Promessa d'amore: Harmony Collezione
By Sara Craven
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About this ebook
... l'uomo che ha sposato due anni prima, lasciandolo però poco dopo il fatidico sì. Lui, infatti, non la ama davvero, l'ha sposata solo per tenere fede a una promessa fatta al suo migliore amico, e lei non può accettare di vivere con qualcuno a quelle condizioni. Laine pretende di essere amata da colui che ha scelto per la vita...
Daniel però è tornato da lei per restare, e avere dalla sua giovane e bella moglie tutto ciò che non gli ha ancora dato fino a quel momento.
Sara Craven
E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.
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Promessa d'amore - Sara Craven
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Innocent on Her Wedding Night
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Sara Craven
Traduzione di Giuseppe Biemmi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-427-1
1
Quando l’ascensore iniziò la salita verso il quarto piano, Laine Sinclair posò a terra la sua informe sacca da viaggio, flettendo le dita intorpidite e abbandonandosi contro la parete di metallo.
Se era arrivata fino a quel punto lo doveva all’adrenalina, alimentata in gran parte dalla rabbia e dalla delusione, ma adesso, con il rifugio ormai a portata di mano, la furiosa energia che l’aveva accompagnata stava svanendo, abbandonandola all’effetto del jet-lag e a una caviglia malconcia che, a dispetto del bendaggio rudimentale, le faceva un male d’inferno.
Casa, pensò, impaziente di arrivare, passandosi una mano nei capelli castani, schiariti dai colpi di sole. Desiderava nell’ordine la sua casa, un bel bagno e... il suo letto. Specialmente il letto. Forse si sarebbe preparata anche qualcosa di caldo da bere. Ma probabilmente no.
Non ci sarebbe stato nessuno in giro per l’appartamento. Jamie era al lavoro, e non era giorno di pulizie. Quindi, per quanto ne avesse bisogno, non avrebbe certo ricevuto coccole.
In compenso, avrebbe trovato pace e tranquillità, e avrebbe avuto l’opportunità di dormire per provare a cancellare almeno in parte le tensioni e la fatica prima di essere sottoposta al tribunale dell’Inquisizione.
Le pareva già di sentirlo. Che cosa ci fai qui? Che ne è stato dell’attività di noleggio barche? E dov’è Andy?
A un certo punto avrebbe inevitabilmente dovuto fornire delle risposte a tutto questo, e ad altro ancora, ma se ne sarebbe curata al momento opportuno. Cioè, non adesso. Quanto meno Jamie, con la sua non proprio limpida carriera, difficilmente l’avrebbe apostrofata con il classico te l’avevo detto.
L’ascensore si arrestò e, quando le porte scorrevoli si spalancarono, raccolse la borsa, se la mise su di una spalla e uscì in corridoio, sussultando non appena la caviglia si fece sentire.
Frugò nel marsupio alla ricerca della chiave di casa. Non era stata sua intenzione portarla con sé: avrebbe voluto lasciarsela alle spalle, dando un taglio con quel gesto simbolico alla sua vecchia vita.
Aveva pensato che non le sarebbe più servita... Ironia della sorte, si stava rivelando utile, eccome.
Entrò in casa, posò la borsa, e rimase in piedi a guardare lo spazioso soggiorno che, unitamente alla cucina che si trovava di fronte, formava il territorio neutrale dell’appartamento. Due camere con bagno poste dirimpetto l’una rispetto all’altra si aprivano alle due estremità dell’area comune, disciplinata da regole ben precise. Un sistema che funzionava. E bene...
Inarcando le sopracciglia, Laine notò che l’appartamento era insolitamente lindo, senza bottiglie di vino vuote, quotidiani spiegazzati e contenitori di cibo da asporto che contrassegnavano il normale passaggio di suo fratello.
Forse, tutte le sue insistenti ramanzine alla fine erano servite a qualcosa. E, se non altro, non avrebbe dovuto cercare di ritagliarsi un passaggio nella spazzatura per raggiungere la sua camera da letto.
Ma, assieme a quel pensiero, gliene vennero subito altri due. Primo: la porta della sua camera era aperta, quando invece avrebbe dovuto essere rigorosamente chiusa. Secondo: sentiva qualcuno che si stava muovendo al suo interno.
Be’, che ne so io?, pensò stancamente. Manco da un mese. Forse la signorina Archer ha cambiato orario, e questo spiega perché il posto sia incredibilmente tirato a lucido.
Dischiudendo le labbra, si preparò a manifestare la propria presenza, ma non riuscì a pronunciare una singola parola. Perché, improvvisamente, la porta della sua camera si spalancò e un uomo, nudo come un verme, si presentò in soggiorno.
