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Notte prima della gara: Harmony Collezione
Notte prima della gara: Harmony Collezione
Notte prima della gara: Harmony Collezione
Ebook156 pages1 hour

Notte prima della gara: Harmony Collezione

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About this ebook

La notte che precede una gara l'ha sempre trascorsa fra le braccia di una bella ragazza.



E quella notte, la ragazza era Kate Edwards. Le ore di passione trascorse con Cristiano Maresca, famoso pilota, hanno risvegliato in Kate sensazioni mai provate prima, ma il giorno seguente lui ha avuto un grave incidente e Kate si è ritrovata ancora una volta sola.



Sono passati tre anni da allora, Monte Carlo sta per celebrare il ritorno di Cristiano alle gare, e Kate ha deciso che è giunto il momento di prendere il coraggio a due mani, guardare in faccia il proprio destino e confessare all'uomo che ha ancora nel cuore il segreto che custodisce.
LanguageItaliano
Release dateMar 9, 2018
ISBN9788858979723
Notte prima della gara: Harmony Collezione
Author

India Grey

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Notte prima della gara - India Grey

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Her Last Night of Innocence

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 India Grey

    Traduzione di Anna Vassalli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-972-3

    Prologo

    Il caldo che incombeva sulla pista creava una cappa opprimente. L’aria era spessa, acre per l’odore di gomma bruciata e gas di scarico dei motori. La griglia di partenza pullulava di reporter col microfono in mano e cameraman con le telecamere in spalla, mescolati ai meccanici che vestivano i colori delle diverse scuderie e ragazze-immagine che reggevano le bandiere, vestite praticamente di niente.

    Cristiano prese il casco e i guanti e uscì dall’ombra dei box nel sole radioso della Costa Azzurra. Il rumoreggiare della folla raddoppiò all’istante e i giornalisti gli si accalcarono intorno, brandendo i microfoni. Lui tenne la testa bassa.

    Sentiva il corpo languido e pesante nel ricordo dei piaceri della notte appena trascorsa. La sera prima di una gara, non era insolito per lui scaricare l’adrenalina e il testosterone residui delle qualifiche tra le braccia accoglienti di una delle hostess del paddock o di una delle bellezze che solitamente frequentano la pit lane; il sesso era un buon modo per sciogliere la tensione, fisica e mentale, del fine settimana di un Gran Premio.

    Ma la sera precedente non era stato solo sesso...

    «Ciao Cristiano. È carino da parte tua unirti a noi.»

    Silvio Girardi, team manager della scuderia Campano, si fece avanti per battergli una pacca sulla spalla, sudando copiosamente sotto il cappellino da baseball. Era un napoletano tozzo con i capelli grigi e il sarcasmo pronto, e in quel momento sembrava particolarmente in vena. «Perché non restare un’altra mezz’oretta a letto, eh? Giusto per assicurarti di essere veramente riposato per la corsa.»

    Cristiano bevve un sorso d’acqua e fece una smorfia. «Se fossi rimasto un’altra mezz’ora a letto, il riposo sarebbe stato l’ultimo dei miei pensieri.»

    Girardi roteò gli occhi e lanciò le mani per aria in un gesto esasperato. «Spero che chiunque sia la cameriera di ieri sera, sia anche abbastanza discreta da non andare a raccontarlo in giro. Il nostro nuovo sponsor è stato chiaro: niente scandali. Clearspring è acqua, Cristiano, non bourbon. Vita pulita, integra, per bambini... Intiendes? Hai visto il tizio del marketing, ieri?»

    «Non era un tizio

    «Eh?» Girardi si accigliò. «Avevano detto che avrebbero mandato il responsabile del marketing, un certo Dominic. Non dirmi che in Inghilterra Dominic non è un nome da uomo perché non ci credo...»

    «La moglie è entrata in travaglio prima del tempo. Hanno mandato la sua assistente.»

    «Una ragazza?»

    L’ombra di un sorriso incurvò le labbra di Cristiano mentre infilava i guanti. «Una ragazza.»

    Oh, sì. Kate Edwards era decisamente una ragazza.

