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Un sì d'amore: Harmony Collezione
Un sì d'amore: Harmony Collezione
Un sì d'amore: Harmony Collezione
Ebook152 pages1 hour

Un sì d'amore: Harmony Collezione

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About this ebook

Lui la rivuole indietro. A ogni costo...

Marina pensava che i suoi desideri fossero diventati realtà nel momento in cui Pietro D'Inzeo le aveva infilato la fede all'anulare. Ma il loro matrimonio si era rivelato assai diverso dalla favola che credeva, e lei se n'era andata, il cuore in frantumi.
Ora, però, Pietro non tormenta più i suoi sogni: Marina sa che è giunto il momento di chiudere con il passato, e nemmeno la sua richiesta di raggiungerlo in Sicilia la spaventa.

Sua moglie è lì davanti a lui, pronta ad apporre la firma che metterà fine al loro matrimonio. Ma Pietro non riesce a capire per quale motivo dovrebbe lasciarsela sfuggire una seconda volta.
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2018
ISBN9788858982129
Un sì d'amore: Harmony Collezione
Author

Kate Walker

Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.

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    Un sì d'amore - Kate Walker

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Proud Wife

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Kate Walker

    Traduzione di Silvia Paola Bazoli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-212-9

    1

    La lettera si trovava al centro della scrivania, esattamente dove l’aveva lasciata lui la sera precedente.

    Il foglio era ben in vista, e mancava solo la firma in fondo perché potesse venire piegato e imbustato.

    Una volta spedita quella lettera, non ci sarebbe stato più spazio per i ripensamenti.

    Fintanto che non avesse compiuto il gesto finale siglando quel foglio con il proprio tratto deciso, niente sarebbe successo e quel foglio sarebbe rimasto lì in attesa che lui si decidesse.

    Perché aspettava ancora? Pietro fece una smorfia involontaria. Non aveva trascorso quasi metà della sua vita a costruire il proprio successo, per poi esitare davanti a un foglio di carta.

    Lui aveva il tipo di staff indispensabile a un uomo di potere: un gruppo di persone che non solo obbediva ai suoi comandi, ma che aveva imparato ad anticipare perfettamente le sue mosse, sapendo esattamente cosa voleva e quando lo voleva.

    I suoi collaboratori restavano vigili finché lui non imponeva loro di agire, e solo allora eseguivano i suoi comandi alla perfezione.

    Per lui quella era diventata la normalità e ne era consapevole solo quando qualcosa non andava per il verso giusto, eventualità così rara che neanche ricordava l’ultima volta che si era verificata.

    Lui non ammetteva la mancanza di controllo, il sopravvento delle emozioni che conducevano alla confusione. Aveva provato una volta quel genere di stordimento e non voleva mai più sperimentarlo.

    «Dannazione!»

    L’imprecazione gli sfuggì mentre picchiava con il palmo della mano sul piano di mogano levigato della scrivania. Il leggero spostamento d’aria fece sollevare la lettera che atterrò a pochi centimetri dalla posizione precedente.

    Conosceva bene il caos generato dall’assenza di controllo. Una sola volta in vita sua era stato così sciocco da lasciarsi andare a quel tipo di sbandamento, aveva perso le redini e aveva disprezzato profondamente le conseguenze.

    Una volta era stata più che sufficiente.

    Solo una volta, e a causa di quella donna.

    I suoi occhi azzurro scuro erano fissi sulla lettera e strinse le mani a pugno per resistere alla tentazione di afferrare la carta e appallottolala,

    Gentilissima Signora Emerson...

    Non era quello il suo nome, ma mai e poi mai lui avrebbe permesso alla sua segretaria di scrivere Principessa D’Inzeo, o peggio ancora Gentilissima Marina.

    Ovviamente la donna in questione rispondeva a entrambi i nomi, ma lui detestava il pensiero di aver legato il suo nome di famiglia a una donna che aveva rinunciato al loro matrimonio dopo meno di un anno e se n’era andata senza neanche voltarsi indietro.

