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Una regola da infrangere: Harmony Collezione
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Ebook178 pages2 hours

Una regola da infrangere: Harmony Collezione

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About this ebook

Cosa succede quando si infrangono tutte le regole?

Shara Atwood è abituata al brusio delle feste mondane e ai flash dei paparazzi. Ma il solletico alla gola dello champagne millesimato è nulla in confronto all'inebriante sguardo e al fisico scolpito del suo nuovo bodyguard, l'enigmatico Royce. Shara sa bene che la cosa migliore da fare sarebbe seguire alla lettera le indicazioni di Royce, ma sa anche che non rispettare ogni sua regola è molto più intrigante.
LanguageItaliano
Release dateFeb 11, 2019
ISBN9788858993392
Una regola da infrangere: Harmony Collezione

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    Una regola da infrangere - Tina Duncan

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Playing His Dangerous Game

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Tina Duncan

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-339-2

    1

    La fotografia non le rendeva giustizia.

    Anche se Royce la stava guardando dall’altro capo del locale, Shara Atwood era così viva e vibrante che illuminava la pista.

    Non si trattava solo del suo modo sensuale di ballare, lei sembrava irradiare un campo d’energia che rendeva impossibile non notarla.

    E tutti gli uomini nel club la stavano guardando.

    I giovani single la fissavano come calamitati. Gli uomini più maturi e quelli accompagnati da mogli e fidanzate lo facevano in modo più discreto. I loro sguardi volavano su Shara, ogni volta che pensavano di non essere smascherati.

    Royce non apparteneva a nessuna delle due categorie. Lui guardava Shara perché doveva farlo.

    Perché, da circa un’ora, guardarla era il suo lavoro.

    Ma trovava irritante il fatto che quel compito gli risultasse così gradito. E il formicolio che gli correva sotto la pelle lo irritava doppiamente.

    Shara Atwood era il tipo di donna che Royce disprezzava. Per quanto fosse bella e sensuale, era viziata ed egoista.

    Conosceva il tipo e ne stava alla larga, a meno che il suo lavoro non glielo imponesse.

    Questo gli ricordò il motivo per cui si trovava lì. Si staccò dalla parete e si incamminò. La folla gli si apriva davanti come il Mar Rosso. Il suo metro e novanta di solito faceva quell’effetto alla gente. Dovevano essere convinti che fosse meno pericoloso spostarsi, che andare a sbattere contro di lui.

    Si fermò al bordo della pista da ballo.

    Così da vicino, Royce si accorse che Shara teneva gli occhi chiusi.

    Si muoveva, sinuosa e sensuale, al ritmo della musica, ignorando tutto ciò che le stava intorno, incluso un biondino particolarmente ardito, che cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione.

    Mentre Royce lo fissava, il ragazzo le mise una mano sulla spalla che Shara si scrollò via come se fosse una mosca, senza nemmeno prendersi il disturbo di guardarlo. Lui le disse qualcosa. Royce era troppo lontano per capire le parole, ma non tanto da non vedere l’espressione di Shara.

    Un lampo d’irritazione le passò sul viso e aprì le labbra. Qualunque cosa gli avesse detto, doveva essere stata molto efficace. Il ragazzo fece un balzo indietro come se fosse stato punto da una vespa.

    Arrossì e si allontanò.

    «Continua a camminare, amico» sibilò Royce quando gli passò accanto. «E non guardarti indietro. Non ne vale la pena.»

    L’incidente lo riportò a concentrarsi sul lavoro, anziché sul corpo e la cascata di capelli corvini di Shara.

    Le si avvicinò e la chiamò per nome.

    Shara continuò a danzare come se non l’avesse sentito, ma Royce sapeva che l’aveva udito benissimo.

    A un osservatore meno attento sarebbe sembrato che non avesse cambiato espressione, ma Royce era un esperto nel leggere il linguaggio del corpo.

    Faceva parte del suo lavoro osservare le persone e valutarne le reazioni.

    Aveva colto l’impercettibile movimento delle sue labbra e anche se aveva continuato a muoversi al ritmo della musica, per un istante si era irrigidita.

    Era evidente che fosse seccata per l’interruzione.

    Per quello che lo riguardava, poteva irritarsi quanto voleva.

    Royce non era come il ragazzino sprovveduto che se n’era andato con la coda tra le gambe.

    E non gli piaceva essere ignorato, soprattutto quando aveva un lavoro da fare.

