Il gioco del milionario: eLit
By Maisey Yates
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About this ebook
La collezione firmata da Ella Stanton ha appena attirato l'attenzione del pubblico quando la sua minuscola casa di moda viene rilevata da Blaise Chevalier, ricchissimo e spietato uomo d'affari. Sulle prime lui vorrebbe disfarsene, ma quando incontra Ella capisce che quella situazione potrebbe regalargli qualche altra soddisfazione. Orgogliosa e determinata almeno quanto è sexy, Ella è decisa a dimostrare a Blaise quanto sia sbagliata la sua decisione, ma i suoi piani vengono sconvolti rapidamente.
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Il gioco del milionario - Maisey Yates
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Highest Price to Pay
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Maisey Yates
Traduzione di Roberta Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-381-7
www.harlequinmondadori.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
«Sarebbe questa?» L’uomo, cupo e attraente come il peccato, che era appena entrato nella piccola boutique di Ella si guardò intorno con aria perplessa.
Lei si sforzò di sorridere. «Sì. Tutti i capi nella boutique sono della linea Ella Stanton, ma al momento la produzione è contenuta perché lavoriamo...» con un budget ridotto. «... a livello locale.»
L’industria della moda richiedeva molti fondi ed Ella era appena agli inizi, ma era già riuscita ad avere una propria linea che vendeva nella sua boutique, e non era certo cosa da poco.
«Ero solo curioso» disse l’uomo avanzando verso di lei, «sulla mia acquisizione più recente.»
Ella sbatté le palpebre. «Cosa sta dicendo?»
«Il marchio Ella Stanton e la boutique. Così è.» Il tono era suadente, la voce roca come se stesse stabilendo l’ovvio, anche se ciò che stava dicendo era troppo ridicolo per essere vero. Eppure, c’era qualcos’altro, una certa durezza che traspariva dal tono seducente. Si trattava di una determinazione che riduceva tutte le parole che le vorticavano nella mente a un groviglio che le chiudeva la gola.
Lui avanzò ancora di un passo, e in quel momento riconoscerlo fu come un pugno allo stomaco.
Blaise Chevalier. Acuto uomo d’affari, spietato dirigente d’industria e protagonista delle cronache rosa.
A Parigi era famoso o, piuttosto, discusso. Più ricco di Mida, dotato di un fascino eccezionale, con quella pelle olivastra e i penetranti occhi scuri. Aveva la struttura ossea perfetta per fare il modello, ma non la caratteristica bellezza, vagamente femminea, della maggior parte dei giovani modelli. No. Blaise era decisamente virile, alto e con le spalle ampie, con un fisico che pareva fatto apposta per essere fasciato da costosissimi abiti cuciti a mano.
Avrebbe dovuto riconoscerlo immediatamente. L’unica giustificazione era che le foto non gli rendevano giustizia. In carne e ossa era totalmente diverso da come appariva sui giornali. Nessun atteggiamento indolente, solo un’intensità che le dava i brividi, un’energia sensuale che nessun fotografo sarebbe stato capace di catturare.
Estrasse dalla tasca alcuni documenti. Non era carta a buon mercato, come quella che usava lei in ufficio. Era color crema, consistente, dall’aspetto ufficiale. Un tremito le percorse la schiena e lei lo scrollò via, raddrizzando le spalle e allungando la mano.
Lui le diede i documenti e rimase a osservarla, l’espressione indecifrabile. Ella studiò le carte che aveva in mano, lo stomaco che si stringeva, la vista che si annebbiava.
«Le dispiacerebbe tradurre? Non capisco bene il linguaggio legale» mormorò, augurandosi che la voce non manifestasse il panico che provava.
«Vuole sapere il succo? In pratica, adesso è a me che deve rispondere dei suoi debiti. Una somma considerevole.»
Ella si ritrovò col viso infuocato, come le succedeva sempre quando pensava all’ammontare esorbitante dei suoi debiti.
«Me ne rendo conto. Ma... come mai lei?» Se fosse stato chiunque altro non gli avrebbe creduto. Tuttavia conosceva la reputazione di quell’individuo e non era certo un bene che stesse di fronte a lei con in mano i documenti che attestavano il suo diritto su quel poco che lei possedeva.
«La banca che le aveva concesso il prestito è stata assorbita da un istituto creditizio molto più importante che ha messo all’asta alcuni dei crediti minori, inclusa la sua ipoteca. Io l’ho acquistata assieme a diverse altre che rivestivano per me un interesse ben maggiore.»
«Quindi... lei possiede la mia attività e la ritiene per nulla interessante?» Ella scostò dal viso i capelli biondi e si sedette su una sedia riservata ai clienti della boutique.
«Praticamente.»
Non sarebbe potuta andare peggio. In quel momento Ella sarebbe voluta cadere sulle ginocchia e urlare al cielo la propria disperazione. Non ne aveva già passate abbastanza? Quanto ancora doveva sopportare nella vita?
Blaise Chevalier aveva la reputazione di essere talmente spietato da poter tradire il proprio fratello senza batter ciglio. Affossava imprese, grandi o piccole, che avevano la sventura di passare nella sua sfera di potere, se le giudicava improduttive.
E ora era il proprietario della sua boutique, del suo marchio, della sua casa... di tutto... fino alle macchine da cucire. Tutto nella sua vita, e per lui non significava niente.
«E che conclusione ne ha tratto?» domandò alzandosi di nuovo in piedi. Non sarebbe andata in pezzi. Non adesso. Non quando la posta era tanto alta. La sua carriera, il suo marchio, erano la sua vita. Era tutto ciò per cui aveva tanto lavorato, un sogno che non si sarebbe lasciata sfuggire quando aveva ancora qualche speranza.
