Il lato dolce della vendetta: Harmony Collezione
By Jennie Lucas
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About this ebook
Anna Rostoff ha lasciato il suo lavoro, e soprattutto il suo datore di lavoro, e si è rifugiata nella casa di famiglia, in Russia. La delusione per come Nikos Stavrakis l'ha trattata è scottante, così ha deciso di non rivederlo mai più, nascondendogli persino un enorme segreto. Lui, però, scoperta la sua fuga, non ha alcuna intenzione di lasciarla andare. Rintracciarla non è un problema, ma lo sarà un po' di più trovare di nuovo la strada del suo cuore.
Jennie Lucas
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Il lato dolce della vendetta - Jennie Lucas
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Greek Billionaire’s Baby Revenge
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Jennie Lucas
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-614-5
1
I fiocchi di neve vorticavano, spinti dal vento, così fitti e veloci che a stento riusciva a vedere la strada attraverso il parabrezza.
Anna Rostoff parcheggiò la vecchia auto di fronte al cortile del palazzo, e tirò il freno a mano. Le mani le tremavano quando le sollevò dal volante. Aveva rischiato per ben due volte di finire fuori carreggiata, ma l’esigenza di procurarsi viveri, e soprattutto le medicine per il suo bambino, le aveva dato la lucidità necessaria per continuare a guidare nonostante la tormenta.
Con un sospiro, prese la busta contenente i suoi acquisti e si incamminò nella notte.
L’aria gelida le sferzò il viso mentre saliva la scalinata che conduceva al pesante portone dell’edificio costruito due secoli prima. Risparmiava sull’elettricità in modo da avere il denaro necessario per comprare cibo e pannolini, dunque le finestre erano buie. Solo la luce della sottile falce di luna illuminava la grande casa che si stagliava sullo sfondo della foresta russa.
Ce l’avrebbero fatta, pensò Anna in un impeto di forzato ottimismo. Anche se la primavera appariva ancora come un miraggio, era già aprile. Non appena avesse trovato un impiego come traduttrice, tutto si sarebbe sistemato e la vita avrebbe cominciato a sorridere a lei, al suo bambino di quattro mesi e a sua sorella minore.
Inserì la chiave nella serratura e un brivido le attraversò la schiena. La porta era aperta.
Il respiro improvvisamente affannoso, mosse qualche passo nell’ampio ingresso. Nella semioscurità, i pendenti di un antico lampadario tintinnavano spinti dal vento freddo che soffiava dal fondo della stanza.
«Natalie?»
La voce di Anna riecheggiò sotto la volta del soffitto.
Come risposta, udì un gemito soffocato.
Lasciò cadere la borsa della spesa. Le patate rotolarono sul pavimento mentre correva verso la grande sala, per poi precipitarsi ad aprire la porta che dava accesso all’appartamento sul retro della costruzione.
Un uomo era in piedi accanto al camino, il viso nascosto dalle ombre.
Nikos!
Per una frazione di secondo, il cuore di Anna smise di battere. Poi vide la culla vuota.
«Hanno preso il bambino» gridò Natalie, gli occhi pieni di lacrime al di sotto delle lenti da vista.
Due tizi dalla corporatura massiccia, due guardie del corpo senza dubbio, le erano accanto. Natalie cercò di scendere dalla sedia, ma uno degli uomini di Nikos le appoggiò pesantemente una mano sulla spalla, impedendole di muoversi.
«Sono entrati mentre dormivo. Mi sono svegliata quando l’ho sentito piangere, ho cercato di fermarli ma...» balbettò Natalie.
Misha. Suo figlio... Dov’era? Nelle mani di qualche perfido scagnozzo nella foresta? O aveva già lasciato la Russia diretto chissà dove? Un tremito la scosse. Suo figlio, il suo bel bambino... In preda alla disperazione, Anna si girò verso il mostro che una volta aveva amato.
L’uomo che aveva riso e cantato in greco con lei a New York e a Los Angeles era sparito. Al suo posto c’era un essere spietato e crudele, si rese conto guardando l’espressione del suo viso.
Capelli neri come le ali di un corvo, carnagione olivastra, Nikos era bello come sempre, tuttavia era diverso da come lo ricordava.
