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La tata e il milionario: Harmony Collezione
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Ebook160 pages2 hours

La tata e il milionario: Harmony Collezione

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About this ebook

Belli, ricchi e impossibili. Un loro semplice sguardo è sufficiente a sbaragliare le difese di qualsiasi donna: sono gli uomini che chiunque vorrebbe avere al proprio fianco.

Quando l'affascinante Theodore Montague incontra Lily Patterson, a Roma, resta immediatamente colpito dalla sua fresca bellezza. Theo non è in cerca di una compagna, né di una moglie, ma solo di una tata per i suoi tre bimbi. E Lily è la candidata perfetta.

Lo sfavillante mondo di Theo, per Lily, è una novità assoluta, ma dal primo istante in cui si trovano a condividere lo stesso tetto, la scintilla che si accende fra loro genera un'attrazione che non possono ignorare.
LanguageItaliano
Release dateOct 9, 2018
ISBN9788858987919
La tata e il milionario: Harmony Collezione
Author

Susanne James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    La tata e il milionario - Susanne James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The British Billionaire’s Innocent Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Susanne James

    Traduzione di Marta Draghi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-791-9

    1

    In una tiepida mattina di luglio, Lily scese dal taxi all’aeroporto di Heathrow, pagò l’autista e trascinò il suo piccolo trolley all’interno dell’edificio.

    Le sue emozioni erano uno strano mix di rimpianto e sollievo per la fine del contratto di lavoro con la famiglia di Bella e Rosie. Aveva fatto da tata alle due gemelline solo per un anno, ma le era bastato per capire di aver commesso un errore. Occuparsi dei bambini non faceva per lei, benché, verso la fine, le cose avessero iniziato a migliorare. Quelle due bambine viziate cominciavano quasi a piacerle e a farle anche un po’ pena: la madre, single, dedicava loro ben poco tempo e le bambine ne risentivano molto. Ma non era ciò che voleva dalla propria vita. Doveva ammettere che il suo passato influiva decisamente sul suo senso di inadeguatezza, facendola spesso sentire fuori luogo.

    Fortunatamente aveva messo da parte soldi a sufficienza per potersi prendere una pausa e fare il punto e sapeva che, volendo, con il suo diploma di cuoca avrebbe trovato lavoro presso qualunque albergo o ristorante di Londra senza difficoltà. Ma non era tranquilla; sentiva il bisogno di cambiare, pur senza sapere verso che cosa. Per questo aveva deciso di andare un paio di giorni a Roma a trovare suo fratello Sam, che gestiva un piccolo albergo in centro.

    Con piacere scoprì di essere stata spostata in prima classe per un numero eccessivo di prenotazioni. Aveva chiesto un posto vicino al finestrino, non tanto per godersi il panorama, quanto perché così sperava di non essere disturbata da qualcuno desideroso di raccontare la propria vita al primo orecchio in ascolto.

    Notò che gli altri passeggeri attorno a lei erano quasi tutti vestiti in modo casual, chiaramente in vacanza. Lei invece, chissà per quale motivo, aveva deciso di indossare tailleur grigio, camicia bianca, calze nere coprenti e tacchi a spillo. Ma forse era stato grazie a quello che l’avevano promossa in prima classe.

    Una volta a bordo, poté sedersi senza far alzare nessuno, essendo la sua fila ancora libera, e si distrasse a guardare attraverso il finestrino le frenetiche attività che si svolgevano attorno al velivolo. Dopo qualche istante, sentì arrivare la persona che avrebbe occupato la poltrona di fianco alla sua e, voltandosi, si ritrovò a guardare verso l’alto - molto in alto - dritto negli occhi scuri dell’uomo più bello che avesse mai visto in ventisei anni.

    Lui sistemò il bagaglio nella cappelliera, si accomodò e finalmente le rivolse uno sguardo. «Buongiorno» mormorò distratto.

    Lily arrossì fino alla radice dei capelli agitandosi, come sempre. Il cuore le stava impazzendo e la sensazione di essere in trappola minacciava di sopraffarla. «Salve» rispose cercando invano di imitare la stessa nonchalance dello sconosciuto. Perché la turbava tanto il pensiero di stare seduta di fianco a una persona come lui per un paio d’ore? Non le sembrava il tipo interessato a chiacchierare. Era vestito in modo elegante, con un abito scuro chiaramente costoso, camicia candida e cravatta blu, e aveva capelli e barba perfettamente in ordine. Perché non era un tarchiato signore, anziché quell’individuo incredibilmente sexy che stava attirando gli sguardi ammirati di tutte le donne vicine?

