Nobile seduzione: Harmony Destiny
By Anna DePalo
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Anna DePalo
Dopo aver vissuto in Inghilterra e in Italia, si è stabilita a New York dove, quando non scrive, esercita la professione di avvocato.
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Nobile seduzione - Anna DePalo
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Improperly Wed
Harlequin Desire
© 2011 Anna DePalo
Traduzione di Maria Latorre
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A..
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-687-6
1
«Chi è a conoscenza di qualche impedimento per il quale quest’uomo e questa donna non dovrebbero unirsi in matrimonio, parli ora o taccia per sempre.»
Belinda sorrise incoraggiante al vescovo Newbury, che ricambiò il sorriso e socchiuse le labbra per proseguire... prima di fissare lo sguardo su qualcosa tra i banchi alle spalle di Belinda.
Lo sentì anche lei. Quel rumore di passi che si avvicinavano.
No! Non poteva essere.
«Ho io qualcosa da dire.»
Quelle parole le caddero come un’ascia sul cuore e un senso di nausea si impossessò di lei. Chiuse gli occhi, preparandosi all’inevitabile.
Avrebbe potuto riconoscere quella voce ovunque. L’aveva sentita un milione di volte nei suoi sogni, nelle sue fantasie più illecite, quelle che la facevano arrossire e le toglievano il fiato ogniqualvolta si svegliava.
Un mormorio serpeggiò tra i presenti. Accanto a lei, Tod raggelò. Il vescovo inarcò un sopracciglio, perplesso.
Belinda si girò lentamente, imitata un attimo dopo da Tod. E anche se già sapeva chi aspettarsi, spalancò ugualmente gli occhi quando incrociò quelli dell’uomo che era il nemico giurato suo e di tutta la famiglia Wentworth. Colin Granville, Marchese di Easterbridge, erede della famiglia che era stata in lotta con la sua per secoli e secoli. L’uomo che conosceva il suo segreto più umiliante.
Quando i loro sguardi si incrociarono, Belinda avvertì un brivido di desiderio e di terrore. Perfino oltre il velo riusciva a distinguere il lampo di sfida e di possesso negli occhi di lui.
Era alto e imponente, e sembrava torreggiare sopra di lei anche se non l’aveva ancora raggiunta in cima all’altare. Occhi neri, capelli corvini... soltanto i tratti regolari del viso gli impedivano di apparire aspro.
Belinda sollevò il mento e si preparò ad affrontarlo. Come si permetteva di rovinare il suo matrimonio?
«Cosa vorresti dire con tutto ciò, Easterbridge?» intervenne lo zio di Belinda, Hugh, alzandosi dal suo posto in prima fila.
Per fortuna qualcuno si preoccupava di difendere l’onore dei Wentworth, e lo zio Hugh, in qualità di capofamiglia, era senza dubbio il più adatto a ricoprire quel ruolo.
Belinda adocchiò la folla di ospiti, tutti appartenenti all’alta società londinese e newyorkese. I membri della sua famiglia sembravano stravolti, ma gli altri erano a dire poco affascinati dal piccolo dramma che si stava svolgendo sotto i loro occhi.
Le sue damigelle sembravano a disagio. Perfino Tamara Kincaid, l’amica che sapeva sempre come comportarsi, anche in situazioni disperate.
Dall’altro lato della chiesa, l’altra sua amica intima, nonché wedding planner, Pia Lumley, era sbiancata in volto.
«Ma insomma, Easterbridge!» sbottò Tod, irritato e allarmato. «Non sei stato invitato.»
Colin spostò lo sguardo dalla sposa al suo fidanzato, le labbra sollevate in un ghigno ferale. «Invitato o no, la mia posizione nella vita di Belinda mi conferisce il diritto di parlare in questa cerimonia.»
Belinda era dolorosamente consapevole delle centinaia di occhi interessati che seguivano la scena. Per fortuna il vescovo ebbe la prontezza di spirito di intervenire. «A quanto pare, sono costretto ad adoperare parole che non avevo mai usato prima.» Una pausa. «Su quale base intende obiettare a questo matrimonio?»
Colin Granville, Marchese di Easterbridge, guardò la sposa negli occhi. «Sulla base del fatto che Belinda è sposata con me.»
Mentre le parole echeggiavano nella chiesa, mille sussulti si levarono dai presenti. Di fronte a Belinda, il reverendo incominciò a tossire. Accanto a lei, Tod si irrigidì.
Belinda serrò gli occhi per non scorgere il lampo di ironia che sicuramente attraversava quelli di Colin.
«Temo che ti sbagli» replicò, sperando di riuscire a evitare il precipitare degli eventi.
In realtà, aveva ragione. Lei e Colin erano stati sposati, molto brevemente, ma adesso non lo erano più.
Ciononostante, Colin sembrava molto sicuro di sé. «Sbagliarmi? A proposito della nostra visita a un cappellano di Las Vegas, un paio d’anni fa? Temo di non essere d’accordo con te, mia cara.»
Un altro sussulto collettivo si sollevò dai presenti. Belinda si sentì serrare lo stomaco e arrossì all’istante. Avrebbe fatto meglio a non replicare. Cosa poteva aggiungere, del resto? Che era certa che il suo matrimonio segreto con il Marchese di Easterbridge fosse già stato annullato da tempo?
Nessuno doveva sapere di quella sua breve e impetuosa fuga d’amore.
Tanto valeva trasferire la scena in un luogo più tranquillo e meno affollato. «Vogliamo spostarci altrove? Gradirei avere un po’ di privacy.»
Quindi, senza aspettare una risposta, e attingendo a tutta la dignità di cui era capace, si sollevò il vestito tra le mani e scese in fretta dall’altare, attenta a non incrociare lo sguardo di nessuno dei presenti.
