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La testa del serpente. La pietra sul cuore
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Ebook311 pages4 hours

La testa del serpente. La pietra sul cuore

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About this ebook

Quando alla fine della guerra Guglielmo Durman torna a casa è convinto di trovare festeggiamenti e meritato riposo, invece le prove per lui non sono finite e non è il momento di fermarsi perché lo attende una sorpresa poco gradita che non gli darà modo di riporre le armi che indossa.

Si intrecciano alla sua nuove storie: Sam recupera la memoria, il suo nome è Alzir, non è una brava persona e ha delle cose da sistemare. Colpi di scena anche per Porzia. Il tutto supportato dalla regina della foresta, Marwella, sinonimo di magia. In un era in cui l’uomo è connesso alla natura sarà proprio quella che i profani chiamano magia a sciogliere gli intrighi e i misteri più oscuri. Nell’eterna lotta tra il bene e il male l’amore farà da protagonista guidando gli eventi e soprattutto indirizzerà le anime verso la luce e verso un insospettabile ritorno.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 20, 2020
ISBN9788831686730
La testa del serpente. La pietra sul cuore

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    La testa del serpente. La pietra sul cuore - Giulia Torelli

    Yogananda

    Ardessa, otto mesi prima                                              

    Sapeva che non gli giovava restare ore seduto a guardare Sara in quelle condizioni perché quando poi andava via sentiva sulle sue spalle il peso dell’ingiustizia degli uomini e del destino, quell’ingiustizia che gli aveva negato l’amore costringendolo a rubarlo e ora che, anche se tardi, avrebbero potuto viverlo, la malattia aveva chiuso la porta ad ogni possibilità. Ma nonostante questa sua consapevolezza era lì, seduto da quasi due ore ad ascoltare le farneticazioni della donna, sperando che lei tornasse lucida almeno per qualche secondo, giusto il tempo per un saluto. Sarebbe potuto accadere da un giorno all’altro che lei lasciasse questo mondo e lui desiderava che non andasse via senza averla potuta salutare almeno un’ultima volta. E il miracolo accadde, fu lei che lo chiamò:

    Sveglia Druben. Cosa fate qui?

    Faccio la guardia al corpo della Regina. Rispose lui provocando quello che sarebbe dovuto essere un sorriso sul viso devastato della donna.

    Si. Era tornata. Ricordava questa frase che lui le diceva molti anni prima quando era giust’appunto la sua guardia del corpo. Era una frase con cui scherzavano quando facevano l’amore in un tempo adesso così lontano che sembrava quasi non appartenere neppure a questa vita.

    Se avessi potuto scegliere avrei preferito che voi non mi vedeste mai più. So di non essere uno spettacolo gradevole. Disse la Regina al suo antico amore.

    Non importa Sara, voi siete sempre bellissima per me.

    Druben, è rimasta sola, Mardok non c’è più e lei è scappata dal convento dove stava al sicuro. Disse Sara.

    Ha fatto bene a fuggire, quel posto è terribile.

    Forse, ma almeno era protetta, qui è pericoloso per lei. E voi lo sapete. Disse la Regina mentre l’uomo annuiva, poi aggiunse:

    Ora Druben ascoltatemi bene, prima che la nebbia torni nella mia testa. Al che lui si avvicinò prendendole la mano col cuore stretto dal dispiacere, non voleva perdere nemmeno una parola di quel momento.

    Sto morendo Druben, mi resta davvero poco. Lei ora ha solo voi, giuratemi che la proteggerete.

    Lo farò Sara, ve lo giuro, ma lo avrei comunque fatto senza bisogno di giurarvelo. Lei ha solo me, è vero, ma anche io ho solo lei. Rispose l’uomo tristissimo.

    Addio amore mio. Andate via ora e non tornate mai più, lasciatemi quel poco di dignità che mi resta. E mentre lo diceva tirò via la mano per porla sul suo viso, come a nascondere lo scempio che la paralisi aveva fatto della sua bellezza. E lui lo fece, andò via, anche perché non voleva che lei vedesse le sue lacrime, perché a quel punto c’era un insana rabbia mista a dolore che si era impossessata di lui che non sapeva come uscire dal suo cuore e forse usciva sotto forma di lacrime. Un’ultima cosa però gli riuscì di dirla, si chinò su di lei, le baciò la mano che aveva portato sul viso e le disse:

    Vi amerò per sempre Sara.

