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La sua preda più ambita: Harmony Collezione
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Ebook155 pages1 hour

La sua preda più ambita: Harmony Collezione

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About this ebook

Il capo e la segretaria.

Harry Breedon, uomo incredibilmente ricco e affascinante, non ha mai mostrato nulla più di un semplice interesse professionale per Gina Leighton, la sua assistente personale. D'altra parte, per quale motivo avrebbe dovuto fare una cosa simile? Gina sa perfettamente di non avere alcuna chance di diventare la compagna di un uomo del genere, il tipico trofeo da esibire con orgoglio in pubblico. Harry, invece, ha notato fin dal principio le sue curve mozzafiato, e ora che Gina ha ricevuto un'interessante offerta di lavoro che potrebbe allontanarla da lui deve agire in fretta, se non vuole farsi scappare la sua preda più ambita.
LanguageItaliano
Release dateJul 10, 2019
ISBN9788830501256
La sua preda più ambita: Harmony Collezione
Author

Helen Brooks

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.

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    La sua preda più ambita - Helen Brooks

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Billionaire Boss’s Secretary Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2008 Helen Brooks

    Traduzione di Maria Paola Rauzi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-125-6

    1

    «Ancora non riesco a credere che questo sia il tuo ultimo giorno di lavoro. Ero sicura che all’ultimo avresti cambiato idea. Voglio dire... sei qui da sempre.»

    Gina Leighton non poté fare a meno di sorridere alla sua assistente. «Forse è proprio per questo che me ne vado, Natalie, perché sono qui da sempre.»

    E con quel da sempre si riferiva agli ultimi undici anni, ossia da quando aveva finito l’università all’età di ventun anni. Ma era ovvio che, per quanto riguardava Natalie, Gina era parte integrante della Breedon & Son.

    Del resto era quello che pensavano tutti, compreso lui.

    «So che non potrò andare d’accordo con Susan» continuò Natalie, guardandola preoccupata. «Lei non è come te.»

    «Andrà tutto bene, vedrai» la rassicurò Gina, anche se sapeva che non era del tutto vero. Nelle ultime quattro settimane in cui era stata affiancata da Susan Richards, la sua sostituta, aveva capito che la donna non era molto ben disposta verso gli sciocchi. Non che Natalie lo fosse, ma a volte capitava che avesse la testa per aria e bisognava ripeterle le cose due volte.

    Susan aveva già mostrato la propria impazienza con la ragazza, incurante del fatto che era una gran lavoratrice sempre disponibile a fare gli straordinari.

    Ormai, però, quello non era più un suo problema. Entro poche ore avrebbe varcato i cancelli della Breedon & Son per l’ultima volta. Non solo, avrebbe anche lasciato la cittadina dello Yorkshire dove era nata e cresciuta, insieme a tutti i suoi amici e la famiglia, e si sarebbe trasferita a Londra durante il fine settimana.

    Nuovo lavoro, nuovo appartamento, nuova vita.

    Gina indicò alcuni documenti sulla sua scrivania. «Ho bisogno di sistemare le ultime cose prima del brindisi» disse alla sua assistente. Il suo capo aveva organizzato un piccolo ricevimento di addio per quel pomeriggio e lei voleva lasciare tutto in ordine per allora.

    Rimasta sola, Gina si guardò attorno osservando il grande ufficio che era stato il suo assoluto dominio negli ultimi quattro anni, ossia da quando era diventata la segretaria personale del fondatore dell’azienda che produceva macchinari per l’agricoltura.

    All’inizio era elettrizzata dalla posizione prestigiosa che le era stata offerta, oltre, naturalmente, al generoso aumento di stipendio. Inoltre, Dave Breedon era un fantastico capo con un senso dell’umorismo che ben si conciliava con il suo. Infatti non era Dave Breedon il motivo per cui aveva deciso di andarsene.

    «Nessun ripensamento?»

    Gina alzò lo sguardo verso la porta nell’udire la profonda voce virile che aveva parlato.

