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Per volere del destino: Harmony Collezione
Per volere del destino: Harmony Collezione
Per volere del destino: Harmony Collezione
Ebook154 pages2 hours

Per volere del destino: Harmony Collezione

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About this ebook

Un incontro che ha cambiato la loro vita.

Cesar Caretti è nel Kent, quando viene sorpreso da un'improvvisa nevicata che blocca le strade e interrompe le linee telefoniche. Si vede quindi costretto ad accettare l'ospitalità di Jude, un'amica di suo fratello che ha appena conosciuto. Il protrarsi della bufera concede ai due l'occasione di approfondire la reciproca conoscenza e cedere alla forte attrazione che li travolge. Cesar non fa però mistero di non volere una relazione duratura, del tutto incapace di credere nella sincerità dei sentimenti delle donne, ed esce dalla vita di Jude un secondo dopo esserne entrato. Ma il destino ha programmi diversi, e fa in modo di incrociare di nuovo le loro strade.
LanguageItaliano
Release dateFeb 11, 2019
ISBN9788858993330
Per volere del destino: Harmony Collezione
Author

Cathy Williams

Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.

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    Per volere del destino - Cathy Williams

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Ruthless Tycoon, Inexperienced Mistress

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Cathy Williams

    Traduzione di Marta Draghi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-333-0

    1

    Cesar non era certo di buon umore mentre con la sua Bentley viaggiava lungo quella stradina tutta curve in cui l’aveva condotto il navigatore satellitare.

    Erano passate da poco le nove, e il clima era peggiorato sempre di più man mano che si spostava verso est.

    Nevicava da almeno tre quarti d’ora.

    L’appuntamento con suo fratello non l’aveva certo immaginato in quel modo. Avrebbe di gran lunga preferito incontrarlo al suo club a Londra, ma Fernando aveva insistito per vedersi in quel posto dimenticato da Dio nel Kent, un luogo che per Cesar non aveva alcun interesse e che quindi non si era mai preso il tempo di visitare.

    E, mentre parcheggiava di fronte a un edificio che aveva tutta l’aria di un magazzino abbandonato, si maledì per aver accettato. Rimase dentro l’auto spenta per alcuni secondi a fissare con sospetto quelli che sembravano graffiti sulle pareti, e si chiese se questa volta la sua totale fiducia nella tecnologia moderna non l’avesse tradito. Forse la voce impersonale del navigatore aveva sbagliato suggerimento?

    Fece una smorfia impaziente e scese dall’auto, alla ricerca dell’ingresso. Non era possibile che suo fratello vivesse in quella discarica, ci avrebbe scommesso la sua Bentley. Fernando non era il tipo da posti del genere. Anzi, era uno che li evitava a qualunque costo.

    Cercò di reprimere la rabbia al pensiero di dover affrontare tutte quelle scomodità. Era lì per un motivo ben preciso e ormai non aveva senso rimuginare sul fatto che il suo venerdì sera era stato rovinato, e nemmeno arrabbiarsi con suo fratello. Entro la fine della serata, Fernando avrebbe avuto abbastanza di cui preoccuparsi.

    La porta era astutamente mimetizzata fra i graffiti e, aprendola, Cesar impiegò qualche secondo per adattarsi a quello che si trovò di fronte.

    Non era come se l’aspettava: da fuori sembrava in disuso, ma all’interno quel posto aveva un aspetto del tutto diverso. Qualche decina di persone popolavano quello che sembrava una specie di club. In un angolo illuminato da luci soffuse erano sistemati alcuni divanetti di pelle e dei tavolini bassi, e sul fondo della sala c’era un bancone a forma di U, attorno al quale erano appoggiate parecchie persone. Sul lato sinistro, invece, sembrava esserci un palco con altre sedie.

    Non gli ci volle molto a individuare suo fratello, intento a parlare con un piccolo gruppo di persone, allegro e come sempre al centro dell’attenzione.

    Cesar aveva specificato chiaramente di voler incontrare Fernando a tu per tu per discutere del suo fondo fiduciario fin nei minimi dettagli, invece scopriva di essere stato coinvolto in una specie di festicciola privata. Le luci soffuse non lo aiutavano molto a inquadrare il genere di ospiti coinvolti, ma immaginò fossero i soliti compari di suo fratello. Bambolone bionde, compagni di gioco e cialtroni vari, che condividevano con Fernando le stesse ambizioni, soprattutto quella di spendere i soldi di famiglia il più spavaldamente possibile, schivando tutto ciò che aveva le sembianze di un lavoro.

