Una distrazione proibita: Harmony Collezione
By Maggie Cox
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Maggie Cox
Quando non è impegnata a scrivere o a badare ai figli, ama guardare film romantici mangiando cioccolato.
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Una distrazione proibita - Maggie Cox
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Distracted by her Virtue
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Maggie Cox
Traduzione di Laura Premarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-716-1
1
Mentre Jarrett si faceva strada a fatica giù per la ripida sponda erbosa, resa insidiosa dalla pietra frastagliata nascosta tra il verde, il labrador cioccolato che lo accompagnava lo sorpassò veloce e sicuro. Alzò la testa per seguire la corsa entusiasta dell’animale e il suo sguardo venne improvvisamente catturato da una visione inaspettata. Ai piedi della valle, proprio davanti al torrente ormai così familiare dove il cane di solito si tuffava deciso, scorse la sagoma di una giovane donna in jeans e giacca impermeabile color kaki. La sconosciuta stringeva tra le mani una macchina fotografica e, mentre Jarrett la osservava, si accosciò per fotografare qualcosa. A quella distanza era difficile vedere cos’era, ma a lui venne in mente che la donna poteva essere una di quelle botaniche che a volte visitavano la zona, catalogando piante e fiori rari. Era una bella giornata di primavera e, avendo appena concluso un accordo per un ottimo lotto di terreno a nemmeno venti miglia da lì, Jarrett si sentiva particolarmente ben disposto.
«Ehi, salve!» gridò avvicinandosi. La donna alzò la testa e gettandogli un’occhiata preoccupata, trasalì. Lui rimase colpito dalla bellezza del suo viso e si fermò di botto. Chi era? Il cuore prese a battergli forte, come se avesse fatto una corsa giù dal ripido fianco della collina. Non aveva mai visto occhi di un verde simile, ricordavano la tenera erbetta dei prati in estate ed erano ancora più valorizzati dal contrasto con il lucente manto di capelli castani che le ricadeva sulle spalle, pensò sorridendole. «È una giornata stupenda, vero?»
«Charlie? Charlie, vieni subito qua!» esclamò lei.
Jarrett non aveva visto alcun bambino, ma all’ordine della voce insistente della donna, come una freccia scagliata verso il bersaglio, il piccolo apparve da una lontana macchia d’alberi e le si gettò in grembo, quasi buttandola a terra. Lei era sua madre?, si chiese, giudicandola forse troppo giovane. Nonostante fosse probabilmente una sconosciuta di passaggio, avvertì un insistente bisogno di sapere chi era. «Non intendevo spaventarvi» si scusò, porgendole la mano. «Mi chiamo Jarrett Gaskill. Vivo dall’altra parte di quel pendio laggiù.» Se si aspettava che lei ricambiasse l’informazione, allora era destinato a rimanere deluso. La bellezza dagli occhi verdi si limitò a osservare la mano protesa, ma non accennò a stringerla. Posò invece la macchina fotografica, sedette sull’erba e accarezzò teneramente il ragazzino, come per rassicurarlo che era tutto a posto.
«Anche se non sembra, non sto facendo fotografie per divertimento. In realtà sto lavorando.» I bellissimi occhi della donna brillarono, ma per un momento l’attenzione di Jarrett fu attratta dalla sua voce. Vi era una tale risolutezza e fermezza nel suo tono, quasi un avvertimento, che per un attimo fu colto alla sprovvista. Lo reputava una specie di minaccia per lei o il bambino? Il pensiero lo fece indietreggiare di un paio di passi e lasciò ricadere la mano lungo il fianco. Come per ricordargli la sua presenza, il labrador di sua sorella Beth gli spinse delicatamente il muso nella mano e gli diede una leccata. Come d’abitudine, aveva scorrazzato felice nell’acqua e il risultato era che ora grondava dalla testa alla coda. «D’accordo amico... tra un minuto proseguiamo.»
«C’è altro?» La donna sembrava contrariata che lui potesse anche solo considerare di rimanere un secondo più del necessario, visto che gli aveva chiaramente mostrato di non gradire la sua presenza. Mettendo da parte lo spiacevole senso di rifiuto, Jarrett sostenne il suo sguardo determinato con uno altrettanto deciso. Le sue labbra assunsero un’espressione beffarda.
«No... pensavo semplicemente di fare due chiacchiere, niente di minaccioso, mi sembra.»
«Non si offenda. È solo che quando lavoro, devo dare tutta la mia attenzione al soggetto. Se permetto a me stessa di distrarmi, la fotografia risulta inutile.»
«In questo caso non la disturberò più. Si goda il resto della giornata.»
«Anche lei.»
