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Amanti e rivali: Harmony Destiny
Amanti e rivali: Harmony Destiny
Amanti e rivali: Harmony Destiny
Ebook156 pages2 hours

Amanti e rivali: Harmony Destiny

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About this ebook

A letto col nemico!

Non c'è niente di più frustrante di vedersi rifiutare una promozione meritata e solo per il fatto di essere una donna!
Tempest Lambert è così furibonda con il ricchissimo padre da escogitare un piano per fargliela pagare: offrirà i suoi servizi a Gavin Renard, il più acerrimo nemico dei Lambert. Un gioco rischioso per Tempest, perché l'affascinante milionario non si accontenta di averla alle sue dipendenze, la desidera anche nel suo letto.
E lei sa che, accettando le condizioni di Gavin, metterà a repentaglio molto più di un legame familiare.
LanguageItaliano
Release dateJun 11, 2018
ISBN9788858983799
Amanti e rivali: Harmony Destiny
Author

Katherine Garbera

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Amanti e rivali - Katherine Garbera

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    High-Society Mistress

    Silhouette Desire

    © 2007 Katherine Garbera

    Traduzione di Sonja Liebhardt

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-379-9

    Capitolo 1

    VESTITA IN MODO impeccabile, Tempest Lambert, la beniamina dei giornali scandalistici, si trovava nell’atrio del suo condominio, sforzandosi di non tradire il proprio nervosismo. Si stava comportando come una sciocca. Era stata capace di incantare capi di stato e celebrità, era riuscita ad avere il mondo ai suoi piedi, ma... esisteva una persona che aveva il potere di ridurle i nervi a pezzi.

    La macchina guidata dall’autista di suo padre arrivò come previsto alle diciannove e trentacinque in punto. Tempest si sarebbe recata da sola al pranzo e all’asta della Leukemia Foundation, ma il padre aveva dichiarato di volerle parlare. E quello era l’unico momento che potesse dedicarle.

    Al pensiero Tempest abbozzò un sorriso, cercando di convincersi che non aveva niente di cui preoccuparsi. E quando suo padre si guardò bene dal scendere dalla macchina per salutarla, emise un sospiro rassegnato.

    «Buonasera, signorina Lambert.»

    «Buonasera, Marcus.»

    L’anziano autista, che da quasi vent’anni era il fedele accompagnatore del padre, le rivolse un rapido sorriso. «È molto elegante, stasera.»

    «Grazie» replicò lei, rinfrancata dal complimento. Era la sua serata. Aveva appena risolto brillantemente un complicato problema di pubbliche relazioni per la Tempest’s Closet. Suo padre si era persino congratulato via e-mail con lei, definendolo un buon lavoro. L’unico messaggio che le avesse mandato in vita sua.

    Tempest scivolò in macchina, mentre l’autista le teneva aperta la portiera. Suo padre stava parlando al cellulare, e non la degnò neppure di uno sguardo quando la portiera venne richiusa.

    Lei cercò di rilassarsi, appoggiandosi contro lo schienale di pelle della lussuosa Mercedes. Non era nervosa. Be’, forse un po’. Era passato così tanto tempo da quando aveva desiderato con tutta se stessa l’approvazione paterna! Ma aveva ventotto anni, adesso, e sapeva il fatto suo.

    August Lambert, presidente della Tempest’s Closet, era un uomo imponente. Alto più di un metro e ottanta, era sempre riuscito a incutere un timore reverenziale nella figlia, fin da quando era bambina. Aveva rivoluzionato il modo di vestire degli americani, vendendo abbigliamento nella sua catena di negozi Tempest’s Closet, che aveva avviato negli anni Settanta e intestato alla figlia dopo la sua nascita.

    Dopo aver concluso la telefonata, l’uomo annotò qualcosa sull’agenda, prima di lanciarle un’occhiata. In silenzio studiò il suo viso. Tempest si chiese che cosa cercasse, quando la guardava in quel modo.

    Alcuni sostenevano che assomigliasse a sua madre, ma Tempest non ci aveva mai davvero creduto. Sua madre era stata una delle donne più belle che lei avesse mai conosciuto. E quel che vedeva riflesso nello specchio non le sembrava così affascinante.

    «Grazie per aver accettato questo incontro» l’apostrofò infine suo padre.

    «Figurati. Per quale motivo volevi vedermi?»

