Piccanti equivoci: eLit
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About this ebook
CHICK & CHIC - Vol. 1. Ma perché non vuole dormire con lei? Zora Anderson, fondatrice di un gruppo di aiuto per donne sole, è sconcertata dal comportamento del suo fidanzato! E glielo dice a chiare lettere: vuole essere appagata sessualmente! Peccato che l'uomo che esce in quel momento dal bagno gocciolante e nudo come un verme sia in realtà Tate Hatcher, spregiudicato scrittore maschilista. Inconsciamente - ops... neanche poi così tanto - i sensi di Zora si risvegliano. Ma di quale fidanzato si stava preoccupando?
I romanzi della miniserie:
1) Piccanti equivoci
2) Lezioni private
3) Mio da sedurre
4) Sale, sesso & pepe
Rhonda Nelson
Tra le autrici amate dal pubblico italiano.
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Book preview
Piccanti equivoci - Rhonda Nelson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Getting It!
Harlequin Temptation
© 2005 Rhonda Nelson
Traduzione di Sonia Tsevrenis
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-470-7
www.harlequinmondadori.it
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Prologo
Ecco Carrie, pensò Zora Anderson, vedendo l’amica che si faceva strada tra i tavoli del pub per raggiungerla. Si sforzò di mantenere il pieno controllo di sé, mostrando una calma apparente, ma dentro si struggeva per lo sconforto. Il Circolo delle Streghe stava per riunirsi e lei provava un bisogno pazzesco di sfogarsi. Aveva avuto una giornata tremenda, la peggiore in assoluto tra passato e presente.
«Scusate il ritardo.» Con la solita faccia stanca ma sempre bellissima, Carrie Robbins si accomodò sulla sedia e si lasciò scappare un sospiro pieno d’assillo. «Cominciamo.» Fece un gesto alla cameriera per ordinare una bibita poi lanciò uno sguardo alle altre raccolte intorno al tavolo. «Be’, chi parla per prima?»
«Tu, ne hai bisogno, mi sembra» fece notare Frankie Salvaterra, e anche Zora annuì. Carrie sembrava particolarmente stressata quella sera e bisognosa di condividere i propri affanni della settimana, almeno quanto le altre. «Quale guaio ti è successo stasera?» domandò ancora Frankie con una smorfia che accompagnò con un sorso di birra. «La tua salsa olandese è di nuovo impazzita?»
Gli occhi di April Wilson scintillarono mentre allungava la propria bottiglia a Carrie. «To’, bevi, scommetto che si tratta dei tagliolini. Troppo scotti, eh?»
«Meno scotti del suo strabollito pisello» si intromise Frankie con un sorriso mesto.
«Sempre che ce l’abbia, un pisello!» replicò Carrie maliziosa. «Non avevamo deciso, dopo l’incidente spaghetti, che era un verme smidollato privo di palle?»
Frankie chinò la testa di capelli scuri. «Sì, più precisamente era stato definito un bastardo presuntuoso da prendere a pedate nel sedere.»
Zora rise a quella descrizione così precisa. Carrie era uno chef dalla bravura indiscussa, uno dei migliori della zona, solo che questo non impediva al suo datore di lavoro di subissarla di critiche.
Zora fissò le amiche a una a una. In effetti la definizione di presuntuoso bastardo calzava alla perfezione ai loro rispettivi superiori, solo che lei, ora, non aveva più né un padrone né un fidanzato, si ricordò con un sorriso amaro, poiché era stata appena licenziata.
Trattenne il sospiro sull’orlo del bicchiere, cercando di controllare l’impulso di urlare e piangere alternativamente. Ma non avrebbe fatto né l’una né l’altra cosa perché concedere anche una sola lacrima a quel miserabile e perfido verme significava riconoscergli la vittoria e lei non l’avrebbe mai sopportato. Finché non versava una lacrima lui risultava perdente e lei non ancora da commiserare.
Però non era stata l’unica a vivere una pessima giornata, Zora aveva chiesto a Frankie e April di definire la propria e tutte e due avevano risposto con un solo aggettivo: orribile.
A dire la verità, la riunione del Circolo delle Streghe, che si teneva ogni settimana al Blue Monkey Pub nel quartiere francese di New Orleans, era il momento migliore dei sette giorni trascorsi.
Sfogare la propria irritazione al ritmo lento di un blues, sorseggiando una birra ghiacciata, ascoltandosi a vicenda e indignandosi per i torti subiti giovava loro più di una seduta dallo strizzacervelli a duecento dollari l’ora.
Le quattro amiche si erano conosciute all’università e avevano legato subito, provvedendo a scambiarsi una terapia di gruppo che le aveva aiutate ad affrontare vittorie e insidie della vita.
Zora aveva una gran bella famiglia – due fratelli maggiori, una madre e un padre che si erano ritirati da qualche tempo in una zona con clima più mite – ma l’affettuoso gruppo di donne le forniva quell’affiatamento che aveva sempre desiderato senza poterlo avere.
Purtroppo, c’erano stati molti, troppi episodi negativi in quelle ultime settimane, qualcosa doveva succedere. Il cinismo di Frankie era diventato cronico, la risata effervescente di Carrie aveva perso parecchio smalto e l’atteggiamento accomodante e un po’ stucchevole di April si era notevolmente affievolito.
A furia di critiche e di amarezze vissute, erano quasi giunte al punto di non ritorno. Doveva per forza succedere qualcosa di positivo che cambiasse la visione della realtà che ora era fatta solo di odio verso i maschi, di amore spropositato per i gatti, di troppe cene scaldate nel forno a microonde e di vibratori nel cassetto del comodino pronti per l’uso.
