Promessa in sposa allo sceicco: Harmony Collezione
By Kim Lawrence
5/5
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About this ebook
Naturalmente, Eva è lontana anni luce da quel tipo di donna, e nonostante ciò che vuole far credere di sé finisce ugualmente unita in ma-trimonio a Karim. Ciò che la sorprende di più, però, è scoprire che quella vicinanza ha uno strano effetto su di lei, e la rende sempre più impaziente di essere sedotta dal suo novello sposo.
Kim Lawrence
Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.
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Promessa in sposa allo sceicco - Kim Lawrence
1
«Fammi capire bene.» Luke la stava osservando come se stesse ascoltando una barzelletta. «Sei una specie di...» Fece una pausa a effetto, spostando la frangia bionda dagli occhi prima di aggiungere con un mezzo sorriso: «Principessa? La principessa Evie...?». Ridacchiò.
Eva comprendeva quello scetticismo. Lei stessa aveva impiegato del tempo a convincersi quando alla morte della madre, l’anno precedente, si era materializzata nella sua vita una famiglia di cui ignorava l’esistenza - e non una famiglia qualunque!
Infilò le dita nei passanti dei jeans, sollevò il mento altezzosa e chiese: «Mi stai dicendo che non ho un aspetto regale?».
Luke Prentice riusciva a pensare a molti termini, compreso stupenda e sensuale, per descrivere la figlia di una donna che ai suoi tempi era stata, almeno nel ristretto mondo accademico, una leggenda.
Non aveva idea se Eva sapesse che sua madre lo aveva sedotto quando era uno studente diciottenne e frequentava uno dei suoi corsi per allargare i propri orizzonti - e lei glieli aveva sicuramente allargati - ma sapeva di non avere alcuna speranza con la figlia.
«Se devo dirtelo sinceramente, non posso affermare di aver mai associato in precedenza lentiggini e capelli rossi a una famiglia reale del Medio Oriente.»
Eva sospirò profondamente e ammise: «Neanch’io».
Ancora adesso sembrava un po’ surreale. Sua madre, brillante accademica e amorevole genitrice, non era stata la donna single che Eva aveva sempre creduto, ma la moglie ripudiata di un principe arabo. Non un principe di alto lignaggio, però. Il re, suo nonno, aveva avuto nove figli maschi e suo padre era stato il più piccolo.
Ma era comunque stato un principe e, come le aveva spiegato lo zio Hamid quando era arrivato al funerale nella lunga limousine nera con i vetri antiproiettile, lei era una principessa. Le aveva anche mostrato la documentazione che lo provava.
Nonostante sua madre le avesse sempre predicato il valore dell’indipendenza, in un angolo segreto del cuore, Eva aveva desiderato una famiglia, e ora ne aveva una. Era sembrato quasi un regalo del destino quando, nel momento più terribile della sua vita, in cui si era sentita totalmente sola, si era ritrovata accolta all’interno di una numerosa famiglia straniera.
Ora, naturalmente, stava imparando che per entrare a far parte di una simile realtà c’era un prezzo da pagare. Tuttavia era sicura di poter trovare una via diplomatica per aggirare quel nuovo ostacolo e mantenere il rapporto che apprezzava con il nonno.
«Principessa Eva... Di che cosa si tratta, in realtà, Evie?»
Eva scrollò le spalle per trattenere l’impazienza. «Te l’ho già spiegato.» Luke, il più giovane professore di economia nella storia dell’università, in genere non era così lento a capire.
«Ma tua madre non era sposata. Non che le mancasse la compagnia maschile...» Lanciò a Eva un’occhiata di scuse. «Non intendevo offendere.»
«Nessun problema» lo rassicurò Eva. Sua madre non aveva mai cercato di tenere nascosti i suoi amanti, molti notevolmente più giovani di lei. Le relazioni, o gli amanti usa e getta
come li aveva definiti sua madre, non erano mai durati a lungo, ma, a differenza degli altri, Luke le era rimasto amico.
Era sempre sembrato ironico a Eva che sua madre, sessualmente disinibita, avesse tirato su una figlia che a ventitré anni era ancora vergine... Si trattava forse di una sua personale ribellione? Oppure era possibile che lei avesse semplicemente uno scarso stimolo sessuale? Un pensiero davvero deprimente.
«Risulta invece il contrario. Sembra che ebbe un grosso litigio con mio padre.» Un’espressione malinconica passò negli occhi di Eva: avrebbe voluto conoscerlo.
