Per l'amore di un gitano
By Anne Mather
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Nei vasti spazi disabitati della Camargue c'erano cavalli e tori selvaggi. E ogni anno, a Saintes-Maries-de-la-Mer, i gitani si radunano per festeggiare Sarah, la loro protettrice. Si scatena allora una gioiosa kermesse in cui si perpetuano tradizioni secolari. A volte, si celebra un matrimonio, secondo gli antichi riti... Così era stato per Diane, la giovane e bella studentessa inglese, e Manuel, il gitano. Ma la gelosia e la cattiveria avevano bruscamente infranto la loro felicità. Ora, dopo tre anni, Diane ritorna...
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Per l'amore di un gitano - Anne Mather
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Night of the Bulls
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2014 Anne Mather
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 1981 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-915-3
www.harlequinmondadori.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
All’inizio di aprile il mistral si infila nella valle del Rodano, dopo essersi precipitato lungo i pendii nevosi dell’Alta Provenza, e spazza la Camargue con forti raffiche. Non c’è uomo, non c’è animale che possa contrastarlo. Solo le resistenti e piccole teste arruffate degli iris e dei narcisi selvatici che sbucano dai ciuffi di canne tentano di far capire che la primavera non è lontana.
Improvvisamente, la tempesta si calma. Il sole prende pieno possesso della pianura e il suo calore fa dimenticare persino il ricordo del deserto di ghiaccio nel quale gli uccelli cercavano disperatamente qualcosa da mangiare tra lo sterco dei cavalli selvatici. Il delta intero del fiume riprende vita in un formicolare di attività. È un’esplosione di colori squillanti, come non se ne vedono neppure in piena estate quando il calore del sole trasforma la palude in una distesa di fango screpolato. Le calme lagune e gli stagni azzurri rivivono di una vita selvaggia. La capinera si posa sfrontata sulla sommità degli steli più alti; il vespiere dalle piume colorate si lancia sugli insetti che nuotano sulla superficie dell’acqua e il fenicottero dalla bellezza esotica passeggia avanti e indietro con grazia regale.
Diane era in preda a un’intensa emozione. Era precisamente questo il periodo dell’anno in cui aveva conosciuto la Provenza e la sua vita ne era rimasta sconvolta, e adesso sentiva la stessa stretta al cuore provata tre anni prima, quando ne era fuggita.
Il Caravelle s’inclinò bruscamente e un violento senso di nausea la ricondusse alla realtà. Si trovava ancora sull’aereo che di lì a poco l’avrebbe sbarcata al Marignane. Sprofondò nella poltrona aggrappandosi ai braccioli. Nonostante i vivi ricordi che aveva della Camargue, era sicurissima che nessuno l’avrebbe accolta al suo arrivo.
Un giovane seduto sull’altro lato del passaggio si chinò verso di lei con sollecitudine. Diane si era già accorta dei suoi frequenti sguardi, ma aveva subito scoraggiato all’inizio ogni tentativo di conversazione. Accorgendosi della paura che lei stava provando, l’uomo le sfiorò il braccio.
«Scusi, signorina, si sente male?» le chiese in inglese.
L’accento era senza dubbio francese, e Diane si domandò come avesse fatto a indovinare che lei era inglese. Forse l’aveva sentita parlare alla hostess.
Con un pallido sorriso si voltò verso di lui.
«La ringrazio, sto bene... ma gli atterraggi mi fanno sempre paura!»
Il giovane scosse la testa con simpatia. Diane fu colpita dalla finezza e dalla regolarità del suo profilo. Un uomo attraente. Clarry la rimproverava sovente di scoraggiare sempre ed eccessivamente i giovani che si interessavano a lei, ma adesso non c’era e lei si trovava a dover affrontare da sola un mucchio di problemi... Rinunciò a continuare la conversazione e si voltò verso il finestrino. La pista sembrava correrle incontro. Chiuse gli occhi e attese. Ecco il tipico sobbalzo delle ruote che toccavano terra... Finalmente erano arrivati!
Slacciò la cintura e controllò con una mano che i capelli fossero a posto. Poi si alzò, raccogliendo le sue cose. Vedendo lo splendore del sole sulla pista, pensò che non avrebbe avuto bisogno del cappotto; perciò se lo mise sul braccio e afferrò la valigia.
«Posso aiutarla, signorina?»
Il giovane era di nuovo lì. La maggior parte dei passeggeri stava abbandonando l’aereo: scendevano la scaletta e si dirigevano verso gli edifici dell’aeroporto per sbrigare le formalità d’uso, ma lui aveva chiaramente voluto aspettarla.
Diane accennò un sorriso di addio e, senza voltarsi, si diresse rapidamente verso la passerella. Fuori l’aria era incredibilmente dolce e profumata. Fu un momento terribile per Diane. Nemmeno il boato di un jet che stava passando poté distrarla dal suo dolore.
Scese svelta gli scalini e seguì gli altri passeggeri verso gli uffici della dogana. Gli impiegati le sorrisero con simpatia e si diedero da fare nel modo tipico di ogni uomo di fronte a una bella donna. Lei uscì rossa in volto, ma un po’ più fiduciosa in se stessa e nell’avvenire.
Incapace di dominare una leggera eccitazione, si guardò attorno. Il profumo dei fiori si mescolava in maniera deliziosa con quello del mare. I raggi del sole erano caldi, li sentiva sulla schiena. Si domandò dove avrebbe potuto trovare l’auto che aveva prenotato: ce n’erano tante che aspettavano i viaggiatori per Marsiglia!
Il giovane comparve di nuovo e si diresse verso Diane, che si morse le labbra spazientita. E quando lui le rivolse la parola, gli si mise di fronte aggrottando le sopracciglia e folgorandolo con lo sguardo dei suoi occhi azzurri.
