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Regole di attrazione: Harmony Destiny
Regole di attrazione: Harmony Destiny
Regole di attrazione: Harmony Destiny
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Regole di attrazione: Harmony Destiny

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About this ebook

LE REGOLE DI QUINN GERARD SONO SEMPLICI:
1. lavorare
2. stare fuori dai guai
3. non lasciarsi coinvolgere personalmente da un caso
Purtroppo però non sempre è così facile, soprattutto quando si ha davanti una come Claire Winston, bella maestra elementare finita nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lui l'ha confusa con la sorellastra Jennifer che sta pedinando, ma ben presto si accorge dell'errore trovandosi faccia a faccia e... corpo a corpo con lei. Claire è completamente diversa dalla sorella; è amorevole e dolce tanto che Quinn non riesce a staccarsi da lei e addirittura accetta di farsi aiutare nella ricerca delle prove per incastrare Jennifer. Tutto sembra ormai chiaro, ma il passato di entrambi potrebbe cambiare completamente le carte in tavola tra loro.
LanguageItaliano
Release dateAug 12, 2019
ISBN9788830502482
Regole di attrazione: Harmony Destiny
Author

Susan Crosby

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Regole di attrazione - Susan Crosby

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Rules of Attraction

    Silhouette Desire

    © 2005 Susan Bova Crosby

    Traduzione di Maria Latorre

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-248-2

    1

    L’investigatore privato Quinn Gerard provò un momentaneo rimpianto per avere deciso di diventare una persona rispettabile, sette mesi prima. Sentiva la mancanza dell’anonimato, del pericolo. Un tempo lo cercava, prosperava sul pericolo. Da quando però aveva abbandonato lo studio privato per diventare socio della ARC Security & Investigations, era stato costretto a seguire le regole, piuttosto che ignorarle o crearne di proprie quando la situazione lo richiedeva.

    C’era una regola personale, comunque, che non era mai cambiata: non restare mai coinvolto con una cliente, indipendentemente da quanto questa potesse essere avvenente. E la bionda sinuosa in camicia azzurra e gonna di pelle nera che si allontanava ancheggiando in quel momento dalla macchina era peggio di una cliente: era una sospetta.

    Eppure l’uomo in lui non poteva fare a meno di ammirarne la carrozzeria, se non il contenuto. E in quel momento la carrozzeria era molto più interessante di quanto fosse stata nei tre giorni in cui l’aveva tenuta sotto sorveglianza.

    Quel giorno Jennifer Winston era un fascio di sorprese. Tanto per cominciare, era uscita di casa ore e ore prima del solito. In secondo luogo, aveva rallentato il passo. In genere correva. Quel giorno, invece, se la prendeva comoda, come se la vita fosse eterna, o come se fosse riluttante all’idea di arrivare dove stava andando. In terzo luogo, aveva preso in prestito la macchina della sorella - una modesta utilitaria bianca - piuttosto che guidare la sua decappottabile rossa. Ma la cosa più sorprendente era che si stava dirigendo alla banca del sangue.

    Quinn era pronto a giurare che non ci fosse una sola cellula generosa, in quel corpo da favola, ma allora come mai era lì?

    Jennifer era sotto sorveglianza da intere settimane, ventiquattro ore al giorno. Usciva tardi la mattina, rincasava tardi la sera e frequentava boutique alla moda, locali affollati e beauty farm lussuose. Non aveva un lavoro da più di sei mesi, quindi non aveva orari da rispettare.

    Insospettito dal repentino cambiamento nella sua routine, Quinn la seguì all’interno dell’edificio piuttosto che aspettarla fuori. La vide percorrere un lungo corridoio, poi entrare in una stanza che la targhetta attaccata alla porta indicava come Sala Donatori. Rimase fermo accanto alla porta, ma poiché da quella postazione non riusciva a vedere Jennifer, decise di entrare.

    E subito fu quasi aggredito da una voce squillante. «È qui per una donazione?»

    Quinn si girò verso la donnetta canuta che gli era comparsa alle spalle. «No, io...»

    «Perché no? Sembra in ottima salute.»

    Perché sto seguendo una donna sospettata di avere nascosto cinque milioni di dollari, ecco perché. «Non ne ho il tempo» rispose.

