Patto di nozze: Harmony Collezione
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About this ebook
Anton Diaz - Abile e affascinante uomo d'affari, ha un unico scopo nella vita. Vendicare i torti subiti da sua sorella per mano del padre di Emily.
Il piano è semplice: sedurre la bella Emily, portarla all'altare e avere da lei un figlio, che erediterà le fortune di casa Fairfax. Ma una volta celebrate le nozze, la realtà stupirà entrambi, sconvolgendo le certezze di Emily così come i piani di Anton.
Jacqueline Baird
Inglese, coltiva da sempre due grandi passioni: la pittura a olio e la navigazione in barca a vela.
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Book preview
Patto di nozze - Jacqueline Baird
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Billionaire’s Blackmailed Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Jacqueline Baird
Traduzione di Maria Elena Vaccarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-124-9
1
«Non riesco ancora a credere che abbiate scelto questo costume per me!» Emily Fairfax scosse la testa, sedendosi di fronte al fratello maggiore, Tom, e a sua moglie Helen al loro tavolo nella vasta sala da ballo del lussuoso hotel londinese. «Do terribilmente nell’occhio.» Per l’imbarazzo, il suo viso divenne quasi rosso quanto l’abbigliamento che indossava.
«Oh, su con la vita, Emily. Hai un aspetto magnifico.» Tom le sorrise. «Questo è un ballo in costume per l’istituzione benefica preferita di papà, il progetto angelo custode per i bambini dell’Africa. Lui avrebbe apprezzato il tema angeli e diavoli. Papà aveva uno straordinario senso dell’umorismo. Ricordi il quarantesimo compleanno di mamma, quando ha preteso che tutti si vestissero come cavalieri e scudieri? Avrebbe sicuramente visto il lato buffo...»
«Senza dubbio. Quasi tutte le donne sembravano ragazzini, in farsetto e calzamaglia. Allora mi chiedevo se papà non avesse qualche tendenza omosessuale segreta» scherzò Emily prima di spostare i raggianti occhi azzurri sulla cognata, una brunetta dal volto di monella. «Ma questa volta è diverso, Helen. Non c’è niente di buffo nello stare stretta dentro un vestito di lattice più piccolo di due taglie. Che cosa diavolo avevate in mente quando lo avete ordinato?» domandò e scorse una luce maliziosa negli occhi marroni di Helen e il suo sorriso divertito.
Tom ed Helen si erano conosciuti all’università e si erano sposati due anni prima, all’età di ventitré anni. Adesso erano gli orgogliosi genitori di una bambina di un anno, che era nata la settimana prima della morte improvvisa del padre di Tom e di Emily in seguito a un grave attacco di cuore. La bambina aveva preso il nome di Sara, dalla loro madre, che era morta tre anni prima dopo una lunga lotta contro il cancro.
«Non capisco di che cosa ti lamenti. Stai benissimo e mi sono data un gran daffare per procurarmi il costume della taglia giusta. Le misure del mio busto sono più o meno come le tue ora che sono incinta di quattro mesi e mezzo e l’ho provato per assicurarmi che andasse bene» spiegò Helen con un sorriso.
«Non ti è passato per la mente che sono alta almeno venti centimetri più di te e che quindi sarebbe stato troppo corto?» si lamentò Emily. «Per poco non mi hai rotto il collo tirandomi il cappuccio sulla testa. Mi fa ancora male.» Enfatizzò il proprio punto di vista infilando una mano sotto la massa di capelli e massaggiandosi il collo.
«Non dare la colpa a me. Se fossi tornata a Londra ieri come avresti dovuto, avresti avuto tutto il tempo per procurarti il costume. Invece hai ritardato il ritorno di un giorno e sei arrivata solo un paio d’ore prima del ballo. Inoltre, oggi è il primo di aprile» aggiunse la cognata con un sorriso sbarazzino. «E devi riconoscere che ho tagliato via il cappuccio e l’ho ritorto in modo che tu possa indossare le corna come una fascia intorno al capo.» Scoppiò in una risata.
Emily si morse il labbro per trattenere un sorriso. Si era completamente dimenticata che era il primo di aprile. Inoltre Helen aveva ragione, sarebbe dovuta tornare dalla Grecia il giorno precedente, invece di arrivare a Londra quella sera. Era soltanto colpa sua, ma non intendeva farla passare liscia troppo facilmente all’amata cognata.
«Chiunque con un minimo di buonsenso avrebbe ordinato un costume da angelo per me. Proprio come il tuo. È logico che le donne si vestano da angeli e gli uomini da diavoli. Come quello sciocco di mio fratello T...»
