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Un principe alla mia porta: Harmony Jolly
Un principe alla mia porta: Harmony Jolly
Un principe alla mia porta: Harmony Jolly
Ebook184 pages2 hours

Un principe alla mia porta: Harmony Jolly

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About this ebook

Chi, almeno una volta, non ha desiderato di essere una principessa e di sposare il proprio principe azzurro? Che il sogno abbia inizio!
Li avrò seminati? Spero proprio di sì. Non è ancora il momento per uscire allo scoperto. Il Principe Alexandro Castanavo delle Isole di Mirraccino sa che la decisione che ha preso non incontrerà mai il parere positivo di suo padre, il re, ma non avrebbe potuto fare altrimenti per distogliere l'attenzione dei media da suo fratello, futuro monarca di Mirraccino, e dalla sua ultima conquista amorosa. Quel piccolo hotel nel cuore di Manhattan sarà il suo quartier generale. La dolce e affascinante proprietaria, Reese Harding, però, sembra sospettare qualcosa. Forse, se le dico la verità potrebbe aiutarmi. Non sarebbe male stare con lei giorno e notte. Del resto io sono solo il principe cadetto.
LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2019
ISBN9788830508149
Un principe alla mia porta: Harmony Jolly

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    Un principe alla mia porta - Jennifer Faye

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Princess by Christmas

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Jennifer F. Stroka

    Traduzione di Laura Polli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-814-9

    1

    New York, dicembre

    Il principe Alexandro Castanavo di Mirraccino guardò fuori dal finestrino posteriore mentre il taxi sfrecciava nel traffico.

    Non aveva mai preso un’auto a New York e sentì aumentare la tensione quando il taxi imboccò una corsia preferenziale. Mentre le altre auto erano ferme nel traffico congestionato dell’ora di punta, loro continuarono a sfrecciare rapidi.

    Cosa aveva fatto di male per meritarsi un tassista di incerta nazionalità, che pensava di essere un pilota di Formula Uno?, si chiese Alex, cercando di mantenere l’equilibrio sul sedile quando l’autista frenò di colpo a un semaforo. Era confortante scoprire che quel tale rispettava almeno le regole fondamentali del codice stradale... Diede un’occhiata dal finestrino posteriore e vide che adesso dietro di loro c’era un furgone con il logo di una panetteria.

    Alex tirò un sospiro di sollievo. Nessuno lo stava seguendo. Almeno era riuscito a seminarli, grazie alla guida spericolata del tassista.

    Non appena il semaforo lampeggiò luce verde, il taxi ripartì a tutta velocità. Maledizione! Quel tale non sapeva che avrebbe guadagnato di più prendendosela comoda?

    «Non c’è fretta» gli disse.

    «Fretta? Sì, vado veloce» annuì l’autista, che evidentemente non era molto ferrato in inglese.

    Alex sospirò. Fece per correggere l’uomo, ma poi si rese conto che ogni volta che parlava, l’autista distoglieva lo sguardo dal traffico.

    Meglio non distrarlo, decise, sperando che questo bastasse ad arrivare tutto d’un pezzo a destinazione. Stava iniziando a nevicare e questo sembrava rendere ancora più caotico il traffico a Manhattan. Le strade e le vetrine dei negozi erano un tripudio di decorazioni natalizie, anche se mancavano ancora alcune settimane alla data del venticinque dicembre.

    Non era abituato alla vita di città, e gli ci sarebbe voluto un po’ per adattarsi. Per fortuna non si trattava di una visita di stato, che avrebbe richiesto visibilità mediatica, appuntamenti e incontri ufficiali con politici e ambasciatori.

    Stava viaggiando in incognito e quella visita richiedeva la massima riservatezza, considerando che aveva infranto le regole del protocollo ed era partito privo della sua scorta. Si consolò pensando che non avrebbe mai agito così se gravi circostanze non glielo avessero imposto. Eludere da solo reporter e paparazzi non era stato facile, con il suo entourage al seguito sarebbe stato praticamente impossibile.

    Alex si accorse che avevano lasciato il centro commerciale di Manhattan e il taxi stava percorrendo una zona residenziale. Un’altra occhiata dal finestrino posteriore gli confermò che nessuno lo stava seguendo. Si passò una mano fra i capelli, cercando di rilassarsi.

    A un certo punto l’asfalto lasciò il posto al pavé di un viale elegantemente alberato. Quello doveva essere Willow Heights, un nome davvero azzeccato per quella zona esclusiva della città. Ai lati della strada abitazioni d’epoca, basse e ben tenute. In quel luogo, in quella stagione e con la neve, il tempo sembrava essersi fermato.

    Proprio in quel momento un cartello di metallo segnalò una villa in stile vittoriano.

    The Willow, lesse Alex, osservando quella residenza signorile dall’architettura tipicamente europea.

    A dire il vero, non era stato sicuro di cosa aspettarsi. Quando a palazzo reale era sorto il problema, non c’era stato molto tempo per predisporre un piano nei minimi dettagli.

    Così era passato direttamente all’azione.