    «Oh, ma non ce ne vuole molto. Si sbrigherà prima ancora di accorgersene.»

    La targhetta sul camice di quella vaporiera umana la identificava come Lorna, una volontaria a tempo pieno. Quinn la ignorò e incominciò a guardarsi intorno alla ricerca della signora Winston. E ciò che vide gli fece sgranare gli occhi per la sorpresa.

    Jennifer aveva indossato un camice rosso e stava sistemando biscotti in un piatto. Possibile? Era lei che distribuiva la colazione ai donatori di sangue? Difficile riconciliare quell’immagine con ciò che già sapeva di lei, anche se l’idea che conducesse una doppia vita gli era passata più volte per la mente.

    «Ha paura degli aghi?» indagò Lorna.

    Quinn incrociò glaciale il suo sguardo. «Sì.»

    «Non ci posso credere. Venga, allora.»

    A quanto pare, Jennifer Winston non sarebbe andata da nessuna parte. Tanto valeva tenerla d’occhio e fare anche il proprio dovere civico. Certo, avrebbe corso il rischio di essere riconosciuto mentre la pedinava, ma l’eccitazione era troppo forte. Nascondersi in piena vista: era quella, la sua specialità.

    Rispose pazientemente al lungo elenco di domande sul suo stato di salute, poi attese che un’infermiera gli inserisse un ago nel braccio. Nel frattempo Lorna e la signora Winston chiacchieravano e ridevano insieme. Fino a quel momento, Quinn non l’aveva mai vista ridere. Adesso, però, Jennifer salutava tutti, sorrideva a tutti, scambiava una parola con tutti.

    Poi si accorse di lui. E anche a dieci metri di distanza, Quinn notò che il suo sorriso svanì.

    Lo aveva riconosciuto? Di colpo fu in allerta, pronto a correrle dietro se fosse fuggita, ma proprio allora Lorna le diede una gomitata e disse qualcosa che la fece arrossire.

    Quinn si rilassò. Si trattava di attrazione, dunque? Quell’idea gli piaceva parecchio. Così continuò a osservarla per altri dieci minuti, mentre lei distoglieva lo sguardo e poi ritornava a guardarlo. Il cuore incominciò a battergli più forte. Era la reazione a una situazione rischiosa, oppure gli ormoni di colpo avevano deciso di ammutinarsi?

    Quinn pensò di recitare un ruolo nuovo, fingendo di non sapere che il fidanzato di Jennifer era stato condannato per aver trafugato dei fondi pubblici e che adesso occupava una cella in una prigione federale. Doveva dimenticare che lei era sospettata di essere la sua complice principale.

    Doveva fare attenzione, comunque. E soprattutto non doveva dimenticare che adesso aveva delle regole ferree da seguire.

    La Winston mosse qualche passo verso di lui, poi esitò. Lui sostenne il suo sguardo. E si accorse con stupore che aveva gli occhi azzurri. Di un azzurro brillante, non marroni.

    Un’ondata di panico lo travolse all’improvviso. Quella non era Jennifer Winston, ma la sorellastra Claire. Un’insegnante di scuola elementare con gli occhi azzurri e - fino a quel giorno - i capelli scuri. Claire, la sorella buona.

    Questo significava che Jennifer non era più sotto sorveglianza e che poteva lasciare la città senza che nessuno se ne accorgesse, portandosi via i cinque milioni di dollari che aveva rubato il suo fidanzato.

    «Tolga subito l’ago» ordinò Quinn all’infermiera.

    «Ci vuole soltanto un minuto» tentò di protestare questa.

    «No! Le ho detto di togliermi l’ago, altrimenti lo farò io.»

    L’infermiera si precipitò ad aiutarlo. Gli sfilò l’ago dal braccio, premette un fiocco d’ovatta sul forellino. «Resti seduto, devo metterle un cerotto» gli disse, ma lui non le diede ascolto.

    Si alzò, mosse un passo. Di colpo gli si annebbiò la vista, un’ondata di nausea gli salì alla gola. Respira. Respira!, si disse. Metti giù la testa.

    E poi giù...

    «Sono sempre i più grandi e grossi a cadere» disse Lorna avvicinandosi a Claire quando quell’omone piombò a terra. «Gli prendo le chiavi. Ho l’impressione che non prenderà bene l’idea di dovere restare, qui sotto osservazione per un po’.»

