Illusione ottica: Harmony Collezione
By Daphne Clair
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Katrien Cromwell è convinta di aver appena avuto una visione, forse per colpa delle trasferte cui la costringe la professione di fotomodella. È da mesi che nel sonno ricorre un sogno di cui lei conserva solo vaghi ricordi.
E adesso ha visto...
Daphne Clair
Autrice residente in Nuova Zelanda, ha scritto la sua prima novella alla tenera età di otto anni.
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Illusione ottica - Daphne Clair
successivo.
1
È lui!
Katrien si sentì gelare il sangue.
L'uomo che popolava i suoi incubi era lì, davanti a lei, in carne e ossa.
Come se avesse percepito l'intensità del suo sguardo, lui sollevò il viso e, attraverso la grande sala affollata, due profondi e impenetrabili occhi verde mare catturarono quelli di lei. Sembrava divertito, forse un po' compiaciuto. Accennò un sorriso e si voltò per riprendere la conversazione interrotta.
«Katie?» Callum le toccò il braccio e lei si ritrasse. «Katie?» ripeté lui.
«Scusami» gli rispose alla fine, «ero soprappensiero.» I lineamenti familiari del suo fidanzato la riportarono alla realtà, mentre i gentili occhi azzurri sbirciavano preoccupati quelli grigio chiaro di lei, che sembravano persi in un'altra dimensione.
Senza volere Katrien tornò a guardare lo sconosciuto. Era alto, longilineo, con le spalle ampie. I suoi capelli, neri e ribelli, si arricciavano sul colletto della giacca da sera. Teneva una mano in tasca come se fosse a suo agio, ma si intuiva che non apparteneva a quel mondo elegante e un po' snob.
«Andiamo a bere qualcosa, Katrien» propose Callum guidandola lentamente in mezzo alla folla.
Fece un cenno a un cameriere che passava lì vicino e prese due bicchieri di vino bianco dal vassoio d'argento che l'uomo gli porse.
«Sembra che tu ne abbia bisogno. Non ti sei ripresa completamente dall'influenza, vero? Sei dimagrita.» Toccò una ciocca dei folti capelli color rame che le ricadevano morbidi sulle spalle nude e gliela scostò dalla guancia.
Lei lo guardò. «Sto bene... davvero.» Bevve un sorso di vino e accennò un sorriso. «Le modelle devono essere magre.»
«Non voglio che tu diventi troppo magra.» Sol levò il bicchiere verso di lei prima di bere. «A noi due. Al nostro futuro.»
Katrien fu sopraffatta da un inspiegabile senso di panico.
In quel momento una coppia di amici piombò su di loro e la donna chiese a Katrien di vedere l'anello.
Lei sollevò la mano sinistra a beneficio dell'amica, fissando il grosso diamante, affiancato da altri due più piccoli. Avvertì dentro di sé un allarmante senso di distacco e cercò di rivivere il momento in cui lui le aveva infilato l'anello al dito. Sperò di risentire l'ondata di calore che l'aveva avvolta in quel momento. Erano passate solo due settimane ma a lei sembravano anni luce.
Tentò di concentrarsi sulla conversazione dei suoi amici, ma non poteva fare a meno di cercare tra la gente l'uomo che l'aveva sconvolta. Una specie di antenna interna sembrò avvertirla che lui si era mosso e si stava avvicinando. Un brivido la percorse e non poté fare a meno di voltare la testa.
Lui stava guardando altrove.
Le sembrava di essere avvolta da un fitto strato di nebbia. Forse aveva bevuto troppo vino a stomaco vuoto e, quando si mossero per andare a cena, si sentì sollevata.
La serata era stata organizzata per raccogliere fon di a favore della vedova e delle bambine di uno scalatore, morto qualche mese prima, durante una spedizione sull'Himalaya. Il discorso commemorativo, che si sarebbe tenuto dopo cena, era stato affidato al suo compagno di scalata, Zachary Ballantine.
Ai tempi della tragedia, il sopravvissuto era apparso su tutti i giornali. Un uomo macilento, dalla barba incolta e gli occhi quasi nascosti dal cappuccio bordato di pelliccia del suo parka.