    L’uomo spostò appena le sue lunghe gambe, cercando di mettersi comodo in quello spazio ristretto, poi si voltò a guardarla, notando la sua eleganza, il viso a forma di cuore, i biondi capelli ondulati raccolti con sobrietà che le conferivano l’aspetto di una donna d’affari. Poi guardò fuori del finestrino, sentendosi improvvisamente turbato. E, dopo qualche secondo, ne comprese il motivo. Era la prima volta che notava una donna da quando Elspeth era morta.

    Era passato più di un anno: un tempo sufficiente per chiunque per riprendersi. Ma subito l’immagine della moglie lo fece pensare ai suoi tre figli, i due maschi e Freya che, a nove anni, somigliava così tanto alla madre, con i suoi folti capelli biondi e i grandi occhi color nocciola. Aggrottò appena la fronte al pensiero della bambina. Con lei era più difficile, non riusciva ad avere lo stesso rapporto che aveva con i due maschietti. E, per questo, aveva suo malgrado accettato la richiesta di Freya di rimanere nel convitto della scuola durante la settimana, per stare con le amiche. Era sua intenzione cercare di tenere unita la famiglia, e quella decisione non vi contribuiva di certo, ma doveva ammettere che da quel momento la vita in casa era diventata un po’ più facile. E nei fine settimana, quando si ritrovavano tutti, c’erano in effetti meno problemi.

    Finalmente l’aereo iniziò la sua corsa, e Lily trattenne il respiro, aggrappandosi alla poltrona.

    Sentendola irrigidirsi, l’uomo la guardò. «Si sente bene?» chiese mostrando, con grande sorpresa di Lily, una forma di interesse nei suoi confronti.

    Perché un perfetto sconosciuto avrebbe dovuto preoccuparsi per lei? Ma quelle poche parole le provocarono un’improvvisa ondata di calore, e gli sorrise imbarazzata. «Sì, sto bene, grazie» mentì.

    Lui inarcò un sopracciglio, ma non aggiunse altro.

    Una volta in quota, i passeggeri si slacciarono le cinture e subito il vicino di Lily si alzò per prendere la valigetta. Bene. Si sarebbe concentrato sul lavoro. Non ci sarebbe stata alcuna conversazione inutile.

    Lui prese la cartellina e richiuse subito la valigetta, non prima che Lily riuscisse a leggere il suo nome. Theodore Montague. Non avrebbe potuto chiamarsi in nessun altro modo. Che nome impegnativo! Chissà se i suoi cari usavano un diminutivo, tipo Theo o Ted.

    Prese una rivista dalla borsa e si mise a sfogliarla pigramente. Raramente riusciva a leggere mentre era in viaggio. Non capiva come la gente potesse concentrarsi su un romanzo, figuriamoci su questioni importanti... come evidentemente stava facendo l’uomo seduto accanto a lei.

    Poco dopo il tintinnio di tazze e cucchiaini annunciò l’arrivo delle bevande, e Lily pensò che un caffè le ci voleva proprio. Una hostess si avvicinò guardando Theodore Montague evidentemente affascinata, sbattendo le ciglia false con fare civettuolo prima di chiedergli cosa volesse.

    Lui si voltò verso Lily. «Cosa desidera?» le chiese, guardandola dritto negli occhi con sguardo profondo e intenso.

    Di nuovo quell’attenzione. Nessuno, mai, si era preoccupato di darle la precedenza in simili circostanze, pensò sorpresa.

    «Caffè nero, grazie» rispose. «Senza zucchero.»

    «Schietto» commentò lui accennando il primo lieve sorriso. Poi alzò lo sguardo verso la hostess. «Due caffè neri, grazie» aggiunse.

    Mentre sorseggiavano la bevanda calda, lui la guardò di nuovo. «Scommetto che nemmeno a lei piace il cibo di bordo, vero?»

    «Oh, immagino sia buono» rispose Lily, «ma in questo spazio ristretto e con tutto avvolto nella plastica, il mio appetito svanisce all’istante.»

    «Perfettamente d’accordo» disse lui. «E comunque, su un volo breve si può anche non mangiare.»

    Ecco... iniziavano a fare conversazione, ma per la prima volta Lily si sentiva perfettamente a proprio agio. Senza alcuna fatica quell’uomo sembrava aver abbassato ogni sua difesa, permettendole di rilassarsi.

    «Immagino che nemmeno lei sia in vacanza» mormorò osservando il suo abbigliamento e poi tornando a guardarla negli occhi. «Credo siamo gli unici passeggeri a non indossare jeans e maglietta.»

    «A dire il vero, sto andando a trovare mio fratello a Roma per un paio di giorni. Gestisce un hotel in città» replicò lei, «e io ho bisogno di tempo per pensare.»