«La mia attività deve essere fruttifera, signorina Stanton e la sua boutique non rende a sufficienza, nemmeno per garantirle un tenore di vita decente.»
«Gli utili ci saranno. Mi servono un paio d’anni. Per quell’epoca, con della pubblicità, mi sarò conquistata una clientela fissa e potrò espandermi.»
Arcuò un sopracciglio. «E poi?»
«E poi...» Ella trasse un profondo respiro. Aveva programmato tutto fino al minimo particolare, come il colore dell’abito che avrebbe indossato alla Fashion Week. «Poi la Fashion Week di Parigi, New York, Milano. Molte più boutique vorranno le mie collezioni. Spero di avere una linea per la vendita al dettaglio. Ho tutto scritto qui, il programma per i prossimi cinque anni. Se vuole dare un’occhiata...»
Lui era disinteressato, quasi annoiato. «Non posso aspettare cinque anni per avere degli utili. E, di conseguenza, neppure lei.»
Fu colta da una collera furibonda, unita a una scarica di adrenalina. «Cosa vuole che faccia? Che vada su e giù lungo il viale, come una donna sandwich, per recuperare affari sufficienti per soddisfarla? Per queste cose ci vuole tempo. Il campo della moda è molto competitivo.»
«Pensavo a qualcosa più a breve scadenza e più... di classe.» La curva sdegnosa delle labbra suggeriva che riteneva che lei non avesse la minima classe.
Ella si scompigliò i riccioli, riccioli che sapeva essere ribelli. Questa era l’idea. Non faceva niente a caso, neppure cose che potevano apparire insignificanti. Tutto, persino gli stivaletti, serviva a costruire la sua immagine di donna d’affari.
«Be’, lei non parlava di classe, parlava di tempi.»
«Pensavo che potrebbe rivolgersi a una clientela più selezionata, piuttosto che a turisti e autostoppisti» ribatté lui, la voce calma e leggermente accentata che le provocava un brivido. Che stupida. Era abituata a parlare con diversi francesi che cercavano abiti per le loro mogli e amanti... o per sé, e avrebbe dovuto conoscere quell’inflessione. Invece, per qualche strano motivo, provenendo da lui, suonava diversa.
Il suo inglese era pronunciato alla francese, ma anche con una nota di un’altra lingua che non riusciva a collocare, qualcosa che rendeva la sua parlata più esotica e affascinante.
Questo, però, non cambiava il fatto che era entrato nella sua boutique come se ne fosse il proprietario, per poi confermarle che, in effetti, lo era.
«Che senso ha fare della pubblicità se mi sta chiedendo di pagare subito, e non ho il denaro?» gli domandò.
«Non ho detto questo. Ho detto che mi aspetto che lei abbia dei profitti prima di cinque anni.»
«Ha una bacchetta magica nella ventiquattrore?» Sapeva come comportarsi con gente come lui, gente che esercita il proprio controllo sugli altri. Mai mostrare di aver paura. Mai mostrare debolezza. Una lezione dura, che aveva appreso a proprie spese, e che non dimenticava mai.
«Non mi serve la magia» ribatté lui.
No, immaginava di no. Non solo era famoso per essere un demonio nel mondo della finanza, ma anche per aver accumulato milioni poco dopo aver lasciato la compagnia di investimenti del padre per camminare con le proprie gambe.
Più di una volta, quando lei aveva lottato per trovare i soldi per una rata del mutuo, aveva visto sui giornali finanziari un articolo che parlava di lui, e si era chiesta come diavolo avesse fatto ad arrivare ai vertici del successo.
«Polvere magica?» domandò mettendosi a braccia conserte.
«Solo gli incapaci hanno bisogno di fortuna e magia» ribatté. «Il successo bacia coloro che agiscono, che fanno in modo che le cose accadano.»
Cose come affossare piccole imprese e far naufragare quello che Style Magazine aveva definito il matrimonio del secolo. Non era un mistero che Blaise Chevalier faceva in modo che le cose accadessero, cose che gli tornavano utili, agendo senza il minimo scrupolo.
«E cosa vuole esattamente che accada alla mia ditta?» gli chiese, lo stomaco in tensione.
Rischiava di perdere il controllo della propria azienda, come minimo. Nel peggiore dei casi l’avrebbe persa completamente, e se fosse accaduto, cosa le sarebbe rimasto?
Niente laboratorio. Niente boutique. Niente party sociali. Nessuno degli amici che si era fatta grazie allo status che aveva acquisito. Era come trovarsi sul bordo di un baratro senza fine guardando nel nulla. Il vuoto era così scuro. Si era trovata una via d’uscita una volta, e non poteva tornare indietro. Non sarebbe sprofondata di nuovo nel nulla. Non avrebbe permesso che gli altri avessero ragione sul suo conto.
«Devo ammettere che m’interessa ben poco il campo della moda, ma ho acquistato la sua ipoteca in un pacchetto con altre attività. Una piccola ricerca mi ha fatto capire che è giunto il momento che presti più attenzione a questo settore. Rende più di quanto avessi immaginato.»
«Se gioca bene le sue carte, sì. Si possono avere degli ottimi profitti» convenne Ella. Anche se quello che importava a lei non era tanto il denaro quanto il successo.
«Sì, se si giocano bene le proprie carte, ma lei non mi sembra un’esperta. Io, invece, lo