Ogni stazione televisiva in Nuova Zelanda avrebbe voluto l'esclusiva della sua storia, ma lui aveva evitato tutti i mezzi di comunicazione, rifiutando di concedere interviste. Quella sera avrebbe parlato.
Lo sconosciuto dagli occhi verdi era seduto a un tavolo vicino al piccolo palco, su cui era stato piazzato un microfono.
Katrien lo fissò ancora una volta, quindi distolse lo sguardo. Assaggiò a malapena il cibo e alla fine scostò il piatto con una fetta di torta al cioccolato, che le era stato posato davanti. Afferrò il bicchiere. Era di nuovo vuoto. Callum lo riempì e lei lo portò alle labbra, nonostante avesse bevuto più del solito.
Lui la circondò con un braccio e le accarezzò una spalla. «Stai bene?» mormorò.
«Certo! Non mangio mai il dolce.»
Lui sorrise e le baciò la guancia, fissando la pro fonda scollatura dell'abito di lei. «Devi rimetterti in forze, e io non posso aspettare che tu lo faccia da sola!» Prese un cucchiaio e raccolse un po' di torta, porgendogliela con una smorfia buffa. «Su... apri!» Allora Katrien scosse la testa, ma lui insistette e alla fine lei fu costretta ad accettare il boccone.
Il dolce la disgustò e quando Callum tentò di ripetere il gesto, gli afferrò con decisione il polso. «No, non posso mangiare altro.»
Qualcuno rise forte e Katrien si voltò incontrando ancora una volta i profondi occhi verdi. Un fremito di paura la percorse.
«Stavo solo scherzando» disse Callum, pensando che si fosse rabbuiata a causa sua..
«Lo so» lo rassicurò.
Venne servito il caffè, poi la presidentessa del comitato si alzò per presentare l'ospite. Fece una lunga introduzione parlando della sua avventurosa carriera di scalatore, del suo lavoro in Antartide e del suo contributo alla costruzione di un ospedale in Nepal. Finalmente scese dal palco, invitando tutti i presenti ad accogliere Zachary Ballantine con un caloroso applauso.
Le luci vennero abbassate a eccezione del faretto che illuminava il palco.
Stranamente non fu affatto sorpresa quando lui si alzò e si diresse con passo lento verso il palco, per prendere posto dietro al microfono.
Ballantine volse lo sguardo intorno e lei ebbe l'impressione che gli occhi verde mare scintillassero incontrando i suoi. Lui scorse rapidamente alcuni fogli che aveva in mano e cominciò a parlare.
Io conosco questa voce!
Il tono basso e profondo riecheggiò nell'anima di Katrien come un tocco sordo di campana.
Per un lungo momento ascoltò solo il suono, non le parole, ma non riuscì a resistere e sollevò gli occhi sul piccolo palco che dominava il locale. Come se l'avesse captata, lui si fermò all'improvviso e guardò nella sua direzione, quindi abbassò la testa.
Callum si agitò sulla sedia. Teneva una mano appoggiata sulla sua spalla nuda e lei provò l'irrefrenabile impulso di liberarsi di quel contatto.
«Nessun sentimento può essere paragonato a quel lo che si sperimenta arrivando sulla cima del mondo», stava dicendo Zachary Ballantine. «È come se all'improvviso i pericoli, il dolore, la fatica venissero cancellati dal panorama che incredibilmente ti si apre davanti a perdita d'occhio. L'Everest è il sogno di ogni scalatore. Ben e io lo raggiungemmo per la prima volta cinque anni fa. Sapevamo che nessuno di noi avrebbe mai dimenticato quell'esperienza.» Fece una nuova pausa.
Qualcuno in sala appoggiò una tazza sul piattino. Qualcun'altro mosse la sedia.
Zachary Ballantine alzò il viso. «Dopo, non ti re sta che cercare pareti più difficili, vie intentate, sfide più alte, montagne inviolate.»
«Perché?» chiese Callum all'orecchio di Katrien.
Scosse la testa. Neanche lei aveva capito ma voleva capire. Era concentratissima, intenta a non perde re neanche una parola.