«Scusatemi.» Una voce profonda dal leggero accento straniero interruppe il predicozzo di Emily. «Ciao, Tom, lieto di rivederti.»
«Anton, è un piacere che tu e i tuoi amici siate potuti venire.»
Emily guardò il fratello che salutava i nuovi arrivati al loro tavolo, poi lanciò un’occhiata all’uomo che l’aveva interrotta in modo così scortese. Le dava le spalle e stava scostando una sedia per la sua compagna, una splendida bruna che naturalmente era vestita da angelo, in un diafano tessuto bianco e oro che rivelava assai più di quanto avrebbe fatto un angelo rispettabile.
Perlomeno il suo costume la copriva dalla testa ai piedi, si consolò, anche se era stata costretta ad aprire di qualche centimetro la cerniera sul davanti per riuscire a respirare. Sicuramente non era nel suo stile, ma in realtà la cosa non la preoccupava. Sapeva di avere un corpo discreto, solo che non era abituata a metterlo in mostra così sfacciatamente.
«Posso presentarvi la mia amica Eloise?» continuò la voce profonda mentre la bruna sorrideva cordialmente ai presenti. «E il mio braccio destro, Max.»
Emily lanciò un’occhiata all’uomo tarchiato di mezza età e sorrise mentre lui si sedeva accanto a Helen. A quel punto, lo sconosciuto si girò verso di lei.
«Emily, vero? Tom mi ha parlato molto di lei. È un vero piacere conoscerla, finalmente. Sono Anton Diaz.» Le tese una mano grande e forte ed Emily gliela strinse educatamente, chiedendosi come mai Tom conoscesse quell’uomo e perché gli avesse parlato di lei.
All’improvviso non riuscì più a pensare perché provava una bizzarra sensazione, come se una corrente elettrica le percorresse il braccio. Liberò frettolosamente la mano e alzò lo sguardo.
Dovette alzarlo parecchio, perché l’uomo era alto almeno un metro e novanta. E poi il suo sguardo curioso incrociò due profondi occhi scuri, ed Emily restò a fissarlo inebetita.
Quell’uomo somigliava a una pantera nera: sicuro di sé, autorevole e predatore.
Le presentazioni proseguirono ed Emily immaginò di aver risposto nel modo giusto, sebbene non potesse esserne certa. Aveva la bocca secca e faticava a distogliere lo sguardo affascinato da quell’uomo alto e straordinario.
Era vestito completamente di nero. Pantaloni neri dall’ottimo taglio e una maglia di seta nera dal collo alto, che metteva in evidenza la possente muscolatura dell’ampio torace. Un corto mantello nero gli copriva le spalle larghe e scendeva fino ai polsi come ali di pipistrello. Sarebbe dovuto apparire ridicolo in costume, come la maggior parte dei presenti. Invece, se mai un uomo era sembrato un diavolo, era questo...
Tenebroso e pericoloso, pensò Emily, restando per un attimo senza fiato.
I capelli neri e lisci, un po’ più lunghi di quanto dettasse la moda, erano tirati indietro con noncuranza dalla fronte ampia. Le sopracciglia arcuate incorniciavano occhi profondi quasi neri. Gli zigomi alti, un naso aquilino e una bocca sensuale completavano il quadro. Mentre Emily lo fissava, l’uomo dischiuse le labbra, mostrando i denti bianchi e perfetti. Le stava sorridendo. Nonostante fosse stordita, Emily notò che l’umorismo non mascherava del tutto il freddo distacco dello sguardo.
L’uomo non era di una bellezza classica, i suoi lineamenti erano cesellati troppo aspramente. Brutalmente bello era una definizione più appropriata.
C’era qualcosa di offensivo nel modo in cui indugiava con lo sguardo sulla sua scollatura ed Emily sentì che le formicolava la pelle. Sospirò di sollievo quando lui scostò la sedia accanto alla sua e si sedette. Se non altro, pensò, non lo avrebbe avuto di fronte.
Capiva istintivamente che era un uomo alquanto sicuro della propria virilità e consapevole dell’effetto che esercitava sull’altro sesso. Un sofisticato ammaliatore che emanava un inesorabile potere capace di intimorire chiunque, uomo o donna, concluse. Niente affatto il suo tipo.
Nonostante ciò, Emily non poteva negare che fosse un uomo incredibilmente attraente, come confermava l’inaspettata reazione del proprio corpo.
