Il testimone e la damigella: Harmony Jolly
By Ally Blake
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About this ebook
Tornare a casa non è una cosa che la compassata Harper Addison è abituata a fare molto spesso. La sua vita è scandita da regole ferree e ritmi ben precisi, la sua unica vocazione è fare affari e guadagnare denaro sufficiente a mantenere la propria famiglia.
Tuttavia il matrimonio di sua sorella non può attendere e Harper, in qualità di damigella d'onore, è costretta a trascorrere molto tempo in compagnia di Cormac Wharton, il testimone dello sposo, nonché il suo primo, grande amore. Cormac riesce a vedere oltre la corazza che si è costruita e a riconoscere la ragazza che è stata un tempo. Ma Harper non può permettersi di lasciarsi andare, nemmeno per una settimana da sogno.
Ally Blake
Autrice australiana, ha ballato e recitato in televisione prima di dare libero sfogo alla sua innata passione per la scrittura.
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Il testimone e la damigella - Ally Blake
successivo.
1
Seduto sul cofano della sua auto a gambe divaricate, con i piedi posati sul parafango e i gomiti sulle ginocchia, Cormac Wharton guardava il suo cane, una femmina di golden retriever di nome Novak, correre alla ricerca del bastoncino che le lanciava. L'aveva fatto almeno venti volte negli ultimi quaranta minuti, mentre attendeva che la persona che doveva incontrare arrivasse.
Nell'udire il suono di un clacson lungo la Beach Road oltre l'alto muro di cinta della tenuta dei Chadwick, tese le orecchie, convinto che di lì a poco avrebbe sentito un motore rallentare.
Ma non fu così.
Perciò, continuò ad aspettare. E avrebbe continuato a farlo finché ce ne fosse stato bisogno. Perché Cormac era il testimone del suo migliore amico, Grayson Chadwick, e quell'attesa faceva parte dei suoi compiti. In condizioni normali, non l'avrebbe mai fatto. Ma l'amicizia comportava lealtà, rispetto, senso del dovere. I pilastri sui quali, per Cormac, una persona decente avrebbe dovuto costruire la propria vita.
Ma evidentemente Harper Addison, damigella d'onore e colei che Cormac stava aspettando da quaranta minuti, non era del suo stesso avviso.
A pochissimi giorni di distanza dal matrimonio di sua sorella, Harper si era finalmente degnata di salire a bordo di un aereo per raggiungerli. Non aveva fatto sapere a nessuno che stava per arrivare finché non era atterrata. Poi, rifiutando con fermezza che qualcuno andasse a prenderla, aveva noleggiato un'auto per raggiungere Blue Moon Bay quando voleva.
Lola aveva dichiarato che non le dispiaceva ignorare l'ora esatta dell'arrivo di sua sorella. Capiva quanto Harper fosse occupata. Ma Cormac non le credeva.
Novak ritornò scodinzolando con il bastoncino stretto fra i denti, guardandolo con occhi colmi di adorazione e di fiducia.
«Brava ragazza» le disse Cormac commosso dandole una grattatina dietro l'orecchio. Poi lanciò di nuovo il bastoncino e, voltandosi di nuovo a guardare il viale d'accesso alla villa mentre Novak si allontanava, vide un'auto varcare il cancello.
Non era una macchina a noleggio, notò mentre scendeva dal cofano e le si avvicinava, ma una limousine con tanto di autista e vetri oscurati. Un po' troppo per il viaggio di un'ora e mezzo dall'aeroporto di Melbourne alla tenuta. Persino per Blue Moon Bay, in cui abitavano parecchie persone che avevano più denaro che buonsenso.
Il che non quadrava con quello che Cormac ricordava di Harper Addison.
Avevano frequentato lo stesso liceo, anche se lei aveva uno o due anni meno di lui, e alla fine delle lezioni era sempre in fondo alle scale con un cestino in mano per raccogliere soldi per tutti i casi pietosi dei quali nell'ultima settimana avevano parlato i giornali. La rammentava con i riccioli castano scuri sempre spettinati, i jeans strappati e un'espressione intelligente, ma perennemente imbronciata.
Lola Addison, invece, era un amore: molto carina, allegra, spensierata. L'esatto contrario di sua sorella.
La limousine si fermò alla base della scalinata che conduceva all'ingresso della villa e un attimo dopo un autista in livrea scese e andò ad aprire la portiera posteriore con un inchino.