    La sua missione era quella di prolungare il più possibile quel gioco al gatto e al topo con la stampa, non sapendo quanto tempo ci avrebbe impiegato a risolvere l’ultimo disastro combinato da suo fratello.

    L’autista fermò il taxi a pochi passi dal cancello in ferro battuto. «Che posto sciccoso» commentò l’uomo. «Sei un pezzo grosso?»

    Alex non era sicuro di cosa intendesse l’autista con pezzo grosso, ma di sicuro sarebbe rimasto a bocca aperta se gli avesse rivelato la sua identità.

    «Sono un semplice turista» rimediò, pensando che da un certo punto di vista era la verità.

    «Resterai a lungo?»

    «Non lo so» ammise Alex.

    «Quando hai bisogno di un’auto, chiama questo numero» disse l’autista, porgendogli un biglietto. «Freddy al tuo servizio.»

    Alex comprese solo che quel tale doveva averlo scambiato per un riccone e che era pronto a scarrozzarlo dovunque.

    «Grazie» rispose. Mise il biglietto in tasca e fece per estrarre dal portafoglio la carta di credito. Ma poi cambiò idea e pagò la corsa in contanti. Meglio continuare a tenere segreta la sua identità, si disse, ricordando di avere detto all’autista che era un semplice turista.

    Poco dopo il taxi si allontanò e Alex, dopo avere superato il cancello di ferro battuto, percorse il vialetto che portava al patio della villa.

    A giudicare dall’architettura, quell’edificio a tre piani doveva avere almeno duecento anni, ma il proprietario aveva fatto di recente un’ottima opera di restauro, pensò, osservando la facciata ben tenuta e il portico ornato di sempreverdi.

    Fu in quel momento che si rese conto di quanto fosse lieto di essere arrivato a destinazione.

    Il jet lag cominciava a farsi sentire e represse uno sbadiglio. Non vedeva l’ora di essere nella stanza che aveva prenotato, infilarsi sotto le coperte e chiudere gli occhi.

    «Benvenuto» disse una voce a poca distanza.

    Alex si voltò e vide una donna spuntare dal vialetto che costeggiava la villa. La cuffia di lana le copriva in parte i lunghi capelli rosso scuro che le incorniciavano il bel viso, illuminato da uno splendido paio di occhi castano dorati. Con le mani guantate reggeva una grossa scatola di cartone dall’aria pesante.

    «Posso aiutarti?» si offrì.

    La donna esitò un istante e poi annuì. «Questa va sistemata sotto il portico.»

    «D’accordo» annuì Alex, togliendole di mano la scatola.

    Mentre camminavano fianco a fianco, lei gli rivolse un’occhiata curiosa. «Tutto bene?» gli chiese. «Quando sei sceso dal taxi mi sei sembrato un po’... scosso.»

    «Il tassista era un pirata della strada» le spiegò, mentre salivano i gradini del patio.

    «Il tragitto fin qui è stato un’avventura?»

    «Mi ritengo fortunato a essere ancora intero. Mi guarderò bene da chiamare di nuovo un taxi di quella compagnia.»

    La rossa sorrise e Alex si scoprì a fare altrettanto. Pessima mossa, si ammonì un attimo dopo. Incoraggiando le attenzioni di quella sconosciuta sarebbe riuscito solo a complicare quella dannata faccenda.

    Posò la scatola sotto il portico e si voltò a guardare la donna. Indossava una giacca a vento imbottita con il logo The Willow impresso sulla parte anteriore, jeans e stivali da neve.

    Un insieme molto semplice e anonimo, che tuttavia non riusciva a nascondere del tutto la figura slanciata e ben modellata di lei.

    «Ecco fatto» disse Alex, chiedendosi se la sconosciuta fosse consapevole del suo fascino e immaginando fosse letteralmente assediata dagli uomini.

    «Grazie per l’aiuto» gli disse. Un attimo dopo accennò al bagaglio che Alex era andato a recuperare sul vialetto. «Sei uno degli invitati al matrimonio?» gli domandò.

    «No» rispose Alex, senza avere la benché minima idea a cosa lei si riferisse. «Tuttavia vorrei pernottare qui.»

    «Le stanze vengono assegnate solo su prenotazione.»

    «Io ho prenotato. E adesso se vuoi essere così gentile da indicarmi a chi devo rivolgermi per avere la mia stanza...»

    «Alla persona che hai di fronte. Sono Reese Harding» si presentò lei, togliendosi un guanto e porgendogli la mano. «E tu chi sei?»

    «Sono il prin...» Alex si interruppe. Appena in tempo per evitare di pronunciare il suo titolo. Gli ci volle un istante per ricordare lo pseudonimo che aveva usato per prenotare la stanza al Willow. Ovvero il cognome di sua madre. «Alex DeLuca» disse, resistendo alla tentazione di ricambiare la stretta di mano più a lungo del necessario. Trovava irritante quell’attrazione così intensa e immediata per una perfetta sconosciuta. A quanto pareva, ventiquattro ore senza dormire avevano abbassato la soglia delle sue difese mentali. In aereo non aveva chiuso occhio per la tensione e adesso si sentiva stanco e di pessimo umore.

