la fortuna giri dalla mia parte... Quell’accensione le aveva fatto recuperare almeno un paio di minuti preziosissimi.

    Inserì la chiavetta, premette alcuni tasti e cominciò a copiare i file. Non doveva far altro che aspettare.

    Se le valutazioni di un suo amico erano giuste, tutti i dati sarebbero stati copiati in sei minuti.

    Il raccoglitore traboccava di documenti. Incuriosita, Emily lo aprì. Sul primo foglio, stampata in rosso, dominava la scritta Confidenziale. Prese i fogli e cominciò a leggere.

    «Chi diavolo sei e cosa fai nel mio ufficio?»

    Emily diventò di ghiaccio, sentì il vuoto in testa e il cervello ridotto a inutile gelatina. I fogli che teneva in mano tornarono al loro posto e lei sollevò la testa per affrontare lo sguardo di Pascha Virshilas.

    Freddi occhi grigi ridotti a due fessure. «Tu» sibilò, i lineamenti contorti dall’ira.

    Emily non avrebbe saputo dire quale fosse lo shock più grande, se il fatto che l’avesse colta con le mani nel sacco o che l’avesse riconosciuta. L’unica volta che si erano incontrati era così diversa che lei stessa avrebbe fatto fatica a riconoscersi.

    Si sforzò di mantenere un’espressione neutra. Non era il momento di svelare quanto detestava quell’uomo. Meglio mantenere la calma.

    Si erano incontrati sei settimane prima a un party dato per celebrare l’acquisto della Bamber Cosmetics da parte della Virshilas LG e per consentire al personale di conoscere il nuovo proprietario. Emily aveva partecipato per stare vicino al padre che, in qualità di dirigente, non poteva esimersi dall’essere presente nonostante, in seguito alla recente morte della moglie, provasse insofferenza per i luoghi affollati.

    Quando Emily aveva stretto la mano di Pascha, l’unica reazione dell’uomo era stata un guizzo di disprezzo prima di rivolgersi all’ospite successivo. Se si fosse degnato di parlarle, lei si sarebbe scusata per l’abbigliamento fuori luogo in quel contesto, ma arrivava dal lavoro e non aveva avuto il tempo di cambiarsi. Veniva da una sfilata di moda e per i designer era necessario vestirsi a tono con i modelli presentati dalla propria casa di moda.

    In quell’occasione, Emily e suo padre erano rimasti alla festa per un’ora, prima di scappar via.

    Dubito di poter lasciare adesso l’ufficio di Pascha con la stessa facilità...

    «Ti ho fatto una domanda, signorina Richardson, e ti suggerisco di rispondere.»

    «Ma si è già risposto da solo» replicò con più spavalderia di quanta provasse. Ricordava Pascha Virshilas, ma in quell’ufficio l’uomo appariva più imponente. Altissimo, spalle ampie, persino la freschezza della camicia bianca e dei pantaloni grigi perfettamente stirati non potevano nascondere il fisico atletico, anzi lo mettevano in risalto. E il suo viso... lo scultore più dotato non sarebbe riuscito a riprodurre quella perfetta cesellatura.

    «Non fare giochetti con me. Che cosa ci fai nel mio ufficio?»

    Lei controllò la chiavetta. Dalla sua posizione, Pascha non poteva vedere altro che il coperchio sollevato del laptop. Se sono fortunata posso ancora riuscire a farla franca.

    Con tutta la disinvoltura che riuscì a esibire, si spinse in avanti. «Passavo di qui e sono entrata per vedere come te la passi.» Mentre parlava, estrasse la chiavetta con le nocche e la nascose nel pugno chiuso.

    Pascha non sembrò essersene accorto.

    Emily si alzò in piedi e come per caso infilò la mano nella tasca posteriore, lasciandoci la chiavetta. Non aveva altra scelta se non comportarsi con sfrontatezza. «E visto che stai bene posso anche andarmene.»

