Una notte col capo: Harmony Collezione
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About this ebook
Kara Redman è il braccio destro di Blake Benedict da quasi un anno, e la cosa che più l'ha resa orgogliosa è l'essere riuscita a mantenere il loro rapporto esclusivamente sul piano professionale. Ma un viaggio di lavoro in Italia finisce con il ribaltare completamente la situazione: il caldo sole mediterraneo in poco tempo accende il fuoco della passione fra lei e il suo affascinante capo, e Kara si ritrova quasi senza accorgersene nel letto di Blake. Una sola notte, poche ore concesse al reciproco desiderio. Doveva essere soltanto questo...
Margaret Mayo
Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.
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Una notte col capo - Margaret Mayo
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Night With Consequences
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Margaret Mayo
Traduzione di Sonia Indinimeo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-579-2
1
È un’incredibile opportunità, pensò Kara. Volare in Italia con il capo, per il congresso annuale della società, era il sogno di ogni collega. Avrebbe voluto che fosse anche il suo, ma sfortunatamente non era così.
Non che Blake Benedict fosse un uomo facile da ignorare. Aveva una bellezza aggressiva, di quelle che ti costringevano a un secondo sguardo. E lei non faceva eccezione. Secondo i giornali di gossip, dopo un divorzio burrascoso, aveva giurato di non risposarsi mai più. Ma non gli mancavano certo le donne, anzi! Gli ronzavano attorno a frotte, come api sul miele.
Ma non Kara. Non voleva che la notasse e aveva sempre cercato di rendersi invisibile, con i suoi classici e rigorosi completi scuri, giacche informi e gonne lunghe, poco trucco e i capelli raccolti in stile vecchia governante. I capelli lunghi e folti, di un magnifico castano ramato, erano il suo punto di forza, ma per nessun motivo li avrebbe lasciati sciolti, in ufficio.
Il fatto che lui non l’avesse mai degnata di uno sguardo, indicava che i suoi sforzi per mimetizzarsi avevano avuto successo. Aveva puntato tutto sull’efficienza e anche se Benedict non le aveva mai appuntato una medaglia al valore sul petto, sapeva che era soddisfatto del suo lavoro.
Comunque, il solo pensiero di andare in Italia con lui, le faceva correre strani brividi lungo la schiena. Era impossibile, ma come avrebbe potuto dirglielo? E se avesse insistito? Se le avesse ricordato che quel viaggio rientrava nei suoi doveri?
Si era sentita molto fortunata quando aveva ottenuto il posto come assistente personale di Blake Benedict, a capo della Benedict Corporation, con filiali in tutto il mondo e la sede centrale a Londra. L’agenzia aveva scelto un’altra ragazza che all’ultimo minuto aveva dato forfait ed era subentrata lei. La prima volta che aveva posato gli occhi su Blake aveva sentito scivolarle addosso un’ondata di qualcosa di pericoloso, una sensazione che non aveva mai provato prima.
Blake superava di tutta la testa la maggior parte degli uomini. Aveva la mascella squadrata, la fossetta sul mento e i capelli neri, corti, con un’ombra d’argento sulle tempie. Gli occhi grigi erano profondi mentre il naso e la bocca sembravano scolpiti. Le sue labbra erano così belle che qualche volta Kara si era sorpresa a immaginare come sarebbe stato baciarle. Uno strano pensiero, per lei, che non aveva mai baciato un uomo. Anzi, non era mai uscita con un uomo... Ci aveva pensato il suo padre-padrone a impedirglielo e anche ora che era morto, la sua presenza incombeva su di lei.
Non che Blake avesse mai mostrato interesse per lei. Non era una splendida bionda. Era una dall’aspetto ordinario e nessun uomo si sprecava a lanciarle una seconda occhiata. Ma era la donna più fortunata del mondo per aver trovato quel lavoro. Era arrivato proprio al momento giusto.
«Non è un problema, per lei, vero?» Blake era sorpreso che Kara non sembrasse eccitata all’idea del viaggio. Non aveva ancora detto che non sarebbe andata, ma lo sguardo dei suoi occhi ricordava quello di una cerbiatta, sorpresa dai fari di una macchina e lui non riusciva a capire perché. Il congresso annuale era un’occasione che tutte le sue precedenti assistenti avevano colto al volo, con ammirevole entusiasmo.
