Pepe, zucchero e cannella (eLit): eLit
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About this ebook
Bisogna ammetterlo: con la dolcezza Delilah ci sa proprio fare! Abile creatrice di squisiti dessert, è riuscita a convincere Zach Tanner, proprietario di una famosa catena di ristoranti, a stipulare un contratto con lei. E già che c'era ha inserito una clausola speciale: per mettere le mani sui tanto sospirati manicaretti, Zach dovrà farle da cavaliere per un paio di settimane, giusto il tempo di dimostrare alla madre di Delilah che la vita affettiva della sua figliola fa scintille proprio come la sua carriera.
Kimberly Raye
E' nata e cresciuta in Texas dove risiede tutt'ora. Scrittrice nota al pubblico e alla critica, ama creare trame e personaggi romantici e sensuali.
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Book preview
Pepe, zucchero e cannella (eLit) - Kimberly Raye
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
How Sweet It Is
Harlequin Love And Laughter
© 1999 Kimberly Raye Rangel
Traduzione di Marilisa Pigoni
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-297-1
www.harlequinmondadori.it
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1
Delilah James sgattaiolò in una porta del lungo corridoio del centro giovanile e si ritrovò in uno sgabuzzino. Grazie a Dio un posto tranquillo, l’unico dove si sarebbe potuta sistemare la gonna senza essere vista.
Si assicurò che la porta fosse ben chiusa e accese la luce, quindi cercò di tenersi l’indumento stretto in vita mentre appoggiava la borsa tra i flaconi di detersivo per pavimenti. Fece un respiro profondo e cercò di controllare il battito accelerato del suo cuore.
Non aveva nessuna intenzione di mettersi a piangere.
Che cosa sarebbe successo se la gonna le fosse scivolata fino ai piedi davanti a tutte quelle persone? Incredibile! Stava per farsi fotografare con il sindaco... praticamente in mutande! Certo, la sua ditta di dolci ne avrebbe ricavato un’enorme pubblicità. Prima però avrebbe dovuto affrontare la reazione di tutti i bambini del centro a quella scena patetica. Si immaginava benissimo le loro risate e i loro coretti cantilenanti. Sei rimasta in mutande, sei rimasta in mutande!
Delilah deglutì e si passò una mano sulla fronte. «Calmati, adesso. Non è successo niente. In fondo tu sei una giovane donna manager perfettamente in grado di tenere sotto controllo le tue reazioni.» Lo disse ad alta voce per farsi coraggio mentre si chinava per raccogliere la borsa che era scivolata giù dallo scaffale. Straap!
Si rese subito conto di quello che era successo: la cerniera aveva esalato l’ultimo respiro squarciando in due la sua nuova gonna di seta. Non sarebbe mai più potuta uscire da quella stanza se non per improvvisare una specie di spogliarello a sorpresa per le trecento persone che la aspettavano fuori di lì. Peccato che circa il cinquanta per cento di loro fossero uomini sotto i dodici anni.
Santo cielo! Se sua madre l’avesse vista adesso avrebbe avuto un attacco cardiaco. Si sa, le mamme riescono a percepire i malesseri dei figli anche se separati da loro da centinaia di chilometri di distanza, come Dallas da Houston. Gladys James sapeva istintivamente quando sua figlia stava male, era in pericolo o rischiava di mandare all’aria l’ennesima possibilità di un buon matrimonio.
Delilah sbuffò e cercò nella borsa qualcosa che assomigliasse a una spilla da balia. In quel momento della sua vita il matrimonio era l’ultimo dei suoi pensieri. Delilah Belle James investiva tutte le sue energie nella sua ditta di dolci e non aveva tempo per problemi di cuore e pappe per neonati. Ma sua madre l’avrebbe mai capito? Sfortunatamente no. Gladys sarebbe stata serena e felice solo quando Delilah si fosse sposata e avesse prodotto bambini anziché dolci.
Finalmente Delilah trovò la spilla.
Lei non aveva niente contro i bambini. Anzi, li adorava. Altrimenti non avrebbe accettato di sponsorizzare senza remore la merenda della festa di primavera del l’orfanotrofio. Era convinta che i bambini fossero creature eccezionali e lei desiderava davvero averne uno tutto suo, ma non adesso. Come avrebbe potuto prendersi cura di lui o di lei, di un marito e della sua ditta? Delilah aveva imparato proprio da sua madre che conciliare carriera e famiglia era praticamente impossibile.
Doveva solo aspettare ancora qualche anno, quando Com’è dolce, la sua società, avesse raggiunto il culmine del suo progetto di espansione. Solo allora avrebbe potuto dedicarsi anima e corpo a un marito e a una famiglia. Certo, se avesse trovato qualcuno ancora disposto a sposarla.
Ricacciò indietro le lacrime e frugò nella borsa alla ricerca di un’altra spilla. Sta a te cercare di dimagrire un po’ se proprio ti senti così brutta.
Era ingrassata? Aveva lo stesso peso ormai da anni. Già da ragazzina le sue forme erano rotonde, morbide, ma ancora oggi faceva fatica ad accettarlo.
Adesso, però, non poteva più permettersi quella debolezza. Doveva accettare la realtà e andare avanti. C’erano cose ben peggiori che potevano capitarle, come per esempio mettere del sale al posto dello zucchero nell’impastatrice, oppure sopportare l’ennesimo appuntamento al buio organizzatole dalla madre. E se fosse scoppiato il serbatoio del latte? Sua madre avrebbe potuto iscriverla a un’altra agenzia matrimoniale oppure lei avrebbe potuto ritrovarsi in mutande davanti a un uomo travestito da Batman. Cosa?
Rimase immobile con le mani nella borsa e alzò lentamente lo sguardo sulla figura che le stava davanti.