    Sistemando nervosamente il cappellino, Girardi sbuffò infastidito. «Be’, spero che tu sia stato carino con lei. C’è poco da scherzare: ho bisogno di quei soldi. Tu guadagni milioni a infilare il tuo bel sedere in una macchina che a me costa milioni preparare per te. Pensaci, ti sembra giusto?» Stava girando intorno alla monoposto verde smeraldo adornata col logo della Clearspring. «Adesso vedi di impegnarti e fa’ vedere cosa può fare questa bellezza. Sei in pole position. Non puoi non vincere.»

    Con un’altra pacca sulla spalla, si allontanò per andare a parlare con i meccanici e gli ingegneri. Cristiano si guardò intorno, perlustrando tra la folla per cercare una testa di capelli color miele in mezzo al biondo ossigenato e al nero lucido.

    Due braccia scure e sottili gli si allacciarono al collo, e fu avvolto da un familiare profumo muschiato.

    «Buona fortuna» gli sussurrò all’orecchio la sua assistente.

    Sforzandosi per tenere a bada l’irritazione, Cristiano si scostò dalla donna e riprese a scrutare la massa di sconosciuti. «Grazie, Suri.»

    Dov’era Kate?

    «Com’è andata l’intervista, ieri sera? Spero che non sia stata troppo lunga. Quella tipa della Clearspring sembrava così...» Le labbra lucide di rossetto si piegarono in un sorrisetto malevolo. «Seria.»

    «È andata bene.» E per quanto lo riguardava, non era stata abbastanza lunga. «L’hai vista?»

    Suri inarcò un sopracciglio. «Oggi? È ancora qui?»

    «Sì.» I suoi occhi vagavano incessantemente sulle ragazze delle PR in posa per i fotografi e sui giornalisti impegnati nelle interviste dell’ultimo minuto. L’eccitazione della folla accalcata sulle tribune e su ogni tetto e balcone affacciato sul circuito cittadino stava raggiungendo livelli febbricitanti, e il suono delle sirene degli yacht si alzava dal porto di Monte Carlo.

    Suri alzò le spalle. «Be’, se la vedo le dirò che la saluti» replicò distaccata. «È quasi ora di infilarsi nell’abitacolo.»

    Per un attimo lui la guardò con occhi vacui, come se ciò che gli aveva detto non avesse alcun senso. Poi fece un gesto secco col capo. «Lo so.»

    Si voltò, infilandosi le mani nei capelli, digrignando i denti per sopprimere l’improvvisa tentazione di andare via, togliersi la tuta e non fermarsi finché non l’avesse trovata.

    La troupe televisiva che stava parlando con il pilota accanto a lui sullo schieramento terminò l’intervista e cominciò ad avanzare verso di lui. Cristiano si sentì assalire da una profonda disperazione; i secondi passavano, e la folla gridava il suo nome. Era troppo tardi.

    E poi la vide.

    In mezzo alla gente ammassata nella pit lane, che si guardava intorno. Non era rivolta verso di lui, il suo viso in buona parte nascosto dalla cortina di capelli biondi, ma non si potevano confondere le sue lunghe gambe infilate nei jeans sbiaditi, né la curva dei seni sotto la maglietta blu che lei aveva raccolto quella mattina dal pavimento della sua camera da letto.

    Cristiano sorrideva mentre si incamminava verso di lei, chiedendosi come poteva non averla vista. In mezzo a tutte le sofisticate sventole da griglia con tanto di pedigree, lei appariva come un cucciolo abbandonato. Il giorno prima l’aveva notata non appena era rientrato ai box dopo le qualifiche, proprio perché era così diversa dalle ragazze che si vedevano abitualmente intorno alla pista. Con quel tailleur grigio, i capelli raccolti, gli aveva ricordato una di quelle ragazzine troppo intelligenti che a scuola avevano sempre l’uniforme impeccabile, facevano tutti i compiti e venivano portate a esempio da tutti gli insegnanti.

    L’esatto opposto dei perdenti, quelli senza speranza. Quelli come lui.

    «Oh...»

    In quel momento lei si voltò, le labbra carnose che si socchiudevano in un sussulto di sorpresa e sollievo mentre lui le prendeva la mano e la riportava al riparo dei box. Kate sentì il calore esplodere dentro di sé, lo sentì spargersi dalle guance all’inguine. «Non riuscivo a trovarti» esordì quasi senza fiato, chinando la testa e appoggiandogliela al petto quando lui l’attirò a sé.

    «Sono qui.»