Aveva studiato le sue foto e il ritratto appeso tra quelli dei suoi fratelli nel palazzo e non era riuscita a trovare alcuna traccia di lui nei propri tratti, ma in fondo in lei c’era poco anche della bellezza classica della madre.
L’avevano forse scambiata alla nascita? Sua madre aveva sempre sostenuto che Eva aveva ereditato la pelle chiara, le lentiggini e i capelli rossi dalla nonna, che era irlandese.
«Quindi divorziarono?»
Eva scosse la testa. «No, lui è morto in un incidente in barca prima che legalizzassero la separazione.»
Luke sembrava sempre dubbioso: continuava a pensare che fosse parte di qualche scherzo ben congegnato. «E non ne hai saputo niente fino alla morte di tua madre?»
«No.»
«E ora vuoi che io conviva con te?»
Eva corrugò la fronte. «Scordatelo.»
Luke sorrise, guardandola con malizia. «Vedo che mi conosci bene, Evie.»
«Mio nonno pensa che sia suo dovere combinarmi un matrimonio e, prima che tu me lo dica, lo so da me che siamo nel ventunesimo secolo, ma questo è il suo modo di pensare. Fin dalla nascita gli è stato inculcato che una donna ha bisogno della protezione della famiglia o di un marito. Penso che con il tempo vedrà che sono più che in grado di badare a me stessa, ma rimango comunque l’unica nipote. Ci sono molti nipoti maschi, ma io sono l’unica femmina.»
«Nel frattempo ti obbligherà a sposare questo tizio che potrebbe avere l’alitosi o la pancetta...»
«Niente pancetta» ribatté Eva, ricordandosi comunque che molti dei suoi zii e cugini maschi avevano un ventre abbondante. «E, se è per questo, non mi impone nulla.»
«Ma si aspetta che sposi... come si chiama?»
«Karim Al-Nasr» lo aiutò Eva, corrugando la fronte al pensiero del suo futuro sposo. Sicuramente era un marito politicamente utile.
Re Hassan lo aveva probabilmente considerato un buon argomento quando aveva introdotto nella conversazione il tema dei figli. Anche se Eva non aveva problemi con i bambini - ne voleva sicuramente avere un giorno - sentirli menzionare in relazione a un uomo che non aveva mai visto aveva scaturito come primo impulso quello di fuggire!
«No, non mi forzeranno, ma se non lo faccio sembrerà un rifiuto verso la loro gentilezza e calore. So che sembra assurdo a me e a te, Luke, ma questa è la loro usanza. Ho solo pensato che sarebbe molto più semplice se fosse questo principe Karim a rifiutarsi.»
«E il fatto che tu non sia una vergine innocente non rovinerà l’affare?»
Abbassò gli occhi. «Seguono le tradizioni.»
«Nessuno è così tradizionalista, Eva. Come hai detto tu, siamo nel ventunesimo secolo e non hai passato gli ultimi ventitré anni in un palazzo isolato nel deserto.» Con lo sguardo la esaminò e sospirò. «E tu sei estremamente sensuale.»
Eva accettò il complimento e la malizia che lo accompagnava. «E poi dicono che il corteggiamento è morto.» Non le piaceva la luce esaminatrice che era apparsa negli occhi azzurri di Luke quando si era tolto gli occhiali e l’aveva di nuovo fissata. A disagio aggiunse: «Possiamo lasciare le mie credenziali sessuali fuori da questa storia, Luke? Ci stai o no?».
«A fingere di essere il tuo amante convivente?» Dopo un’altra pausa, rise e aggiunse: «Prova a impedirmelo».
Eva batté le mani, sollevata. «Sei un angelo.»
«E tu una vergine» annunciò Luke, sorridendo quando il rossore di lei confermò i suoi sospetti. «La ragazza che scrive una tesi su come la rivoluzione sessuale abbia influenzato la donna del ventunesimo secolo è una principessa vergine!» Si strofinò le mani. «Fantastico!»
«Chiudi il becco e sistema il tuo rasoio nel mio bagno.»
«Ecco un’offerta che nessun uomo potrebbe rifiutare.»
Il dottore era piuttosto conosciuto nel campo dei tumori infantili e in genere non si sentiva apprensivo quando forniva saggi consigli ai genitori, soprattutto a quelli esausti come quel padre, che era rimasto al capezzale della figlia per quattro giorni consecutivi.
