Un ingannevole passione: Harmony Destiny
By Tessa Radley
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About this ebook
Finalmente è arrivato il momento che il ricchissimo uomo d'affari Rico D'Alessio sta aspettando da anni. Distruggere la famiglia Sinclair non è più solo un sogno che lo tormenta ogni notte, ma una concreta possibilità. Per attuare il suo piano, però, ha scelto una strada inconsueta: sposerà Danielle Sinclair e avrà un figlio da lei. Solo allora la sua vendetta sarà completa. Anche i piani migliori, tuttavia, hanno un punto debole e quello di Rico è proprio la sua giovane moglie: bellissima, intelligente affascinante. E con un segreto inconfessabile capace di sconvolgere la sua vita e il suo cuore.
La VENDETTA è un piatto che va consumato freddo, ma un SEGRETO scioccante può cambiare le carte in tavola in modo inatteso.
Tessa Radley
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Un ingannevole passione - Tessa Radley
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Rich Man’s Revenge
Silhouette Desire
© 2007 Tessa Radley
Traduzione di Sonja Liebhardt
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-243-2
1
Missione compiuta.
Danielle Sinclair fece un lungo sospiro di sollievo, infilando il candido bouquet di gigli, fresie e gissofile in un bel vaso posto sul tavolino da toeletta. Kim si era sposata. Finalmente.
Dopo anni passati a badare a sua sorella, tirandola fuori da una serie infinita di guai, Kim non era più un suo problema. Adesso aveva un marito e Danielle poteva rilassarsi.
Il matrimonio dell’anno era stato un avvenimento davvero indimenticabile, un’abbondanza di pizzo bianco, decorazioni ricercate di fiori e champagne francese. Non esattamente quel che Danielle si sarebbe aspettata da quella testa calda di sua sorella. Ma Kim era stata perfetta nell’elegante abito nuziale, con i capelli rossi che le incorniciavano il viso ostinato e inaspettatamente pallido.
Al termine dei festeggiamenti sua sorella si era girata e, dopo aver scrutato la folla degli invitati, aveva buttato il bouquet proprio nelle mani di Danielle.
Stringendo convulsamente i fiori e avvolta nel loro profumo inebriante, lei era rimasta come pietrificata. Prendere al volo un bouquet non le avrebbe procurato uno sposo e tanto meno l’uomo dei suoi sogni. Se la vita fosse stata così facile, avrebbe fatto esattamente quel che aveva fatto Kim: sarebbe passata di cerimonia in cerimonia, conquistandosi il mazzo di turno fino a trovare l’uomo che cercava.
Danielle sperava solo che Bradley Lester, CEO della società di suo padre e cognato recentemente acquisito, sapesse in che cosa si era imbarcato. Ma Kim meritava un po’ di felicità dopo l’umiliazione e la sofferenza che le aveva procurato Rico D’Alessio quattro anni prima.
No. Non doveva pensare a quell’uomo proprio nel giorno del matrimonio di Kim. Lui poteva anche bruciare all’inferno, per quello che le importava!
Danielle controllò l’orologio. In quel momento Kim e Bradley avrebbero ormai dovuto essersi felicemente sistemati nella suite imperiale dell’Hilton, da cui si godeva una splendida vista sui lussuosi yacht ormeggiati nel Viaduct Basin di Auckland. L’indomani sarebbero volati alla volta del paradiso tropicale delle Fiji.
Scuotendo la testa che le doleva un po’, Danielle si sfilò le mollette dai capelli e le lasciò cadere nel cassetto davanti a sé, che richiuse con le ginocchia prima di sfilarsi finalmente il vestito molto aderente di taffettà color magenta che indossava dalla mattina. Poi lo sistemò su una gruccia, anche se non l’avrebbe senz’altro più indossato.
Quel colore non era stato una sua scelta. Avrebbe preferito colori più delicati, come un elegante blu ghiaccio. Ma chi si metteva a discutere con una sposa? Specialmente una che tutti volevano vedere sistemata.
Si concesse un bagno veloce per attenuare l’intorpidimento che avvertiva alle gambe per via delle scarpe dal tacco troppo alto e per togliersi quel sorriso forzato che aveva esibito tutto il giorno. Poi si sarebbe preoccupata di quello di cui suo padre voleva parlare. Magari avrebbe persino avuto l’opportunità di esaminare la relazione che aveva ultimato il giorno precedente prima di andare a letto.
Il lavoro era qualcosa che capiva molto meglio dei matrimoni.
