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Elegante finzione: Harmony Collezione
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Ebook142 pages2 hours

Elegante finzione: Harmony Collezione

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About this ebook

Belli, ricchi e impossibili. Un loro semplice sguardo è sufficiente a sbaragliare le difese di qualsiasi donna: sono gli uomini che chiunque vorrebbe avere al proprio fianco.
Per dimenticare il proprio passato, e perseguire il suo sogno professionale, Jenny Kent ha deciso di rubare l'identità della sua defunta amica Bella Rossini. Quando però si trova di fronte Dante, rampollo della famiglia Rossini giunto a Sydney per cercare Bella, Jenny non può far altro che confessare il suo segreto, ma Dante la convince inaspettatamente a proseguire la finzione e a seguirlo in Italia, dove tra eventi mondani e serate di gala tra i due sboccerà un'inattesa passione.
LanguageItaliano
Release dateApr 10, 2019
ISBN9788858995914
Elegante finzione: Harmony Collezione
Author

Emma Darcy

La vita di Emma Darcy è stata caratterizzata da tanti colpi di scena, esattamente come succede ai protagonisti dei suoi romanzi. Nata in Australia, al momento abita in una bella fattoria nel Galles.

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    Elegante finzione - Emma Darcy

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Ruthlessly Bedded By the Italian Billionaire

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2008 Emma Darcy

    Traduzione di Laura Premarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-591-4

    1

    Sydney, Australia

    «Signorina Rossini...»

    Una voce la stava chiamando usando il nome di Bella. Jenny si sforzò di capire. La sua mente era sconnessa e afferrava solo frammenti di ciò che dicevano. Non riusciva a dare un senso a quello che sentiva. Era come se fosse imprigionata dentro a una nebbia che a volte sembrava diradarsi, ma poi la ingoiava di nuovo nel nulla. Era forse un incubo? Doveva riuscire a svegliarsi e afferrarsi a qualcosa di reale, ma le sue palpebre erano troppo pesanti.

    «Signorina Rossini...»

    Di nuovo! Dov’era Bella? Perché quelle voci usavano il nome della sua amica come se appartenesse a lei? C’era un errore. Le doleva la testa, mentre si sforzava di riuscire a connettere. La nebbia girava vorticosamente, era più facile lasciarsi scivolare di nuovo nell’oblio, dove non c’era alcuna dolorosa confusione.

    Eppure lei voleva delle risposte, voleva che quell’incubo finisse, il che significava concentrare tutta l’energia per riuscire ad aprire gli occhi.

    «O, santo Dio! Si è svegliata! È sveglia!»

    Il grido le fece male alle orecchie e l’improvviso bagliore della luce le fece provare l’impulso di richiudere gli occhi, ma lo combatté spaventata.

    La sua visione offuscata captò un movimento convulso.

    «Vado a chiamare il dottore!»

    Dottore... letto... cannule nel braccio... Quello doveva essere un ospedale! Sull’altro braccio aveva una specie di imbracatura e non riusciva a vedere le sue gambe; cercò di muoverle, ma non ci riuscì. Sembravano un peso morto, e un terrore crescente la invase. Era forse paralizzata?

    Un’altra infermiera comparve, una donna bionda e carina con un paio di occhi blu pieni di ansia. «Salve! Il mio nome è Alison. Ho chiamato il dottor Farrell, sarà qui tra un minuto, signorina Rossini.»

    Jenny cercò di dire che quello non era il suo nome, ma la bocca non voleva collaborare. Aveva labbra e gola così secche, che sembravano lacerarsi a ogni tentativo di muoverle.

    «Le porterò un po’ di ghiaccio» disse Alison, correndo via.

    Quando tornò, era accompagnata da un uomo che si presentò come il dottor Farrell.

    L’infermiera le diede un pezzo di ghiaccio che Jenny lasciò scivolare sulla lingua, grata per la frescura che le procurò alla gola.

    «Siamo felici di riaverla con noi, signorina Rossini» stava dicendo il dottore. Era un uomo non molto alto e tarchiato, probabilmente sulla trentina, che sembrava agitato. «È rimasta in coma per due settimane.»

    Perché? Cosa c’è che non va in me? Si sentì prendere dal panico, mentre cercava di comunicare la domanda con gli occhi.