    Perché gli stava rivelando una cosa del genere?, si chiese irritata con se stessa. Di certo ora lui si sarebbe sentito libero di farle altre domande... Ma non lo fece. Le lanciò uno sguardo lungo e attento, dandole la terribile sensazione che le stesse leggendo nel pensiero e sapesse già tutto di lei. Ridicolo!

    «E lei? Non è in vacanza, giusto?» gli chiese a sua volta, esitante.

    «Purtroppo no, devo partecipare a un convegno. Lo scorso anno sono riuscito a evitarlo, ma questa volta sono obbligato a intervenire. Comunque» aggiunse accennando di nuovo quel mezzo sorriso devastante, «sono sicuro che sopravvivrò. Stare a Roma per qualche giorno è fantastico, in ogni caso.»

    Vi fu un breve silenzio quasi di complicità fra i due, accompagnato dal ronzio del velivolo.

    «Di che convegno si tratta?» chiese Lily, improvvisamente curiosa di sapere qualcosa di lui.

    «Mi occupo di bambini» rispose l’uomo, sorprendendola. «Insegno pediatria, il che è molto interessante, ma non mi permette di passare molto tempo in corsia.» Scosse le spalle. «Non si può fare tutto, e a quanto pare al momento sono più utile nell’ambiente accademico.» Dopo una breve pausa, aggiunse: «Ma prevedo che le cose cambieranno. La vita cambia in continuazione». E chiuse le labbra, premendole con forza.

    Chi avrebbe mai potuto immaginare la situazione da incubo che gli aveva portato via la sua adorata moglie in modo così tragico? Un virus sconosciuto che le aveva tolto la vita in modo drammatico e inaspettato... E lui aveva imparato a non guardare troppo avanti, a non dare la vita per scontata.

    Lily notò immediatamente il suo cambiamento d’umore e desiderò parlargli di sé, di altre cose. «Io invece spero di cambiare la mia vita» disse, «ma ancora non so come.» Fece una pausa. «Dopo la scuola ho seguito un corso di cucina e mi è piaciuto molto, ma mi ero stancata di passare il tempo a cucinare per gli altri, benché lavorare negli hotel e nei ristoranti di Londra sia stata un’ottima esperienza... L’anno scorso ho deciso di provare a fare la tata...» Ebbe un fremito. «Non è stata una bella mossa. Credo di essere stata sfortunata con la famiglia che mi ha assunta: due gemelle di otto anni decisamente viziate. Erano terribili. Ma lo ero anch’io» aggiunse a onor del vero. «Mi rigiravano come volevano, e io non sapevo mai come gestire le varie situazioni difficili che emergevano in continuazione ogni giorno. Verso la fine le cose stavano migliorando, ma non tanto da farmi desiderare di continuare a svolgere quel tipo di lavoro.» Sospirò. «È solo con l’esperienza che si impara, giusto?» aggiunse malinconicamente. «Avrei tanto voluto affezionarmi a Bella e a Rosie, e ci ho provato. Ma credo che loro non volessero affezionarsi a me» ammise sconsolata.

    Mentre Lily parlava, lui non aveva mai distolto lo sguardo, e annuì lentamente. «Tutti ci scontriamo contro qualcosa, prima o poi» commentò. «E ogni esperienza, anche quella più dolorosa, ci insegna qualcosa.» Poi riaprì la cartellina aggiungendo: «Spero che trovi ciò che sta cercando, signorina».

    «Che bello rivederti, Lily!»

    Seduta al tavolo di fronte al fratello, Lily sorrise, travolta da un’ondata di affetto fraterno. Stavano pranzando da Agata & Romeo, un ristorantino accanto alla stazione. «Divina questa pasta» commentò dopo l’ultimo boccone. «Avevo davvero fame.»

    «Parlando di cose divine» intervenne subito Sam riempiendole il bicchiere di vino, «chi era il tizio con cui parlavi al terminal? Dannatamente affascinante, direi. Mi è sembrato molto... attento nell’aiutarti con la valigia» aggiunse sorridendo.

    Lily distolse lo sguardo, sforzandosi inutilmente di non arrossire. «Era solo l’uomo seduto accanto a me» rispose con finta nonchalance.

    «Davvero? C’era qualcosa... che suggeriva una certa confidenza...» commentò Sam, guardandola con curiosità. «Ho pensato che ci fosse qualcosa fra voi.»

    «Non essere sciocco» rispose lei, aprendo il menu per scegliere qualcosa d’altro. «Non l’ho mai visto prima. Era solo... una persona interessante con cui chiacchierare durante il volo. Tutto qui.»

    Sam non aggiunse altro: nonostante conoscesse la sorella da poco, sapeva che quando un argomento era chiuso... lo era definitivamente.

    Ripensandoci, Lily dovette ammettere che il volo era passato molto in fretta. Erano riusciti a intrattenere una conversazione leggera e poco impegnativa per gran parte del

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