«Che cosa diavolo vuoi, D’Alessio?»
Portare te e tua figlia con me all’inferno. Ma invece di dichiarare il proprio intento, Rico D’Alessio ignorò la domanda di Robert Sinclair, incombendo sull’ampio tavolo che avrebbe fatto sembrare piccola una stanza normale. Qui, nell’immenso spazio dello studio di Sinclair, nel palazzo di Paritai Drive, il tavolo occupava a malapena un angolo. Gettando appena un’occhiata allo sfarzo che lo circondava, Rico posò lentamente i pugni sul tavolo antico, fissando l’uomo seduto dall’altra parte.
Rico doveva fare i conti con Sinclair. L’uomo più anziano non arretrava certo di fronte a un’esibizione di muscoli. Né tremava, mentre l’unico erede d’innumerevoli generazioni di D’Alessio dal caldo sangue italiano si chinava sempre più minaccioso verso di lui.
Poi Sinclair sbatté le palpebre.
Dunque il suo ex mentore era nervoso. Rico strinse gli occhi, mentre Sinclair, evitandolo deliberatamente, lanciava uno sguardo per controllare che i suoi collaboratori fossero al loro posto. Rico non era particolarmente preoccupato della presenza di David Matthews, l’avvocato grintoso della Sinco. Né del giovane muscoloso armato di pistola che gli stava accanto, pronto a intervenire. Ma l’uomo scuro e tarchiato seduto dall’altra parte della stanza era un’altra cosa. Ken Pascal, era lui quello da tenere d’occhio.
Le gocce di sudore comparse sulla fronte di Sinclair diedero a Rico un’intensa soddisfazione. Avrebbe dovuto sudare un bel po’ di più prima che tutto fosse finito.
«Ti ho detto ieri al telefono che ti avrei risarcito.» Robert Sinclair indicò una pila di fogli in un contenitore di legno posto a una delle estremità dell’ampio tavolo. «Firma il contratto che David Matthews ha preparato e farò in modo che una somma forfettaria venga trasferita su un conto ovunque tu voglia.»
Rico strinse la mascella. «Nessuna somma di denaro potrà mai compensare quello che ho perso.»
Una ruga comparve sulla fronte di Robert Sinclair. «Allora che cosa vuoi?»
Rico decise di rischiare. «Tutto!»
«Tutto?» Per la prima volta l’altro sembrò sconcertato. «Che cosa intendi con tutto?»
Sinclair era bravo, maledettamente bravo. Ma non sarebbe stato sufficiente. Solo un paio di giorni dopo avere ricevuto la telefonata dal suo avvocato, Rico era volato al capezzale di suo padre e aveva ascoltato la sua richiesta di avere un nipote. Più tardi quello stesso giorno, in un cimitero nei dintorni di Milano, con il cuore colmo di dolore e di angoscia mai assopita, Rico aveva giurato vendetta. Sulla tomba di Lucia. Per la prima volta in quattro anni aveva una missione da compiere: ritornare in Nuova Zelanda e farla pagare a Sinclair e a sua figlia. Purtroppo uno dei suoi obiettivi era già saltato: Kim si era sposata.
Rico rivolse un sorriso minaccioso a Sinclair, addolcendolo appena un po’, quando un primo accenno di paura comparve negli occhi grigio acciaio dell’anziano uomo. «Hai dei problemi a capire la parola tutto?» gli chiese Rico con un tono leggermente sarcastico. «Magari possiamo consultare un dizionario per definirla meglio?» Sollevò un sopracciglio. «O è il mio accento che non sei in grado di capire?»
Sinclair assunse un cipiglio combattivo. «Il tuo accento è impeccabile, D’Alessio. Come potrebbe essere altrimenti, dopo un decennio passato in Nuova Zelanda?»
Rico si dondolò avanti e indietro, desiderando sempre di più prenderlo a pugni. Facendo forza su se stesso, si trattenne però dal farlo. Non aveva intenzione di rischiare di farsi arrestare. Anche se ormai non gl’importava un bel niente di tante cose. «Dunque che cosa esattamente non hai capito?» mormorò, rivolgendo a Sinclair un sorriso sprezzante.
Altre gocce di sudore comparvero sulla fronte del rivale. «Che cosa vuoi?»
«Rivoglio le mie azioni della Sinco Security e un risarcimento per quel che ho perso.»
«Fatto.» La voce di Sinclair si fece roca per il sollievo.