    «Ho intenzione di nominare Charles Miller vicepresidente.»

    Senza alcun preambolo, ma dritto al sodo. Solo una cruda comunicazione, che colse Tempest alla sprovvista. «Charlie Miller?» ripeté incredula. «Stai scherzando.» Maledizione, si era imposta di essere calma e fredda!

    «È la persona giusta per quel ruolo.»

    Lei lanciò al padre un’occhiata dura. «Per favore, dimmi che non l’hai nominato al mio posto solo perché sono una donna.»

    «Non sono tipo da discriminazioni sessuali, Tempest.»

    Lei lo sapeva bene. Stava solo cercando disperatamente una ragione plausibile. «Non ne sono così sicura, papà. Ho maggiore esperienza di Charlie, e sono più preparata.»

    August fece un sospiro, passandosi una mano sulla nuca. Lanciò uno sguardo fuori dal finestrino e si mise a fissare il paesaggio che scorreva accanto alla Lake Shore Drive. Tempest amava Chicago. Talvolta avrebbe voluto che non fosse così, perché le avrebbe permesso di lasciare il padre e la Tempest’s Closet senza alcun rimpianto.

    Suo padre sembrava così inavvicinabile, così lontano. Anche se li separavano solo pochi centimetri.

    E le parve che la distanza aumentasse. Per quanto facesse, non avrebbe mai avuto la sua approvazione. Il suo rispetto. Le era bastato fare qualche colpo di testa da adolescente, per perdere entrambi.

    «Non ho fatto niente per attirare l’attenzione su di me, di recente» osservò con voce calma. Quel lavoro era diventato la forza propulsiva della sua vita. Non era più la ragazza che pensava solo a divertirsi, era diventata una donna d’affari. Una professionista che suo padre non avrebbe potuto fare a meno di notare.

    «C’era un articolo su Hello!, neanche una settimana fa, che parlava di te e di Dean Stratford. Le foto ti ritraevano in un atteggiamento che non lasciava adito a dubbi.»

    «Andiamo, papà! Sai bene che non c’è niente tra me e Dean. Si sta riprendendo da una brutta vicenda, e ha bisogno del sostegno degli amici.»

    Lui le lanciò un’occhiata severa. «Poco importa di ciò che so io. Quel che tutti pensano è che badi solo a divertirsi.»

    Tempest non poteva credere alle proprie orecchie. «Il consiglio d’amministrazione sa bene che sono solo menzogne.»

    Suo padre si passò una mano sul petto all’altezza del cuore, prima di posarla in grembo. «Sono più preoccupato di quel che pensa l’opinione pubblica.»

    Tempest non poteva contraddirlo. Ne era altrettanto dispiaciuta, ma si era ripromessa da tempo di non domandare scusa per le proprie azioni. Anche se il più delle volte venivano fraintese, sapeva in cuor suo che erano sempre dettate dalle migliori intenzioni.

    «Credo che sia un problema superato. Sto lavorando con una fondazione che si occupa di bambini, e questo contribuirà alla mia immagine.»

    «Non basta, Tempest. L’azienda sta attraversando tempi duri.»

    «Quali tempi duri?» chiese lei sorpresa. Lavorando nell’ambito delle PR, la sua attenzione era più concentrata sull’immagine che sull’andamento concreto della società. Ma non aveva avuto alcun sentore di difficoltà.

    «Niente di cui ti debba allarmare.»

    «Sono una dipendente, papà. È ovvio che sono interessata alla solidità dell’azienda. Dimmi cosa sta succedendo.» In realtà Tempest era più preoccupata per il padre. Una delle sue paure maggiori era sempre stata quella di perderlo. E se fosse successo qualcosa alla Tempest’s Closet, a lui non sarebbe rimasto più niente per cui valesse la pena di vivere.

    «Ha a che fare con la Renard Investments

    Di nuovo? Gavin Renard aveva sparato a zero sulla Tempest’s Closet da quando aveva cominciato a operare sul mercato finanziario, una decina d’anni prima. E dal primo momento non aveva mai smesso di cercare di acquisirla.

    «E Charlie sarà il vicepresidente giusto per aiutarti a venirne fuori?» indagò lei con cautela.

    «Sì. Ho bisogno di qualcuno che si occupi delle PR in modo da tirarci fuori dall’impasse e ci permetta un rilancio.»