Batman? Quell’ennesima dieta fai da te le si stava ritorcendo contro. Si stropicciò gli occhi nel tentativo di riprendersi da quell’allucinazione, ma quando li ria prì Batman era ancora lì davanti a lei. Un vero supereroe. Alto, muscoloso e dalla mascherina nera che gli copriva il viso splendevano gli occhi più azzurri che avesse mai visto.
«Accidenti, non sapevo che fosse occupato. C’è qualcun altro qui dentro?» Anche la sua voce era intensa e misteriosa.
Delilah si raddrizzò e si schiarì la voce per scacciare l’imbarazzo. «Se si riferisce a Batwoman o a Cat Girl, sono spiacente. Sono appena andate via.»
Lui accennò un sorriso. «Mi riferivo ai bambini.» Cercò di sistemarsi il lungo mantello nero su una spalla e scoprì la sua schiena nuda. «Avevo bisogno di un angolo tranquillo dove finire di infilarmi questo costume, ma il bagno è pieno di bambini che urlano qualcosa a proposito delle mutande di...» La sua voce s’interruppe mentre il suo sguardo cadeva sulla gonna di Delilah.
Terra apriti e inghiottimi adesso!
«Sospettavo che stesse succedendo qualcosa del genere» ribatté Delilah fingendosi disinvolta. «Sono scappata qui per evitare il peggio.»
Lui sorrise e si passò la mano sul mento. «Be’, devo dire che è davvero un bello spettacolo. Io adoro la biancheria intima nera.»
«G... già, anch’io» balbettò lei. Ma cosa ci faceva chiusa in uno sgabuzzino a discutere della sua biancheria con Batman? Cos’altro le poteva succedere di peggio? Parlare di creme per il viso con l’Uomo Ragno?
Lui non poté fare a meno di approfittare dello squarcio nella gonna per osservare con attenzione quelle bellissime gambe e le curve morbide di quei fianchi, fino ad arrivare con lo sguardo alla scollatura della camicetta. «La indossa sempre o questa è un’occasione particolare?»
«Ho anche altri colori, ma questo modello era perfetto per questa gonna. È una delle mie preferite e la indosso sempre quando devo fare qualche fotografia che poi finisce sui giornali. Mi occupo di dolci e ho offerto il buffet ai bambini. Odio farmi fotografare, ma il direttore ha insistito e i bambini ci tenevano tanto. Come potevo dir loro di no?» Rise ripensando alla scena della sua gonna che inesorabilmente le era scivolata quasi fino ai piedi davanti a tutti. «Sto straparlando, vero?» Si fregò le mani e si scostò una ciocca di capelli dal viso. «Parlo sempre a ruota libera quando sono nervosa anche se adesso le assicuro che non lo sono. È solo che oggi è stata una giornata disastrosa. Prima lo spogliarello, poi l’incontro con lei qui dentro. Cioè, non è lei a rendermi nervosa.» Sentì un brivido lungo la schiena. Santo cielo, perché continua a fissar mi in quel modo? Si sforzò di sorridere. «Non capita tutti i giorni di incontrare Batman.»
Lui annuì. «Il tema della festa sono i supereroi. Io dovrei essere l’attrazione numero uno.» Si voltò e cercò di afferrare il gancio della cerniera. «Ecco perché ho bisogno di sistemarmi questo affare. I giochi sono già cominciati da cinque minuti e i bambini mi stanno aspettando.»
«Ecco.» Delilah fece qualche passo strisciando lungo la parete per tenere nascosta la biancheria intima che tanto sembrava piacere al supereroe. «Mi lasci vedere se posso aiutarla.»
La mano di Delilah si posò sulla cerniera e inevitabilmente si ritrovò a pochi centimetri dalla pelle levigata e piacevolmente calda della sua schiena. Di nuovo avvertì un brivido percorrerle il corpo. Santo cielo! Ma cosa le stava succedendo? Non era certo il primo uomo di cui sfiorava la pelle. Eppure questa volta era diverso. Lui era diverso.
Be’, certo, lui è un supereroe. Almeno lo era in ap parenza. Ma lei era abituata a non giudicare le persone dal loro aspetto. È quello che c’è dentro che conta e in questo caso mi sembra merce di prima scelta!
Trasse un respiro profondo e fece scorrere la cernie ra con delicatezza. La tentazione di accarezzare quel corpo forte era quasi irresistibile.
Chiuse gli occhi e sbuffò. «Credo che si sia incastrata nella stoffa. Mi lasci vedere se riesco...» Ottima scusa per infilare la mano sotto al costume e sfiorare i suoi muscoli. «Ancora un attimo di pazienza.»
«Mi dica. Lei si occupa di dolci, allora?»
Delilah si schiarì la voce tentando di fare capolino dalle sue ampie spalle. «Sì, ho una piccola ditta. Adesso ci stiamo espandendo e presto avrò bisogno di altre mani.»
«Posso offrirmi volontario?» domandò Batman vol tandosi appena.
Lei riuscì a intravedere i suoi occhi azzurri e si morse il labbro superiore. Non guardarlo così, ti prego, non guardarlo.
«È la prima volta che fa la volontaria qui al centro giovanile?»
«Sì. Nonostante tutto credo proprio che tornerò.» La sua mano continuava a darsi da fare, ma la cerniera sembrava non volere collaborare. Da un certo punto di vista, invece... «I bambini sono eccezionali. Lei cosa ne pensa?»
«Sono d’accordo. Sono fantastici.»
«Intendo dire, qual è la sua storia? È la prima volta che viene qui?»
«No, vengo qui due volte alla settimana già da parecchio tempo e faccio quello che posso. Credo che molte persone non