    Solo il ricordo del nome di lei evocò l’immagine di una folta capigliatura rossa e di grandi occhi verdi da gatta. Aveva conosciuto quella donna quando lei aveva colpito in pieno la sua auto su una strada gelata di Londra. Lui si era attardato nello scambio dei dati dell’assicurazione e aveva ottenuto che lei accettasse di bere qualcosa con lui per definire l’accordo. Quell’aperitivo si era trasformato in una cena e per finire lei non era più uscita dalla sua vita.

    Non finché si erano sposati.

    Il loro brevissimo matrimonio era stato un totale fallimento, un brutto ricordo del quale lui si vergognava. Lui si aspettava che la passione travolgente che provavano si sarebbe lentamente esaurita, ma non che finisse di punto in bianco e tanto meno che la nuova esistenza che lui credeva di accogliere nella sua famiglia avrebbe comportato la fine di quella che aveva creduto fosse la sua nuova vita.

    Era tutto così confuso, una questione irrisolta che doveva essere definita, chiusa e ufficializzata. Ecco il perché di quella lettera.

    Pietro si passò le mani fra i capelli scuri, lo sguardo fisso sulle poche righe che componevano quella missiva. Era ciò che lui voleva: liberarsi della donna che aveva buttato all’aria la sua vita e che non l’aveva mai amato.

    Voleva chiudere la porta su quel capitolo del suo passato, cancellare quell’episodio e pensare al suo futuro. Allora perché esitava, perché si sentiva combattuto? Perché non si decideva a firmare e spedire quella lettera?

    Non doveva più perdere tempo. Doveva farla finita, una volta per tutte.

    Prese la sua penna d’argento, appoggiata accanto al foglio, l’aprì con un gesto deciso, pronto a riprendersi la sua libertà.

    Solo pochi secondi per apporre la sua firma ed era tutto chiuso.

    Piegò con meticolosità la lettera e l’infilò nella busta preparata dalla sua assistente. Non voleva affidarla alla posta normale.

    «Maria!» Alzò la voce per farsi sentire dalla segretaria che accorse.

    «La consegni al corriere. Voglio essere certo che arrivi prima possibile a destinazione.»

    Voleva essere sicuro che venisse consegnata nella mani di Marina, voleva sapere con certezza che lei l’aveva ricevuta e che lui poteva finalmente riprendersi la sua vita.

    Anche la donna che di lì a poco sarebbe diventata la sua ex moglie sarebbe stata libera di chiudere con il passato, cosa alla quale sicuramente teneva almeno quanto lui.

    La lettera si trovava al centro del tavolo di cucina, esattamente dove l’aveva lasciata lei la sera precedente. Il foglio era ben in vista, proprio di fronte alla sedia dove lei sedeva.

    Marina sapeva che quella volta l’avrebbe letta e riletta e finalmente avrebbe assimilato il contenuto.

    La sera precedente, quando il corriere gliel’aveva recapitata, era rimasta talmente sconvolta nel leggere che il mittente era suo marito, che aveva scorso rapidamente le righe scritte con un carattere molto elegante, senza realmente comprendere cosa dicessero e ricavando solo l’idea generale di quello che Pietro aveva scritto.

    Le parole le avevano danzato davanti agli occhi, macchie indistinte che non era riuscita a mettere a fuoco. Era andata un po’ meglio quando l’aveva riletta più tardi. Aveva compreso quello che Pietro domandava, ma non era stata in grado di stabilire come la facesse sentire.

    Aveva deciso di dormirci sopra nella speranza che il riposo le avrebbe chiarito le idee.

    Ma quale riposo?

    Aveva trascorso la notte insonne, tentando inutilmente di cancellare o almeno di ignorare le immagini e i ricordi che le affioravano alla mente.

    Quella mattina mentre preparava il tanto agognato caffè, aveva ancora davanti agli occhi le scene che le parole contenute in quella lettera avevano evocato.

    Bevve un’enorme tazza di caffè e si accinse a rileggere un’altra volta la missiva di Pietro. Stava per prenderla in mano, quando lo squillo inatteso del telefono la fece sobbalzare e uno spruzzo di caffè macchiò l’elegante carta da lettera.

