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Le paure di Sophie: Harmony Collezione
Le paure di Sophie: Harmony Collezione
Le paure di Sophie: Harmony Collezione
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Le paure di Sophie: Harmony Collezione

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About this ebook

Sinonimo di stile, fascino e ora anche scandalo, le sorelle Balfour, ultime eredi dell'antica dinastia, adesso hanno una bella lezione da imparare...



Tutte le giovani Balfour sono belle, eleganti e sofisticate... tranne Sophie. Convinta di essere il brutto anatroccolo della famiglia, vive praticamente rinchiusa in casa, ma suo padre Oscar, stanco di vederla rifuggire in quel modo la vita sociale, decide di procurarle un impiego che la aiuti a recuperare un po' di fiducia in se stessa. E lavorare per il bellissimo Marco Speranza si dimostra essere una vera e propria rivelazione per lei. La ragazza è certa di non essere abbastanza bella per ambire alle attenzioni del ricco e affascinante siciliano, tuttavia Marco sembra davvero intenzionato a sedurla.
LanguageItaliano
Release dateDec 11, 2017
ISBN9788858975374
Le paure di Sophie: Harmony Collezione
Author

Kim Lawrence

Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.

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    Le paure di Sophie - Kim Lawrence

    1

    Sophie si fermò in cima alla scala e consultò il suo taccuino, poi alzò lo sguardo per controllare il numero sulla porta della modesta villetta a schiera in stile georgiano. La strada era piena di costruzioni del tutto simili ma, come era noto, quando si trattava di proprietà immobiliari, il maggior pregio era costituito dalla posizione.

    Alzò la mano per proteggersi gli occhi dai raggi del sole di luglio e osservò la fila di automobili di lusso parcheggiata lungo i marciapiedi. Sembravano suggerire che, nei termini del mercato immobiliare, quel quartiere era sicuramente ambito.

    Tornò a guardare l’edificio. Era, decise, quello il posto, anche se nulla di così banale come una targhetta identificativa era appesa alla porta.

    Uno studio piccolo ma esclusivo, così l’aveva descritta suo padre, esattamente il tipo di posto dove lei avrebbe potuto esprimere la sua vena artistica.

    «Un trampolino per i tuoi futuri successi» aveva sottolineato lui. «Arriverai lontano grazie al tuo talento, Sophie, adesso devi solo mostrare al mondo quello che sei capace di fare.»

    No, onestamente non le aveva fatto nessun tipo di pressione, così lei aveva evitato di precisare che un corso per arredatore di interni, inoltre seguito dalla propria casa, non la qualificava per diventare una stella del campo, almeno non nel giro di una notte.

    Non c’era stato alcun colloquio preliminare, e quando gli aveva chiesto quando avrebbe dovuto iniziare il nuovo lavoro, la risposta di suo padre l’aveva gettata nel panico più profondo.

    «Lunedì! Questo lunedì! Ma credi davvero che io ne sia in grado?»

    Oscar Balfour le aveva rivolto un’occhiata severa, e Oscar Balfour sapeva essere severo, anche se di norma mai con lei.

    Perché lei non gliene aveva mai fornito occasione. Aveva sempre rigato dritto, e non c’erano mai stati drammi nella sua esistenza. Non aveva mai avuto bisogno di essere soccorsa, e non era mai stata protagonista delle pagine dei giornali scandalistici. Non esistevano uomini poco raccomandabili nel suo passato... La sua vita era un noioso libro aperto.

    Un deprimente libro aperto.

    «So che lo sei.»

    «Davvero?»

    «Io so, Sophie, che tu e le tue sorelle non mi deluderete mai. Mi fido di te. Tutte le tue sorelle non si sono tirate indietro davanti alla sfida.»

    E se lei invece lo avesse fatto, questo in cosa l’avrebbe trasformata?

    «Vero» aveva confermato. Infatti, avvertiva tremendamente la loro mancanza.

    «È stata tutta colpa mia» aveva insistito Oscar Balfour, «e ora voglio rimediare.»

    Sophie aveva provato una fitta di dolore vedendo quel padre che lei amava tanto addossarsi ogni responsabilità per i problemi delle figlie. «Sei stato un padre fantastico» dunque lo aveva rassicurato, anche se non del tutto sinceramente.

    Poi, mentre lo abbracciava, aveva notato il giornale appoggiato sulla scrivania, quello stesso giornale che conteneva un articolo particolarmente infamante. «Lo farò» aveva sentito se stessa affermare.

    Era uscita dalla stanza con un nodo della grandezza di una pallina da golf che le serrava la gola, in preda allo shock ma determinata a non deludere suo padre e le sue sorelle. Determinata, per una volta nella vita, a comportarsi come una vera Balfour.

    Una settimana dopo il nodo era ancora al suo posto, ma mentre alzava la mano per bussare alla porta semiaperta, un’altra sensazione l’aggredì, come quella data da un macigno che le gravava sulle spalle.