    «Sei tu che dirigi l’hotel?» le chiese, pensando di avere capito male.

    «Esatto» gli confermò.

    Alex la osservò un istante, perplesso. Non era un po’ troppo giovane per dirigere un hotel?

    «Posso sapere quanti anni hai?»

    «Abbastanza per fare i miei affari.»

    «E sarebbe?»

    «Venticinque. E non ho alcuna intenzione di mostrarti la carta di identità» stabilì Reese. «È l’ospite che è tenuto a farlo» aggiunse in tono più gentile.

    «Sì, certo» annuì lui. Cosa diamine gli importava di quanti anni avesse Reese Harding? Il suo cervello stava andando ancora fuori pista. Non era venuto a New York in cerca di avventure, rammentò a se stesso. «Riguardo alla stanza...»

    «Siamo al completo fino a lunedì.»

    «Lunedì?» ripeté Alex. «Io ho prenotato per oggi.»

    «Sarà meglio che vada a dare un’occhiata alla nostra agenda elettronica» replicò Reese, precedendolo nella hall.

    Lui la seguì, chiudendosi la porta alle spalle. In contrasto alla temperatura esterna, l’interno della villa gli sembrò meravigliosamente tiepido e accogliente.

    «Ti assicuro che ho prenotato» insistette. «Vedrai che troverai il mio nome sull’agenda.»

    «Non ricordo di avere riservato alcuna stanza per Alex DeLuca» disse Reese, raggiungendo la reception. «Non ho mai parlato con te, avrei ricordato il tuo accento.»

    Anche lui avrebbe ricordato di sicuro la bella voce vellutata e femminile di Reese Harding, pensò Alex.

    «Allora qualcun altro deve avere registrato la mia prenotazione» ribatté. «Immagino tu non sia l’unica persona che lavora alla reception ventiquattro ore su ventiquattro.»

    «No» ammise lei. «Ma con chiunque tu abbia parlato, doveva controllare il database e avvertirti che siamo al completo per tutto il fine settimana.»

    «Quando ho telefonato ha risposto una donna... Dalla voce mi sembrava più anziana di te.»

    Reese si accigliò e si sedette di fronte al computer. «Può darsi che tu abbia davvero una prenotazione per oggi... Forse chi l’ha ricevuta si è dimenticato di inserirla in agenda.» Consultò rapidamente il database e scosse il capo. «Non c’è nessuna prenotazione per oggi a nome DeLuca e per via del matrimonio non ho una stanza libera da assegnarti.»

    Alex sospirò. Per raggiungere New York seminando i reporter aveva cambiato volo tre volte. Ad Atlanta l’aereo era partito in ritardo causa del maltempo e adesso tutto quello che desiderava era un pasto caldo e un letto. No, prima il letto e poi il pasto, si corresse, reprimendo uno sbadiglio. Ma a quanto pareva avrebbe dovuto lottare per ottenerli.

    «Che fine ha fatto la caparra che vi ho inviato tramite bonifico bancario?» domandò, con una certa freddezza.

    Lei lo guardò, sorpresa. «Hai inviato una caparra?»

    «Esatto. Controlla con il computer il vostro conto corrente.»

    «Certamente... Signor DeLuca, le rimborserò completamente la somma. Mi dispiace tantissimo per il malinteso.»

    Lui si guardò intorno. L’interno della villa non poteva certo competere con il palazzo reale, ma era comunque spazioso e l’arredo d’epoca era elegante e ben tenuto. Di sicuro in quella grande villa doveva esserci un posto, anche solo un divano, su cui lui avrebbe potuto chiudere gli occhi.

    «Visto che avete accettato il mio denaro e questo hotel mi sembra spazioso, sono sicuro che riuscirete a trovarmi una sistemazione provvisoria in attesa che gli invitati al matrimonio se ne vadano. Sono in viaggio da più di ventiquattro ore, sono stanco e il minimo che possiate fare è tenere fede in qualche modo al nostro accordo.»

    Reese si morse le labbra, considerando le opzioni possibili per quella situazione d’emergenza. «Perché non ti accomodi mentre io cerco di risolvere questo pasticcio?» gli disse, accennando alla zona salotto della hall.

    Non aggiunse altro e Alex la seguì con lo sguardo mentre si allontanava. Si era tolta il cappello di lana e il suo sguardo si focalizzò sulla splendida massa di capelli rosso scuro che le coprivano le spalle fino alla vita.

    Di nuovo si diede dell’idiota. Non era venuto a New York per distrarsi, per quanto seducente fosse la distrazione...

    Aveva una missione da compiere.

    Un lavoro da portare a termine.

    Il suo dovere era quello di difendere la corona di Mirraccino da uno scandalo che poteva oscurarne il prestigio. Uno di quelli che avrebbe potuto compromettere l’onorabilità della sua famiglia e danneggiare la nazione intera.

    2

    Reese si diresse verso il retro della villa, cercando di ignorare l’agitazione che

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