La nuova vita della principessa: Harmony Collezione
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About this ebook
La principessa Elissa Karedes, la cui principale occupazione è sempre stata animare i ricevimenti dell'alta società, viene mandata in Australia per imparare cosa significhi guadagnarsi da vivere lontano dallo sfarzo della vita di corte. La cosa peggiore è che il suo nuovo datore di lavoro non ha alcuna intenzione di riservarle un trattamento di favore solo perché nelle sue vene scorre sangue blu. Infatti, fin dal primo giorno, appaiono chiari i limiti di Elissa nel ruolo di assistente personale di un abile e impegnatissimo uomo d'affari come James Black, il tipo più sexy che lei abbia mai incontrato.
Natalie Anderson
Tra le autrici più amate e lette dal publico italiano.
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Book preview
La nuova vita della principessa - Natalie Anderson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Ruthless Boss, Royal Mistress
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Velia De Magistris Velia
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-459-7
1
James si appoggiò allo schienale della sedia, nascose per un secondo il viso fra le mani e poi si ravviò i capelli con un gesto impaziente.
Il volo da Kuala Lumpur era atterrato poco dopo le cinque di quel mattino, dall’aeroporto si era recato direttamente in ufficio, dove aveva fatto una doccia veloce e si era cambiato d’abito. Aveva già sbrigato gran parte delle pratiche che aveva trovato ad attenderlo, e ora aveva un disperato bisogno di un caffè oltre che di mettere nello stomaco qualcosa di più sostanzioso della ciambella che gli avevano servito in aereo.
In quel momento, sentì dei rumori provenire da dietro la porta chiusa. Bene, la sua segretaria doveva essere arrivata. Un po’ in ritardo, ma non era un problema. Lei era la migliore nel suo campo. Almeno, lo era di solito.
Prese i documenti che aveva già esaminato, si alzò e fece capolino dall’ufficio.
«Bridge, per caso ti sei fratturata tutte le dita delle mani? Ci sono tanti di quegli errori di battitura in queste carte che quasi non sono riuscito a leggerle!» Sollevò lo sguardo dai fogli che aveva sventolato e si fermò sulla soglia della porta, sorpreso nel vedere una sconosciuta che si stava alzando dalla poltrona posta dietro la scrivania.
Era alta, bruna, affascinante. Non era...
«Non sei Bridget» affermò.
«No.»
La voce di lei era bassa ma limpida, con un accento straniero, velata da un ovvio senso di colpa.
In quel breve istante, James perse ogni capacità razionale. Riusciva solo a guardare la donna più bella che avesse mai visto. Gli sembrò che il suo cuore impiegasse un’eternità per riprendere a battere a un ritmo regolare, e quando finalmente successe mosse un passo in avanti. Le gote della donna diventavano più rosse man mano che lui le si avvicinava.
«Io sono...»
«La principessa Elissa.» Ora che il suo cervello aveva ricominciato a funzionare, ricordava. Aveva detto al fratello di lei che l’avrebbe assunta ma, assorto nelle conferenze cui aveva partecipato, non aveva più pensato a quella promessa. Ormai la principessa doveva essere a Sydney da almeno un mese. La stava fissando, si rese conto James, ma non poteva evitare di farlo. Aveva visto innumerevoli foto di lei sui giornali, quella però era la prima volta che la incontrava di persona. Non avrebbe mai creduto che potesse essere una creatura così assolutamente... perfetta. Spesso le celebrità da vicino erano una delusione, senza il beneficio di tonnellate di cosmetici, pettinature elaborate e abiti sfavillanti. Ma in verità nessuno scatto avrebbe potuto catturare la luce che danzava negli occhi scuri della principessa, o la ricchezza delle sfumature di colore dei suoi lunghi capelli castani. Capelli che dovevano essere morbidi come la seta, decise. E nessuna istantanea avrebbe potuto preparare un uomo allo splendore del suo corpo snello, ma dotato delle giuste curve, così squisitamente femminile e provocante.
«Bridget è in vacanza. Mi è stato detto di sostituirla durante la sua assenza.»
Ancora troppo impegnato nel suo scrutinio, James si limitò ad annuire.
«Scriverò di nuovo quel rapporto.»
Il viso di lei ora era davvero in fiamme, e quando tese la mano per recuperare i fogli James notò che tremava leggermente. Un dettaglio che lo riportò alla realtà, e che lo indusse a fare qualcosa per attenuare il suo imbarazzo. «È possibile che la tastiera del computer sia diversa da quelle europee» ipotizzò. Lei alzò lo sguardo solo per un istante, sufficiente però affinché lui notasse nei suoi occhi un’espressione che tradiva dispiacere... oltre che panico.
«Deve essere così... James.»
