Seduzione spagnola: Harmony Collezione
By Anne Mather
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Seduzione spagnola - Anne Mather
successivo.
1
Quella notte aveva piovuto e quando Enrique uscì sul balcone rabbrividì all'aria fresca del primo mattino. Il sole che stava sorgendo all'orizzonte annunciava un'altra splendida giornata.
Avrebbe fatto meglio a rimanere nel suo letto, o meglio in quello di Sanchia, come lei avrebbe desiderato, invece di stare solo a rimuginare su qualcosa che gli aveva tolto il sonno e rischiava di avvelenargli la vita.
Il giorno prima era salito sull'aereo, sollevato all'idea di lasciarsi alle spalle il clima grigio e piovoso di Londra per tornare in Andalusia, dove agli inizi di giugno il cielo era azzurro e le giornate soleggiate e calde.
Ma appena arrivato a casa, aveva trovato quella maledetta lettera ad attenderlo...
Scacciò subito l'immagine dalla mente. Aveva già sprecato fin troppo tempo a pensarci e adesso la rabbia, a lungo trattenuta, rischiava di fargli saltare i nervi. Il solo pensiero che quella lettera avrebbe potuto finire nelle mani di suo padre lo rendeva a dir poco furente.
Enrique si era sempre detto che la sua casa fosse il po-sto più bello del mondo, ma quella mattina gli riusciva difficile liberare la mente dai pensieri ossessivi che lo tormentavano. Niente intorno a lui sembrava dargli sollievo, nemmeno la natura rigogliosa, che in quella stagione esplodeva in un tripudio di colori e profumi. In preda all'ansia e alla frustrazione, rientrò nella sua stanza.
Quella maledetta lettera era sempre là sul pavimento accanto al letto, dove l'aveva gettata dopo averla letta per l'ennesima volta.
Enrique si spogliò e si avviò verso il bagno nella speranza che una doccia potesse rinvigorirlo. Il getto di acqua fredda riuscì a risvegliare i suoi sensi, tanto che si sentì pronto ad affrontare la giornata che stava per cominciare.
Uscito dalla doccia, esaminò attentamente il proprio volto allo specchio, passandosi una mano sul mento. Non si era rasato, e i suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie.
Del resto, il giorno prima, dopo essere tornato dal viaggio, aveva dovuto partecipare a una serie di riunioni e alla fine ci si era messa anche Sanchia, pretendendo che passasse la serata con lei, ma lui aveva declinato l'invito. Alle due di notte se n'era andato a letto, tuttavia non era riuscito a chiudere occhio e tutto per colpa di quella lettera.
Enrique si disse che avrebbe provveduto prima che suo padre tornasse a casa dall'ospedale. La sera precedente aveva parlato con la madre che l'aveva rassicurato. L'operazione al cuore a cui era stato sottoposto era andata bene e Julio de Montoya aveva buone probabilità di vivere a lungo se si fosse riguardato e avesse evitato emozioni... come quella che gli avrebbe causato la notizia contenuta nella lettera. Contrasse la mascella, radendosi.
Cosa pensava di ottenere quella donna? E chi era il bambino, se davvero si trattava di un bambino, che aveva scritto la lettera? Di una cosa era certo: Cassandra non aveva alcuna relazione di parentela con lui o con suo fratello Antonio. Di sicuro, si era inventata tutto, ma ancora non riusciva a capire a che gioco stesse giocando.
Cassandra...
Enrique si lasciò sfuggire un'imprecazione, si era tagliato e adesso il sangue sgorgava copioso dalla piccola ferita. Non era possibile che una semplice lettera gli avesse sconvolto la vita. Doveva ritrovare il controllo e il prima possibile. Ci era riuscito dieci anni prima, poteva farcela anche adesso e lo sapeva. Cassandra era la vedova di suo fratello, non aveva niente a che vedere con la sua famiglia.