    Fernando si sbagliava se credeva di poter evitare di discutere del proprio futuro finanziario solo perché aveva radunato attorno a sé una manciata di chaperon. Andò incontro al fratello con una smorfia di disgusto, senza nemmeno curarsi di guardare la persona accanto a lui.

    «Fernando» esordì a denti stretti, offrendogli la mano come unico gesto di cortesia. «Non era questo che mi aspettavo.»

    Non si vedevano da mesi, dall’ultimo raduno di famiglia a Madrid, dove per l’ennesima volta aveva tentato invano di destare nel fratello un po’ di interesse per gli affari della compagnia. Allora aveva annunciato a Fernando che avrebbe bloccato il suo fondo fiduciario. Aveva il potere di farlo fino a quando non lo avesse ritenuto opportuno, e non si sarebbe certo fatto scrupoli a esercitare tale potere. Metti la testa a posto, gli aveva detto, o puoi dire addio al tuo stile di vita. E lui aveva risposto stando il più lontano possibile dagli uffici dell’azienda.

    «Ho pensato... è venerdì sera...» rispose Fernando con un sorriso smagliante. «Vivi un po’, fratellone! Possiamo parlare domani. A dire il vero volevo farti vedere...» e indicò la sala con un gesto del braccio mentre Cesar lo guardava in gelido silenzio. «Ma facciamo prima le presentazioni» aggiunse voltandosi verso la donna con cui stava parlando e davanti a cui Cesar si era piazzato ignorandola totalmente. «Lei è Judith. Jude, ti presento mio fratello Cesar... Cosa vorresti da bere Cesar, un whisky?»

    «Per me un altro bicchiere di vino, Freddy» chiese Jude, spostandosi di qualche passo non appena Fernando si avviò al bar, per porsi esattamente di fronte all’uomo più intimidatorio che avesse mai incontrato in vita sua.

    E così quello era il famoso Cesar! Non c’era da stupirsi che Freddy tremasse all’idea di incontrarlo. Era più alto del fratello di quasi una spanna e, mentre Freddy era carino in un modo avvicinabile e quasi civettuolo, quell’uomo era bello da togliere il fiato. Il suo volto era scuro e sottile, e quei lineamenti lo rendevano in qualche modo severo. Quasi da far raggelare il sangue.

    Jude si sforzò di sorridere. Quell’ambientazione era stata meticolosamente studiata. Freddy voleva assolutamente mostrare al fratello il locale che aveva comprato. Era un vecchio magazzino pronto a diventare l’esclusivo jazz club dei suoi sogni, in attesa soltanto di un’iniezione di denaro dal fondo fiduciario che, le aveva detto preoccupato, temeva sarebbe stato bloccato prima di potervi accedere. Aveva investito molto in quel locale, ma non avrebbe potuto andare oltre senza l’approvazione di Cesar. E cosa c’era di meglio, per coinvolgerlo, che mostrargli come sarebbe potuto diventare, provandogli che non era più l’ozioso fratellino playboy che era sempre stato. Aveva invitato tutte le persone giuste, lei inclusa, per aiutarlo a creare l’atmosfera perfetta. C’erano banchieri, avvocati, un paio di commercialisti, tutti quelli che avevano contribuito a quell’avventura.

    «Freddy mi ha parlato molto di te.» Jude non indossava i tacchi e dovette inclinare il capo leggermente all’indietro per poterlo guardare in faccia.

    «Non ho idea di chi tu sia, né del motivo per cui Fernando abbia organizzato il nostro incontro qui» rispose lui accigliato. L’aveva a malapena notata: con quei capelli corti non aveva certo un aspetto femminile e, coerentemente col suo sangue spagnolo, una donna per lui doveva avere ben altro aspetto. «Tu lo sai?» aggiunse gelido.

    «Forse per farti incontrare alcuni suoi amici...»

    «Ho già incontrato gli amici di Freddy in passato. E, credimi, non desidero conoscerne altri.» A dire il vero, lei non l’aveva mai conosciuta, e non era certo il genere di donna che suo fratello era solito frequentare. Anzi, era proprio l’opposto. Che cosa ci faceva lei in quel posto? La guardò con attenzione, valutando e soppesando le varie possibilità. «Chi sei? E come conosci Fernando? Non mi ha mai parlato di te.»

