Luna di miele con inganno: Harmony Collezione
By Sara Craven
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About this ebook
Lorenzo Santangeli, noto milionario e playboy, desidera dalla sua luna di miele ciò che ogni uomo si aspetterebbe. Invece la vacanza è un vero disastro, tanto che una volta giunta al termine Marisa, la sua fresca sposa, decide di scappare. Nessuno può fare una cosa simile a un Santangeli!
Lorenzo ha giurato a se stesso di ottenere la propria rivincita. Riporterà a casa sua moglie, a qualunque costo.
Sara Craven
E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.
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Luna di miele con inganno - Sara Craven
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Santangeli Marriage
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Sara Craven
Traduzione di Cecilia Bianchetti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-795-7
1
Le porte automatiche della Clinica San Francesco si aprirono con un fruscio, e tutte le teste si girarono a guardare l’uomo che entrava con passo deciso.
Lorenzo Santangeli non vi fece caso, e non badò neppure alla folta presenza femminile, piuttosto insolita a quell’ora della notte.
Era alto, imponente, indossava ancora lo smoking, e neppure la cravatta nera infilata con negligenza in tasca sminuiva la sua eleganza.
Vedendo i suoi capelli spettinati, un’infermiera mormorò a una collega che doveva essersi appena alzato dal letto, e la ragazza sospirò con aria sognante.
Lorenzo non era bello nel senso classico del termine, ma il suo volto sottile, con gli zigomi alti, gli occhi dorati e la bocca sensuale, capace di assumere un’espressione severa e di disegnare un sorriso sexy con uguale facilità, era giudicato irresistibile dalle donne di tutte le età.
Il fatto che apparisse preoccupato, con le labbra strette in una linea decisa, non diminuiva di un grammo il suo fascino virile.In quel momento era solo un figlio affettuoso che raggiungeva il padre in ospedale.
Il dottor Martelli, direttore sanitario della clinica, uscì dal suo studio per accoglierlo.
Lorenzo non perse tempo in convenevoli. «Come sta mio padre?» chiese, preoccupato.
«Sta riposando» rispose l’altro con un sorriso rassicurante. «Per fortuna l’ambulanza è arrivata subito, e non è stato perso tempo prezioso. L’infarto non è grave, e riteniamo che il marchese si riprenderà completamente.»
Lorenzo sospirò, sollevato. «Posso vederlo?»
«Certo, l’accompagno subito.» Il dottor Martelli chiamò l’ascensore. «Naturalmente suo padre deve evitare lo stress, e mi hanno riferito che è un po’ agitato. Vedendola, si calmerà.»
«Anch’io sarò più tranquillo» confermò Lorenzo in tono cortese ma freddo.
Conoscendo la fama di duro dell’erede dei Santangeli, il direttore sanitario preferì chiudersi in un discreto silenzio.
Se Lorenzo si aspettava di vedere il padre sedato, intubato e collegato ai monitor, si sbagliava: Guglielmo Santangeli, appoggiato ai cuscini, con indosso un elegante pigiama di seta marrone, sfogliava una rivista di finanza internazionale. Al posto dei macchinari, faceva bella mostra di sé una composizione floreale.
Lorenzo si fermò sulla porta, sbalordito.
«Finalmente!» esclamò Guglielmo, sorridendo. «Non è stato facile rintracciarti, figliolo.»
Forse definire il marchese agitato era eccessivo, ma nella sua voce c’era una nota di rimprovero. «Però adesso sono qui, papà, e per fortuna ci sei anche tu. Mi hanno detto che hai avuto un infarto.»
«Un piccolo incidente» minimizzò Guglielmo. «Niente di preoccupante. Resterò qui un paio di giorni, e una volta a casa dovrò prendere dei farmaci e rinunciare a sigari e brandy, almeno per un po’.»
«Era ora che smettessi di fumare!» scherzò Lorenzo, dandogli un bacio leggero sulla mano.
Suo padre fece una smorfia. «Lo dice anche Ottavia. È appena andata via, devo ringraziare lei per il pigiama e i fiori, e anche per aver chiamato l’ambulanza. Mi sono sentito male subito dopo cena.»
«Le sono grato» osservò Lorenzo in tono asciutto, prendendo una sedia. «E comunque spero che la signora Alesconi non se ne sia andata a causa mia.»
«È una donna molto discreta» replicò il padre. «Sapeva che volevamo parlare in privato. Non ci sono altre ragioni, le ho spiegato che non consideri più la nostra relazione un tradimento nei confronti di tua madre.»
«Hai fatto bene» convenne Lorenzo con un sorriso tirato. «Quindi fra poco avrò una matrigna? Se voleste regolarizzare la vostra situazione, io sarei contento.»
«Non se ne parla» ribatté Guglielmo. «Teniamo troppo alla nostra indipendenza, stiamo bene così. A proposito di matrimonio, dov’è tua moglie?»