Poi, come in una scena di un film di Hollywood, una scarpa femminile, color champagne e con un tacco a spillo che sembrava uno stiletto, sbucò dall'interno della macchina, subito seguita dalla seconda scarpa e da un paio di gambe lunghissime.
Infine comparve la proprietaria delle gambe, che scese rifiutando con un cenno della mano dalle unghie laccate di nero l'aiuto dell'autista, chiuse la portiera e alzò lo sguardo verso la villa dei Chadwick.
Niente più riccioli castano scuro spettinati, notò Cormac, ma capelli ondulati di un biondo caldo, con riflessi dorati. E nemmeno jeans strappati, ma un abito d'alta moda, dello stesso identico colore delle scarpe.
Decisamente, non aveva nulla della ragazzina ribelle che rammentava. Ma la cosa non lo stupì. I suoi ricordi degli anni del liceo non erano molto nitidi.
L'autista aprì bocca per farle una domanda, ma proprio in quel momento la suoneria di un cellulare ruppe il silenzio e lei bloccò il poveretto con un imperioso cenno della mano, mentre rispondeva al telefono.
Pazzesco! Cormac si passò una mano fra i capelli contando le ore che lo separavano dal matrimonio. Le ore in cui avrebbe dovuto fare il carino con la damigella d'onore della sposa. Invece di lavorare. Fare surf. Guardare nel vuoto. Qualunque cosa sarebbe stata meglio di quello che lo aspettava.
Amicizia, rammentò a se stesso. Lealtà. Rispetto. Senso del dovere.
L'autista gli lanciò un'occhiata con l'espressione di chi non sa più che pesci pigliare. Cormac gli sorrise e lo raggiunse, per togliergli di torno la sua difficile cliente.
Che dovette sentire il rumore dei suoi passi, perché si voltò di colpo.
E lui rallentò fino a fermarsi del tutto, come se gli si fossero improvvisamente scaricate le batterie.
Perché la donna che aveva davanti era identica a una femme fatale di un film degli Anni Cinquanta. Aveva persino un ciuffo che le copriva l'occhio destro. E la bocca... Oh, Dio! Cormac cominciò a sudare e si accorse di essere rimasto senza fiato.
Poi lei si tolse il ciuffo dalla fronte scrollando la testa e dopo aver detto qualcosa al telefono lo spense e lo infilò nella borsetta firmata. E finalmente lo guardò con entrambi gli occhi.
Fu allora che Cormac capì di non essersi sbagliato. Si rivide in fondo alle scale del liceo con Gray, Adele, Tara e il resto del gruppo di cui era il leader indiscusso. E a pochi passi di distanza lei, la brunetta coi riccioli spettinati, con i poster fatti a mano coperti di foto di bimbi affamati e senzatetto. Con il cestino per raccogliere le offerte, che lo guardava con la stessa, identica intensità con cui lo stava guardando in quel momento.
Chissà quanto tempo sarebbe rimasto immobile a fissarla se non fosse arrivata Novak.
Chinò gli occhi e l'accarezzò, prima di riuscire a ricomporsi e ad andare incontro alla donna che lo stava aspettando.
Cormac Wharton.
Naturalmente, doveva essere proprio il suo primo viso familiare che vedeva tornando a casa per la prima volta dopo dieci anni.
Le si era letteralmente mozzato il respiro nel vederlo avanzare verso di lei. E le ci era voluto tutto il suo autocontrollo per non crollare.
Harper si voltò di nuovo a guardare l'enorme villa dei Chadwick, sperando che da un momento all'altro Lola uscisse dal portone e le corresse incontro a braccia spalancate, immensamente felice di vederla. Tuttavia, sapeva che cosa significava la presenza di Cormac: i Chadwick lo avevano assunto come baby-sitter. E nessuno a Blue Moon Bay diceva no ai Chadwick, tanto meno Cormac Wharton.
Aveva sbagliato ad arrivare di sorpresa, lo sapeva. Ma non appena aveva concluso il suo ultimo contratto, aveva voluto prendere l'aereo e volare a casa, prima possibile.
Ricomponendosi, Harper riportò l'attenzione all'uomo che le stava davanti. Un paio di occhiali da sole dalle lenti scure gli coprivano metà del viso. Una T-shirt verde bottiglia enfatizzava le spalle più ampie che avesse mai visto e i jeans aderenti gli stavano a meraviglia. I suoi capelli castani erano cortissimi e ispidi come sempre. Il golden che gli trotterellava al fianco invece era una novità.