    «C’è stato un incidente stradale» spiegò lui. «Per qualche ragione, lei non aveva la cintura allacciata ed è stata catapultata fuori dall’auto. Ha riportato una grave commozione cerebrale e l’ematoma al cervello ha contribuito al coma. Ha anche tre costole e un braccio fratturati, profonde lacerazioni a una gamba, e le abbiamo ingessato l’altra per immobilizzarle una caviglia fratturata. Nonostante tutto, si sta riprendendo discretamente. È solo una questione di tempo e vedrà che si rimetterà in piedi.»

    Jenny si sentì invadere dal sollievo; quindi non era paralizzata! Il suo cervello, però, non lavorava ancora molto bene, perché non riusciva a ricordare alcun incidente. Inoltre, non aveva senso che lei fosse senza cintura di sicurezza, perché se la allacciava automaticamente ogni volta che saliva in macchina.

    «Signorina Rossini, riesce a parlare?» chiese gentilmente il dottore.

    Io non sono Bella. Perché non lo sanno?

    Lei si passò la lingua sulle labbra riarse e ansimò. «Il mio nome...»

    «Bene! Sa qual è il suo nome!»

    No!

    Lei tentò di nuovo. «La mia amica...»

    Il dottore sospirò e il suo sguardo si raddolcì, comprensivo. «Mi dispiace comunicarle che la sua amica è deceduta nell’incidente, non è stato possibile fare nulla per lei. La macchina si è incendiata prima che arrivassero i soccorsi. Se lei non fosse stata catapultata fuori...»

    Bella... morta? Bruciata? L’orrore le riempì gli occhi di lacrime. Il dottore le prese una mano e gliela accarezzò, mormorandole parole di conforto, ma Jenny in realtà non lo sentiva. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era a quanto fosse terribile morire carbonizzati. Bella era stata così gentile con lei, ospitandola, dandole un posto dove vivere, permettendole perfino di usare il suo nome per lavorare al Venetian Forum, dato che tutti gli impiegati là dovevano essere di origine italiana. Era questo che aveva fatto sì che le loro identità si confondessero?

    Le lacrime iniziarono a scendere, impedendole di dire o fare qualsiasi cosa.

    Il dottore la lasciò, incaricando l’infermiera di sederle accanto e parlarle. Jenny non riusciva a dire nulla, era troppo sopraffatta dal dolore per la perdita della sua sola amica. Anche Bella non aveva famiglia, entrambe erano orfane e quella situazione dolorosa aveva suscitato un’immediata empatia tra loro.

    Chi l’avrebbe seppellita? Che cosa sarebbe accaduto ora al suo appartamento e a tutte le sue cose? La casa che lei si era sistemata e che avrebbe atteso invano il suo ritorno. Infine, la spossatezza la fece cadere in un sonno profondo.

    Quando si risvegliò, un’altra infermiera aveva sostituito Alison.

    «Salve. Sono Jill» si presentò, incoraggiante. «Posso portarle qualcosa, signorina Rossini?»

    Non Rossini, Kent! Jenny Kent! Ma non c’era nessuno a cui importasse chi fosse lei, ora che Bella se n’era andata!

    La paura si affacciò nel tumulto oscuro della sua mente. Dove sarebbe andata quando l’avrebbero dimessa dall’ospedale? I servizi sociali le avrebbero probabilmente trovato qualche posto, come avevano fatto durante la sua infanzia, posti che lei aveva odiato. Inoltre, se fosse stata costretta ad appoggiarsi di nuovo a loro, quello sporco individuo odioso lo avrebbe sicuramente saputo. La repulsione le torse lo stomaco. I funzionari non le avevano creduto quando lei aveva riferito che il loro tanto esperto assistente sociale, per aiutare le ragazze in difficoltà, esigeva in cambio favori sessuali.

    Lui era troppo radicato nel sistema per non essere ritenuto affidabile, e le altre ragazze troppo spaventate per avvalorare la sua denuncia. Jenny era stata dipinta come una bugiarda e senza dubbio tutto sarebbe ricominciato appena quell’uomo l’avesse ritrovata.

    Eppure, quale altra scelta era possibile? Avrebbe dovuto dipendere dalla Previdenza Sociale, finché non si fosse ripresa abbastanza da ricominciare a vendere schizzi per strada, come faceva prima di incontrare Bella. Era impossibile lavorare al Venetian Forum senza il nome Rossini.