    «Certo che no» rispose, cercando di controllare il battito cardiaco. Per fortuna aveva acquisito una notevole pratica nel mascherare ciò che provava nei confronti di Harry Breedon, figlio unico nonché braccio destro del suo capo. Fissò quel bel volto abbronzato con quegli occhi azzurri che non rivelarono niente se non un distaccato divertimento. «Non penserai seriamente che possa cambiare idea?»

    Lui si strinse nelle spalle. «Sperato forse è la parola più adatta.»

    Gina non riuscì a impedire al suo respiro di accelerare benché avesse capito da tempo che quell’atteggiamento da parte di Harry non aveva alcun significato. «Mi spiace, ma ormai ho preparato le valigie.»

    «Papà è devastato, lo sai» le disse lui, entrando nel suo ufficio. Si avvicinò alla scrivania e la fissò con espressione intenta.

    Lei tentò di non puntare lo sguardo sui pantaloni attillati, ma non ci riuscì.

    «Devastato?» ripeté, brusca. «Mi fa piacere che sia dispiaciuto per la mia partenza, ma, come ben sai, Susan sarà perfettamente in grado di prendere il mio posto.»

    Susan Richards: bionda, attraente e con un invidiabile fisico da modella. Esattamente il tipo di Harry. Negli ultimi dodici mesi, da quando lui era tornato in Inghilterra, in seguito all’infarto di suo padre, e aveva praticamente preso in mano la gestione dell’azienda, non aveva fatto altro che sentire pettegolezzi sulle sue fidanzate; naturalmente tutte bionde e magre. Peccato, invece, che lei fosse rossa, anche se amava definire il colore dei suoi capelli tiziano. Per non parlare delle sue forme generose, che sarebbero state perfette ai tempi di Marilyn Monroe e non adesso.

    Ma allora, se sapeva tutto questo, perché si era innamorata di lui?, si chiese silenziosamente Gina. Purtroppo, in tutti quei mesi, non era riuscita a trovare una logica risposta a quella domanda. In fondo, l’amore per definizione non può basarsi sulla logica. Tutto quello che sapeva era che un sentimento nato all’inizio da un desiderio fisico si era presto trasformato in un amore che la stava consumando sempre più con il passare del tempo.

    Per quanto riguardava Harry, lei era la segretaria che divideva con suo padre anche se spesso chiacchieravano e ridevano insieme, cosa che peraltro faceva con tutte le altre donne.

    «Be’, si tratta della tua vita» le disse lui, razionale. «Spero solo che tu non te ne penta. Le grandi città possono essere posti molto solitari.»

    «Vuoi per caso dire che si è circondati da un sacco di persone senza in realtà conoscerne nessuna? Oh, non credo che questo sia un problema. Molti dei miei amici dell’università vivono a Londra e poi dividerò l’appartamento con un’altra ragazza. Non penso proprio che sarò da sola.» Gina evitò di aggiungere che era un po’ in ansia. Negli ultimi sei anni aveva vissuto da sola in un appartamento spazioso all’ultimo piano con vista sul fiume oltre a essere padrona assoluta del suo tempo libero. Peccato che gli affitti londinesi erano un’altra cosa e, anche se l’avrebbero pagata bene nel nuovo posto di lavoro, non avrebbe potuto cercarsi una casa tutta per sé.

    «Non scordarti di lasciarmi il tuo indirizzo» le disse Harry mentre si avviava alla porta. «Potrei venire a trovarti la prossima volta che trascorrerò qualche giorno nella capitale e farmi ospitare sul tuo divano.»

    Manco morta! Gina respirò a fondo e rispose con finta indifferenza: «Bene». Avrebbe voluto odiarlo, così, forse, le cose sarebbero state più facili. Magari non sarebbe stata costretta a sradicarsi dalla sua città natia e dai suoi affetti. Purtroppo non era del tutto vero; anche prima di innamorarsi di Harry, aveva capito che doveva fare qualcosa della sua vita. Le sue due sorelle e la maggior parte dei suoi amici erano sposati e avevano già figli e lei aveva iniziato a sentirsi una zitella, devota al lavoro, alla casa e madrina dei bambini degli altri.