«Sì, signore?»
«È attesa?» si preoccupò lui.
Lei ebbe una leggera esitazione prima di dare una risposta positiva. Dopotutto, era solo un piccolo strappo alla verità.
«Posso esserle utile in qualcosa?»
«No, grazie.»
Diane mosse qualche passo cercando di individuare, tra tutte le automobili parcheggiate lungo il marciapiede, quella dell’Inter-France Voyages. Era accecata dallo splendore del sole riflesso dalle carrozzerie lucide delle macchine che passavano come un fiume senza fine.
Tolse dalla borsetta un paio di occhiali dalle lenti scure e li inforcò: erano grandi e le nascondevano lo sguardo. Sperava che finalmente il giovane avrebbe capito! Ma quello era ancora lì, alle sue spalle.
«Signorina, credo che le sia caduto questo!»
Diane si voltò pronta a rispondere per le rime, ma sussultò accorgendosi che lui teneva in mano la cedola della prenotazione dell’albergo.
«Grazie» balbettò. «Mi... mi dev’essere caduta quando ho preso gli occhiali... Grazie!»
Il giovane sorrise con cortesia.
«La prego, signorina. Non ho potuto fare a meno di leggere che lei soggiornerà ad Arles. È una bellissima città. Io abito vicinissimo.»
«Davvero?» disse Diane. «Effettivamente è una bellissima città.»
Poi si guardò ancora intorno.
L’uomo aggrottò le sopracciglia e riprese: «È proprio sicura che non posso accompagnarla io?».
«No, no» rifiutò Diane con un gesto della mano. «Ho prenotato una macchina. Dovrebbe essere qui, da qualche parte...»
Il giovane stava già esaminando con occhio esperto le auto che c’erano in giro.
«Venga» disse poi. «Credo di sapere dove possiamo trovarla.»
Era molto sicuro di sé ora che aveva preso in mano la cosa. Diane lo seguì. In pochissimo tempo, lui trovò la macchina e, occupandosi delle formalità, riuscì anche a sapere il suo nome.
«Forse potremmo rivederci» arrischiò, dopo che Diane lo ebbe ringraziato e salutato. «Vado spesso ad Arles e sarei felicissimo di poterla invitare una sera a cena...»
Lei gli rivolse un sorriso incerto, non tenendo conto della proposta. Era perfettamente normale che lui la credesse una turista di passaggio. Come avrebbe potuto conoscere la vera ragione del suo viaggio?
Diane mise in moto la macchina. Nel retrovisore vide ancora il giovane farle cenni di addio. Con malinconia pensò che sarebbe stato meglio, per lei, essere davvero una turista.
Lasciando l’aeroporto, prese la strada per Arles che attraversa la vasta pianura della Crau, verso nord.
Questa non è certo una regione molto attraente: è desolata e deserta, e nemmeno i rari tentativi di coltivazione riescono a rallegrarla.
Ne parlava una storia che le aveva raccontato Manuel. A dar retta alla leggenda, Ercole, dovendo combattere proprio lì contro i giganti, aveva chiamato in aiuto Giove, e il padre degli dei avrebbe mandato dal cielo una pioggia di pietre e di rocce, salvando l’eroe da morte certa. In seguito, la pianura era rimasta ingombra di tutto quel pietrame, residuo della battaglia...
Manuel!
Un brivido la percorse tutta: per la prima volta da quando aveva lasciato Londra si era lasciata travolgere dai ricordi. Si allarmò nel constatare che un solo pensiero le causava tanto disagio! Allungò una mano alla ricerca della borsetta finché trovandola l’aprì e ne estrasse una sigaretta che mise tra le labbra e accese con dita un po’ tremanti. Non fumava molto, generalmente. Solo quando era nervosa, e in quel preciso momento lo era.
Erano appena passate le sei quando arrivò ad Arles. Si sentiva distrutta dal viaggio.
Si recò direttamente all’albergo, salì subito in camera e fece una doccia. S’infilò poi una vestaglia di seta e sedette vicino alla finestra che dava su un piccolo giardino pubblico. Un po’ più rilassata, mangiò i panini e bevve l’eccellente caffè che il direttore, previdente, le aveva fatto portare.
Una leggera brezza agitava le foglie dei platani. Alcuni bambini in bicicletta facevano una specie di carosello sotto di lei. C’erano pace e tranquillità in quel posto, e Diane riuscì a rilassarsi completamente. Non aveva nessuna ragione di imporsi quel rigido autocontrollo: c’erano pochissime probabilità di incontrare Manuel così, per caso. Però voleva essere lei a decidere il momento di vederlo, voleva tenere le redini del gioco, a condizione ovviamente che lui accettasse di vederla.
Respinse il piatto con le briciole.
Ecco che i ricordi tornavano a tormentarla, a renderla triste! Che cosa sarebbe accaduto se lui avesse rifiutato di incontrarla? Di una sola cosa era certa: a nessun prezzo gli avrebbe confessato la verità.
Si versò un’altra tazza di caffè e la strinse tra le mani a coppa per sentirne il calore. Bisognava che riflettesse bene su cosa dirgli. Non poteva correre il rischio di venire distratta dalla linea di condotta che si era imposta proprio da una delle sue domande. Il racconto doveva essere così lineare e chiaro nella sua mente, da non commettere alcun errore.
Si sistemò meglio nella poltrona e posò la tazza vuota sul piattino. Dalla borsetta estrasse un portafogli di cuoio e ne tolse alcune fotografie che guardò con tenerezza.
L’immagine del bambino che la fissava con totale fiducia la commosse. Sentì uno strano pizzicore sotto le palpebre. Era tanto che non si concedeva più il lusso di piangere! Si chiese che cosa stesse facendo in quell’istante il piccolo e se si comportasse bene