Si affrettò a vestirsi, quindi raccolse la lettera da terra e l'aprì per l'ennesima volta. Erano poche righe vergate con una calligrafia infantile. Immaginò che Cassandra l'avesse scritta con la sinistra, per far credere che fosse opera del figlio. Non gli importava chi fosse l'autore, perché in ogni caso ne rifiutava il contenuto. La tentazione di farla in mille pezzi era forte. Era sicuro che Cassandra non avrebbe trovato il coraggio di scriverne un'altra. Eppure per qualche inspiegabile ragione, non riusciva a farlo. Nonostante i suoi sospetti e la certezza che, a seguito della morte di suo fratello non aveva nipoti, una sorta di curiosità morbosa lo spingeva ad andare a fondo di quella faccenda. La sua espressione si fece cupa, mentre rileggeva le poche righe, che ormai conosceva quasi a memoria.
Caro nonno,
tu non mi conosci e la mamma dice che non vuoi vedermi, ma io non ci credo. Vorrei che fossimo amici e per questo l'ho convinta a venire in Spagna in vacanza. Arriveremo il 12 giugno e staremo a Punta del Lobo alla Pensión del Mar. È sulla costa, ma non so quanto sia lontana da Tuarega. Spero che verrai a trovarmi. Sono sicuro che alla mamma farebbe piacere, anche se dice di no.
Con affetto, tuo nipote, David de Montoya.
Enrique corrugò la fronte, mentre le mani gli tremavano al pensiero che quella donna si permettesse di chiamare suo figlio de Montoya.
Non credeva che fosse figlio di Antonio, ma la cosa più importante era assicurarsi che quella lettera non giungesse nelle mani di suo padre e lui non venisse mai a sapere che, ancora una volta, Cassandra Scott stava cercando di rovinare la sua famiglia.
Le dita strinsero con forza il foglio di carta. Dopo aver accantonato l'idea di farla in mille pezzi, la infilò in mezzo alle pagine della Bibbia, dove era improbabile che qualcuno la trovasse. In realtà, però, il vero problema era come risolvere la faccenda senza compromettere né i suoi affari, né la sua famiglia.
Da quando era presidente della Montoya Corporation, prendeva molto sul serio il suo lavoro e il pensiero che quella maledetta missiva l'avesse distratto dai suoi doveri lo irritava ancora di più. Era il 15 di giugno e, con molta probabilità, Cassandra e il figlio, erano già arrivati a Punta del Lobo e rischiava di trovarseli sulla porta di casa da un momento all'altro...
Chissà perché dopo dieci anni, Cassandra si faceva viva? Forse aveva scoperto che Julio de Montoya era malato e aveva deciso che era il momento giusto per attaccarlo.
Tutto era possibile quando c'era di mezzo quella donna, ma quella sembrava essere l'unica spiegazione plausibile.
Dalla spiaggia, Cassandra sorvegliava il figlio, intento a giocare in acqua con un ragazzino tedesco che aveva conosciuto alla pensión. Era il posto ideale per i bambini e, nonostante tutte le sue preoccupazioni, non poteva negare che quella vacanza facesse bene sia a lei che a David.
Erano quasi le cinque ma il sole era ancora talmente caldo che, nonostante la crema protettiva, Cassandra temeva di scottarsi. Per lei tre giorni non erano stati sufficienti ad acclimatarsi. David, invece, non aveva avuto nessun problema, infatti aveva la carnagione scura del padre. Lei, invece, doveva stare molto attenta, dal momento che, come tutte le rosse aveva la carnagione chiara.
Cassandra fece cenno al figlio di uscire dall'acqua.
Le era occorso tutto il suo coraggio per affrontare il viaggio e, sebbene quella località fosse ad almeno un'ora di macchina da Tuarega, la tenuta dove abitavano i de Montoya, Cassandra non poteva fare a meno di sentirsi inquieta al pensiero di essere così vicina a loro.
Non si aspettava certo di incontrare qualcuno della famiglia... nessuno di loro sapeva che era lì, quindi era inutile preoccuparsi.
Era stato David a convincerla ad andare in vacanza in Spagna. Lei aveva cercato di fargli cambiare idea, ma lui aveva tanto insistito. Nonostante le sue paure, nessuno alla pensión aveva fatto domande sul cognome del figlio, che da quelle parti era piuttosto noto.
Suo padre le aveva dato della pazza perché aveva deciso di rivelare a David che suo padre era spagnolo, ma lei era convinta che non sarebbe servito a nulla nascondergli la verità, perché prima o poi lo avrebbe scoperto.
