Il segreto della principessa: Harmony Collezione
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Miniserie "Chatsfield Hotel" - Vol. 2/8
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Il segreto della principessa - Carol Marinelli
successivo.
1
«Quanto vorrei che fosse toccato a te!»
La principessa Leila Al-Ahmar del Surhaadi fu percorsa da un brivido freddo mentre la regina Farrah dava voce a quello che era il suo vero pensiero. Onestamente aveva sempre saputo che sua madre avrebbe preferito perdere lei, e non sua sorella Jasmine, nel terribile incidente avvenuto anni prima, ma sentirla pronunciare quelle parole così poco adatte a un genitore fu comunque un colpo al cuore che le mozzò il respiro.
In ogni caso l'espressione del suo viso rimase impassibile. Aveva imparato a contenere la sua disperazione, a non piangere mai per quell'amore che le era stato negato, così non batté ciglio mentre sua madre continuava a versare olio bollente sulle sue ferite ancora aperte. La sua però non era una sfida, niente affatto. Semplicemente, era troppo avvilita per reagire.
Durante i suoi ventiquattro anni di vita, aveva fatto di tutto pur di evitare quel confronto, che però quella sera aveva capito di non poter più eludere. Così dopo cena, invece di ritirarsi nel suo appartamento, aveva preso la sua qanun, una piccola arpa che per lei era molto più di un semplice strumento. Era un'amica, una compagna, capace di note struggenti e di melodie dolcissime, e quando la suonava aveva la certezza che l'amore esisteva.
Anche se non lo aveva mai ricevuto dai suoi genitori.
Farrah era sempre stata contraria alla sua passione per la musica perché, com'era solita affermare mentre era intenta al suo ricamo, lo stesso arazzo da ormai sedici anni, Jasmine era stata quella fra le sue figlie con una vera inclinazione per la musica. Tante volte avrebbe voluto contraddirla perché non era vero, sua sorella non aveva avuto più talento di lei, ma sarebbe stato solo fiato sprecato.
Aveva cominciato a pizzicare le corde, rifiutandosi di obbedire al silenzioso ordine di sua madre di ritirarsi nel suo appartamento, e soprattutto rifiutandosi di attenersi alla regola del silenzio che vigeva alla reggia.
Se Zayn, suo fratello maggiore, fosse stato lì, avrebbe in qualche modo deviato l'attenzione di sua madre.
Ma Zayn non c'era, e presto non avrebbe più potuto agire come frangivento fra lei e i genitori perché era in procinto di sposare la principessa cui era stato promesso sin dall'adolescenza.
Invece per lei non era stato organizzato alcun matrimonio. Sua madre non aveva voglia di dedicare il suo tempo a quel progetto. Jasmine invece sarebbe stata una sposa meravigliosa. Jasmine avrebbe dato alla luce bambini adorabili.
Jasmine, Jasmine, Jasmine...
Dunque, con ogni probabilità, sarebbe rimasta zitella, costretta a vivere fino al giorno della sua morte in quel triste palazzo con due genitori che la detestavano.
Aveva continuato a suonare, l'unico modo che aveva a disposizione per raccontare la sua verità. Una melodia che non comunicava serenità, ma agitazione. Parlava di una notte di sedici anni prima, la notte in cui Jasmine era morta.
A quel tempo lei aveva avuto otto anni, ma rammentava tutto perfettamente. Ora, da adulta, era anche in grado di dare un senso a ciò che era accaduto.
La sua musica aveva raccontato di una giovane donna che era uscita dal seminato, di alcol e di droghe, di balli seducenti con Damien, il migliore amico di Zayn. Cose che lei tuttora non comprendeva fino in fondo, perché era una ragazza morigerata.
«Leila!» aveva esclamato Farrah. «Basta così!»
Ma lei non le aveva dato ascolto, e si era servita delle note per narrare la furiosa reazione che Zayn aveva avuto scoprendo la relazione fra Jasmine e il suo amico. Non era stato difficile, perché a volte risentiva ancora la voce irata di suo fratello mentre urlava a Jasmine che Damien l'aveva solo usata, e che ora che l'aveva avuta, ogni interesse per lei sarebbe finito.