    Era ancora sotto shock.

    Eppure non avrebbe dovuto esserlo. Come conseguenza degli eventi scandalosi che avevano accompagnato l’annuale ballo organizzato dalla famiglia Balfour per scopi benefici, tutte le sue sorelle erano invitate a farsi strada da sole nel mondo, facendo a meno della protezione che offriva il loro cognome.

    Ma il tempo era trascorso, e suo padre non l’aveva convocata, dunque aveva cominciato a rilassarsi un po’. Proprio allora, era stata chiamata.

    Suo padre le aveva spiegato di averci impiegato più tempo del previsto per trovare la collocazione perfetta per lei. E lei, che era sicura che la sua collocazione perfetta fosse nella piccola casa situata accanto all’ingresso di Balfour Manor con sua madre, aveva cercato comunque di mostrare un cortese apprezzamento per i suoi sforzi.

    Sophie guardò il suo orologio. Era in anticipo di quindici minuti. Chiedendosi se questo l’avrebbe fatta sembrare troppo disponibile o troppo disperata, prese in considerazione la possibilità di fare una passeggiata e di tornare in perfetto orario.

    No, si disse con decisione. Non doveva lasciarsi prendere dall’ansia. Respirò a fondo e appoggiò la mano sulla porta, che si aprì obbediente.

    «Salve.»

    Nessuna replica.

    Chiamò a raccolta tutto il suo coraggio e mosse un passo all’interno della casa. La stanza in cui si ritrovò era ammobiliata in quello stile country e lussuoso preferito dalle persone con molto gusto e molto denaro.

    L’aroma del caffè fu la prima cosa che la colpì, seguito dalla percezione della finezza dei materiali usati per l’arredamento. Ovviamente si trovava in una sorta di showroom, anche se sui bei pezzi di mobilio moderno e antico non erano esposte le targhette indicanti i prezzi.

    Ed era in una sala quanto più diversa possibile dal modesto studio che aveva allestito a casa sua, con il tavolo da disegno e gli esempi di colori e parati.

    Lasciò scorrere un dito sulla spalliera di un divano di pelle stile Chesterfield e cercò di immaginare se stessa inserita in quell’ambiente di lavoro.

    «Salve» ripeté, questa volta con voce più alta.

    Se ne stava lì, sentendosi più che mai a disagio, quando sentì delle voci provenire dal lato opposto della sala. Una ruga che le solcava la fronte, mosse qualche passo in direzione delle voci, e così si rese conto che quella che le era sembrata una parete era in realtà una sorta di paravento.

    Le voci divennero più chiare. Sbirciò da un angolo dello schermo e vide un ambiente illuminato da due stupendi candelieri. L’atmosfera appariva semplice ma di classe, e la stanza era dominata da un enorme specchio antico dalla cornice intagliata.

    Aprì la bocca, pronta a presentarsi, ma poi la richiuse, pensando che magari rivelando la sua presenza avrebbe potuto causare imbarazzo alle persone dietro lo schermo. Due donne, a giudicare dalle voci, per quanto lei riuscisse a vederne solo la sommità della nuca che sporgeva dall’alta spalliera di una panca di legno.

    Stava per tornare sui suoi passi quando una delle due parlò.

    «Una delle ragazze Balfour! Ma stai scherzando?» esclamò la donna. «Dovrebbe lavorare qui? Rischiando di spezzarsi un’unghia? No, non credo proprio.»

    «Se tu fossi un’ereditiera, sprecheresti il tuo tempo con qualcosa di tanto triviale come il lavoro?»

    «No» replicò l’altra donna dopo una risata. «Ma è pur vero che deve dividere la sua fortuna con... quante sorelle?»

    «Vogliamo includere anche quella appena scoperta?»

    Di solito persona molto tranquilla, Sophie si sentì avvampare di rabbia per quel beffardo riferimento alla sua sorellastra Mia, frutto di una relazione extraconiugale che suo padre aveva intrattenuto anni prima.

    Oscar aveva accolto con entusiasmo quella figlia della cui esistenza non era stato al corrente, e nonostante il fatto che la conoscesse da poco, lei aveva sentito immediatamente un profondo legame con la sua bella sorella italiana.

    «E poi Zoe Balfour non è una Balfour... Non è quella che stiamo aspettando, giusto?»

    «Non saprei, forse il paparino le ha tagliato gli alimenti adesso che sa che non è del suo sangue. Quanto mi sarebbe piaciuto essere una mosca e partecipare alla centesima edizione del Gran Ballo dei Balfour!»

    Sophie strinse i pugni, e si costrinse a tenere sotto controllo l’impulso che la spingeva a chiarire quel punto. Una cosa che non poteva fare se non voleva ammettere di avere origliato. Certo, durante l’ultimo ballo era stato scoperto che Zoe era illegittima, ma per quello che riguardava suo padre, lei e le sue sorelle, Zoe continuava a essere una Balfour in tutto e per tutto.