    Andò via e non torno più, così come lei desiderava, anche se non fu una lunga resistenza perché quattro giorni dopo Sara lasciò questo mondo che le aveva dato tutto e poi glielo aveva un po’ alla volta ripreso.

    Andate a casa Hector, mi tratterrò io ancora un po’. Disse Druben al suo vecchio amico d’armi e di vita. Era l’unica persona di cui si fidasse e infatti gli aveva rivelato la sua intenzione di vegliare a vita su Porzia. Hector conosceva tutta la storia e si era offerto di dargli una mano in questa impresa. Druben lo apprezzava molto, ma si era fatto tardi e Hector, a differenza sua, aveva una moglie a casa, cosa che sembrava stare più a cuore a lui che non all’amico, per cui lo aveva invitato ad andare via, avrebbe fatto un giro e poi sarebbe rincasato anche lui.

    Se lo desiderate posso restare a farvi compagnia. Si era offerto Hector che non era ansioso di tornare a casa, a suo dire la moglie era una strega, urlava e inveiva sempre contro di lui e da qualche anno a questa parte era diventata molto brutta. Era questo che lui diceva di lei.

    Non vi preoccupate, andate a casa. Sembra tutto tranquillo, giusto?

    Si, c’è stato il via vai dei generali in mattinata, qualcuno nel pomeriggio, ma niente di insolito. Credo che lei dorma da un oretta. Disse e quindi si congedò.

    Sia lui che Hector avevano libero accesso a Corte, entravano e uscivano senza bisogno di permessi e giustificazioni. Lui però adesso non sarebbe entrato, Porzia dormiva e tutto sembrava essere tranquillo, non c’era più bisogno di fare la guardia, bisognava semplicemente essere attenti e aggiornati su quanto accadeva, su chi gravitava attorno a Porzia e dare un’occhiata soprattutto all’amichetto di lei che a istinto non lo aveva mai convinto e non gli era mai piaciuto. Negli anni in cui era stato assiduo frequentatore della corte ne aveva visti tanti come lui, viscidi e inaffidabili, amanti solo di se stessi, si attaccavano al potere come delle sanguisughe ed erano disposti a tutto per mantenere il proprio status.

    Lucius passava per consigliere ma non era ne un guerriero ne istruito e meno che mai aveva la saggezza e l’esperienza necessaria per dare consigli su come governare un popolo, era solo un amante capriccioso. Non si spiegava come mai stesse durando così tanto, non era un granché come persona e Porzia era invece una donna bella e intelligente.

    Druben sapeva che lei aveva con Lucius un debito di gratitudine per l’aiuto che le aveva dato a fuggire dal convento, ma riteneva che tale debito fosse stato da tempo estinto e ben pagato.

    Trascorsi una decina di minuti decise di spostarsi dal suo angolo buio e andare via, ma nel farlo vide qualcosa che lo trattenne: dalla porta laterale di destra qualcuno che stava uscendo. Non riuscì a capire chi fosse, sia a causa della distanza e sia perché quella sagoma aveva il cappuccio del mantello tirato sulla testa. Ebbe uno strano presentimento Druben, perché quello, che intuì essere un uomo, si muoveva in modo guardingo, come se non volesse essere visto. Lo comprese dall’attenzione con cui chiuse il portone cercando di non fare rumore e anche perché costui continuava a guardare in giro, probabilmente per accertarsi che non ci fosse nessuno a vederlo. Sta di fatto che Druben decise di seguirlo senza farsi notare e, quando l’uomo prese la strada che conduceva verso il quartiere della Piana e fu in luce, lo riconobbe: era Lucius. Era impossibile non riconoscerlo, nonostante lui continuasse a tenere il cappuccio sul capo, perché il suo modo di muoversi, di camminare, era alquanto singolare, un po’ ondeggiante, non molto virile, di certo ma neppure aveva del femminile, semplicemente ondeggiava.

    Si chiese a quel punto dove stesse andando Lucius così in segreto e decise di scoprirlo.

    Quasi di certo si sarebbe avviato per andare da Clotilde, la donna che gestiva il casino nel quartiere della Piana, perché la direzione era quella e Druben sapeva che Lucius non disdegnava ogni tanto fare una visita alle ragazze del bordello. Ma non era diretto lì, perché quando fu davanti al portone di Clotilde non si fermò e prosegui invece imboccando il vicolo successivo. Era un vicolo buio ed angusto che però Druben conosceva in quanto aveva familiarità con l’unico negozio che c’era.