«Non ho potuto evitare di sentire il suo commento, Emily. Vergogna, mostra tutto il suo sciovinismo.» Il diavolo parlò con una voce profonda e beffarda che la irritò non poco.
«Che intende, signor Diaz?» gli domandò con fredda cortesia, guardandolo di sottecchi. Ancora una volta fu catturata dall’intensità di quegli occhi scuri.
«Nel mondo odierno di uguaglianza fra i sessi non è forse politicamente scorretto presumere che tutte le donne dovrebbero vestirsi da angeli e gli uomini da diavoli? Ed è anche un po’ ipocrita, visto il costume che indossa» concluse con fare beffardo.
«Messa con le spalle al muro» commentò Helen e tutti risero.
Tutti tranne Emily.
«Il costume lo ha scelto mia cognata, non io. Ha un senso dell’umorismo distorto» spiegò con un sorriso forzato. «E vedo che lei è vestito da diavolo, confermando la mia teoria. Anche se sembra aver dimenticato le corna» suggerì in tono insinuante.
«No, non le ho dimenticate. Non dimentico mai niente» dichiarò lui, guardandola negli occhi con un’intimità che le fece accelerare il battito del cuore e salire il rossore alle guance. «Dovrei essere un angelo, un angelo nero, ammetto, ma pur sempre un angelo.»
Osservandolo, Emily capì che cosa intendeva. Era il costume perfetto per lui: nero e con un che di minaccioso. Intravide un’ombra scura nei suoi occhi profondi, e anche qualcos’altro. Collera? Ma perché? Distolse lo sguardo nel tentativo di tenere a freno l’immaginazione e inspirò profondamente, ma per un lungo momento fu incapace di articolare una risposta. Nessun uomo aveva mai avuto un tale effetto su di lei.
A ventiquattro anni, lavorava come archeologa marina e aveva trascorso gli ultimi due anni facendo esperienza sul campo. Aveva partecipato ad alcune esplorazioni in mare. I suoi colleghi erano quasi tutti uomini: esploratori, sommozzatori e qualche archeologo specializzato nella ricerca di relitti e manufatti sommersi. Tuttavia, con nessuno di loro aveva provato l’improvvisa eccitazione che quell’uomo suscitava in lei con uno sguardo.
Controllati!, si disse. Quell’uomo era in compagnia di una bellissima ragazza con la quale non poteva assolutamente competere. Che cosa le veniva in mente?
Dopo la delusione causatale dalla brusca rottura del fidanzamento, tre anni prima, quando aveva trovato il fidanzato a letto con la sua compagna di stanza, aveva giurato di tenersi alla larga dagli uomini.
Nigel lavorava come contabile nella ditta di suo padre. Un uomo di cui si era innamorata a sedici anni, che l’aveva baciata il giorno del suo diciottesimo compleanno, che le aveva offerto conforto e sostegno alla morte della madre e che poco tempo dopo le aveva proposto di sposarlo. Un uomo che, quando lo aveva trovato a letto con un’altra, aveva ammesso che la relazione andava avanti da un anno.
«Sì, naturalmente. Adesso capisco. Uno stupido errore da parte mia» ribatté alla fine.
«È perdonata.» L’uomo le rivolse un sorriso da toglierle il fiato.
Proprio in quel momento arrivarono gli ultimi due ospiti che completavano il loro tavolo ed Emily sorrise sollevata. Erano sua zia Lisa, la sorella maggiore del padre, e il marito, James Browning, che era anche il presidente della Fairfax Engineering. La spalla di Anton sfiorò la sua, mentre, da perfetto gentiluomo, si alzava in attesa che Lisa si sedesse, ma Emily l’ignorò volutamente.
Grazie al cielo, aveva ritrovato il proprio equilibrio.
«Zia Lisa, zio James, è bello rivedervi» li salutò.
Tuttavia, fu il commento che Anton fece sottovoce mentre tornava a sedersi che la scombussolò nuovamente. «Ma se preferisce un diavolo, sono certo che si potrà organizzare qualcosa.»
Emily arrossì, fissandolo a bocca aperta. Anton inarcò un sopracciglio in una domanda sardonica prima di voltarsi a rispondere a Eloise, che aveva appena chiesto dello champagne.
Aveva sentito realmente quel commento così sfacciato o lo aveva soltanto immaginato? Emily non lo sapeva e non sapeva nemmeno se essere in collera o lusingata.
Per tutta la durata della cena, la vicinanza di quell’uomo la turbò. La