    «Ciao, sono io.»

    «Chi parla?»

    Aveva lo sguardo fisso sulla lettera e i pensieri persi altrove e le ci volle qualche minuto prima di comprendere a chi appartenesse quella voce.

    «Sono Stuart.»

    Lui era chiaramente alterato e la cosa non la sorprese. Si erano conosciuti nella biblioteca locale e della quale lei era responsabile. Lui non aveva fatto mistero di essere attratto da lei. Era ovvio che lui si aspettasse di essere riconosciuto, ma in quel momento lei era alle prese con il ricordo di un altro uomo.

    Il contrasto fra la voce sensuale e leggermente accentata di suo marito e l’accento piatto dello Yorkshire di Stuart le sembrò ancora più evidente quella mattina.

    «Perdonami Stuart. Non sono del tutto sveglia.»

    «Mi stavo chiedendo se ti va di organizzare qualcosa per il fine settimana.»

    «Sarebbe...»

    Un rapido sguardo alla lettera la fece ammutolire. Stuart era il tipo d’uomo del quale lei aveva bisogno. Era bello, era gentile e dolce. Ma lei non se la sentiva di uscire con un uomo. Non poteva mostrarsi interessata a un altro finché era sposata con Pietro.

    «Oh no, scusami! Mi stavo dimenticando che devo andare via.»

    «Qualcosa di carino?»

    «No, non proprio» rispose Marina.

    Come avrebbe potuto dirgli che doveva rivedere suo marito? Lei e Stuart stavano imparando a conoscersi e forse fra loro sarebbe nato qualcosa. Come poteva spiegargli che Pietro faceva ancora parte della sua vita, anche se molto da lontano e per poco ancora?

    Lei riuscì a cavarsela, dando a Stuart risposte vaghe e alla fine lui riappese, chiaramente infastidito.

    Grazie, Pietro, pensò lei. Non fai più parte della mia vita da due anni e non appena ti metti in contatto con me, riesci a crearmi dei problemi.

    Possibile che lei stesse esagerando? Che avesse frainteso il senso della lettera?

    No, una seconda e più attenta lettura le confermarono che non solo non aveva frainteso, ma che aveva tutti i motivi per essere in ansia.

    Pietro era rientrato nella sua vita dopo averla completamente ignorata e avere evitato qualunque contatto con lei per due anni e pretendeva di riprendere il controllo come al suo solito. L’aveva mandata a chiamare. Doveva recarsi a Palermo, obbedire agli ordini di Pietro.

    Suo marito aveva schioccato le dita e si aspettava che lei balzasse in piedi. Lei gettò un altro sguardo alla lettera.

    Siamo separati da due anni ormai. Questa situazione si è protratta per troppo tempo. È ora di trovare una soluzione.

    «Non sai il piacere che mi fai» mormorò Marina a bassa voce. Era tempo che la separazione fra loro diventasse effettiva.

    Aveva sempre saputo che quel momento sarebbe arrivato, che era inevitabile dopo la sua fuga. Lei aveva tentato di celare i veri motivi che l’avevano indotta a fuggire, la sua angoscia nello scoprire che suo marito non l’aveva mai amata.

    In un certo senso si stupiva che la richiesta di Pietro non fosse giunta prima. Dentro di sé aveva coltivato un’ultima briciola di speranza che era stata calpestata dalle parole scritte in quella lettera.

    È assolutamente necessario che tu venga in Sicilia per discutere i termini del nostro divorzio.

    Era molto simile alla prima lettera che lui le aveva scritto dopo che lei era fuggita e aveva fatto ritorno a casa, la differenza era che allora lui le aveva ordinato di tornare a occupare il suo posto di moglie.

    Le aveva imposto di scordare ciò che l’aveva indotta a fuggire e a riprendere la loro vita come se nulla fosse accaduto.

    Erano trascorsi due anni eppure lei soffriva ancora.

    Si strinse le braccia al petto e si sforzò di arginare al sofferenza.

    Allora aveva creduto di avere tutto ciò che poteva desiderare: l’uomo che

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