    In quel vicolo Lucius avrebbe potuto accorgersi di essere seguito, ragion per cui Druben aspettò che il giovane fosse dentro prima di imboccare la stradina ed entrare a sua volta nel locale.

    Il negozio non era sulla strada ma sottoposto ad essa e per accedervi si imboccava una scaletta laterale. Era forse l’unico negozio di Ardessa che amasse il buio e l’invisibilità: era il negozio di una strega. Era costituito da una stanza in cui apparentemente si vendevano unguenti, belletti, acque profumate e ogni genere di spezie provenienti anche da molto lontano, ma c’era poi una tenda, su una piccola porticina che dava in un’altra stanza molto più grande, dove si trovava ben altra merce e dove avvenivano cose misteriose.

    Quando Druben entrò si augurò che Lucius fosse nella stanza antistante a comprare qualche unguento o cose simili idonee alla sua vanità, ma non fu così, non c’era e non c’era neppure Kafiria la strega, entrambi commerciavano su qualcos’altro nella stanza grande.

    Restò silenzioso tendendo l’orecchio per cercare di sentire il dialogo dei due, ma nessun suono filtrava al di là della tenda, fu Kafiria invece che avvertì la sua presenza e uscì a vedere chi fosse entrato tirandosi dietro la porta e la tenda alle sue spalle per occultare la stanza.

    E’ passato molto tempo da quando ci siamo incontrati l’ultima volta. Cosa posso fare per voi Druben di Grumond?

    Vedo che i vostri affari vanno bene. Disse lui con un tono lievemente minaccioso che la donna percepì.

    Lavoro onestamente Druben, non faccio più cose strane. Disse lei inquieta, ricordando quando anni fa ebbe problemi con la guardia imperiale per via di certe voci che giravano. Erano andati a riferire che lei fosse la responsabile della sparizione dal cimitero dei piccoli corpi dei neonati morti.

    Tutte calunnie. disse lei al tempo, ma quando Druben, che non trovò prove si limitò a minacciarla delle fiamme del rogo casualmente nessuno trafugò più i piccoli corpicini dalle tombe.

    Ditemi cosa siete venuto a fare qui, vi darò quello che vi serve.

    Oh, certo che lo farete. Mi serve sapere cosa fa qui il tipo che è di là, cosa vuole da voi. Disse deciso l’uomo.

    "E’ solo un giovane geloso, è venuto a farsi leggere il futuro e a prendere un paio di cosette.

    Cosa sono queste cosette?

    Non posso dirvelo, chi viene da me deve avere la certezza che quello che accade qui dentro resti segreto. Rispose la donna, già arresa però all’eventualità che sentiva giungere: dover rivelare quanto Druben voleva sapere per avere in cambio l’incolumità sua e dei suoi affari.

    Kafiria io non ho nulla contro la vostra attività, voi sapete curare sia il corpo che la mente delle persone e questo, come ben ricorderete, mi ha portato a difendervi spesso, ma l’uomo che è di là è una persona cattiva e ora mi direte cosa gli avete detto e cosa gli state vendendo. Vi prometto che poi andrò via e non mi vedrete mai più.

    Fu quel mai più che lasciò Kafiria silenziosa, sapeva che Druben era influente a Corte e sapeva pure che l’aveva salvata dal rogo anni addietro, in quel mai più c’era sottinteso che l’avrebbe lasciata in pace alle sue condizioni, diversamente avrebbe potuto creargli dei problemi. Non stette molto a decidere di svelare i segreti, anche perché sapeva che l’uomo che aspettava nell’altra stanza era davvero cattivo, gli aveva letto la sorte e aveva visto più di quanto non aveva detto e ora lui le aveva chiesto anche cose cattive.

    E’ solo un ragazzo, sta comprando degli animaletti. Disse cercando di sminuire, non tanto il ragazzo quanto gli animaletti che vendeva lei.

    Quali animaletti?

    Animaletti da compagnia.

    Smettila Kafiria, di che animali si tratta?

    Scorpioni del deserto di Nura.

    Animaletti da compagnia in grado di uccidere con un loro morso un uomo. Osservò Druben.

    Dettagli. Rispose lei sollevando le spalle come a sminuire la cosa.