    «Shara» ripeté.

    Non disse altro, ma il suo tono tra l’autoritario e il glaciale era qualcosa che la gente ignorava a proprio rischio e pericolo.

    Shara si lasciò andare a un sospiro plateale.

    Ma perché non la lasciavano in pace?

    D’accordo! Sapeva bene di aver fatto un errore accettando di raggiungere i vecchi amici al club, quella sera. Lo aveva capito non appena lei aveva varcato la porta d’ingresso.

    Non era in vena di feste. Non lo era da parecchio tempo, ed entrando nel locale si era anche resa conto di non sopportare più la folla.

    Doveva ammetterlo. Andare lì era stata una scelta sbagliata. L’ultima di una lunga serie che in apparenza non riusciva a spezzare.

    «Shara!»

    Rieccolo!

    Non conosceva la voce di quell’uomo. Non l’aveva mai sentita, altrimenti se ne sarebbe ricordata. Aveva un tono particolare, molto basso e virile. Ma per fortuna non era Tony. Quante volte gli aveva ripetuto di togliersi di torno? La sua insistenza stava rasentando la persecuzione e visto che c’era già un uomo a perseguitarla, di certo non gliene serviva un altro. Forse era il motivo per cui lei poco prima aveva abbandonato i suoi modi urbani e lo aveva mandato al diavolo!

    Tony se n’era andato da cinque secondi che ecco arrivare quest’altro scocciatore con la voce di velluto.

    Forse, se lo avesse ignorato si sarebbe arreso.

    «Shara.»

    No... L’aveva chiamata di nuovo. Chiunque fosse, non se ne sarebbe andato in fretta. La sua voce era un concentrato di testardaggine e determinazione, qualità che nessuno del suo giro possedeva.

    Ora era curiosa. Si fermò e aprì gli occhi.

    Si trovò a fissare un petto oltremodo muscoloso.

    Guardò più su. E più su...

    Chiunque fosse era altissimo. E bellissimo.

    Non era bello nel senso classico della parola. Il suo viso era troppo duro e spigoloso. La fronte era alta, la mascella squadrata e il naso leggermente aquilino, ma nel complesso era stupendo. Da togliere il fiato.

    Il fisico non era da meno. Spalle possenti, petto muscoloso, stomaco piatto e due cosce poderose. Era molto alto e anche la mano che tendeva verso di lei era enorme. Chissà com’era... Arrossì di colpo. Riuscì a scacciare quel pensiero vergognoso, ma non a distogliere lo sguardo.

    Sentì le ginocchia molli. Cosa diavolo le stava succedendo? Lo stava fissando come un’ebete. Non le era mai successo in vita sua. Oh, cielo! Se n’era accorto?

    Distolse subito lo sguardo. Comunque, l’assoluta mancanza di espressione del suo viso non le avrebbe dato una risposta, né in un senso né nell’altro.

    Imbarazzata dal suo stesso comportamento, reagì con violenza. «Ma che accidenti vuoi?»

    Royce si trovò a fissare i più begli occhi azzurri che avesse mai visto. Erano dello stesso colore del cielo d’estate.

    Sarebbe stato facile farsi stregare da quegli occhi, ma lui non si lasciava abbindolare tanto facilmente. Soprattutto quando la voce pungente e le parole piccate gli lasciavano capire chi fosse la donna davanti a lui.

    «Allora è abbastanza educata da guardare in faccia chi le parla» commentò Royce, durissimo.

    I magnifici occhi si socchiusero e il piccolo mento si sollevò. «Ti conosco?»

    Era una semplice domanda, ma il tono con cui gliela pose non aveva niente di semplice.

    La principessa ha parlato! Lui l’aveva etichettata.

    Queste rampolle dell’alta società sapevano essere molto indisponenti. Il suo tono sottintendeva che non poteva certo conoscere uno come lui!

    Un altro uomo si sarebbe sentito in imbarazzo e magari se ne sarebbe andato. Ma Royce aveva avuto a che fare con gente peggiore di lei. Le sorrise. «No, ma colmeremo subito la lacuna.»

    Shara strinse le palpebre poi abbozzò una smorfia di disprezzo. Nonostante fosse più bassa di una spanna, riuscì a parlargli fissandolo in viso. «Non credo. Non sei il mio tipo.»

    «Non si preoccupi. Nemmeno lei è il mio tipo» ribatté, ricambiando la cortesia. «Sono qui in veste puramente professionale.»