    «Cominciavo a credere di aver immaginato tutto.» Oh, Dio, così non sembrava troppo disperata? Si mise a ridere, ma la sua risata era incerta. «O che fosse stato solo un sogno.»

    «Vuoi che ti rassicuri che è successo davvero?» Piegò il capo e le parlò tra i capelli, la voce roca con quell’irresistibile sensualità dell’accento italiano che le faceva venire i brividi lungo la schiena. «In piscina... in camera? Vuoi che ti parli di questa mattina in cucina...?»

    «Ssh...» Kate stava ridendo, le mani aggrappate alla sua tuta, il viso nascosto nel suo petto. «Qualcuno potrebbe sentirti.»

    «E allora? Sarebbe tanto grave?»

    La risata si spense e il suo sorriso svanì. «Non è da me.» Alla faccia dell’eufemismo. «Ci siamo conosciuti solo ieri... Sono venuta per intervistarti...»

    «E pensare che ho sempre odiato le interviste» rimarcò dolcemente. «Ne avrei concesse molte di più se avessi immaginato che possono essere così divertenti.»

    Kate corrugò la fronte. «Ti conosco appena.»

    Prendendole il mento tra le dita, Cristiano le fece sollevare il viso senza lasciarle altra scelta che guardare in quegli occhi color cioccolato. Occhi famosi, che le erano così familiari per tutte le volte che li aveva visti in televisione e sui giornali, per le innumerevoli fotografie che si ritrovava davanti ogni giorno in ufficio, per il poster che suo fratello aveva appeso in camera...

    «Dopo ieri sera, mi conosci molto meglio di chiunque altro.»

    Il tono era ironico, ma il suo viso da pirata con quegli zigomi alti e rigidi e la bocca finemente delineata si era improvvisamente ammorbidito. Scosse il capo, lentamente, passandosi una mano tra i capelli scompigliati. «Gesù, Kate, non ho mai... messo a nudo la mia anima come ho fatto ieri con te.»

    «Neanch’io.»

    La voce di Kate era appena un sussurro mentre la mente ripercorreva le ultime, incredibili dodici ore. C’era stato il sesso, ovviamente, ed era stato... magico. Ma avevano anche parlato. Il suo cuore si contrasse dolorosamente e il fiato le inciampò in gola al ricordo di Cristiano sdraiato tra le sue braccia, la voce stranamente apatica mentre le raccontava del proprio passato, delle difficoltà a scuola che l’avevano spinto a cercare il successo a ogni costo. E lui aveva visto oltre la facciata professionale, che Kate aveva eretto con tanta difficoltà, fino ad arrivare al vuoto di dolore e terrore che giaceva al di sotto. Le aveva detto che una vita vissuta nella paura non è vita. E le aveva mostrato come vincere l’ansia e vivere nel presente...

    Al di fuori dei box il clamore della folla sembrava espandersi per il caldo, andando a pressare le fragili pareti del loro mondo privato. Cristiano si tirò indietro, l’espressione tutt’a un tratto vuota.

    «Devo andare.»

    Kate annuì in fretta e fece un passo indietro, sforzandosi di non apparire dipendente. «Lo so. Vai. Ma ricordati, non devi dimostrare niente a nessuno, Cristiano.» Trovò un sorriso storto. «Guida con prudenza.»

    Per una frazione di secondo vide un’ombra nei suoi occhi, e poi era sparita, e lui stava infilando di nuovo i guanti, rivolgendole quel sorriso furbesco che la faceva sciogliere. «Tesoro, siamo al Gran Premio di Monaco. Guidare con prudenza non è proprio l’idea.»

    Kate si mise a ridere, ricacciando indietro il panico che montava dentro di lei. «Okay, mi sembra equo.» Non intendeva più essere quella persona – lui le aveva insegnato a vivere nel presente, a ricercare la felicità, a non aggrapparsi alla paura. Ciononostante, quando lui si voltò per allontanarsi, dovette compiere uno sforzo sovrumano per mantenere il sorriso al suo posto e per non lasciargli intuire quanto fosse terrorizzata.

    Ormai lui era sulla porta. Si girò ancora, fissandola per un secondo con occhi cupi e opachi.

    «Non finisce qui, lo sai, vero? Ieri sera è stato solo l’inizio.» Accennò un

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