    Certo. Confermò ironicamente Druben, poi però il suo viso si tirò divenendo serio, anzi inquietante e aggiunse.

    Ditemi cosa avete visto nel suo futuro.

    Lui ha una donna a cui tiene, che probabilmente non ama ma di cui ha bisogno e nel suo futuro c’è un rivale che gliela porterà via.

    Ecco a cosa servono gli animaletti da compagnia.

    E non solo. Mi ha chiesto anche le lacrime della notte.

    So cosa sono: il più potente veleno che esista e vi informo che voi non glielo darete.

    Infatti non glielo darò perché non ne ho. Lo devo preparare e lo verrà a prendere domani notte.

    Voi non glielo darete.

    Lo cercherà altrove.

    Già, non ci avevo pensato. Dategli allora qualcosa che lui creda essere le lacrime della notte.

    Potrei dargli il sonno di Ibe, procura un sonno così profondo che chi lo beve sembra morto, forse lo è, ma solo per qualche ora.

    Va bene, ma voglio che voi facciate una cosa per me. Voglio che voi mi avvisiate ogni qualvolta il vostro cliente viene qui e che mi riferiate cosa compra e cosa chiede. E non dategli mai del veleno.

    Lo farò Druben, io non dimentico. Disse riferendosi all’aiuto che lui le aveva dato nel passato. Quindi aggiunse: Aspettate qui un attimo, ho una cosa per voi. Disse andando nell’altra stanza e quando tornò gli consegnò una moneta con degli strani simboli.

    Se voi riusciste a fare tenere addosso a vostra figlia questa moneta sareste in grado di percepire se lei è in pericolo. Ora andate. Disse facendo segno con gli occhi alla porta alle sue spalle, lasciando comprendere che Lucius stava per uscire.

    "Andò via immediatamente senza essere in grado di ringraziare Kafiria, era infatti molto impressionato, nessuno sapeva che Porzia era sua figlia e che lui era lì per proteggerla. Apprezzò il potere della donna e si sentì felice di non aver permesso che anni addietro venisse messa al rogo.

    Capitolo 1

    Per quasi metà del tragitto l’esercito aveva viaggiato nella sua compagine completa mostrando tutta la sua forza a coloro che dai villaggi osservavano il passaggio di così tanti uomini e cavalli da restarne impressionati.

    Era un immagine che avrebbero ricordato per tutta la loro vita quella dell’esercito imperiale della Galedia, la loro terra, di cui mai come ora si sentivano fieri di appartenere, sentendosi anche sicuri, protetti dalla piccola donna con la corona che era a capo del corteo.

    Porzia, bellissima e fiera conteneva in se questa forza che trapelava dal suo aspetto, bastava guardarla per percepirne il potere e restarne impressionati. Se esisteva un Dio era stato di certo lui a donarglielo quel potere e, nella sua saggezza, aveva avuto delle ragioni oscure a coloro che fino ad un attimo prima avevano creduto che un grande Re dovesse essere un uomo e soprattutto un grande guerriero.

    Fu quando l’esercito abbandonò il percorso tra i monti che le varie guarnigioni a mano a mano si distaccarono dirigendosi ciascuna verso la propria Contea, verso la tanto desiderata casa. E quando giunsero sulla costa anche Guglielmo salutò la Regina e, con i suoi uomini, si diresse verso Dalencia.

    Tra poco meno di un’ora si sarebbe ripreso la sua vita.

    Era a questo che pensava mentre l’orizzonte gli portava le colline e i tetti noti al suo cuore e le narici percepivano l’odore buono della sua terra, quell’odore inconfondibile, impregnato di mare, che tanto gli era mancato.

    C’era molto silenzio in quegli attimi, i pensieri di ognuno ora si evolvevano in immagini amorevoli e preziose, era già da tempo che i discorsi goliardici degli uomini si erano spenti. Iniziavano tutti con: Appena arrivo … , ma ora era vero, erano davvero arrivati.

    C’era però qualcosa che non andava. Lo comprese subito Guglielmo dall’accoglienza che ricevette, c’era si gente perché erano stati visti arrivare da più di una mezzora, ma erano tutti silenziosi e lo guardavano in modo strano e soprattutto non vedeva Jennifer.