    «Allora, quante ne sono?»

    «Sei, sette, non saprei... Ma so che darei tutto per avere il loro aspetto e i loro soldi!»

    Otto, pensò Sophie, erano otto, e capiva il desiderio della donna. I Balfour erano ricchi, anche se quello per lei non aveva mai costituito la differenza. Non aveva gusti particolarmente costosi, ma era consapevole che il suo cognome le dava la possibilità di assecondare i suoi istinti.

    E il suo istinto in quel momento la spingeva a tornare subito a casa, nella piccola villetta a Balfour Manor dove sua madre abitava dopo la tragica morte del suo secondo marito. Gli occhi le si velarono di lacrime pensando all’uomo che era stato come un padre per le tre figlie della moglie.

    Per un breve periodo di tempo avevano vissuto in Sri Lanka, ma adesso la proprietà Balfour a Buckinghamshire era l’unico posto a cui sentiva di appartenere, il posto dove non avvertiva l’esigenza di essere qualcosa di diverso da ciò che era. Contrariamente a quello delle sue sorelle, il suo non era un volto noto.

    «Io non vi ho mai messo di fronte a una sfida» aveva affermato Oscar Balfour. «I figli però devono essere sollecitati e incoraggiati, e per fortuna non è troppo tardi. Forse sono stato un padre negligente, ma sono ancora in tempo per fare ammenda. L’indipendenza, Sophie» aveva sottolineato, riferendosi alla regola che avrebbe avuto maggior senso per lei. «Un vero Balfour deve essere in grado di farsi strada da solo, senza fare affidamento sul proprio cognome.»

    «Chiunque sia, stai pur sicura che ci ritroveremo a dover svolgere anche il suo lavoro.»

    Ascoltando il borbottio di assenso della seconda donna, Sophie serrò i denti e decise che avrebbe fatto in modo da dimostrare loro che quella particolare Balfour non era solo un viso carino, anzi, non era per niente un viso carino. Ma possedeva una sua etica, e il duro lavoro non le faceva paura.

    «A cosa avrà pensato Amber quando l’ha assunta?»

    Sophie, dimenticando ogni imbarazzo che avrebbe dovuto provare perché stava origliando, si sporse in avanti per sentire meglio.

    «Sai quel meraviglioso braccialetto di diamanti che Amber porta sempre?»

    Seguì una pausa, durante la quale presumibilmente l’altra donna annuì.

    «Bene, è il regalo di addio di Oscar Balfour.»

    «Amber e Oscar Balfour... Wow! Perché non ne sapevo niente?»

    «È una storia che risale a parecchi anni fa, e che non è durata a lungo.»

    «Oscar Balfour... Un uomo attraente nonostante l’età, non è vero? Sexy anche, e guardandolo si direbbe che sa il fatto suo.»

    «E poi, pensandoci bene, una ragazza Balfour che lavora qui... Un tipo di pubblicità simile non ha prezzo.»

    «Una delle gemelle... Bella, quella magra...?»

    «Quella bellissima» propose una delle due donne.

    «D’accordo, quella bellissima. Ricordi quando fu fotografata mentre indossava un vestito esposto in un negozio che vendeva articoli usati a fini di beneficenza? Il giorno dopo, gli scaffali erano completamente vuoti.»

    Sophie rammentava perfettamente l’episodio. Rammentava quando l’argomento era stato discusso durante una cena di famiglia. Zoe aveva affermato di non capire il perché di tanto successo. Sophie, aveva sottolineato, aveva usato vestiti del genere per anni. Lei si era unita all’ilarità generale, suscitando altre risate nel paragonare i suoi comodi reggiseno sportivi ai seducenti push-up fatti di qualche centimetro di pizzo che preferivano le sue sorelle. Ma dopo, nella sua stanza, aveva aperto il guardaroba e guardato il contenuto – tendaggi di tetri colori, così una volta Annie aveva descritto i suoi indumenti – e aveva smesso di sorridere.

    La scelta dei tendaggi, così tanto contestata dalle sue affascinati sorelle, non era casuale. Ma le sue sorelle, alte, magre ed eleganti, che non avevano seni così grossi da attirare sguardi bramosi da parte di qualsiasi uomo incrociasse il suo cammino, non avrebbero potuto capire il perché della sua decisione di nascondere il busto sotto maglie e camicie oversize.

    In una famiglia che eccelleva in fatto di stile, classe e ingegno – cioè, in tutte quelle qualità che a lei mancavano – la sorte le aveva destinato, probabilmente per legge di compensazione, il gene della goffaggine. Un inconveniente, certo, ma dal suo punto di vista non fastidioso come il fatto di diventare automaticamente il centro dell’attenzione non appena messo piede in una stanza, il che avveniva regolarmente

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