La leggera gobba su naso, ricordo di una frattura che si era procurato da piccolo durante un litigio con un suo coetaneo, una volta era stata l’unica imperfezione in un volto dalla bellezza classica e assoluta. Ora quello stesso volto era una maschera d’ira. Era sempre stato forte, ma adesso la potenza dei suoi muscoli aveva assunto un che di minaccioso. Le spalle sembravano in qualche modo più ampie, le braccia più gonfie, quasi avesse trascorso gli ultimi quattro mesi allenandosi giorno e notte sul ring per diventare un pugile professionista. I suoi zigomi erano affilati, sporgenti, gli occhi blu freddi e privi di luce.
Un tempo lo aveva amato follemente. Ora l’odiava, e l’odiava perché l’aveva tradita.
Anzi, servendosi di baci e di dolci promesse, quell’uomo l’aveva convinta a tradire se stessa.
«Ciao, Anna.»
La voce di Nikos era controllata... Pericolosa.
Anna si avventò su di lui e gli afferrò i baveri della giacca. «Cosa hai fatto al mio bambino?» gridò. Cercò di scrollarlo, batté i pugni sul petto. «Dov’è?»
Lui le immobilizzò i polsi. «Non ti riguarda più» sibilò.
«Dammi subito mio figlio!»
«No.»
Anna si dibatté con furia. Una volta il tocco di lui era bastato per infiammarla di passione. Ma non ora che conosceva la perversione del suo animo.
«Misha...» mormorò impotente.
Nikos serrò la presa e l’attrasse a sé, in modo da impedirle di liberarsi le mani. «Mio figlio mi appartiene.»
Un’affermazione del tutto prevedibile, ciò nonostante Anna vacillò come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Questa volta Nikos la lasciò andare, e lei si sorresse al bordo del tavolo di legno nel tentativo di non perdere l’equilibrio. Doveva essere forte, forte per il suo bambino. Doveva riflettere, escogitare una strategia per salvare Misha.
Una lacrima le rigò la gota. Con un gesto di stizza, l’asciugò con il dorso della mano, poi puntò il mento in avanti e rivolse a Nikos un’occhiata carica di odio. «Tu non puoi farlo!»
«Posso, e lo farò. Hai perso il diritto di essere sua madre quando lo hai portato via, furtiva come un ladro di notte.»
Anna si coprì la bocca con le mani in un gesto che palesava tutta la sua disperazione. Gli spregiudicati avvocati che lavoravano per Nikos avrebbero sicuramente trovato il modo per impedirle di riavere suo figlio. Aveva commesso un errore imperdonabile quando era fuggita, e adesso tutti i suoi peggiori incubi si stavano trasformando in realtà. Misha sarebbe cresciuto senza di lei a Las Vegas, con un multimilionario senza cuore e la sua amante di turno.
«Mi dispiace tanto» singhiozzò Natalie. «Ho cercato di fermarli. Ho cercato...»
«È tutto a posto» mormorò Anna. Ma non era la verità, e non lo sarebbe più stata.
Il cigolio della porta che comunicava con la cucina indusse Anna a girarsi mentre una terza guardia del corpo entrava portando un vassoio che appoggiò sul tavolo. Nikos mise un cucchiaino colmo di foglie di tè in una tazza e vi versò sopra dell’acqua bollente.
Anna guardò la preziosa stoviglia di porcellana che era appartenuta alla sua bisnonna. Sembrava così fragile fra le dita di lui. Poteva andare in frantumi da un momento all’altro.
Nikos aveva il potere di distruggere qualsiasi cosa, e ne aveva dato sufficienti prove.
«Sono qui da due settimane» commentò mentre lui assaggiava la bevanda. «Perché ci hai impiegato tanto?»
Nikos abbassò la tazza, gli occhi fissi nei suoi. «Ho ordinato ai miei uomini di aspettare che ti allontanassi dal bambino. Non volevo correre il rischio che commettessi qualche gesto folle.»
Non avrebbe mai dovuto lasciare solo suo figlio, si condannò Anna, non avrebbe mai dovuto recarsi al mercato di San Pietroburgo, aperto tutta la notte. D’altra parte, Misha non era davvero malato, le linee di febbre erano dovute ai primi dentini. «Sono stata una folle ad andare via» mormorò.
«E ti sono serviti ben quattro mesi per capirlo?»