E poi, quando Jasmine aveva deciso di voler seguire il suo amante, Zayn non aveva esitato prima di dirle che da quel momento in poi l'avrebbe considerata morta.
Le note infine avevano assunto un tono più acuto per imitare le grida disperate che erano risuonate nella reggia quando era arrivata la notizia della morte della principessa e del suo uomo in un terribile incidente d'auto.
«Basta!» le aveva intimato di nuovo sua madre. Si era alzata di scatto per strapparle l'arpa di mano e scagliarla poi con forza sul pavimento. Un secondo dopo aveva pronunciato quelle terribili parole. «Quanto vorrei che fosse toccato a te!»
Raggelata, Leila a quel punto la guardò negli occhi, implorandola silenziosamente di ritrattare la sua ultima affermazione.
«Quanto vorrei che fossi morta tu quella notte» precisò invece Farrah con agghiacciante crudeltà.
«Sai, non sono sorpresa» replicò Leila, la voce ferma nonostante le fitte di dolore che le trapassavano il cuore. «So che mi hai augurato la morte sin dal giorno in cui mi hai dato alla luce. Ma per tua sfortuna io sono qui. Ho una vita da vivere, e ho già buttato via troppi anni cercando di guadagnarmi il tuo amore... Bene, è arrivato per me il momento di arrendermi.» Esitò qualche istante in attesa di una replica, ma sua madre non disse nulla, così si girò e si avviò verso la porta del salottino, oltrepassando suo padre, seduto su una poltrona con la testa fra le mani. Era terribile che non fosse intervenuto in sua difesa, e sì, capiva che soffriva ancora per la scomparsa di Jasmine, ma il suo silenzio era umiliante ed eloquente al tempo stesso.
Imboccò il corridoio che conduceva al suo appartamento, aumentando l'andatura come faceva sempre quando passava da lì per non vedere i ritratti di famiglia appesi alle pareti. Qualcosa però la indusse a fermarsi adesso, perché nulla avrebbe potuto ferirla più di quanto avessero già fatto le parole di sua madre. Su quelle pareti c'era la sua storia. Su quelle pareti era esposta bene in vista la verità che aveva sempre sospettato e che quella sera era stata confermata.
Il primo quadro ritraeva i suoi genitori, sua madre che stringeva fra le braccia Zayn e che sorrideva a quel bambino che un giorno sarebbe diventato re.
Lei adorava suo fratello. Zayn era il suo paladino, e dopo la morte di Jasmine era diventato ancora più protettivo nei suoi confronti. Quella sera però, anche se fosse stato presente, non avrebbe potuto far niente per aiutarla.
Nemmeno lui poteva costringere la regina ad amarla.
Spostò lo sguardo sul secondo dipinto. Era un ritratto di Jasmine, il viso illuminato da quel sorriso accattivante di cui sua madre parlava così spesso.
Ma non era un sorriso accattivante, lei lo sapeva bene perché ne era stata oggetto tante volte. Era un sorriso atto alla manipolazione. Sua sorella era stata completamente diversa da lei. Bella, divertente, affascinante, piena di vita, in continuo movimento. Abituata a ottenere sempre ciò che desiderava.
Rivolse la sua attenzione alla terza tela, dove apparivano i tre piccoli principi. Lei aveva i capelli corti e tanta tristezza negli occhi, una tristezza che l'aveva accompagnata sin dalla nascita, avvenuta dopo un parto difficile e laborioso che aveva impedito alla regina di avere altre gravidanze, e di conseguenza anche il tanto sospirato secondo figlio maschio. Oh, ma lei aveva provato a essere quello che i genitori desideravano. Aveva imitato Zayn, mostrandosi coraggiosa e indomita fino al punto di chiedere al padre di portarla con sé a caccia, ottenendo soltanto lo scherno di sua madre.
Lo aveva desiderato al punto di chiudersi in bagno un giorno armata di un paio di forbici da cucina per tagliarsi maldestramente la folta chioma scura e lucente, nel tentativo di somigliare a un ragazzo, un ragazzo meritevole dell'amore dei suoi genitori. «Eri una così brava bambina...» sussurrò alla sua immagine, risentendo il sapore amaro delle lacrime che aveva versato quando sua madre l'aveva scoperta nel bagno, i capelli sparsi sul pavimento, e l'aveva schiaffeggiata fino a farle diventare il viso rosso.