Doveva ammettere che Kara era diversa e che se non fosse stato disperato dopo le dimissioni di Olivia, difficilmente l’avrebbe assunta. A lui piaceva circondarsi di belle donne e Kara era... be’, non faceva grandi sforzi per rendersi affascinante. Ma si era presentata con ottime referenze ed era dannatamente brava nel suo lavoro, tanto che si era resa indispensabile.
Blake aveva bisogno di lei, a Milano. Si era occupata di ogni aspetto del congresso, anzi lo aveva organizzato di sana pianta, in prima persona. Conosceva il programma alla perfezione ed era necessario che fosse presente, senza se e senza ma.
Sembrava molto nervosa, seduta sull’orlo della sedia e per la prima volta Blake notò le sue caviglie delicate. Era tutto quello che riusciva a vedere delle sue gambe, sotto quelle ridicole gonnelline da vecchia zitella che insisteva a indossare. Poi, le scarpe rasoterra che facevano parte della sua divisa, erano semplicemente orrende. Ma le sue caviglie... Come mai non le aveva notate prima? «Deve uscire stasera, signorina Redman?» le chiese. Perché d’un tratto gli sembrava così importante saperlo?
«È una domanda pertinente, signor Benedict?»
Non era la risposta che si era aspettato, eppure non gli sfuggì la nota incandescente nella sua voce e la scintilla che sembrò accendere gli occhi azzurri. Quasi violetti. Un’altra cosa che non aveva notato... Erano stupendi, tra le folte ciglia scure che si erano leggermente abbassate, in attesa della sua risposta. Era un lato del tutto nuovo della sua assistente. Un lato che era ansioso di esplorare.
Nonostante questo, lo infastidiva che non scattasse ai suoi ordini. «Forse la sto trattenendo mentre lei ha altri impegni» le spiegò. «Potremmo continuare la nostra chiacchierata in un altro momento...»
«No, non ho impegni» si affrettò a rispondere, ignorando la nota sarcastica della sua voce. «Ma non c’è proprio nulla di cui parlare. Non posso venire in Italia con lei. Questo è tutto, mi dispiace.»
Kara trattenne il respiro in attesa della sua reazione. Era sicura che non fosse abituato a sentirsi dire no. Ciò che Blake Benedict diceva, era legge e tutti scattavano sull’attenti obbedendo agli ordini. E perché no, visto che era a capo di una delle più quotate società in campo informatico?
La storia di Blake e del suo successo, andava oltre i sogni più sfrenati della maggior parte della gente. Era una storia che ogni membro del suo staff conosceva bene. Già a cinque anni, usava il computer meglio di un adulto esperto e a sedici, aveva iniziato la sua attività, scrivendo complessi programmi di diagnostica per computer. Ora aveva migliaia di dipendenti che lo veneravano, a cui non sarebbe mai saltato in mente di dirgli di no. Kara era sicura di averlo colto di sorpresa, ma non poteva lasciare sola sua madre, nemmeno per qualche notte. Sarebbe stato troppo pericoloso.
La sua affermazione lo aveva sbalordito e quando si decise a parlare, Kara colse una nota di durezza che non aveva mai usato con lei. «No è una parola che non esiste nel mio vocabolario, signorina Redman. Credo che lei abbia lavorato per me abbastanza a lungo da saperlo.»
Sì, certo, ma lei aveva altre priorità. «Io... apprezzo molto l’opportunità che mi offre, ma ho una vita privata e...»
«E questo le impedisce di dedicarsi al lavoro?»
Kara rabbrividì sotto lo sguardo dei gelidi occhi grigi che sembravano d’acciaio, ma restò sulle sue posizioni. «Signor Benedict, non credo che possa dire che non faccio bene il mio lavoro.» Lavorava fino a tardi così spesso che a conti fatti, passava più tempo in ufficio che a casa.
«No. Devo ammettere che è molto brava.»
A malincuore..., pensò Kara. Non era facile estorcergli un apprezzamento, anche se era un buon datore di lavoro. I dipendenti erano ben pagati e difficilmente se ne andavano dall’azienda.
Ma perché non riusciva a vedere la situazione dal suo punto di vista? Perché non capiva che anche i suoi dipendenti avevano diritto a una vita?
«E quale sarebbe la sua priorità? Un fidanzato, forse?» Il modo in cui sollevò le sopracciglia le disse che non l’avrebbe ritenuta una buona scusa.
Kara capì che non si sarebbe arreso. «Se vuole saperlo, devo occuparmi di mia madre. Non può stare senza di me» disse, sperando che non intendesse indagare oltre.