La mente di Anna non registrò quelle parole. No, la decisione più sbagliata che aveva preso era stata fermarsi lì, pensò. Dopo quattro mesi trascorsi fuggendo, non più di un passo avanti ai tirapiedi di Nikos, ormai quasi sul lastrico, si era convinta che lui non l’avrebbe cercata nell’antico palazzo appartenuto alla sua bisnonna, in quella che era l’ultima proprietà della sua famiglia, per quanto completamente ipotecata. Natalie stava tinteggiando le pareti per dare alle stanze un aspetto più decente nella speranza – vana a suo parere – di trovare un acquirente e di saldare così, almeno in parte, la montagna di debiti che le opprimevano.
Altrettanto vana era stata la sua speranza di sfuggire a Nikos Stavrakis. La superiorità fisica di lui era schiacciante, era scortato da tre guardie del corpo, e sicuramente altri scagnozzi lo aspettavano nelle auto che dovevano essere parcheggiate alle spalle del palazzo.
La polizia, si disse, ma cancellò il pensiero non appena si era formato. Gli agenti avrebbero impiegato troppo tempo per arrivare, e forse Nikos aveva già corrotto i rappresentanti della legge, ipotizzò. Aveva denaro sufficiente per corrompere chiunque.
C’era un’unica strada da percorrere: la supplica.
«Per favore» sussurrò, poi tirò un profondo respiro e si costrinse a usare un tono di voce più fermo. «Ti prego, Nikos, non portarmi via mio figlio. Ne morirei.»
La risata aspra di lui riecheggiò nella stanza. «Questo è quello che io definirei un incentivo.»
«Tu... Bastardo senza cuore!» sbottò Anna.
«Senza cuore?» Nikos lanciò la tazza nel camino. La bella porcellana si sgretolò in mille frammenti luccicanti. «Senza cuore!» tuonò.
Spaventata, Anna arretrò. «Nikos...»
«Mi hai lasciato credere che mio figlio era morto! Mi hai lasciato credere che entrambi eravate morti. Sono tornato da New York e tu eri scomparsa. Sai per quante notti ho atteso una richiesta di riscatto? Immagini per quanti lunghi, orribili giorni ho aspettato che i vostri corpi fossero ritrovati? Sette giorni. Mi hai lasciato macerare nell’ansia per un’intera settimana prima che ti disturbassi a comunicarmi che eravate vivi!»
«Tu mi hai tradito» annaspò Anna. «Hai causato la morte di mio padre! Credevi davvero che non lo avrei mai scoperto?»
Nikos socchiuse gli occhi, riducendoli a due sottili fessure. «Tuo padre ha fatto le sue scelte, tu hai fatto le tue. Ora io porterò mio figlio laddove deve stare.»
«No, ti prego.» Lacrime che le inondavano il viso, Anna si aggrappò alla manica del cappotto di lui. «Non puoi prenderlo. Io lo allatto ancora al seno... Pensa cosa accadrebbe a Misha se perdesse sua madre, l’unico genitore che abbia mai conosciuto...»
Un’espressione tempestosa calò sul viso di Nikos. Anna si mordicchiò il labbro inferiore. Quanto sventata era stata ricordando a Nikos che non solo gli aveva negato la possibilità di vivere accanto al figlio per i primi quattro mesi della vita del piccolo, ma era anche venuta meno alla sua promessa riguardo il nome da dargli.
Poi lui atteggiò le labbra in una pessima imitazione di un sorriso. «Ti sbagli, zoe mou, perché io non ho nessuna intenzione di portarti via tuo figlio.»
Il sollievo che provò fu così grande che a stento Anna si trattenne dal gettargli le braccia al collo. «Grazie... Oh, grazie! Pensavo davvero che...»
Nikos avanzò di un passo, torreggiando su di lei. «Infatti, porterò via anche te.»
Avrebbe dovuto godere di quel momento.
Invece, era fuori di sé per la rabbia. Per quattro mesi aveva sognato la sua vendetta. No, si corresse Nikos, non si trattava di vendetta, ma di giustizia.
Ma quale giustizia... Le sue labbra si incurvarono in un sorriso amaro. Riportare Anna a Las Vegas, dove l’avrebbe vista ogni giorno, seduta accanto al tavolo di fronte a lui? Davvero, questa era l’ultima cosa che voleva.
La sua iniziale intenzione era stata quella di prendere suo figlio e andare via. Ma nello stesso momento in cui aveva visto il bambino, un’ondata di un sentimento tanto sconosciuto quanto profondo l’aveva travolto, un amore senza fine mai provato prima. Allora aveva capito che avrebbe impedito a chiunque di nuocergli. Si