    «Non così in fretta. Prima di uscire, vuota le tasche.» L’accento russo si poteva ancora percepire, nonostante il perfetto inglese. Emily rabbrividì.

    «Non credo lo farò» ribatté, girando attorno alla scrivania e cercando di avvicinarsi alla porta.

    «Ho detto vuota le tasche.»

    «No.» Il suo sguardo corse alla porta. A ventisei anni aveva già un passato scolastico da corridore Essendo più piccola di lui dovrei essere più veloce.

    L’improvviso balzo in avanti di Emily però non lo colse di sorpresa. «La porta è chiusa» la informò con calma irritante.

    «Me ne sono accorta» sbottò lei.

    «E non si aprirà finché non premerò il pulsante giusto, e non lo farò finché non mi avrai dato quello che hai messo in tasca.»

    Lo fissò con aria di sfida, il bel viso a cuore.

    È comprensibile che non l’abbia riconosciuta dallo schermo di controllo della mia stanza privata. Al party lei indossava un abito lungo di pizzo nero a balze con un paio di scarponcini neri da motociclista ed esibiva un pesante trucco dark. Tutto quel nero realizzava un forte contrasto con la pelle di porcellana.

    Mentre le altre donne presenti si erano messe in tiro, Emily si era abbigliata per provocare. Le mancava solo un velo nero sui riccioli scuri per essere l’immagine perfetta di una sposa gotica.

    Quel giorno invece portava i capelli raccolti e si era vestita da donna in carriera: gonna blu al ginocchio con giacca in tinta e camicetta color panna. Niente trucco e ai piedi scarpe nere scollate. Come riconoscerla, senza guardarla negli occhi?

    Riconoscerei ovunque quegli occhi castano scuro, con riflessi dorati che mandano bagliori di fiamma. Sotto le luci del salone dove si era tenuta la festa, i colori si erano come mescolati, dando agli occhi uno scintillio come quello di un opale di fuoco.

    Quegli stessi occhi in quel momento lo scrutavano con disgusto.

    Pascha tese la mano e attese. Lo avrebbe fatto anche per tutto il giorno, se necessario.

    Non lo fu. Emily sfilò la chiavetta dalla tasca e la posò nel suo palmo, indietreggiando per allontanarsi.

    Come sospettavo, una chiavetta USB. Tornò al suo posto e incrociò le braccia sul petto. «Siediti.»

    Dopo un istante, lei afferrò la sedia posta davanti alla scrivania e la trascinò sul lato opposto della stanza, il più lontano possibile da lui.

    «Allora, Emily, è ora che cominci a parlare. Perché hai cercato di rubare questi file?»

    «Tu cosa pensi? Per provare la totale innocenza di mio padre.»

    «Rubando?»

    «Dovevo fare qualcosa. Stando alle mie fonti, non hai neppure cercato di fare luce sulla sottrazione di denaro di cui hai subito accusato mio padre. Questa situazione lo ha fatto ammalare.»

    Avrebbe fatto qualunque cosa per riabilitare il nome del padre, per dargli qualcosa che gli facesse sentire che valeva ancora la pena di vivere.

    Per quanto le dolesse ammetterlo, lei non avrebbe mai avuto la forza per spingerlo ad andare avanti.

    Fin da bambina lo aveva visto attraversare momenti bui, lunghi periodi in cui neppure si alzava dal letto. Era stato terribile, ma sua madre era sempre riuscita a sostenerli, prima di tutti proprio suo padre. Ormai però era morta e le mancava il suo appoggio.

    Nel giro di tre mesi il padre aveva perso la moglie che adorava ed era stato sospeso dal lavoro di cui andava fiero. La minaccia che la polizia bussasse alla porta e lo portasse in prigione pendeva su di lui come una spada di Damocle. Con il senno di poi, sarebbe stato facile prevedere che cercasse di togliersi la vita. E solo per un pelo non c’era riuscito.

    Perdere la madre, per Emily era stata l’esperienza più devastante della vita,

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