«C'è sempre un'altra montagna... un'altra sfida, un altro rischio, un'altra Circe che adesca gli uomini chiedendo loro la vita...» Aveva abbassato la voce e fissava la sua mano stretta intorno all'asta fredda del microfono davanti a lui. Questa volta, quando smise di parlare, non ci fu il benché minimo suono a rompere il silenzio.
Katrien era sicura che a un certo punto Ballantine si fosse staccato dal discorso che aveva preparato, dimenticandosi del pubblico in sala.
«Gli uomini...» disse lentamente, fissando un punto lontano, fuori dalla stanza, «commettono degli errori. Le montagne non perdonano. L'anno scorso si sono prese il più caro amico che avessi avuto e che mai avrò nella mia vita. Ben Storey era il migliore.»
Katrien si sentì travolta dal dolore profondo, quasi tangibile, di quell'uomo.
«Il migliore amico» continuò lui, «il miglior scalatore, la persona più grande che io abbia mai conosciuto. Mi manca molto.»
Fece un passo indietro, fuori dal cerchio di luce. Katrien tremava leggermente, la gola le faceva male per lo sforzo di non piangere e chiuse gli occhi per un istante, cercando di riprendere il controllo.
Quando li riaprì, lui se n'era già andato. Era tornato al suo posto, accompagnato da uno scroscio di applausi.
Callum la sciolse dall'abbraccio per unirsi all'applauso e lei sollevò le mani, che teneva appoggiate in grembo, per fare altrettanto.
Una donna, dall'altra parte della tavola, prese il tovagliolo e asciugò furtivamente una lacrima.
Non sono la sola, si disse Katrien, probabilmente ha fatto lo stesso effetto a tutte le donne presenti in questa stanza.
Lo scopo della serata era quello di raccogliere fondi per la famiglia della vittima. Il discorso di Zachary Ballantine era stato studiato accuratamente per suscitare commozione. Anche se, senza dubbio, lui provava un sincero affetto per l'amico scomparso.
Katrien si ricordò che quando era stata diffusa la notizia della disastrosa spedizione, aveva provato una gran rabbia sapendo che l'uomo lasciava moglie e due figlie. Non aveva mai capito ciò che guida una persona a correre dei rischi, solo per poter sentire il respiro della morte sul collo. Lo considerava un modo bizzarro di vivere.
Zachary Ballantine si era alzato per stringere la mano a una donna, che si era precipitata al suo tavolo e lo guardava con una sorta di adorazione.
Katrien ne fu infuriata. Uomini come quello usa vano il loro fascino per farsi amare dalle donne e poi, senza curarsene, gettavano via le loro vite, inseguendo un sogno infantile. È ingiusto e crudele, pensò.
La giovane donna sorrideva e gli toccava il braccio. Teneva la piccola mano bianca e senza anelli posata delicatamente sulla manica della giacca di lui, mentre gli esprimeva la sua ammirazione.
«Pazza!» disse Katrien a fior di labbra.
«Come?» chiese Callum avvicinandosi a lei.
Lei scosse la testa. «Niente. Possiamo andare adesso?» Era certa che non ci fosse altro da vedere.
«Non vuoi parlare con l'ospite d'onore della serata?» si stupì Callum.
«No» rispose Katrien, «ha già abbastanza ammira tori intorno. E io sono stanca.»
«Andiamo, allora.» Callum era molto sorpreso dal tono stizzito di lei. «Faccio chiamare un taxi.» Preferiva non usare la macchina per andare alle cene. In quelle occasioni, infatti, si tendeva a esagerare con gli alcolici.
Aveva un forte senso di responsabilità ed era quello uno degli aspetti che Katrien amava in lui. Non l'avrebbe mai fatta preoccupare lanciandosi in qualche rischiosa e sconsiderata avventura.
Si fermò ad aspettarlo nell'atrio. Non avrei dovuto bere così tanto, si pentì. Le girava la testa. Spostò il peso del corpo da una gamba all'altra e diede una occhiata intorno per cercare una sedia. Vide che l'unico divanetto a due posti, vicino a lei, era occupato da una coppia che parlottava a voce bassa.
Si appoggiò alla tappezzeria damascata delle pareti, chiudendo le palpebre.
«Si sente bene?»
Sobbalzò riconoscendo la voce bassa e