    «Credo di aver dimostrato a sufficienza di saperci fare» mormorò Tempest.

    «Non è il tipo di rilancio che ci interessa.»

    «Ti prego, papà.»

    Aveva passato la sua vita cercando di impedire che qualcuno la compatisse. Una povera ragazza ricca e senza madre. Per quello si era buttata anima e corpo nel divertimento, ma in quel momento ebbe l’impressione di essere alla resa dei conti. Si era iscritta al prestigioso Vassar College, dove aveva compiuto gli studi. Anche se le erano giunte voci secondo le quali doveva la laurea solo alla relazione con il preside della facoltà, sapeva bene di essersela meritata, e che Stan non aveva avuto alcuna influenza sui suoi voti.

    Accavallò le gambe, avvertendo la morbida seta dell’abito di Valentino contro la pelle. Spiò suo padre con la coda dell’occhio.

    Lui sospirò, e a quel punto le fu tutto chiaro. Non riusciva a capire perché si fosse sorpresa ancora una volta. Era stanca di continuare a desiderare qualcosa che lui non avrebbe mai potuto darle.

    «Mi dispiace, Tempest. Ho deciso.»

    «Ripensaci» sbottò lei, iniziando a perdere la calma. Anche se avrebbe voluto a tutti i costi riuscire a controllarsi e nascondersi dietro un atteggiamento freddo e compassato, come il padre faceva sempre. Ma perché non aveva ereditato la freddezza da lui?

    «Penso che non abbiamo altro da dirci.»

    «Ti sbagli. Voglio che tu mi spieghi perché non sono stata promossa.»

    Lui la guardò dritto negli occhi. «Non sei sufficientemente responsabile. Non ti considero all’altezza del compito.»

    Queste parole le fecero più male di quanto si aspettasse. Tempest sentì le lacrime salirle agli occhi, ma s’impose di non mettersi a piangere di fronte a lui. In effetti non aveva mai pianto in sua presenza. Era certa che lui l’avrebbe considerato uno stupido stratagemma tipicamente femminile per manipolare gli uomini.

    «Non penso che continuerò a lavorare per te.»

    «È una tua scelta, Tempest.»

    «No, papà, è la tua

    Nell’affollata sala da ballo, Gavin Renard vide di sfuggita Tempest Lambert letteralmente circondata da un gruppo di persone. Non aveva l’aspetto che si era immaginato. Non si erano mai parlati, anche se avevano partecipato spesso agli stessi avvenimenti mondani. Per essere onesti non le aveva mai dedicato una grande attenzione, fino a quella sera. Forse ad attirarlo in quel momento era stato il modo con cui lei si era separata da August non appena i due erano entrati nella sala.

    Nelle foto sembrava molto più magra, e aveva sempre il viso imbronciato e lo sguardo assente. Mentre fendeva la folla per andarle più vicino, Gavin notò che i suoi begli occhi azzurri erano tutt’altro che inespressivi, quella sera. Anzi, sembravano ribollire di qualcosa che poteva essere passione o rabbia.

    Quando l’aveva vista ritratta sulla copertina della rivista People, l’aveva giudicata una donna attraente, ma doveva riconoscere che, di persona, emanava un fascino che lasciava letteralmente senza fiato.

    Tempest era la figlia del suo peggior nemico, perciò Gavin conosceva tutti i dettagli della sua vita. Che la madre era morta di cancro al seno quando lei aveva sei anni. Che era stata mandata in un collegio in Svizzera che aveva frequentato con successo fino ai diciott’anni per poi tornare negli Stati Uniti per entrare in possesso della fortuna che le avevano lasciato i nonni.

    Aveva abbandonato gli studi per unirsi al jet-set europeo. Per sei anni non aveva pensato che a divertirsi, con poco riguardo per gli altri. Erano girate voci su relazioni con uomini sposati, e comparse fotografie che la ritraevano sui rotocalchi europei, e talvolta anche su quelli statunitensi.

    Poi aveva abbandonato quel mondo ed era tornata negli Stati Uniti per frequentare l’università. Da quel che Gavin aveva letto, si era dimostrata una brava studentessa. Ma ancora una volta si era ritrovata impegolata in uno scandalo proprio alcune settimane prima di laurearsi, quando erano state pubblicate su un giornale locale fotografie che la ritraevano in compagnia del preside della facoltà.

    Alzando

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