Incantato, James fissò l’incarnato dorato del suo viso, tentato oltre misura di allungare una mano e verificare così se la sua pelle era vellutata come prometteva di essere. Poi si rese conto che lei stava cercando di prendere quei fogli che lui invece continuava a stringere fra le dita. Mollò la presa e si girò. L’aveva osservata troppo a lungo ma, a sua discolpa, la donna era davvero fenomenale, si disse.
Scosse la testa, adducendo il suo insolito comportamento alla stanchezza del viaggio e alla differenza di fuso orario, ma il viso di lei soffuso di rossore rimase prepotentemente impresso nella sua mente. Era interessante come un personaggio ovviamente abituato a essere oggetto di attenzione come lei, ragionò, manifestasse così apertamente la propria insicurezza.
Tornò nel suo ufficio e ordinò a se stesso di non pensarci più. Intrigante o meno che fosse il viso arrossato della principessa, non voleva che lei si impadronisse dei suoi pensieri. Era troppo bella, il tipo di donna che ogni uomo avrebbe voluto e che di contro esigeva l’attenzione di ogni uomo. E lui non era fatto per condividere.
Lissa lasciò andare il respiro che aveva trattenuto così a lungo da farsi bruciare i polmoni. Crollò sulla sedia, quasi fosse una bambola di pezza. Dunque, era quello James Black? Per qualche motivo aveva immaginato il ricchissimo proprietario di una catena alberghiera conosciuta in tutto il mondo come un uomo sulla cinquantina, tozzo, stempiato, del tutto diverso dal trentenne che le si era presentato dinnanzi. Alto, muscoloso, la folta capigliatura riccia castano scura. Era bello. Anzi, era più che bello, e quando lo aveva guardato negli occhi aveva provato l’irresistibile voglia di allungare una mano per sfiorarlo.
Avrebbe dovuto prendere informazioni. Così come avrebbe dovuto leggere un corso breve sui requisiti necessari a una segretaria durante il lungo volo che l’aveva portata lì da Aristo. Era la sua ultima possibilità, doveva dimostrare di valere qualcosa oppure, in caso contrario, sarebbe stata costretta a ricominciare di nuovo in un altro posto, un’ipotesi che rifiutava anche solo di prendere in considerazione. Era Sydney la sua ultima possibilità. Quel lavoro.
E che pessima prima impressione aveva dato di sé! Prima aveva consegnato un rapporto pieno di errori di battitura e poi, imbarazzata, era arrossita come un’adolescente. E lei non arrossiva mai. Ma, davvero, non aveva previsto che il signor Black sarebbe uscito dal suo ufficio con quel caldo sorriso sulle labbra, e con il divertimento che gli danzava negli occhi. E non aveva previsto nemmeno quella vampata di calore che le aveva avvolto il corpo in una replica istantanea. Solo guardandolo si era... eccitata.
Distratta, non riuscì a rispondere all’ennesima telefonata e fu costretta a chiedere a Katie, la receptionist, di spiegarle ancora una volta il funzionamento del centralino telefonico. Aveva già scritto le istruzioni, ma continuava a trasferire le chiamate in ingresso alla segreteria telefonica piuttosto che all’interno richiesto, o peggio, a disconnetterle. Però non aveva problemi con il suo cellulare, e nemmeno con l’agenda elettronica, che erano oggetti senza dubbio più complessi. C’era qualcosa in quel sistema che proprio le sfuggiva.
Le due ragazze erano assorte sul quel compito da qualche minuto quando lui uscì di nuovo dal suo ufficio.
«Ben tornato, James.» Katie gli scoccò il più entusiasta dei sorrisi.
Al quale lui replicò con una semplice smorfia. «Grazie, Katie. Vado a prendere un caffè, sarò di ritorno al massimo fra venti minuti.» Si voltò verso Lissa. «Quel rapporto sarà pronto per allora?»
«Sicuramente» replicò lei, con una convinzione che era ben lungi dal provare.
Katie aspettò che lui uscisse dall’ufficio, sospirò, le rivolse uno sguardo d’intesa e sospirò di nuovo. «Bello, non è vero?»
Lissa annuì con aria vaga, perché l’ultima cosa che desiderava era discutere delle indubbie qualità fisiche del suo nuovo capo. Naturalmente non era la sola a notarle, ma perdere tempo in pettegolezzi non era il modo giusto per farsi prendere sul serio.
«Però fai attenzione. È un irriducibile playboy.»
A quel commento Lissa, incuriosita, alzò lo sguardo. Ormai le era perfettamente chiaro che, se avesse voluto sapere qualcosa sull’organizzazione e i suoi dipendenti, le sarebbe bastato rivolgersi a Katie.
«Non può essere imbrigliato.»
«Oh» commentò Lissa, per nulla interessata all’argomento. Per nulla...