A Zora piacevano gli uomini, un po’ meno i gatti cui era allergica e raramente usava il forno a microonde se non per scaldare il pop corn. Preferiva comprare la cena pronta fuori. Quanto al vibratore, lo considerava un triste surrogato del sesso di cui apprezzava ogni aspetto, dall’attesa del primo bacio alla spossattezza dell’orgasmo, e quindi il partner a batteria non poteva soddisfarla. E d’altronde nessuna delle sue amiche si sarebbe accontentata di quella vita.
Un sorriso mesto apparve sul viso di Carrie. «Né tagliolini scotti né salsa olandese impazzita» disse prendendo la sua birra dalle mani della cameriera. «Comincio io, allora?»
Zora annuì mentre le altre assicuravano in coro la propria attenzione. Di solito quella tra loro che aveva le peggiori notizie da raccontare aveva gli onori della prima cronaca. Zora riteneva che un licenziamento in tronco accompagnato da una rottura sentimentale, tutto nello stesso giorno, meritasse il primo ascolto assoluto, ma sapeva anche aspettare il proprio turno. «Siamo tutte orecchie.»
Carrie si appoggiò allo schienale della sedia, scuotendo la testa con mestizia. «Che cosa vi posso dire? È sempre la stessa solfa, Martin non è contento se non trova qualche errore, qualche mancanza...» Il tono della voce le si fece stridulo. «... in particolare se la prende sempre con me. Oggi non ho messo abbastanza formaggio sulle tartine, domani sarà qualcos’altro...» Si strinse nelle spalle.
«Figlio di...»
«Bastardo.»
«Serpente a sonagli!»
Insultare i vari datori di lavoro procurava sempre un certo sollievo alle quattro amiche. «Nessuna notizia riguardo alla trasmissione Cucina a New Orleans? » domandò Zora.
«Macché! Neanche una parola» rispose Carrie con un sorriso falso.
Carrie aveva incautamente collaborato con uno dei creativi del programma televisivo culinario della rete locale che aveva ottenuto un enorme successo; una televisione tra le più importanti aveva chiesto ai produttori di trovare altre idee e, dopo avere contattato Carrie, le aveva fatto balenare la possibilità di lavorare nella propria redazione, senza precisare in quale ruolo. Questo non era piaciuto a Chez Martin, il capo di Carrie, e il suo ristorante restava per lei l’unica, reale possibilità di lavoro.
«Ecco, vi ho detto tutto» concluse la poveretta con un sospiro. «A voi.»
April alzò la mano.
«Comincio io. Il temperamento italiano focoso della nostra Frankie è vicino al punto di non ritorno. So che ha qualcosa di grosso da dirci. Zora invece è stranamente silenziosa, il che significa che si è rifugiata nel suo nirvana personale.» April la guardò. «Sappiamo tutte che cosa significa.»
Zora non poté fare a meno di sorridere. April aveva colto la perfetta essenza delle sue amiche. Frankie era un tipo vulcanico, che scoppiava facilmente, trasportata dalla rabbia. Al contrario, Zora, si chiudeva nella propria irritazione. La reazione di sfogo della prima era certamente più terapeutica, mentre quella di Zora era più controllata ma più vendicativa. Non perdonava né dimenticava facilmente i torti subiti, un tratto di carattere che irritava moltissimo i suoi fratelli pieni di buoni propositi ma molto ficcanasi. A loro, Trent non era mai piaciuto, pensò Zora. Forse lei aveva sottovalutato quella loro impressione.
Con un sospiro April riprese: «Comunque quello che ho da dire non ha molta importanza, e non ho voglia di soffermarmici. Avete qualche obiezione?». Non ce ne furono. «Mi è successo qualcosa di orribile e, anche se non è paragonabile ai guai che alcune di noi hanno passato, be’, mi... disturba molto.» E il disagio le si leggeva in volto.
«In che senso ti disturba?» si informò Zora. «Una cosa piccola come: Non producono più la marmellata che mi piace.
o una cosa grossa tipo: Papà è un gay.
?» I torti subiti da April coprivano tutta la gamma delle lamentele. In effetti suo padre non aveva scelto di dichiarare la propria omosessualità, ma era stata lei a scoprirla per caso, progettando un sito per pubblicizzare dei locali gay per la sua compagnia. Aveva deciso di andare di persona a vedere l’ambiente di quei ritrovi prima di creare il sito e in uno di essi vi aveva incontrato suo padre. Inutile dire che era stato uno shock tremendo.
«Né l’una né l’altra cosa.» Cercò di raddrizzare le spalle. «Ho perso il mio orgasmo.»
Ci fu un silenzio imbarazzato, seguito da esclamazioni varie. «Cosa!», «Come l’hai perso!» e «Dove!»
«Vuoi dire che non...»
«Sì.» April strabuzzò gli occhi. «Credetemi, ho provato di tutto... Non c’è più. Sparito... andato...»
«Non è possibile» dichiarò Frankie, inorridita. Delle quattro era quella che parlava di sesso più di tutte, che puntualizzava i ruoli, maschile e femminile, esagerando nell’attribuire appellativi poco caritatevoli a uomini e donne. «Stai con l’uomo sbagliato.»
«Non più. Rob è scappato dopo un paio di settimane, quando si è reso conto che non mi sapeva soddisfare. Il suo ego era troppo fragile per reggere la situazione.»
«Meglio così» dichiarò Carrie, «non mi è mai piaciuto.» Un’altra delle regole non dette era che gli uomini piacevano al presente