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Notti reali: Harmony Collezione
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Notti reali: Harmony Collezione
Ebook150 pages2 hours

Notti reali: Harmony Collezione

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About this ebook

Sangue blu 1/3
Passioni, segreti, doveri e sogni dei giovani rampolli di una casa reale.


Kelt Crysander-Gillan, duca di Vamili, conosce alla perfezione il peso della responsabilità che comporta un titolo. E proprio per questo l'enigmatico principe tiene nascoste le sue nobili origini. Almeno fino a quando uno sguardo all'affascinante Hannah Court minaccia di frantumare ogni sua difesa.


Hani non ha mai conosciuto un uomo come lui: nessuno le ha mai fatto perdere la testa così in fretta, e sebbene sia chiaro che Kelt le nasconde qualcosa, anche lei ha un segreto che non ha intenzione di rivelargli.
LanguageItaliano
Release dateJul 10, 2018
ISBN9788858984192
Notti reali: Harmony Collezione
Author

Robyn Donald

Robyn Donald è nata sull'Isola del Nord, in Nuova Zelanda, dove tuttora risiede. Per lei scrivere romanzi è un po' come il giardinaggio: dai "semi" delle idee, dei sogni, della fantasia scaturiscono emozioni, personaggi e ambienti.

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    Notti reali - Robyn Donald

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Rich, Ruthless and Secretly Royal

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Robyn Donald Kingston

    Traduzione di Maria Paola Rauzi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-419-2

    1

    I tamburi rimbombavano nell’afosa notte tropicale sovrastando il suono delle chitarre. Hani Court osservava la gente che rideva e cantava dalla sua postazione di fronte all’area cerimoniale.

    Con il tipico entusiasmo polinesiano, gli abitanti del villaggio si erano lanciati nelle celebrazioni di ringraziamento nei confronti del gruppo di studenti di ingegneria neozelandesi che avevano aggiustato il loro obsoleto acquedotto.

    Prima c’era stato il banchetto e adesso le danze. Poiché lei era un’insegnante della scuola locale, nessuno si aspettava che si unisse ai danzatori. Osservandoli ballare, però, fu sommersa dai ricordi dolorosi di Moraze, la sua lontanissima madrepatria. Là, sotto una luna altrettanto grande, uomini e donne, senza mai sfiorarsi, danzavano la sanga, un’erotica espressione di desiderio e passione.

    Sei anni addietro, Hani aveva deciso che non l’avrebbe più ballata e che non avrebbe più riso con suo fratello Rafiq, né tantomeno avrebbe cavalcato attraverso le selvagge pianure di Moraze, o ascoltato la gente acclamare il suo sovrano e la sorella, la ragazza che quelle persone chiamavano affettuosamente la loro piccola principessa.

    E non avrebbe mai più provato desiderio...

    Sfortunatamente, accettazione non significava per forza rassegnazione. Dilaniata dalla nostalgia per tutto ciò che la sua stupidità aveva gettato alle ortiche, si guardò intorno. Non era in servizio e nessuno si sarebbe accorto della sua assenza se fosse tornata di soppiatto a casa nella zona riservata agli insegnanti.

    All’improvviso, però, avvertì un formicolio lungo la schiena e lo stomaco le si contrasse nel trovarsi di fronte un paio di occhi blu acciaio che la fissavano.

    L’uomo era più alto di chiunque altro e le ampie spalle enfatizzavano la sua statura. Il volto dai tratti severi era splendido, ma ciò che lo distingueva dal resto della folla erano la sua straordinaria sicurezza e autorità, che gli conferivano un’indiscutibile aria di comando.

    Con tutti i suoi sensi allerta, Hani si bloccò.

    Chi era? E perché la stava guardando con tanta insistenza?

    Resistendo all’impulso di scappare, lo osservò farsi più vicino. Un mezzo sorriso gli curvava la bellissima bocca e lei impallidì quando comprese l’origine di quella tumultuosa e poco gradita reazione del suo corpo.

    Apprezzamento sessuale...

    Nemmeno la prima volta che aveva conosciuto Felipe aveva sperimentato una simile moltitudine di sensazioni come con quello sconosciuto, che si muoveva con la grazia silenziosa e letale di un predatore.