«E voglio di più.»
«Quanto?» Sinclair guardò Rico come se assomigliasse a qualcosa di sgradevole e di meschino.
Rico strinse i pugni, lottando contro la furia e il dolore che minacciavano di farlo impazzire. Dunque Sinclair continuava a pensare di poterlo comprare! Rico storse la bocca. La ricchezza di Robert Sinclair l’aveva attirato un tempo, come la visione di un miraggio per un esploratore assetato. Ora non aveva più bisogno di Robert Sinclair o della Sinco Security. Possedeva una fortuna che Sinclair neppure immaginava.
Una fortuna che non avrebbe voluto per quel che gli era costata.
Ma Sinclair non lo sapeva. Sinclair pensava di avere a che fare con un vagabondo che lui aveva spinto all’esilio. A denti stretti Rico sibilò: «Non voglio il tuo maledetto denaro».
«Allora che cosa accidenti vuoi, D’Alessio?» Sinclair ripeté la domanda, scandendo bene le parole.
Se solo avesse saputo...
Rico rifletté un momento, sforzandosi per trovare le parole che avrebbe potuto usare un tempo, prima di perdere tutto il rispetto per l’uomo che aveva di fronte. La risposta gli venne subito in mente. Incontrò i penetranti occhi metallici di Sinclair. «Rivoglio il mio posto nel consiglio d’amministrazione della Sinco.» Se lo meritava. Aveva lavorato sodo per contribuire a far diventare la Sinco Security quel che era oggi. Era stato lui ad avere l’idea di creare una super security per le grandi ricchezze, facendo della Sinco una potenza con cui fare i conti nell’area dell’Asia e dell’Oceania. «E non voglio semplicemente un posto, maledizione, voglio essere presidente.»
«Impossibile. Quel posto è già occupato.» Alcune profonde rughe comparvero sulla fronte dell’uomo più anziano. «Suvvia, D’Alessio. Sono una persona ragionevole e sto facendo tutto il possibile per venirti incontro.»
Improvvisamente Rico si alzò e si diresse verso la porta.
«Dove stai andando?» Sinclair sembrava allarmato.
Rico si girò, passandosi una mano tra i capelli come a volere dare una parvenza di ordine ai riccioli particolarmente lunghi. «A prendere delle foto. Ce ne sarà una notevole richiesta da parte dei quotidiani. E magari chiamerò qualche canale televisivo. Si vedrà chi farà l’offerta migliore.» Rivolse a Sinclair un sorriso tranquillo. «Per il momento ti saluto.»
Ovviamente non aveva alcuna intenzione di vendere la storia ai giornali. Ma Sinclair non lo sapeva. Mentre si girava verso la porta, Rico poté sentirlo digrignare i denti. Con soddisfazione gli sentì dire: «Non essere così precipitoso, D’Alessio».
Rico si fermò e si volse con un movimento lento e studiato. Senza dubbio Sinclair non aveva mai dovuto pregare qualcuno in vita sua prima di allora.
Ma avrebbe imparato a farlo.
Più tardi, lavata e rivestita, eliminato il pesante trucco dal viso e la lacca dai capelli, Danielle si sentì rilassata a sufficienza per riflettere su suo padre. Robert Sinclair era una persona che pensava a ben poco che non fosse il lavoro. Dopo essere tornato a casa, invece di brindare al matrimonio di Kim con un bicchiere di champagne insieme alla figlia rimastagli, aveva comunicato in modo conciso a Danielle che la voleva vedere entro un’ora nel suo studio.
Aggrottando la fronte, Danielle si lisciò l’abito di cotone bianco che aveva indossato. Era in ritardo. Di venti minuti. E suo padre odiava aspettare. Ma per una volta ci prese gusto a indugiare, avvertendo una punta d’insolita ribellione dentro di sé.
Era sempre stata Kim la ribelle di casa. Alcuni anni prima Danielle aveva cercato di andarsene dalla prigione che era diventato il bel palazzo di famiglia, ma suo padre aveva bloccato qualsiasi suo tentativo per trasferirsi a vivere in un appartamento con ex compagne di scuola. Alla fine le sue amiche l’avevano lasciata perdere, concentrandosi sulla propria vita e dimenticandosi di lei che continuava a vivere con suo padre.
Danielle fece una smorfia. Quant’era stata stupida a non accorgersi di come si fosse isolata.
Doveva laurearsi e suo padre pretendeva da lei che prendesse il massimo dei voti.