«Forza Dylan... è ora di andare.»
Il bambino, ancora tra le braccia della donna, si voltò e lanciò uno sguardo di desiderio al cane. Jarrett vide che anche lui era straordinariamente bello, tuttavia gli occhioni dalle ciglia lunghe, non erano del verde singolare della sconosciuta, ma di un bel marrone scuro. Era sua madre?, si chiese di nuovo. Avrebbe proprio voluto saperlo! E arrivava forse da uno dei villaggi vicini? Per questioni di affari, lui non trascorreva molto tempo a casa, ma non pensava che quella donna fosse della zona. Era certo che avrebbe sentito parlare di lei se lo fosse stata. Una simile bellezza non sarebbe certo passata inosservata. Nonostante la curiosità, Jarrett sapeva che era ora di proseguire. Mentre si voltava, fu come se quella giornata splendida si fosse di colpo oscurata. Perfino il pensiero dell’accordo appena concluso non riusciva a lenire la botta ricevuta dal suo ego, a causa dell’indifferenza di quella straordinaria bellezza dagli occhi verdi.
«Si chiama Sophia Markham e ha traslocato da poco a High Ridge Hall.»
«Cosa?» L’informazione avuta al telefono da sua sorella, quando lo aveva chiamato per comunicargli che lei e suo marito Paul erano tornati dal loro weekend a Parigi, era stata un colpo al cuore per Jarrett. Erano anni che cercava di acquistare quella vecchia proprietà, ma l’anziana donna che vi aveva vissuto fino a due Natali prima, si era sempre ostinatamente rifiutata di venderla, perfino quando l’edificio aveva iniziato ad andare in rovina a causa della sua negligenza. Dopo che era morta, la maestosa villa era rimasta vuota e, nonostante gli sforzi suoi e di tutte le agenzie immobiliari locali, nessuno era stato in grado di scoprire a chi apparteneva la casa o cosa ne sarebbe stato. Così ora, quando Beth gli aveva rivelato che la ragazza incontrata il giorno prima al torrente, si era trasferita lì, Jarrett fu travolto da una delusione cocente. High Ridge Hall per lui significava molto più che un semplice edificio fatiscente, da restaurare e riportare agli antichi splendori. Storicamente, era sempre stata la residenza di una delle famiglie più ricche della zona e possedere un luogo simile avrebbe come suggellato i suoi successi degli ultimi anni, durante i quali il suo impero personale, come Beth amava scherzosamente chiamarlo, era andato rafforzandosi. Jarrett non poteva fare a meno di sentirsi geloso che quella bellezza dagli occhi verdi si fosse trasferita nel luogo da lui tanto agognato. Doveva avere conoscenze davvero importanti per essere in grado di vivere lì, anche se la proprietà stava andando in pezzi. Poi, ripensò alla potente attrazione che aveva subito provato verso di lei, ricordò il languido calore che lo aveva travolto dopo un solo sguardo a quegli occhi così seducenti...
«L’opinione comune è che sia imparentata con l’anziana signorina Wingham» spiegò Beth. «Altrimenti come avrebbe potuto trasferirsi lì? La proprietà non era nemmeno in vendita.»
«Dannazione, all’inferno!»
«La mamma si rivolterebbe nella tomba se ti sentisse parlare in questo modo, Jarrett.»
«Fortunatamente io non sono oppresso dalle inclinazioni religiose di nostra madre e nemmeno tu dovresti esserlo» rispose seccato.
«In ogni caso... hai detto di averla incontrata giù al torrente? Ho sentito che ha un figlio, era con lei?»
«Sì, c’era.»
«Non c’è traccia di un padre o un marito. Pensi sia divorziata? O forse suo marito lavora all’estero?»
«Stai diventando curiosa come il resto del villaggio.»
«Non fingere di non essere interessato. Ho sentito dire che la nostra signorina Markham sia una vera bellezza.»
Jarrett scelse di non rispondere. Stava ancora venendo a patti con l’idea che acquistare la casa, obbiettivo che gli stava molto a cuore, non sarebbe più stato possibile. Dall’altra parte della linea, sua sorella emise un gemito spazientito.
«Uniscilo al fatto che si è trasferita a High Ridge Hall e scommetto che non sarai più così impaziente di ripartire per qualche altro viaggio di lavoro... almeno non finché avrai scoperto come ha avuto la casa e chi sia esattamente.»
«Ebbene ti sbagli. Infatti partirò per New York venerdì e starò via per almeno due settimane.»
«Ti sto solo prendendo in giro fratellino!»
«Non chiamarmi così» la redarguì Jarrett, che con la sua statura non poteva certo essere definito piccolo.