Aveva un bell'aspetto. Ma del resto, Cormac Wharton lo aveva sempre avuto. Con i suoi occhi scuri, fascino da vendere e un sorriso capace di illuminare un'intera stanza, al liceo aveva tutte le ragazze ai suoi piedi. Compresa lei, purtroppo.
«Madame, io...»
La voce dell'autista ancora accanto all'auto che attendeva istruzioni, interruppe il filo dei suoi pensieri.
«Mi scusi» gli disse voltandosi a guardarlo. «Sam, mi pare.»
«Sì, mi chiamo Sam» replicò lui. «E non deve scusarsi. Sono abituato ai clienti che hanno alle spalle lunghe ore di volo. Volevo sapere se devo portarle dentro il bagaglio.»
«No, grazie. Non alloggerò qui. Le ho chiesto di portarmi solo perché pensavo di trovare mia sorella. Ma a quanto pare non c'è. Perciò la prego di fare un ultimo sforzo e di accompagnarmi all'hotel. Dopodiché potrà tornarsene a casa.»
«Non sarà uno sforzo, madame» le assicurò lui. «È sempre un piacere per me venire a Blue Moon Bay. Oserei dire che è uno dei posti più belli del mondo.»
«Lo è davvero» convenne Cormac.
Udendo la sua voce, Harper si voltò e con il tono neutro che usava al lavoro, gli disse: «Cormac Wharton, quanto tempo».
«Harper Addison» le fece eco lui. «Felice di vederti.»
Per un attimo, Harper ebbe paura che le desse un bacio sulla guancia. Il pensiero che potesse invadere il suo spazio personale la terrorizzava.
Per fortuna, lui si fermò a un metro di distanza. Il suo cane gli si accucciò accanto. Era una femmina, ovviamente.
«Bene» continuò. «Visto che Lola non c'è, andrò subito all'hotel.»
Sam scattò come un fulmine, ma prima che avesse il tempo di aprirle la portiera Cormac esclamò: «Aspetta!».
Harper gli lanciò un'occhiata interrogativa e lui le spiegò: «Dee-Dee e Weston vogliono che tu stia qui».
Non se ne parlava nemmeno! Dee-Dee e Weston Chadwick potevano essere più ricchi di Creso, ma lei non avrebbe dormito sotto il loro tetto per tutto l'oro del mondo.
«Ho prenotato una suite al Moonlight Inn per tutto il tempo in cui mi fermerò qui e ci starò benissimo» assicurò a Cormac, addolcendo il rifiuto con un sorriso di circostanza.
«Non è di te che mi preoccupo.»
«Ah!» commentò lei, mentre il sorriso le svaniva dalle labbra. «Di che cosa ti preoccupi, allora?»
«Di Gray. Di Dee-Dee e Weston. E di tua sorella. Lola ti ha preparato una stanza qui da un bel po' di tempo, perché pensava che saresti arrivata prima e non all'ultimo momento.»
Harper aveva viaggiato per più di ventiquattro ore. Ed era ancora un po' tesa per l'insolita spiacevolezza che aveva contraddistinto l'ultima transazione commerciale che aveva concluso a Londra.
Tutto quello che voleva era vedere sua sorella. Abbracciarla e accertarsi di persona che fosse davvero felice come diceva di essere. Lontano dai Chadwick e dai loro accoliti.
Avere a che fare con un passivo-aggressivo Cormac Wharton non rientrava nei suoi piani. Ma lui aveva appena tirato fuori un asso dalla manica. La sola cosa che avrebbe potuto farle cambiare idea: il senso di colpa nei confronti di sua sorella.
Con la mascella che le doleva per lo sforzo di trattenere gli insulti che avrebbe voluto rovesciare addosso a Cormac, Harper si rivolse all'autista e gli disse in tono mielato: «Cambio di programma, Sam».
«Ne è proprio sicura, madame?» le domandò lui lanciando un'occhiataccia a Cormac. «Se ha ancora intenzione di andare all'hotel, non ha che da chiederlo.»
Con la coda dell'occhio, Harper vide la bocca di Cormac curvarsi in un sorriso. Appena accennato, in realtà. Ma fece al suo viso cose che nessun altro sorriso nella storia dei sorrisi aveva il potere di fare e un brivido di eccitazione la percorse da capo a piedi.
«Grazie, Sam» replicò, voltando deliberatamente le spalle a Cormac. «Lei è