Lui esitò per una frazione di secondo, evidentemente spiazzato da quella risposta. Chissà se anche Blake aveva una madre che contava su di lui? Forse no. Il lavoro era tutta la sua vita. Durante gli undici mesi che aveva lavorato per lui, non si era preso un solo giorno di vacanza.
«E non c’è nessuno che possa occuparsi di lei per qualche giorno? Qualche familiare?»
Kara fu sul punto di rispondere Se ci fosse sarei qui a parlarne? Pensa che non coglierei al volo l’occasione di venire in Italia?, ma si trattenne. Sollevò il mento e lo guardò negli occhi. «Sono figlia unica e mio padre è morto» gli comunicò, restando in attesa della sua reazione, col cuore in gola.
Blake sollevò impercettibilmente le sopracciglia. «Capisco. Mi dispiace.» Sembrava sincero. «Che problemi ha, sua madre?»
«Problemi di salute» rispose. «Non sta bene. Dipende da me.»
«Ed è proprio sicura che non ci sia nessuno che possa darle un’occhiata, mentre lei è via?»
Kara esitò. C’era la sorella di sua madre, in effetti. Le aveva detto mille volte che sarebbe stata felice di darle il cambio, se avesse avuto bisogno di una tregua. Ma non era sicura che sua zia si rendesse conto di quanto Lynne fosse diventata fragile.
Esitò abbastanza perché Blake Benedict intuisse che c’era una possibilità. «Mi sembra di capire dalla sua espressione che ci potrebbe essere una soluzione.»
Kara strinse le labbra e annuì. «Ci sarebbe mia zia. Forse... Dovrei chiederglielo.»
«Lo faccia stasera, signorina Redman. E se la risposta fosse no, provvederò personalmente ad assumere un’infermiera professionista.»
Significava che avrebbe dovuto seguirlo a Milano, che lo volesse o meno! Kara non sapeva se essere lusingata o seccata. Era impossibile decidere tra quelle due opzioni. Non aveva detto la verità a Blake sul motivo per cui non poteva lasciare sua madre. Non si trattava della sua salute; c’era qualcosa di peggio, ma non erano fatti suoi e non intendeva parlargliene. «Proverò a sentire mia zia. È tutto, signor Benedict?» aggiunse sfoderando un tono sicuro, del tutto falso. Non voleva che sapesse quanto fosse spaventata all’idea di lasciare sola sua madre.
«È tutto» le rispose, tornando al suo lavoro.
La madre di Kara era felice che facesse quel viaggio. «Starò con Susan. Le fa piacere che mi trasferisca da lei e mi ha detto che posso restare quanto voglio.»
«Si tratta solo di qualche giorno» la rassicurò Kara. «Ne avrei fatto a meno se avessi potuto scegliere, ma il signor Benedict è stato irremovibile.»
«Ti preoccupi troppo per me, cara.» Gli occhi azzurri così simili ai suoi, ebbero un guizzo di luce che cancellò per un attimo stanchezza e tristezza. «Sono sicura che il cambiamento mi farà bene.»
«Certo che mi preoccupo» insistette Kara. «Ne ho tutte le ragioni. Credi che scoprirà dove sei?»
Sua madre strinse le labbra e sul viso rugoso cadde un’ombra. «Intendi dire quel topo di fogna che ci sta addosso per i soldi? Tuo padre ci ha lasciato una bella eredità, eh? Ma non è giusto che sia tu a portare questo fardello. Perché tutti i soldi che ti guadagni con tanta fatica devono...»
«Non mi importa! La sola cosa importante è che tu stia bene» la interruppe Kara.
«Sarò al sicuro da Susan» le assicurò sua madre. «È a te che sto pensando. Sono certa che questo viaggio ti farà bene.»
Kara scrollò la testa, con uno sguardo scettico. «Parli come se si trattasse di una vacanza. Non lo sarà, te lo assicuro. Il signor Benedict mi farà lavorare fino allo stremo.» Il solo pensiero di passare più tempo con Blake di quanto già non facesse, sempre a disposizione, non era la sua idea di svago.
«Ha capito le tue reali potenzialità. Scommetto che sei la migliore assistente che abbia mai avuto.»
Kara si strinse nelle spalle e sorrise, senza dirle che il suo capo glielo aveva fatto capire tra le righe.
«Dove sono gli