Laine emise uno strillo. Chiudendo gli occhi, fece un passo indietro troppo affrettato e inciampò nella borsa che aveva abbandonato a terra, storcendo nuovamente la caviglia e avvertendo una fitta lancinante su per la gamba che le fece stringere i denti.
L’intruso disse qualcosa che combinava blasfemia e oscenità in una frase particolarmente fantasiosa, quindi svanì, ritornando in tutta fretta nella stanza da cui era appena sbucato.
E lasciando Laine nel bel mezzo del soggiorno, ferma come una statua.
No... oh, non può essere, le sussurrò nella testa una vocina. Perché conosceva quella voce. La conosceva bene quanto la propria, anche se non si sarebbe mai aspettata di doverla risentire.
Il corpo invece non lo aveva riconosciuto da quell’occhiata di sfuggita, ma d’altra parte lo aveva sempre visto più che vestito in precedenza.
Tuttavia, non aveva alcun dubbio sull’identità dell’intruso. In quel caso, pensò rabbrividendo mentre afferrava la sua borsa da viaggio, avrebbe lasciato al più presto il luogo in cui si trovava.
Era quasi giunta alla porta quando udì di nuovo la voce di lui, proveniente dalla parte opposta del soggiorno.
«Elaine.» L’odiata versione completa del suo nome, pronunciata con una sorta di distaccato sdegno. «Con tante persone che si sono al mondo... cosa ci fai tu qui?»
«Daniel?» In qualche modo, riuscì a dirlo. A pronunciare quel nome ad alta voce. «Daniel... Flynn?»
Si voltò lentamente e con circospezione, e notò con sollievo che lui aveva avuto la decenza di allacciarsi un asciugamano attorno ai fianchi e che se ne stava in piedi sulla soglia della camera con una spalla nuda appoggiata con nonchalance contro lo stipite.
Non era cambiato granché negli ultimi due anni. Non nell’aspetto, in ogni caso. I capelli mossi e scuri, ancora bagnati per la doccia, erano sempre più lunghi del convenzionale. Il viso affilato e deciso, con gli zigomi accentuati e la bocca ben scolpita, era mozzafiato come sempre. In quanto al fisico, alto e slanciato, era ancora più potente di quanto ricordasse, con un paio di gambe interminabili e un’ombra scura che, partendo dal torace, si assottigliava scendendo verso lo stomaco piatto.
Sebbene si fosse almeno un minimo coperto, non c’era davvero nulla di cui sentirsi sollevata, si disse Laine mentre iniziava a tremare dentro. Anzi, al contrario...
«Non ci posso credere.» Sfoderò un tono carico di acredine. «Mio Dio, Daniel, speravo di non doverti rivedere mai più!»
«E invece hai visto molto più di quanto non ti saresti aspettata.» Lui la squadrò da capo a piedi, gli occhi nocciola impertinenti sotto alle folte ciglia mentre indugiava sui pantaloni bianchi piuttosto sporchi e la camicetta azzurra stropicciata. «Eh, la vita è piena di sorprese.»
«Che cosa ci fai tu qui?» Laine sollevò il mento altezzosamente, cercando di non arrossire.
«Mi stavo facendo una doccia.» Il volto abbronzato di lui si fece ostile. «Non è abbastanza evidente?»
«È evidente quanto il fatto che non era ciò che intendevo.» Lei si sforzò di mantenere ferma la voce. Di ritrovare un qualche controllo nei confronti di quella situazione tanto seccante quanto indesiderata. «Ti sto chiedendo cosa ci fai in questo appartamento.»
«Veramente la domanda l’ho posta io per primo» puntualizzò lui. «Avevo sentito che ti eri lanciata in una nuova avventura nelle Keys, in Florida.»
«In effetti, sì, ero impegnata in un’attività di noleggio barche» disse concisamente lei. «Ma a te che importa?»
«Mi stavo semplicemente chiedendo come mai ti trovi da queste parti invece di essere sul ponte di una qualche imbarcazione a preparare dei daiquiri ben ghiacciati.»
«Non sono tenuta a fornire spiegazioni a te» rimbeccò Laine con freddezza. «Ti basti sapere che sono tornata a casa per restarci, quindi puoi rivestirti e lasciare al più presto questo appartamento, prima che chiami la polizia per farti buttare fuori.»
L’espressione di lui si fece irridente. «Devo mettermi a tremare, affrettandomi a ubbidirti? È questo che vuoi? Be’, niente da fare, dolcezza. Perché, a meno che il tuo caro fratellino non mi abbia mentito, e francamente non penso che abbia osato fare una cosa simile, allora metà di questa confortevole abitazione è sua, ed è esattamente quella la metà che sto occupando io.»