    Claire studiò l’uomo svenuto mentre Lorna gli frugava nelle tasche e ne estraeva un mazzo di chiavi. Le sarebbe davvero piaciuto flirtare con lui e verificare se era vero che gli uomini preferivano le bionde. La sera prima, la sorella l’aveva convinta a tingersi i capelli nel primo giorno di vacanze estive, dal suo lavoro di maestra. E quel giorno le aveva anche prestato i suoi vestiti, perché quelli di Claire non si adattavano molto alla nuova pettinatura. Quando lo sconosciuto l’aveva guardata negli occhi, Claire aveva pensato che fosse interessato a lei, ma adesso, dopo essere svenuto, probabilmente sarebbe stato troppo imbarazzato per rivolgerle anche una semplice parola.

    Forse gli uomini preferivano solo alcune bionde.

    «Signor Gerard!» Lorna si avvicinò al paziente svenuto e gli picchiettò una guancia.

    Lui schiuse gli occhi. Si guardò intorno per un attimo, disorientato, poi il suo sguardo approdò su Claire.

    Lo sconosciuto aveva occhi marroni, i capelli neri tagliati cortissimi, quasi in stile militare. Doveva avere circa trentacinque anni e un corpo solido, muscoloso, alto ben più della media. Perché aveva tanta fretta di andarsene?, si chiese Claire. Era stato come se, vedendola da vicino, fosse scattato in lui qualche strano meccanismo. Eppure lei non era certo il tipo da intimidire gli uomini. Nonostante il nuovo taglio di capelli e i vestiti alla moda, era più che consapevole di non essere mai stata né bella, né sexy.

    Alla fine lo sconosciuto distolse lo sguardo e si mise a sedere.

    «Succo di frutta e biscotti, signor Gerard» lo istruì Lorna. «Non le permetterò di andarsene finché non sarò soddisfatta dalle sue condizioni.»

    «Pensa di potermi fermare?» obiettò lui in tono di sfida.

    Lorna gli fece dondolare davanti agli occhi le chiavi della macchina.

    «È sua abitudine approfittare di uomini privi di conoscenza?»

    «E lei vuole una sedia a rotelle per andare a sedersi al tavolo di Claire?»

    Lui serrò le labbra. «Ce la faccio da solo.»

    Avrebbe potuto afferrare le chiavi senza fatica, se avesse voluto, ma evidentemente si era reso conto di non essere ancora in grado di guidare. A Claire piacque la rapidità con cui seppe adattarsi alla situazione. «Arancia, mela o mirtillo?» gli chiese.

    «Arancia, grazie.» Gerard prese il cellulare e compilò un numero. «Cass? So che forse ti sei appena messa a letto, ma temo di aver perso il contatto. Già, sono quasi sicuro che sia andato perduto.»

    Claire versò il succo di arancia in un bicchiere e gli tese un piatto di biscotti.

    «È una lunga storia che è partita da un errore. Devi andare subito là a vedere cosa succede. Sì, lo so che forse è troppo tardi, ma dobbiamo controllare. Chiamami.» Terminata la conversazione, depose il cellulare sul tavolo, poi sollevò gli occhi verso Claire. «Grazie.»

    «Non c’è di che.»

    «Succede spesso che la gente svenga, da queste parti?»

    «Non è certo lei il primo.»

    «Una risposta educata per risparmiarmi ulteriore imbarazzo. Da quanto tempo lavora qui?»

    «È da marzo che presto volontariato un sabato al mese, ma adesso che sono incominciate le vacanze estive, potrò venire una volta alla settimana.»

    «Studia?»

    «No. Insegno in una scuola elementare.»

    «Da quanto tempo?»

    Stava forse cercando di indovinare la sua età. «Da quattro anni.» E ne ho ventisei, se è questo che ti interessa sapere. Troppo giovane per interessarti?

    «Quanto ci vorrà prima che il sergente maggiore mi restituisca le chiavi?»

    Claire sorrise della definizione di Lorna. «Una mezz’ora, tutt’al più. Quando sarà certo di potere guidare.»

    Lui mangiò un biscotto. «Non mi era

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