«Non si impegna» precisò Katie, sicura che invece la cosa la interessasse, e molto.
Ma lei non era lì per spettegolare sulla vita amorosa del capo, ragionò Lissa. Era lì per lavorare. «No?»
«Tre appuntamenti, poi è finita.»
Concentrati sul telefono, Lissa. «Per favore, puoi spiegarmi ancora una volta come si trasferisce una chiamata?»
Katie rise e le indicò un pulsante. «Presto non sbaglierai più» la incoraggiò. «Evidentemente non sei abituata a lavorare con aggeggi simili.»
Il che era vero, ammise lei. Ma, poiché al momento le era stato negato l’accesso al suo fondo fiduciario, non aveva molta scelta. Alex aveva deciso che non ci sarebbero stati più soldi per lei a meno che non avesse messo la testa a posto, e l’aveva costretta a lavorare, un impiego che aveva scelto personalmente. E, casualmente, lo aveva scelto dall’altra parte del mondo. Che cosa conveniente per la famiglia, sbarazzarsi di lei. Sembrava che non fosse un problema per loro allontanarla, e non si rendevano conto di quanto invece lei ne soffrisse. Avrebbe desiderato restare ad Aristo dopo la morte di suo padre, magari sull’isola avrebbe potuto rendersi utile in qualche modo. Invece era stata spedita in un appartamento arredato a Sydney – situato in uno dei complessi immobiliari costruiti da Alex, aveva scoperto – e il canone di affitto corrispondeva quasi all’intero salario che avrebbe percepito. Per la prima volta nella sua vita, insomma, era costretta a guadagnarsi da vivere, a frenare i propri impulsi e ad accettare qualche responsabilità.
E per la prima volta era intenzionata a riuscirci. Era determinata a fare un buon lavoro e a crearsi un futuro. Così avrebbe dimostrato ai suoi fratelli, e anche a se stessa, di valere almeno quanto loro. Forse allora le avrebbero chiesto di tornare, e sicuramente non avrebbe perso quell’opportunità sprecando tempo in inutili fantasie sul suo datore di lavoro.
«Tornerà fra un minuto e non hai ancora copiato il rapporto» le rammentò Katie.
«Oh, accidenti!»
James desiderò di aver chiuso la porta dell’ufficio, ma in realtà non lo faceva mai, in modo da poter chiamare Bridget ogni volta che ne aveva bisogno. Temeva il giorno in cui la sua fidata segretaria gli avrebbe comunicato di essere incinta, il che sarebbe successo molto presto, sospettava, considerando la romantica crociera per cui era partita con suo marito.
Al momento però non poteva preoccuparsi di quello. Doveva preoccuparsi di quello schianto di sostituta che era seduta nella stanza accanto.
Prese i quotidiani che si erano accumulati sulla scrivania durante la sua permanenza all’estero. Sfogliò il primo in fretta, poiché comunque si era tenuto sempre aggiornato navigando in rete, ma giunto alla pagina della cronaca rosa una foto attirò la sua attenzione. Ed eccola lì, la sua nuova segretaria, particolarmente elegante in abito da sera, alla prima di un’opera teatrale. Tolse dal mucchio il secondo giornale e questa volta cercò subito la cronaca mondana. E di nuovo lei apparve, il viso sorridente, circondata da un gruppo di ammiratori. E continuò così: un altro quotidiano, una nuova foto, nuovi accompagnatori.
Certo che la principessa aveva avuto il suo da fare. Si era trasferita a Sydney da poco, eppure aveva avuto impegni sociali praticamente ogni sera. Ora capiva perché non era neanche in grado di dattiloscrivere correttamente un rapporto. La sua concentrazione doveva essere pari a zero se tirava l’alba sulla pista da ballo ogni notte. Che stupido era stato a provare compassione per lei, rimproverò se stesso, a credere che forse l’ansia avesse influito sul suo rendimento. Non c’era nulla che detestasse di più dell’essere preso in giro.
Guardò con attenzione l’istantanea pubblicata sull’ultimo quotidiano. Bella lo era sicuramente, decise, purtroppo non c’era nulla di valido in quella graziosa testolina. Ciò nonostante, non avrebbe avuto senso negare di essere attratto da lei. Ma si era accompagnato con un numero sufficiente di splendide donne da sapere ormai che era meglio non sprecare troppo tempo con loro.
Le giovani appartenenti alla società che conta passavano di uomo in uomo, senza sosta. Lissa era la più bella di tutte. Aveva schiere di corteggiatori, eredi di imperi finanziari, magnati e milionari, e appariva con loro sulle pagine delle riviste più vendute. E sicuramente a una donna come lei le storie sentimentali semplici e lineari non interessavano, ipotizzò. Era