I capelli poi erano cresciuti, i chili in più tipici dell'adolescenza erano spariti, e lei si era trasformata in una giovane donna di rara bellezza.
Una bellezza che però nessuno sembrava notare.
Riprese a camminare lungo il corridoio. «Puoi andare» disse all'ancella che attendeva seduta accanto alla porta del suo appartamento.
«Ma ha bisogno di me per spogliarsi» obiettò la donna.
«Puoi andare» ripeté Leila, agitando una mano. «Io non ho bisogno di nessuno.» Sapeva di aver parlato con tono arrogante, l'arroganza era un difetto che tutti al palazzo le riconoscevano, inclusa sua madre, ma era quello lo scudo dietro il quale nascondeva le sue insicurezze. Entrò nell'appartamento e si diresse verso la cabina armadio, piena di tuniche di squisita fattura, cucite a mano dalle più esperte ricamatrici del Surhaadi. Ignorando i vestiti, s'inginocchiò e tese la mano verso il fondo del guardaroba per prendere un bauletto. Recuperò la chiave nella tasca di una delle vesti, ma quando la infilò nella serratura le dita le tremavano e nella testa le riecheggiarono le parole di Jasmine, quasi sua sorella fosse lì in quel preciso momento.
«Devi nascondere questo per me. Se qualcuno lo trovasse, avrei dei problemi molto seri.»
«E se invece lo scoprissero nella mia camera?» aveva replicato lei. «I problemi li avrei io.»
Un sorriso beffardo aveva increspato le labbra di Jasmine. «A nessuno verrebbe in mente di frugare fra le tue cose» aveva replicato. «Tu possiedi solo libri. Coraggio, ho bisogno di questo favore.»
«No.»
Allora Jasmine le aveva accarezzato una guancia. «Fallo per me, sorellina. Per piacere.»
Infine aveva ceduto. E ora aveva fra le mani la prova per dimostrare che Jasmine non era stata perfetta, pensò mentre armeggiava con quella serratura che non veniva aperta da anni. Una prova che avrebbe potuto consegnare ai suoi genitori per far capire loro, finalmente, che il ricordo che avevano della figlia scomparsa non corrispondeva alla realtà.
Jasmine non era stata perfetta. Persino Zayn, che ancora si tormentava perché si riteneva responsabile della sua morte, ignorava quali fossero i veri difetti della sorella.
Alzò il coperchio del bauletto e sollevò un corto vestito nero dalla profonda scollatura. Al di sotto apparve un paio di sandali dal tacco smisurato. Svitò il tappo della bottiglia di vodka e annusò il pungente odore del liquore. Sì, avrebbe detto tutto ai suoi genitori... Purtroppo sapeva che non avrebbe potuto fare quello a sua sorella. Lei aveva protetto la sua reputazione anche quando, il giorno successivo ai funerali, un pacco indirizzato a Jasmine era stato consegnato alla reggia e lei lo aveva riposto, senza aprirlo, nel bauletto. Lo prese adesso, lacerò la carta che lo avvolgeva e osservò perplessa il contenuto, un completo di biancheria intima rosso fuoco, provocante, sexy, quanto di meno adatto a una principessa.
E anche bellissimo.
Una scatolina di medicinali attrasse la sua attenzione. Pillole anticoncezionali, lesse sull'etichetta. Persino lei, ingenua e priva di esperienza in fatto di sesso e uomini, sapeva che, assumendone una al giorno, il pericolo di una gravidanza era scongiurato. Dunque Jasmine era stata sessualmente attiva, ragionò. Una trousse per il trucco che includeva un rossetto vermiglio. Certo, sua sorella si era divertita nella sua breve vita, aveva conosciuto il piacere e la passione, e in ogni caso i genitori l'avevano adorata.
E lei, che conduceva una vita misera e solitaria, era solo disprezzata.
Estrasse una pillola dalla scatolina poi la appoggiò sul palmo della mano.
Oh, essere stretta fra le braccia di un uomo, anche solo per pochi istanti, anche solo una volta. Essere baciata... Cosa avrebbe provato se un uomo l'avesse baciata?
Senza riflettere, portò la pillola alle labbra e la