    Quando era partito lei era in attesa di suo figlio, sarebbe dovuto nascere proprio in questi giorni e aveva sperato durante tutto il viaggio di riuscire a mantenere la promessa che le aveva fatto, le aveva promesso che ci sarebbe stato.

    Non sapeva cosa pensare, forse lei non c’era perché era alle prese con il parto, ma lo sguardo del suo popolo lo inquietò particolarmente e affidò gli uomini al suo nuovo vice e si distaccò dal corteo affrettandosi a raggiungere il castello.

    Giunto in cortile consegnò il cavallo allo stalliere che lo accolse riverente. Anche lui però lo guardava allo stesso modo degli altri e fu questa l’ulteriore ragione per cui raggiunse le cucine correndo dove trovò Gilberta che sembrava avesse pianto. Con lei c’era la piccola Clara che teneva la mano alla donna e quando lo vide sorrise. Era cresciuta e ora camminava da sola. Quando si avvicinò e la prese in braccio Gilberta era ancora silenziosa e mentre Clara gli sorrideva, la vecchia tata diede conferma ai suoi sospetti, circa le sue presunte lacrime, scoppiano in un pianto a dirotto. Non riuscì a parlare la donna ma si avvicinò al tavolo da cui prese una pergamena e gliela porse, anche se lei non era in grado di leggere sapeva che quanto c’era scritto avrebbe detto tutto.

    Se vuoi tuo figlio vivo porta duecento monete alla sorgente piccola. Vieni al vespro da sola e non dire niente a nessuno.

    Guglielmo era reduce da una guerra, aveva visto così tanta morte da diventare immune alla paura e fino a prima di leggere quelle righe aveva creduto di non temere nulla, di non temere neppure la morte, ma in quel momento si dovette ricredere perché allora ebbe paura per Robert e Jennifer.

    Se in quell’attimo gli avessero inferto una coltellata non sarebbe uscita neppure una goccia di sangue, era gelato, dissanguato. Ebbe una reazione in due tempi, prima rimase bloccato e subito dopo sentì tornare nelle sue vene il sangue con la forza di un onda calda, lo sentì ribollire in lui con un potere terrificante, quello dell’odio più profondo per coloro che avevano osato toccare suo figlio e spaventare la sua donna.

    Consegnò quindi la piccola a Gilberta e le chiese:

    Non sarà mica andata da sola? Ma dallo sguardo della donna comprese che Jennifer lo aveva invece fatto, così come era scritto nella richiesta.

    Dov’è Costantino? Chiese poi. Gli sembrava impossibile che Costantino avesse permesso che Jennifer andasse da sola, anche se lei avesse protestato lui l’avrebbe seguita, fors’anche a distanza.

    Costantino è in cella. Rispose lei e poi vedendo la faccia perplessa di Guglielmo si asciugò le lacrime e si decise a spiegare:

    Jennifer era certa che lui l’avrebbe seguita e allora lo ha fatto chiudere in cella.

    Quando?

    Costantino è in cella da circa un ora e lei è fuori da mezzora. Tra pochi minuti scocca il vespro.

    Non ebbe bisogno di sapere altro, scese nelle segrete di corsa e fece liberare Costantino che durante tutta l’ora non aveva fatto altro che camminare nervosamente avanti e indietro nei pochi metri di cui disponeva. Quando si vide davanti Guglielmo rimase senza parole. Non lo salutò infatti, gli parlò invece come se non si vedessero da ieri e disse soltanto:

    Sbrighiamoci, manca poco.

    Non era un luogo particolarmente distante, sarebbero stati sul posto nel giro di massimo dieci minuti di cammino, ragion per cui si avviarono e decisero di farlo a piedi, soprattutto per essere invisibili, cosa difficile se avessero portato i cavalli. Costantino andò a prendere la sua spada, Guglielmo non se l’era mai tolta e aveva addosso anche il suo arco.

    Quando giunsero nei pressi della cascata si mossero tenendosi nascosti tra la vegetazione. Quella che veniva chiamata la Sorgente Piccola era un getto d’acqua che sbucava da una parete rocciosa e dava un salto di non più di due metri in un piccolo pozzo e dopo un breve tragitto rientrava nella roccia. L’acqua di quella sorgente aveva un sapore salmastro e di norma non c’era mai nessuno ad attingerla, sia perché aveva un sapore pessimo e sia perché ce ne erano altre più prossime alla città.