    Il pensiero azzardato si affacciò all’improvviso nella sua mente: era davvero necessario rinunciare a quella nuova identità? Tutti pensavano che Jenny Kent fosse morta e a nessuno importava, nessuno si sarebbe fatto avanti a cercarla.

    Se tutti sembravano convinti che lei fosse Isabella Rossini, sarebbe stato terribile assumerne per un po’ l’identità e rimanere nel suo appartamento, continuando a lavorare? Avrebbe potuto accumulare un po’ di risparmi, riprendersi e magari programmare che cosa fare in futuro. In fondo, la sua amica avrebbe voluto proprio questo per lei, invece che tutto andasse a finire così, no?

    2

    Roma, Italia - Sei mesi dopo

    Dante Rossini si liberò dall’abbraccio voluttuoso di Anya e afferrò il cellulare.

    «No!» scattò lei. «Puoi guardarlo più tardi.»

    «È mio nonno» rispose lui, ignorando la protesta e scostandosi un poco.

    «Oh, certo! Basta che lui chiami e tu corri!»

    La sua petulanza lo infastidì e le rivolse uno sguardo truce mentre apriva il cellulare. Era certo che potesse trattarsi solo di suo nonno, perché nessun altro aveva quel numero. Aveva comprato quel telefono apposta per comunicare all’istante con l’anziano parente, cui era stato diagnosticato un cancro terminale. Dante era pronto a scattare ogni volta che suonava. Il dottore aveva previsto tre mesi al massimo, e uno era già passato. Il tempo stava volando per Marco Rossini.

    «Sono Dante» rispose, premuroso. «Qualcosa non va, nonno?»

    Frustrata nel vedere che le sue parole non avevano avuto alcun effetto, Anya si diresse furiosa verso il bagno. Anche per Anya Michaelson il tempo era scaduto, decise Dante. Quella donna si aspettava sempre di essere assecondata, cosa che in passato non gli era dispiaciuto fare, dato il suo corpo fantastico e il talento per i giochi erotici, ma il suo egocentrismo stava iniziando a irritarlo.

    Sentì il nonno ansimare e prendere fiato per parlare. «Si tratta di una questione di famiglia, Dante.»

    Famiglia? Di solito erano le questioni di affari a preoccuparlo. «Qual è il problema?» gli chiese.

    «Te lo spiegherò quando arriverai qui.»

    «Vuoi che venga subito?»

    «Sì. Non c’è tempo da perdere.»

    «Sarò lì prima di pranzo» promise Dante.

    «Bravo ragazzo!»

    Ragazzo... Dante sorrise ironico mentre richiudeva il cellulare. Aveva trent’anni ed era già stato designato a subentrare alla conduzione di un’azienda internazionale. Solo Marco Rossini continuava a chiamarlo ragazzo, e Dante lo considerava un modo di dimostrargli il suo affetto. Aveva sei anni quando i suoi genitori erano rimasti uccisi in un incidente in mare, e da allora lui era vissuto con il nonno.

    «E io?» chiese Anya, mentre Dante si alzava.

    Si appoggiò provocante allo stipite della porta, mostrandogli tutte le sue curve e scuotendo i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, mentre le labbra voluttuose assumevano un’espressione imbronciata. Il desiderio che gli aveva scatenato poco prima sparì per lasciare posto a una profonda insofferenza.

    «Mi dispiace. Devo andare.»

    «Avevi promesso di portarmi a fare shopping, oggi» protestò lei, imbronciata.

    «Lo shopping non è importante.» Gli stava bloccando l’accesso al bagno e Dante cercò di spostarla afferrandola per la vita.

    Lei gli gettò le braccia al collo e si avvinghiò al suo corpo, con gli occhi verdi che non riuscivano a celare la rabbia. «Per me lo è, invece. Tu mi avevi promesso...»

    «Un’altra volta, Anya. A Capri hanno bisogno di me, ora lasciami andare.»

    La sua voce era gelida e gli occhi glaciali. Lei lo lasciò, furiosa, e Dante le passò oltre ed entrò nella doccia, senza guardarsi indietro.

    «Odio il modo in cui stacchi la spina!» gracchiò Anya, petulante.

    «Allora

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