Il sole filtrava attraverso i vetri istoriati della chiesa. Fuori, lo sapeva bene, era una splendida giornata di giugno. Dentro era tutta un’altra storia.
Il suo matrimonio perfetto era stato rovinato dall’uomo la cui famiglia e tradizione avrebbero dovuto portarla a detestarlo. E se in passato – soprattutto quella notte in particolare – non era stata abbastanza saggia da riuscirci, in quel momento non poteva addirittura farne a meno.
Gli passò accanto a testa alta e si diresse senza esitazione verso una porta laterale della chiesa che affacciava su un lungo corridoio. Alle sue spalle sentiva i passi di Colin e dietro di lui quelli di Tod, il suo quasi marito.
Una volta che le parti interessate furono tutte uscite dalla chiesa, gli invitati esplosero in un brusio di commenti e di critiche. Belinda poteva soltanto sperare che Pia fosse in grado di mettere a tacere quelle voci, anche se temeva che sarebbe stata un’impresa impossibile. Intanto il vescovo Newbury aveva preso la parola, informando i presenti che la cerimonia aveva subito un ritardo imprevisto.
Belinda si infilò in una delle stanze che si affacciavano lungo il corridoio, si scostò il velo dal viso, quindi si girò verso il suo presunto marito. «Come hai potuto!» esclamò.
Vibrava di tensione dalla testa ai piedi, il cuore le batteva a martello nel petto. Fino a quel momento, Colin aveva rappresentato il suo più grande segreto e la sua maggiore trasgressione. Aveva sempre cercato di evitarlo, di ignorarlo, ma quel giorno non poteva più scappare.
«Sarà meglio che tu abbia una buona spiegazione per le tue azioni, Easterbridge» sentenziò Tod, il viso tirato in una maschera di tensione. «Come ti sei permesso di rovinare il nostro matrimonio con simili menzogne?»
Colin era imperturbabile. «Ho un’ottima spiegazione» ribatté. «Un certificato di nozze.»
«Il nostro matrimonio è stato annullato!» esclamò Belinda. «Non è mai esistito!»
A quelle parole, Tod la fissò esterrefatto. «Allora è vero? Tu ed Easterbridge siete sposati?»
«Eravamo» lo corresse Belinda. «Al passato. E solo per poche ore, anni fa. Non significava niente.»
«Poche ore?» obiettò Colin. «Quante ore ci sono in due anni? Diciassettemila quattrocentosettantadue, stando ai miei calcoli.»
Belinda lo fissò senza capire. Come potevano essere ancora sposati dopo due anni? Ricordava bene di avere firmato tutte le pratiche necessarie per richiedere lo scioglimento del matrimonio.
«Mi avevi assicurato che avresti ottenuto l’annullamento» lo accusò.
«Ma il procedimento non è mai stato concluso» replicò Colin con calma imperturbabile. «Noi due siamo ancora marito e moglie.»
Lei lo fissò a occhi sgranati per la sorpresa. Si vantava di essere una donna composta e controllata, ma evidentemente Colin aveva il potere di scuoterle i nervi.
«Non è mai stato concluso?» gli fece eco. «E questo cosa vorrebbe significare? Ricordo perfettamente di avere firmato tutti i documenti e di averli consegnati a te.»
Colin si strinse nelle spalle. «Purtroppo un annullamento è una faccenda ben più complessa e richiede più di qualche firma su un paio di fogli. Nel nostro caso, i documenti non sono stati presentati in modo corretto in tribunale. Un passo importante che purtroppo è stato trascurato.»
«Per colpa di chi?» domandò lei.
Colin la guardò dritto negli occhi. «La faccenda è stata sottovalutata.»
«Oh, ma davvero! E hai aspettato fino a oggi per dirmelo?»
Un’altra levata di spalle. «Fino a oggi non è stato importante.»
Belinda lo guardò incredula. Dove trovava tutto quel sangue freddo? E la piazzata che le aveva fatto in chiesa era il suo modo contorto di vendicarsi per essere stato ignorato?
«Non posso crederci!» Tod sollevò le mani al cielo.
Belinda trasse un sospiro. Ai tempi dell’annullamento aveva deciso di procedere senza assistenza legale. Non voleva che nessuno, neppure un avvocato, venisse a conoscenza del madornale errore che aveva commesso.
Adesso rimpiangeva quella decisione, non solo perché non si era assicurata che l’annullamento fosse concluso, ma anche perché si era fidata di Colin, affidando a lui il compito di seguire la pratica.
Si accorse che lo sguardo di lui, in quel momento, la stava accarezzando dappertutto. «Bel vestito» commentò. «Molto diverso dall’abitino rosso che indossavi quando ci siamo sposati.»
«Il rosso è un colore adatto, quando si sposa il demonio in persona, non ti sembra?» replicò lei.
«A quell’epoca non mi trattavi come se fossi il demonio» obiettò Colin con voce morbida come la seta. «Anzi, a dire il vero ricordo che...»
«Non ero in me» lo interruppe lei. Aveva perso la testa. E la pazzia non era forse un motivo più che valido per ottenere lo scioglimento di quelle nozze sconsiderate?
«Stai dicendo che eri pazza?» Colin aveva ricominciato a prenderla in giro. «Stai già cercando di crearti una difesa contro le accuse di bigamia?»
«Io non sono bigama.»
«Solo grazie al mio tempestivo intervento.»
«Tempestivo? Stando alle tue dichiarazioni, siamo sposati già da due anni.»
«Due anni e qualche mese» ebbe l’ardire di aggiungere lui. Certo che aveva una bella faccia tosta!
«Da quanto tempo hai scoperto che siamo ancora sposati?» gli