    I suoi amici pensavano che fosse troppo esigente e difficile... forse avevano ragione anche se la verità era che non aveva nessuna fretta di sistemarsi. Ciò di cui era disperatamente alla ricerca era una vita al di fuori del lavoro che fosse interessante ed eccitante: cinema, teatri, buoni ristoranti e buona compagnia. In fondo, aveva soltanto trentadue anni. Ecco perché, alla fine, Londra le era sembrata la soluzione giusta.

    Certo, se Harry avesse mostrato un minimo di interesse... ma non lo aveva fatto. Gina deglutì; aveva un nodo in gola, tuttavia si disse che aveva già versato troppe lacrime per lui. Per quanto doloroso sarebbe stato dirgli addio, restare sarebbe stato un suicidio emotivo. Quel breve bacio che si erano scambiati a Natale era stato molto significativo al riguardo. Per Harry non aveva contato nulla, ma per lei, sentire le sue labbra sulla guancia e poter aspirare la fragranza virile del suo dopobarba era stato troppo.

    Era stato proprio allora che aveva capito di non poter andare avanti così. Torturarsi non era nel suo stile. La conferma le era arrivata un pomeriggio mentre portava a spasso nella neve i cani dei suoi genitori e aveva visto Harry in lontananza con la bionda del momento. Lei si era nascosta dietro un albero, sperando di non essere vista, e una volta ripresa la sua passeggiata, aveva compreso che lasciare la Breedon & Son non era sufficiente; doveva andarsene dalla città per non correre il rischio di incontrarlo.

    Adesso era arrivato il giorno fatidico. Era l’inizio di aprile e negli ultimi giorni era scoppiata la primavera; la vita tornava a manifestarsi in tutte le sue forme più belle, ed era così che doveva sentirsi anche lei. Era inutile pensare che fosse tutto finito.

    A ogni modo fu con il volto tirato che raggiunse i colleghi di lavoro nel tardo pomeriggio per il brindisi di addio. Fu commovente vedere che quasi tutti i dipendenti della Breedon & Son, più o meno un centinaio di persone, erano venuti a salutarla. Ancora più commovente fu quando le consegnarono in dono un navigatore satellitare da installare nella sua auto.

    «Così troverai la strada per tornare da noi di tanto in tanto» la prese in giro Bill Dent, il capo contabile.

    In effetti, era nota a tutti la sua mancanza di senso dell’orientamento.

    «Grazie a tutti» rispose lei, emozionata, dopodiché tenne un breve discorso facendo attenzione a non posare lo sguardo su un’alta figura scura che era rimasta un po’ in disparte rispetto agli altri, sebbene fosse consapevole di ogni suo minimo movimento. E non le era sfuggito quando Susan Richards gli si era avvicinata e gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio alzandosi sulla punta dei piedi.

    Un’ora più tardi, la gente iniziò ad andarsene e lei tirò un sospiro di sollievo. Amare qualcuno senza essere ricambiati era già terribile, ma dover trattenere un vulcano di lacrime e cercare di essere brillante, mentre l’oggetto dei propri desideri subiva l’assalto di una bionda attraente, era un incubo insopportabile.

    Quando tutti se ne furono andati, Gina tornò nel suo ufficio a raccogliere le ultime cose. Si lasciò cadere sulla sedia e si guardò attorno, sentendosi insopportabilmente sentimentale.

    Dave entrò alcuni istanti più tardi insieme a Harry.

    «Non fare quella faccia. Ti avevo detto che non dovevi lasciarci. Tutti hanno una grandissima stima nei tuoi confronti.»

    Non tutti. Sforzandosi di sorridere, Gina mantenne un tono di voce leggero. «Il grande mondo chiama. O faccio il grande salto adesso o mai più. Del resto, è sempre difficile dire addio.»

    «Già che siamo in argomento...» Dave estrasse dalla tasca una scatola rettangolare impacchettata. «Questo è un grazie particolare da parte nostra. Sei stata la miglior segretaria che abbia mai avuto. Se Londra dovesse deluderti, ricorda che ci sarà sempre un posto per te alla Breedon & Son

    «Oh, ma è bellissimo!» esclamò Gina, estraendo dal pacchetto un fine orologio d’oro da donna. «Grazie, non mi aspettavo...» Il nodo alla gola le impedì

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