    Calmati!, ordinò a se stessa. Probabilmente voleva soltanto ballare e magari flirtare un po’.

    Quel pensiero le fece accelerare ancora il battito cardiaco. Forse era un locale, si disse; anche se era molto più alto degli altri isolani, i suoi capelli neri e la pelle dorata si confondevano bene con il resto della popolazione.

    Lo sconosciuto le si fermò accanto. Turbata, Hani sentì il suo sorriso penetrarle dentro; un sorriso accattivante, accompagnato da un carisma sensuale che aumentava la sua aura di potere.

    In effetti, non c’era donna presente che non gli avesse rivolto un’occhiata di apprezzamento.

    Ecco un uomo che dava per scontato il suo irresistibile fascino virile, pensò lei con un senso di antagonismo.

    Esattamente come Felipe.

    No, non era giusto accollargli i peccati di Felipe...

    «Sono Kelt Gillan. Piacere di conoscerti» si presentò lui con un tono di voce chiaro e deciso.

    Hani gli sorrise distaccata, consapevole che il passo successivo sarebbe stato una stretta di mano. Arrossì e rabbrividì leggermente notando quello sguardo fisso sulla sua bocca.

    «Hannah Court» rispose fredda, sperando così di farlo desistere.

    Naturalmente lo sconosciuto non era tipo che si spaventasse con facilità e allungò la mano per stringere la sua in una presa salda.

    Lei trasalì.

    «Ti ho fatto male?» le domandò Kelt aggrottando la fronte.

    «No, per niente.» Hani resistette all’impulso di staccarsi in fretta. Le dita di lui erano calde e forti... dita di una persona che lavorava duramente.

    Ma non erano stati i suoi calli a procurarle quella scarica di adrenalina così intensa da annebbiarle il cervello, lasciandola senza nulla da dire.

    In suo soccorso giunsero i suonatori. Di colpo gli strumenti si zittirono e cadde il silenzio. I danzatori smisero di ballare e si ritirarono.

    Lo sconosciuto guardò sopra la sua testa, socchiudendo gli occhi, e lei trovò la forza di spiegare: «Sono arrivati gli anziani».

    Lui non sembrava il tipo a cui importassero i riti della società polinesiana, ma dopo un breve cenno di assenso osservò sfilare il consiglio degli uomini e delle donne che governavano Tukuulu.

    Hani inspirò a fondo. I capi avrebbero fatto sfoggio della loro migliore arte oratoria per ringraziare il gruppo di studenti e sarebbe stato molto offensivo andarsene mentre parlavano.

    Così almeno, se fosse stata costretta a stare accanto a quello sconosciuto, non avrebbe dovuto fare conversazione e avrebbe avuto il tempo necessario per arginare la confusione che l’aveva assalita.

    Con lo sguardo fisso sugli anziani che stavano prendendo posto davanti alla folla, si chiese da dove fosse spuntato e cosa ci facesse su quell’isola.

    La sua statura e gli occhi blu facevano pensare a un’origine nordeuropea, mentre la pelle olivastra era decisamente mediterranea.

    Forse era australiano, o neozelandese, anche se non aveva l’accento di quelle terre.

    Per quanto riguardava la sua presenza sull’isola, invece, probabilmente aveva a che fare con la grande miniera di nickel, l’unica attività industriale di Tukuulu. Se era davvero così, avrebbe cercato di persuaderlo affinché la compagnia mineraria si assumesse qualche responsabilità riguardo alla scuola che si occupava di istruire la sua forza lavoro.

    Circa mezz’ora dopo l’inizio dei discorsi, Hani chiuse gli occhi, infastidita dalla luce delle torce.

    Non qui e non adesso, pregò con foga. Per favore!

    Riaprì gli occhi cauta e li sbatté di nuovo intanto che si sentiva aggredire dalla febbre e da un dolore alle ossa.

    Era tornata...

    Stai dritta e non farti prendere dal panico. Quando avranno finito, te ne potrai andare.

    Ormai erano passati due mesi dall’ultimo attacco di febbre e lei era sicura di essere riuscita a eliminare quel male così destabilizzante.

    La paura le attanagliò lo stomaco.