Me la sono voluta, pensò Lorenzo, dandosi dello stupido. «In Inghilterra, come di certo saprai, papà.»
«Ah, certo.» Guglielmo annuì. «Ci è tornata dopo la luna di miele e ci è rimasta, vero?»
Lorenzo strinse la mascella. «Pensavo che un periodo di adattamento potesse aiutarla.»
«Decisione curiosa, considerando il motivo per cui ti sei sposato» commentò suo padre. «Sei l’ultimo della famiglia, hai quasi trent’anni e non sembri avere la minima intenzione di abbandonare la vita da scapolo. Non posso fare a meno di ricordarti che hai il dovere di mettere al mondo un erede legittimo che continui il nome dei Santangeli, per motivi dinastici e professionali.»
Fece una pausa. «Sembrava che lo avessi capito, così ho dato il mio benestare alle tue nozze con la ragazza che aveva scelto tua madre, la sua amata figlioccia Marisa Brendon. Sto riassumendo gli eventi per essere sicuro di non aver perso dettagli a causa dell’età avanzata» aggiunse Guglielmo.
Età avanzata?, rifletté Lorenzo. Hai una memoria da elefante! «Proprio così» confermò.
«E dopo otto mesi non ci sono ancora novità. Sarebbe comunque una delusione, ma dopo quanto mi è successo il mio desiderio di un erede è ancora più forte. Mi sono reso conto di essere mortale e, prima di chiudere gli occhi, desidererei tenere in braccio il mio primo nipote.»
«Arriverai a cent’anni, lo sai benissimo!» esclamò Lorenzo.
«Me lo auguro» ribatté Guglielmo. «Ma il punto non è questo. Sarà difficile che tua moglie ti dia un figlio, se non dividete la casa e il letto. O forse andrai da lei a Londra per assolvere ai tuoi doveri di marito?»
Lorenzo si avvicinò alla finestra e guardò nel buio, rivedendo l’espressione disperata di Marisa e provando un sentimento molto simile alla vergogna.
«No» rispose.
«Allora qual è il problema?» lo incalzò il padre. «Certo, il vostro matrimonio è stato combinato, ma fu lo stesso per tua madre e per me, e ci siamo amati moltissimo. Ti è toccata in sorte una ragazza giovane, bella e vergine, che conoscevi da una vita... Se non fosse stata di tuo gusto, avresti dovuto dirlo.»
Lorenzo si voltò a incrociare lo sguardo del padre. «Non ti è mai venuto in mente che forse le cose non stanno così, e che sia Marisa a non volere me?» domandò con una smorfia ironica.
«Sciocchezze!» esclamò Guglielmo. «Quando era una bambina, e viveva con noi, ti adorava!»
«Ma poi è cresciuta, e i suoi sentimenti sono cambiati» obiettò lui, seccato. «Soprattutto nei confronti del matrimonio.»
«Mi stai dicendo che un uomo con la tua esperienza non sa sedurre la moglie?» sbuffò suo padre, esasperato. «Avresti dovuto sfruttare la luna di miele per farla innamorare. In fondo, non è stata costretta a sposarti.»
«Sappiamo entrambi che non è vero. Quando ha saputo da quella strega di sua cugina di essere indebitata con la nostra famiglia, non ha avuto molta scelta.»
«Non le hai spiegato che sul letto di morte tua madre ha espresso il desiderio che lei continuasse a ricevere un aiuto mensile?»
«Certo, ma non è servito. Marisa considera tutto uno squallido calcolo» spiegò Lorenzo. «Inoltre, sua cugina le ha raccontato che quando ho chiesto la sua mano avevo un’amante, quindi il viaggio di nozze non poteva andare molto bene.»
«Quella strega di cugina avrebbe fatto meglio a tacere» decretò Guglielmo. «Ma devi riconoscere, figliolo, che avresti dovuto sistemare le cose con Lucia, prima di sposarti.»
«Hai ragione» ammise Lorenzo, amareggiato. «Non mi sono comportato solo in modo stupido, ma anche insensibile. Credimi, non me lo perdono.»
«Capisco.» Il padre annuì, pensieroso. «Comunque, ora ciò che conta è che tua moglie ti perdoni.»
«Credevo che una pausa di riflessione fosse utile, e all’inizio le telefonavo tutti i giorni. Ma lei non mi ha mai risposto, e io...» Lorenzo tacque e aggiunse, imbarazzato: «Non ho intenzione di supplicarla».
«Il divorzio è fuori discussione» dichiarò Guglielmo. «Forse, però, potremmo chiedere l’annullamento?»
«No» replicò Lorenzo, brusco. «Il matrimonio è stato consumato, e Marisa è di fatto mia moglie.»