    La regalità dello sguardo cedette il passo alla sorpresa, miscelata a una buona dose di maestà offesa.

    Lo squadrò di nuovo e Royce rimase disorientato dalla reazione del suo corpo a quell’ispezione.

    Già la prima volta il suo sangue era andato in ebollizione. Ripetere l’esperienza lo disturbò molto.

    «Se sei il buttafuori, mi dispiace deluderti. Non ho fatto niente di male. Stavo ballando per i fatti miei, quindi perché me ne dovrei andare?» disse, agitando una mano. «Vattene!»

    Royce fu sul punto di scoppiare a ridere.

    Le sue parole, insieme al gesto della mano, ebbero un impatto comico considerevole. Come se lui fosse un insetto fastidioso di cui lei provava a sbarazzarsi.

    «Non sono il buttafuori. Suo padre mi ha chiesto di portarla a casa.»

    La sua espressione cambiò di colpo. «Davvero?»

    Royce annuì. «Sì. È pronta a uscire?»

    Shara scrollò la testa facendo danzare i capelli neri.

    Royce cercò di controllare la sua irritazione. Odiava quel tipo di lavoro. Lui preferiva la parte investigativa e di solito lasciava gli incarichi di protezione e sicurezza ai suoi collaboratori.

    Ma questa volta era diverso. Gerard Atwood, presidente della Atwood Industries, era il suo miglior cliente. Quando aveva chiesto che fosse proprio lui a proteggere sua figlia a titolo di favore personale, non aveva potuto rifiutare.

    «Se deve prendere la sua borsa e salutare qualcuno, lo faccia in fretta. Me ne voglio andare da qui.»

    Anche se il locale godeva di buona reputazione, non credeva che Shara fosse al sicuro, lì. Lui ci aveva messo venti muniti per trovarla ed era più che certo che il suo ex-marito avrebbe potuto fare altrettanto.

    Ancor prima che finisse di parlare, Shara stava già scuotendo la testa. «Non ci penso nemmeno.»

    Royce socchiuse le palpebre. «Cosa significa?»

    Lei incrociò le braccia attirando la sua involontaria attenzione sulla rotondità del seno.

    Era, come avrebbe detto sua madre, generosamente dotata. Royce sapeva che quei seni sarebbero stati alla perfezione nelle sue grandi mani. Il pensiero gli fece scendere un brivido di desiderio lungo la schiena.

    «Io non vengo da nessuna parte, con te» gli rispose, guardandolo fisso in faccia.

    Il suo tono smorzò ogni traccia di fremito sessuale. «Sì, invece.»

    «Nemmeno per sogno!»

    Royce sospirò. «Perché no?»

    «Non ho idea di chi tu sia. Dici che ti ha mandato mio padre, ma ho solo la tua parola.»

    «Giusta osservazione.» Era vero. Non si era nemmeno presentato. Non le aveva spiegato la situazione. Era rimasto abbagliato dalle sue curve e infastidito dai suoi modi, tanto da dimenticare le basi più elementari del suo lavoro. «Sono della Royce Agency. Ne ha sentito parlare?»

    Lei annuì. «Sì. Mio padre la usa sempre. Se si deve credere alla pubblicità, si tratta della più grande e famosa agenzia per la sicurezza del mondo.»

    «Non si tratta di pubblicità. Noi siamo i più grandi e i migliori» precisò Royce, con orgoglio.

    Aveva fondato la Royce Agency quattordici anni prima, lavorando dalla sua stanzetta a casa dei genitori, a nord di Sydney. C’era voluto molto lavoro per renderla ciò che era oggi.

    Shara sgranò gli occhi. «Ma non mi dire!»

    Royce non aveva nessuna voglia di farsi insultare da quella ragazzina viziata. Infilò una mano in tasca, prese un portadocumenti di pelle e glielo porse.

    Lei non si mosse. «Cos’è?»

    «La mia patente. Pensavo che volesse vedere un documento di identità.»

    Lei scrollò la testa per l’ennesima volta.

    «Non è necessario.»

    «Invece sì» insistette Royce. «Non può uscire di qui con un perfetto estraneo. Non può fidarsi di nessuno in questo periodo. Deve essere prudente.»

    «Mi hai frainteso di nuovo. Non è necessario perché non ho nessuna intenzione di venire con te.»

    Lui la ignorò. Le

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