In quel momento, David uscì dall'acqua, correndole incontro. Con lui c'era Hoerst, il suo amichetto tedesco, che aveva trascorso la giornata con loro, mentre i genitori erano andati a Siviglia.
Al confronto con suo figlio, quel ragazzino era molto più tranquillo, ma Cassandra non poteva dimenticare che nelle vene di David scorreva il sangue dei de Montoya, uomini dal carattere indomito.
David era tutto per lei e non poteva nemmeno immaginare la sua vita senza di lui. La paura che i de Montoya potessero scoprire che aveva avuto un figlio non l'abbandonava mai, anche se, con l'andar del tempo, era diventata meno apprensiva. Un giorno, quando David fosse stato grande abbastanza da decidere della sua vita, gli avrebbe parlato del padre. Ma quel momento era ancora lontano e non voleva nemmeno pensarci.
«Dobbiamo proprio andare?» brontolò David.
«Temo di sì, si sta facendo tardi. Non vedi che non c'è più nessuno sulla spiaggia?»
«E allora?» replicò lui in tono arrogante.
«Andiamo, non intendo discutere!»
La Pensión del Mar sorgeva a pochi metri dalla spiaggia. Cassandra si era convinta di aver fatto un'ottima scelta: il proprietario, il señor Movida, era gentile e faceva di tutto per rendere la loro permanenza piacevole.
La Fiat che i Kaufman avevano noleggiato era parcheggiata davanti alla pensión e questo significava che i genitori di Hoerst erano tornati. Il signor Kaufman era sulla porta e non appena lo vide suo figlio gli corse incontro.
«Beato te!» borbottò David con una punta d'invidia.
Cassandra lo guardò sorpresa. «Scusa, cos'hai detto?»
«Ho detto che Hoerst è fortunato ad avere un papà» rispose David. Cassandra fu presa alla sprovvista, ma prima che avesse modo di replicare, lui cambiò discorso. «Mi chiedo se ci sia posta per noi.»
«Posta?» Cassandra non riusciva a capire. «Intendi dire una lettera? E chi dovrebbe scriverci? A parte il nonno, nessuno sa che siamo qui.»
David si strinse nelle spalle. «Non so» rispose e Cassandra ebbe uno strano presentimento. Tuttavia, non ebbe il tempo di approfondire perché il signor Kaufman l'aveva raggiunta.
«Buonasera. Grazie mille per aver badato a nostro figlio. Spero si sia comportato bene.»
«Oh sì, è stato un angelo. La vostra gita com'è andata?»
«Benissimo, grazie. Ma lo sa, che ho scoperto una cosa interessante? Il suo cognome è piuttosto noto in Andalusia. C'è una famiglia de Montoya che è famosa per la produzione di un ottimo vino e per i tori che allevano nella loro tenuta qui vicino. Sono per caso suoi parenti?»
«Lo escludo, sarà un caso di omonimia» si affrettò a rispondere Cassandra, consapevole che David non aveva perso una sola parola. Poi, indicando la pensión, aggiunse: «E adesso, se vuole scusarci, dobbiamo proprio rientrare».
Ma il destino aveva in serbo qualcosa di inaspettato.
In quel momento, infatti, Cassandra vide un uomo venire verso di lei e si sentì gelare il sangue nelle vene. Istintivamente, cinse le spalle del figlio con fare protettivo. I suoi occhi erano concentrati sul nuovo arrivato. Non è possibile, si disse. Eppure era proprio così: Enrique de Montoya, davanti alla porta della pensión, la stava guardando con un'espressione di disprezzo.
Come poteva essere? Non aveva lasciato a nessuno l'indirizzo di quel posto, a parte suo padre e il proprietario della libreria dove lavorava. Di certo, nessuno in Spagna la conosceva, men che meno un de Montoya.
Cassandra sentì che le gambe stavano per cederle. Enrique non era cambiato: fiero, arrogante e... altrettanto bello. Tuttavia, lei non aveva dimenticato il prezzo che aveva pagato per essersi innamorata di lui. Era un uomo senza cuore, capace di tutto