«Per me sarai sempre il mio fratellino e ora che entrambi i nostri genitori se ne sono andati, tocca a me tenerti d’occhio. Cambiando argomento, non hai sentito Katie Stewart ultimamente?»
Katie Stewart? La donna con cui era uscito qualche volta e poi aveva lasciato perdere? Non ci aveva più pensato. La sua compagnia era abbastanza piacevole, ma la conversazione davvero noiosa. Per quanto attraente, lui non sarebbe mai uscito con una donna solo per il suo aspetto fisico. Avrebbe dovuto essere brillante, impegnata e con senso dell’umorismo. La cosa più importante era che tra loro ci fosse una qualche connessione fondamentale, una scintilla che avrebbe risvegliato il suo interesse.
A trentasei anni, Jarrett era ancora single e non era difficile capire il perché. Il genere di donna cui segretamente ambiva il suo cuore sembrava difficile da trovare, almeno nel suo mondo. Beth la considerava eccessiva pignoleria, ma lui preferiva reputarsi raffinato. «No, non ho più visto Katie Stewart. Quando e se lo farò, mi assicurerò di farti un rapporto dettagliato.»
«Io mi preoccupo soltanto che nella tua vita ci sia qualcuno cui importi davvero di te. Tutto il denaro e il successo del mondo non ti renderanno felice, né ti riscalderanno nelle gelide notti invernali, Jarrett.»
«Ora sembri una di quelle matte psicotiche che dietro compenso ti dicono quando incontrerai un misterioso e affascinante sconosciuto.»
«Sophia Markham è alta?»
«Non ne ho idea. Quando l’ho vista, era inginocchiata a scattare una fotografia. Senti, ora devo andare. Ti riporterò il cane verso mezzogiorno, d’accordo?»
«Stai cercando di procurarti un invito a pranzo?»
«Getta una fetta di prosciutto tra un paio di fette di pane, fammi una tazza di tè e non fuggirò. Rimarrò e farò due chiacchiere con te.»
«Il giorno in cui getterò una fetta di prosciutto tra due fette di pane e lo chiamerò pranzo, saprò di avere seriamente perso la testa!»
Ripensando agli squisiti pranzi che sua sorella gli aveva preparato, già prima di frequentare il college di catering e divenire capo chef di uno dei migliori ristoranti di Londra, i sentimenti di Jarrett per Beth si addolcirono notevolmente. «Mia cara, tu sei un vero genio dell’arte culinaria e credimi, sia il mio stomaco sia il mio palato te ne sono grati. Ci vediamo all’una, d’accordo?»
«Non dimenticare di portare Dylan con te.»
«Come se fosse possibile! Ogni volta che mi volto lui sta facendo del suo meglio per impietosirmi con quegli enormi occhi da cucciolo oppure mi fa inciampare!»
Sophia tirò i vecchi tendoni arabescati e cadde una pioggia di polvere che la fece tossire violentemente. Indietreggiò appena in tempo, quando il pesante riloga di ottone cadde rumorosamente sullo scuro pavimento in legno. «Di tutte le stupidaggini che potevo fare...» mormorò. Sapendo di averla scampata bella, scosse la testa, si mise le mani sui fianchi e sorrise contrita. Per un po’ rimase lì immobile, osservando la polvere che si sollevava dal pavimento e sembrava ruotare in un raggio di sole che entrava dritto dalla finestra. Se cercava un’occupazione che l’aiutasse a reprimere la tristezza e a dimenticare la disperazione del suo passato, allora ne aveva trovata una decisamente impegnativa. Sarebbe occorsa una buona dose di duro lavoro, sudore e forse lacrime, per riuscire a rendere quella casa abbastanza confortevole da viverci. Tuttavia, Sophia non aveva certo motivo di lamentarsi, non quando la sua eccentrica prozia Mary le aveva lasciato in eredità un simile, incredibile regalo. Chi mai avrebbe creduto che quella donna arcigna, che da bambina l’aveva sempre guardata dall’alto in basso attraverso gli antiquati occhiali a mezza luna, si sarebbe rivelata il suo angelo custode, la sua fata madrina?
«Zia Mary odia la maggior parte della famiglia... gli adulti soprattutto» le aveva detto una volta suo padre. «Penso che detesti essere considerata una parente, per lei siamo tutti una grande delusione. Quando se ne andrà, lascerà in eredità questa mostruosità gotica a qualche ente benefico per gatti o cani... aspetta e vedrai!»
Invece, la sua eccentrica prozia non aveva lasciato High Ridge Hall a un’associazione animalista. L’aveva data a Sophia!
Il giorno prima di essere costretta ad andarsene dalla casa che aveva