    C’era la parete di fondo con la sorgente e davanti ad essa un largo piazzale, la vegetazione, costituita di alberi e cespugli, era distante. Jennifer si sarebbe trovata sola, visibilissima per coloro che, di certo, si sarebbero nascosti tra gli arbusti a controllare che tutto fosse tranquillo.

    Quando furono sul posto Guglielmo e Costantino si divisero spostandosi in direzioni opposte, muovendosi tra gli alberi che abbracciavano il piazzale aperto. Fu Guglielmo che vide colui che, suppose essere il rapitore, che strano a dirsi, era un masuri, lo comprese grazie alla classica treccia. Era appostato quasi invisibile dentro un giovane albero, mimetizzato perfettamente nel fogliame, aveva l’arco pronto e guardava verso la sorgente.

    Non ci pensò più di tanto Guglielmo, decise che quel masuri sarebbe morto immediatamente, incoccò la freccia e prese la mira, ma accadde una cosa strana quando scoccò. Gli piombò addosso un qualcosa di inspiegabile, sentì come un forte vento che lo spostò e la freccia lanciata, anziché percorrere la distanza prevista, cadde debole davanti ai suoi piedi. Inspiegabilmente in quell’attimo lui pensò a Sophie e sentì la sua presenza, infatti si guardò intorno a cercarla ed ebbe ragione: lei era lì.

    Ci mise un po’ prima di vederla perché era nascosta bene ma sentì alla sua destra un richiamo che gli fece scrutare attentamente tra i cespugli finché non la individuò: anche lei aveva un arco e quando i loro sguardi si incrociarono lei gli fece cenno di no con il capo. Capì Guglielmo che, anche se gli sembrava cosa strana, il masuri era un amico, sorvolò e si concentrò a cercare sua moglie con lo sguardo nella direzione della sorgente, ma Jennifer non c’era.

    L’unico che aveva seguito lo svolgimento delle cose era stato proprio Sam, il masuri amico di Sophie, Guglielmo sentiva soltanto ora le voci a lui familiari di Robert e Jennifer che si fecero sempre più vicine finché non li vide apparire sul sentiero proveniente dalla sorgente. Erano salvi, gli veniva da piangere ma prese un respiro e andò loro incontro.

    Quando Jennifer se lo vide davanti sentì la sua pena svanire, disse solo:

    Aiutatelo. Robert era scalzo e i suoi piedi iniziavano a ferirsi e lei con il pancione non riusciva a prenderlo in braccio.

    Anche la pena di Guglielmo svanì in quell’istante e li abbracciò rasserenandosi:

    Perché siete scalzo?

    Mi hanno preso le scarpe per non farmi fuggire. Rispose Robert al padre che nel frattempo si era chinato a controllare i suoi piedi.

    Notò anche che aveva le caviglie sanguinanti, come pure i polsi e comprese che lo avevano legato mani e piedi. Si chinò e prese in braccio il bambino e quando si sollevò se li trovò tutti davanti: Sam, Sophie e Costantino. Erano tutti sollevati ma per Costantino non sarebbe finita così infatti disse:

    Guglielmo portateli a casa io e Sam faremo un giro e prenderemo quei bastardi.

    A quel punto Jennifer, che aveva creduto che non ci fosse nessuno, disse:

    Menomale che dovevo essere da sola, manca solo Marwella.

    Non è detto. Fu la frase che giunse prima di lei provenendo dagli alberi.

    Sono qui e ho anche degli ospiti.

    Fu allora che La Lupa apparve regale accompagnata dai suoi fedeli sudditi, un branco di lupi che tenevano a bada due ragazzi tremanti. Ci aveva pensato lei a catturare i rapitori.

    Erano trascorsi otto mesi da quando Druben e Hector si erano parlati, non erano mai stati separati così a lungo. Per la prima volta Druben era partito per la guerra senza avere al suo fianco il fedele amico. Era dai tempi di Re Utar che nei campi di battaglia i due amici si erano guardati le spalle l’un l’altro fino all’ultima volta nella lotta contro Seoc, durante il regno del giovane Mardok, lotta in cui Hector venne ferito alla gamba. Druben era troppo distante in quel momento per evitargli la ferita ma non abbastanza da evitargli di morire, infatti quando lo vide in difficoltà si divincolò dal suo avversario per gettarsi sull’aggressore che stava avendo la meglio su Hector. Gli salvò la vita e poi lo portò via

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