«Che stai occupando tu?» ripeté lentamente lei. «Con quale diritto?»
«Ho un contratto trimestrale» affermò lui. «Regolarmente sottoscritto e legalmente valido.»
Il cuore prese a batterle in modo scomposto. «Io non ho dato alcun permesso in questo senso.»
«Per forza, non c’eri. E Jamie mi ha garantito che gli affari avrebbero continuato ad andarti a gonfie vele. Pensava che tu e il tuo amico noleggiatore foste destinati a un fulgido futuro insieme.» Lui le esaminò con lo sguardo la mano sinistra priva di anelli, storcendo leggermente la bocca. «Si sbagliava?»
Sì, pensò lei. Si sbagliava di grosso. Ma all’epoca era stato più opportuno non informarne Jamie.
Ad alta voce disse: «C’è stato un leggero cambiamento di programma».
«Ah!» esclamò lui. «Dunque, un altro che si è ritrovato a mordere la polvere? Mi auguro che tu non stia facendone un’abitudine.» Aspettò che lei tirasse un breve sospiro, che non le riuscì di controllare, quindi proseguì con tono mellifluo. «Comunque, è stato in base alla precisa intesa che avrei avuto l’appartamento tutto per me che ho accettato di prenderlo in affitto durante il periodo di assenza di tuo fratello.»
«Assenza?» mormorò lei sconcertata. «Da quando?»
«Da tre settimane.» Lui fece una pausa. «Jamie è andato negli Stati Uniti. Ma si tratta di una cosa provvisoria» la informò.
«Perché non me lo ha comunicato?»
«Perché tutto è accaduto piuttosto rapidamente.» Il tono suadente si fece ancor più marcato. «Ha cercato di contattarti, ma tu non sembravi... reperibile. Telefonate e fax dirette alla tua sede sono rimasti senza risposta.» Lui si strinse nelle spalle muscolose, attirando la riluttante attenzione di Laine sul suo torace, e anche più in basso.
Dio, quanto era striminzito quell’asciugamano, pensò, sentendosi stringere la gola. E non dava nemmeno l’impressione di essere saldamente allacciata.
Decise di distogliere lo sguardo dal suo interlocutore. «Sempre ammesso che questo dubbio accordo sia valido» disse a denti stretti, «ciò non spiega perché sei appena uscito dalla mia camera.»
«Perché adesso è mia» rispose lui candidamente. «Per il periodo di validità del contratto.» Il sorriso che sfoderò si rivelò aspro. «Finalmente dormo nel tuo letto, cara. Ti assicuro che è un piacere da gustare appieno.»
«Non per quel che mi riguarda.»
«C’è stato un tempo, però, in cui l’idea sembrava avere una certa attrazione su di te.»
«Ma questo è stato prima che mi rivelassi essere una traditrice, una bugiarda e una poco di buono. E sto solo citando a memoria.»
Le sopracciglia gli si inarcarono. «Sì, è quello che stai facendo... con estrema precisione. Ma trasferirmi nella tua stanza non è stata una scelta deliberata suggerita da una qualche malizia. O dalla nostalgia di quello che avrebbe potuto essere e non è stato» aggiunse Daniel, piegando la bocca di lato. «Si tratta di una semplice questione di convenienza.»
«Tuttavia, sarai certamente in grado di capire» continuò lei, come se Daniel non avesse parlato, «che non desidero condividere il tetto con te ora più di quanto non lo desiderassi due anni fa.»
«Sì, comprendo che possa essere un problema» convenne lui.
«Mi fa piacere constatare che sei disposto a dimostrarti ragionevole» dichiarò lei, piuttosto sorpresa di questo. «Perciò, ti attiverai subito per trasferirti armi e bagagli in un ambiente più appropriato?»
La smorfia che le rivolse non la rassicurò affatto. «Tipo profondo degli inferi? Ehi, tu corri troppo, dolcezza. Qualsiasi problema possa esserci, è tuo, non mio, perché io non andrò proprio da nessuna parte. Ciò che deciderai di fare tu, invece, è assolutamente affar tuo.»
Lei lo fissò, le labbra dischiuse per lo stupore. «Ma non puoi farmi questo!»
Daniel scrollò le spalle, sistemandosi con noncuranza l’asciugamano che minacciava di slacciarsi. «Staremo a vedere» rimarcò tranquillamente.
«Non puoi volere veramente vivere qui!»
«Perché no? A parte gli ultimi cinque minuti, mi sono trovato benissimo.»
«È una sistemazione talmente ordinaria...» Lei scandì bene le parole, sorridendo come se avesse improvvisamente visto il lato buffo della situazione. «In fin dei conti, è solo un appartamento. Niente sfarzoso