«Se lo dici tu...» Il marchese parve dubbioso. «Ma stai attento, ieri è venuta a trovarmi tua nonna per informarmi che la tua storia con Doria Venucci è di dominio pubblico.»
«Nonna Teresa!» sibilò Lorenzo. «Che gentile a interessarsi tanto alla mia vita! Mi sono sempre chiesto come una donna così maligna abbia potuto mettere al mondo una figlia dolce e affettuosa come mia madre.»
«Ti assicuro che anch’io mi sono fatto questa domanda, e molto spesso» ammise Guglielmo. «Ma forse questa volta ha ragione. Sostiene che prima o poi qualcuno riferirà ad Antonio Venucci con chi si è consolata sua moglie mentre lui era a Vienna. E uno scandalo, figliolo, potrebbe distruggere ogni possibilità di riconciliazione... sempre che tu la voglia, è ovvio.»
«Non possiamo andare avanti così» convenne Lorenzo. «Non so più che scusa inventare per giustificare l’assenza di mia moglie, e poi mi rendo conto benissimo che lo scopo del matrimonio deve concretizzarsi al più presto.»
«Dio mio!» mormorò Guglielmo. «Spero che tu abbia usato con tua moglie termini un po’ meno crudi, altrimenti non hai molte speranze.»
«Questa volta andrà tutto bene, te lo prometto» concluse Lorenzo con un sorriso tirato.
Lorenzo aveva pronunciato quelle parole solo per tranquillizzare il padre. Abitava all’ultimo piano della dimora di una famiglia ricca e nobile che non aveva mai ritenuto necessario lavorare, fino ad anni recenti. Il palazzo era bello ed elegante, ma lui lo usava solo come pied à terre a Roma: il suo cuore era rimasto nella tenuta di campagna in Toscana dov’era nato, e dove voleva iniziare la vita coniugale.
Prima delle nozze aveva chiesto a Marisa se volesse apportare dei cambiamenti, ma lei si era limitata a osservare che era tutto molto bello, evitando di fare commenti sulle camere comunicanti che gli sposi avrebbero occupato dopo il matrimonio.
Non sembrava neanche turbata dal fatto che avrebbero abitato con il suocero, anche se in un’ala diversa della casa. Aveva sempre voluto molto bene allo zio Guglielmo.
Aveva accettato con un sì stentato di diventare sua moglie, e dopo quel giorno non aveva parlato molto. Lorenzo avrebbe dovuto capire che qualcosa non andava, ma in quel momento aveva altri pensieri.
Del resto, lei era sempre stata chiusa: da bambina era silenziosa e intimidita dall’ambiente, da adolescente riservata e introversa, e considerava Lorenzo il suo eroe.
Non aveva pianto nemmeno il giorno del battesimo, a Londra. Lorenzo aveva dieci anni e aveva osservato annoiato sua madre che guardava commossa il fagottino avvolto nell’abito di pizzo bianco.
Maria Santangeli e Lisa Cornell si erano conosciute in un’esclusiva scuola di suore a Roma, e tra loro era nata una solida amicizia destinata a durare negli anni.
Maria si era sposata alla fine degli studi e aveva avuto un figlio un anno dopo, mentre Lisa era diventata una giornalista di successo e aveva conosciuto Alec Brendon, noto produttore di documentari.
Maria aveva tenuto a battesimo sua figlia, che era stata chiamata Marisa, dall’unione dei loro nomi.
Lorenzo era stato molto amato, ma i suoi genitori avevano invano desiderato altri figli che allietassero la nursery di Villa Proserpina, e nel cuore di Maria la piccola Marisa aveva preso il posto della bambina che non aveva mai avuto.
Spesso Lorenzo aveva sentito le due amiche parlare - in tono semiserio - di un eventuale matrimonio tra i loro figli, e la prospettiva lo aveva inorridito. Lui aveva sempre chiamato Marisa la cicogna, alludendo alle gambe lunghe e magre e al piccolo naso aquilino, finché sua madre non lo aveva richiamato all’ordine.
Il matrimonio era stata preso in seria considerazione sei anni prima, quando i Brendon erano morti in un incidente d’auto e si era scoperto che erano sempre vissuti al di sopra delle loro possibilità: in poche parole, Marisa, allora quattordicenne, non aveva un soldo.
Maria avrebbe voluto che andasse a vivere con loro, ma, una volta tanto, l’indulgente Guglielmo aveva messo il veto. Se era davvero destinata a sposare suo figlio, Marisa doveva ricevere un’adeguata educazione in Inghilterra, naturalmente a loro spese; inoltre, bisognava evitare che Lorenzo, vivendo con lei, finisse per considerarla una specie di sorella.
Maria accettò, con una certa riluttanza, e Lorenzo non pensò più alla ridicola ipotesi del matrimonio.
Si concentrò sulla carriera, si laureò in economia ed