    Suo fratello sosteneva uno stile di vita molto generoso grazie ai suoi soldi. Cesar ne era a conoscenza perché controllava tutti i conti, e sapeva che a Fernando piaceva spendere parecchi soldi per le sue donne. Sin da quando aveva compiuto diciotto anni, quel ragazzo aveva attirato le cacciatrici di soldi come una calamita. Ma quella donna non aveva l’aspetto di una opportunista, e Cesar decise di voler scoprire che rapporto avesse con suo fratello. Attraversò con lo sguardo la stanza, verso i divanetti che tutti sembravano ignorare preferendo stare in piedi. In un attimo Fernando sarebbe tornato con i drink e di sicuro sarebbe cominciato un giro di inutili e noiose presentazioni. Improvvisamente sospettoso, indicò i divanetti. «Ho fatto un lungo viaggio. Che ne dici se ci sediamo e mi racconti... del tuo rapporto con mio fratello?»

    Jude non capiva come un invito a conversare potesse suonarle minaccioso. Sicuramente Freddy si era fermato a parlare con qualcuno. Era una delle sue brutte abitudini. Era capace di rimanere coinvolto in una conversazione fino a doverne esserne trascinato via con la forza.

    «Non ho una relazione con tuo fratello» esordì lei accomodandosi su uno di quei divani ultracostosi opportunamente sistemati in un angolo della sala. Le luci, lì, erano ancora più soffuse e il volto di Cesar era tutto spigoli e ombre. Rise nervosamente e svuotò il bicchiere. «Mi sembra di essere sotto interrogatorio.»

    «Non capisco perché. Voglio solo sapere come conosci Freddy. Dove vi siete incontrati?»

    «Lo sto aiutando con un... progetto...» Jude aveva il compito di promuovere la ritrovata serietà di Freddy e di aiutarlo a convincere il fratello che quell’impresa sarebbe stata un successo.

    «Quale progetto?» chiese lui accigliato. Per quanto ne sapeva, suo fratello non intraprendeva assolutamente nulla dai tempi della scuola.

    «Credo voglia dirtelo lui stesso» rispose vaga, e lui si chinò in avanti. Un metro e novanta di pura minaccia.

    «Senti, sono venuto qui per parlare seriamente con Fernando del suo futuro, e mi ritrovo in un bar, circondato da gente che non desidero conoscere, con la prospettiva di un fantomatico progetto di cui non mi ha nemmeno accennato. Qual è il tuo ruolo, esattamente, in questo progetto

    «Non credo mi piaccia il tono della tua voce.»

    «E io non credo mi piaccia il gioco a cui stai giocando. Da quanto conosci Fernando?»

    «Quasi un anno.»

    «Quasi un anno. E quanto intimi siete?»

    «Dove vuoi arrivare?»

    «Diciamo che non vedo spesso mio fratello, ma so come si comporta, e so che le relazioni durature e platoniche con l’altro sesso non gli si addicono. A lui sono sempre piaciute le donne disponibili e facili da portare a letto. Molto prevedibile, devo dire. Bionde, gambe lunghe, curve al posto giusto e senza troppo cervello. Quindi tu cosa c’entri con lui?»

    Jude sentì la rabbia colorarle le guance e dovette respirare a fondo per trattenersi. Di fronte al suo silenzio, Cesar continuò senza pietà.

    «Se ti ha parlato di me, devi essere qualcosa di più di una conoscenza di lavoro...» aggiunse con malcelato scetticismo. «Quindi, esattamente, cosa sei?»

    Salvata dalla campana. O, piuttosto, da Freddy che comparve con i drink proprio in quell’istante. Cesar notò l’espressione di sollievo di Jude, il rapido sguardo fra i due e il modo in cui suo fratello si chinò verso di lei e le sussurrò qualcosa all’orecchio, facendole scuotere la testa e allontanarsi. La guardò di spalle, soffermandosi pigramente sui movimenti del suo fondoschiena. Certo, sembrava un maschiaccio, ma c’era qualcosa di inconsciamente sexy e grazioso nel modo in cui camminava. Sarebbe tornato su di lei più tardi: ora aveva altro a cui pensare.

    Guarda e aspetta. Era il suo motto da sempre e vi si attenne anche quando ebbe inizio, come previsto, il giro di presentazioni a un gruppetto di persone così normali da sembrargli sospette. Dov’erano le biondone? E i giovanotti viziati con le loro inutili conversazioni? Sembravano tutti stranamente interessati a discutere con lui di investimenti. E, alla fine della serata, si rese conto

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