Ma, nell’avvicinarsi a quell’alta e imponente figura, sentì un tremito: nonostante la sofferenza incisa su ogni linea dei tratti severi e il classico sguardo vitreo di totale sfinimento, conservava una postura perfettamente diritta, mentre con lo sguardo fisso fuori dalla finestra attendeva in silenzio che le infermiere sistemassero la figura sottile sdraiata nel letto.
«Principe Karim?»
L’uomo girò la testa. «Ci sono novità?»
Il dottore, sforzandosi di guardarlo in volto, scosse la testa. Non sembrava un uomo pronto a ricevere consigli, e anche se dava l’impressione di avere un ferreo controllo sulle proprie emozioni, sotto la superficie c’era qualcosa pronto a prendere fuoco. Quella caratteristica era diventata più evidente via via che non si concedeva riposo. «Come le ho detto, principe, non sapremo i risultati fino a domani.»
«Ma se i livelli rientrano nei parametri di sicurezza continuerete?»
Il dottore annuì. «Continueremo, ma sicuramente si rende conto che, anche se siamo in grado di portare avanti la cura, non ci sono garanzie... la cura è ancora sperimentale.»
I modi cauti dell’uomo stavano iniziando a irritare Karim. Che ragione c’era di essere cauti in un momento simile? Un momento in cui fare niente significava la morte di Amira.
I pensieri si allontanarono bruscamente da quella possibilità, che i dottori ritenevano probabile, ma che lui rifiutava categoricamente. Ignorando la dolorosa luce bianca che gli esplose negli occhi quando girò di scatto la testa e soffocando l’istinto di aggredirlo, rispose al medico con cortesia sostenuta.
«Sono consapevole delle statistiche, dottore.» Spostò lo sguardo verso la figura sedata nel letto e provò rabbia per l’impotenza che provava. Di solito era un uomo che non aveva problemi ad affrontare la realtà, ma al momento stava infrangendo tutte le regole.
Era compito suo occuparsi di sua figlia, tenerla al sicuro; cedere quel ruolo ad altri andava contro il suo istinto.
«Principe, credo veramente che dovrebbe riposare.»
«Sto bene.»
Nonostante l’istintivo rifiuto, Karim sapeva che la sua veglia stava iniziando ad avere conseguenze sia mentali che fisiche.
I suoi riflessi erano lenti, il processo di pensiero... be’, più che lento. Quando si era sforzato di concentrarsi sul più semplice dei compiti, firmando delle carte che Tariq gli aveva allungato senza una spiegazione, il tremito della mano aveva reso la firma praticamente illeggibile.
«Sua figlia non sa che lei è qui. È sotto sedativi, al momento.»
Karim strinse le labbra. Sapeva che non avrebbe aiutato sua figlia se non fosse stato operativo. «Sarò qui quando si sveglia.»
«Naturalmente, ma nel frattempo dovrebbe riposare qualche ora. Abbiamo delle camere qui...»
Dopo un momento, Karim annuì. Il dottore, che aveva tenuto le dita incrociate, sospirò di sollievo. «Bene, farò preparare...»
«Dia a Tariq i dettagli» lo interruppe Karim, già perdendo interesse per la conversazione e tornando al capezzale della figlia.
Il dottore sorrise appena a Tariq, un individuo di età indefinita che indossava abiti tradizionali e aveva un volto che sembrava scolpito nel granito, e gli diede tutte le informazioni.
«La stanza è adeguata» commentò Tariq, riuscendo pur con un tono incolore a suggerire che non lo era affatto. Piegò la testa con rispetto e tenne la porta aperta. «La sveglierò tra quattro ore.»
«Due.»
«Come desidera.» L’uomo, ufficialmente il suo aiutante, ma in realtà molto di più, annuì. «Posizionerò le guardie alla fine del corridoio. Le ho lasciato una tazza di tè sul comodino, potrebbe aiutarla a dormire.»
«Bene» rispose Karim.
Era sicuro che, anche se le guardie avessero deciso di ballare il tip tap davanti alla porta, avrebbe dormito ugualmente.
Ma si sbagliava. Nel momento in cui si sdraiò, invece di scivolare in una beata incoscienza, il cervello partì in quarta.
Per mezz’ora, Karim rimase a fissare il soffitto, sentendo l’amaro retrogusto lasciato dal tè alle erbe che obbediente aveva mandato giù anche se odiava quella