    Il preside della scuola le aveva detto che, in caso di una nuova ricaduta, avrebbe dovuto lasciare l’isola e trascorrere qualche mese in un posto dal clima più temperato.

    Purtroppo, lei non aveva nessun luogo dove andare e nemmeno denaro...

    Consapevole della donna silenziosa al suo fianco, Kelt Crysander-Gillan si concentrò sui discorsi. Benché non riuscisse a comprendere tutti i riferimenti, il dialetto di Tukuulu era abbastanza simile al maori per cui poté apprezzare il contenuto delle canzoni che seguivano ogni ringraziamento.

    Peccato che gli anziani non avessero aspettato un po’ prima di arrivare, così avrebbe avuto il tempo necessario per presentarsi nel modo più opportuno a quella giovane dal viso intrigante e l’aria riservata.

    Abbassò lo sguardo su di lei e osservò qualche istante il suo profilo, poi tornò a concentrarsi sull’oratore, ma l’immagine del naso delicato, del mento deciso e delle labbra sensuali rimase a lungo nella sua mente.

    Era un’isolana? Impossibile, se davvero i suoi occhi erano verdi come sembravano. E bastava guardarsi attorno per avere la conferma che nessun abitante di Tukuulu aveva capelli con simili sfumature rosse.

    Probabilmente si trattava di un membro dello staff scolastico. Quando era arrivato, l’aveva vista parlare con uno degli insegnanti.

    Aveva già accertato che non portava anelli.

    Più di un’ora dopo il loro arrivo, gli anziani si sedettero e le celebrazioni poterono continuare.

    La sconosciuta, senza dire una parola, si allontanò in fretta. Un ironico sorriso curvò le labbra di Kelt mentre la osservava. Non ricordava nessuna donna che si fosse tirata indietro dopo avergli stretto la mano.

    Il suo sguardo, però, si adombrò quando la vide barcollare. Fece due passi nella sua direzione, ma si fermò non appena lei si riprese sparendo nell’oscurità della notte.

    C’era qualcosa che non andava.

    Hannah riuscì a fare ancora qualche metro, dopodiché collassò contro una palma lì accanto.

    Kelt la raggiunse in un attimo.

    «Stai bene?»

    Hani cercò di raddrizzarsi. Anche in preda alla febbre, riconobbe a chi apparteneva quella voce profonda e virile.

    «Sì, grazie» sussurrò con voce impastata, consapevole di dare l’impressione di essere ubriaca.

    «Posso portarti qualcosa?» le chiese lui, questa volta usando un tono impaziente.

    «No.» Basta che te ne vai, lo implorò Hani in silenzio.

    «Alcol o droga?»

    «Nessuna delle due cose» rispose lei chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi per stare dritta.

    Kelt fece una smorfia disgustata.

    «Non ci credo.» Senza aggiungere altro, la sollevò tra le braccia come se fosse una bambina e le domandò: «Dove andiamo?».

    Lottando contro il desiderio di arrendersi e lasciare che si prendesse cura di lei, Hani riuscì a mormorare confusa: «Più avanti... a casa».

    Kelt si incamminò e quando raggiunsero la porta le chiese dove fossero le chiavi.

    «Nel... la bor... sa» mormorò lei prima di essere scossa da forti brividi. «Ho... freddo» aggiunse rannicchiandosi istintivamente tra le sue braccia per catturare un po’ del suo calore.

    Kelt si irrigidì e imprecando sottovoce le prese la borsa.

    «È tutto a posto. Adesso ti porto dentro.»

    Hani parve non averlo sentito. «Accanto... al letto.» Tremava così forte che le battevano i denti malgrado scottasse terribilmente.

    Lui la mise a terra, sorreggendola, e aprì la porta, poi la sollevò di nuovo ed entrò accendendo la luce.

    Lei voltò la testa, infastidita, e si ritrovò con la bocca contro il suo cuore, consapevole della pressione delle labbra sulla sua pelle attraverso la stoffa sottile della camicia.

    Kelt cercò di ignorare la risposta del suo corpo a quel bacio casuale. Individuò la camera da letto ed entrò depositandola sulle lenzuola. Poi accese la lampada e Hannah Court sospirò.

    Il suo primo istinto fu quello di chiamare un medico, ma lei aprì gli occhi, confermando che erano verdi, e con

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