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L'amore che ci manca
L'amore che ci manca
L'amore che ci manca
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L'amore che ci manca

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About this ebook

«Non ho ancora tutta questa forza»
«Per fare cosa?»
«Per mandarti via».


Linda Sarti ha realizzato ogni suo desiderio: ha un lavoro fisso, anche se stressante, si è sposata e ha una figlia. Ma ha un grande rimpianto: Giulio Grandi. Il loro era stato un amore complicato, ostacolato soprattutto dal comportamento freddo e scostante di Giulio, che si faceva amare da lei senza mai mettere in gioco i propri sentimenti. Quando il marito la lascia, le sue certezze si sgretolano. Ricominciare la propria vita a quarant'anni non è facile e quella dolorosa mancanza del passato torna a farsi più vivida. Non ha però fatto i conti col destino... che la rimette sulla strada di Giulio. Anche lui si è rifatto una vita, ma ha sempre quell'aspetto tormentato e infelice che lei ricorda. Quando i loro occhi si incrociano, i diciotto anni che li hanno divisi sembrano soltanto poche ore e l'attrazione assopita riesplode. Si cercano, si desiderano e si vogliono a ogni costo. È troppo tardi per loro due? Linda non si fa troppe aspettative, vive quei pochi attimi rubati in modo intenso come se fossero gli ultimi... Lo sa che da Giulio non può avere certezze di alcun tipo e che l'unica cosa sicura è l'amore che non ha mai smesso di provare per lui. Ma sa anche che dopo di lui nulla è stato più lo stesso e farà di tutto per conquistarlo.

Ci sono amori che restano fermi nel tempo, incompiuti e irrisolti. Possono tornare nella memoria come un alito di vento e sfiorarci appena per un momento o possono riesplodere impetuosi come un temporale d’estate.


 
LanguageItaliano
Release dateAug 2, 2020
ISBN9788835866268
L'amore che ci manca

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    L'amore che ci manca - Giulia Mancini

    Giulia Mancini

    L'amore che ci manca

    UUID: 31709346-18d5-4ba3-bab9-52975f52a06b

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    L'amore che ci manca

    Pagina di copyright

    Dedica

    Prologo

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Capitolo 38

    Capitolo 39

    Capitolo 40

    Epilogo

    Note al romanzo

    RINGRAZIAMENTI

    L’autrice

    L'amore che ci manca

    GIULIA MANCINI

    Romanzo

    Pagina di copyright

    Copyright 2020© Giulia Mancini. Tutti i diritti riservati. A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

    Questo romanzo è opera di fantasia. Nomi, personaggi, avvenimenti e luoghi - tranne quelli da tutti riconoscibili – sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in modo fittizio. Ogni riferimento a luoghi, persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

    Nuova edizione agosto 2020

    Illustrazione|fotomanipolazione|progetto grafico cover by ©FoxCreation – Digital Art Pagina Facebook

    https://www.facebook.com/foxcreationgraphic/

    Ci sono amori che restano fermi nel tempo, incompiuti e irrisolti.

    Possono tornare nella memoria come un alito di vento e sfiorarci appena per un momento

    o possono riesplodere impetuosi come un temporale d’estate.

    " Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime

    prima ancora che i corpi si vedano".

    Paulo Coelho

    Dedica

    A Matteo e Giulia

    che con le loro giovani vite rendono più bello il mondo .

    Prologo

    La cosa che l’agente Ansaloni detestava di più, da quando lavorava nella polizia stradale, era dover chiamare il familiare di qualcuno che aveva avuto un incidente. In tanti anni non si era ancora abituato a quella devastante sensazione di impotenza.

    Lo pensava tutte le volte che accadeva. Poi – quando tutto era finito – se ne dimenticava, come se il suo cervello rimuovesse l’episodio. Ogni volta sperava che quell’incombenza incresciosa non toccasse a lui. Il medico dell’ambulanza intervenuta sul posto gli aveva passato la giacca dell’uomo: «Tenga, agente, dentro ci sono i documenti e un cellulare, così può chiamare i familiari».

    Gli aveva dato la giacca e poi si era subito rivolto ai colleghi per intervenire sull’uomo. Per fortuna era riuscito a raggiungere un autogrill e chiedere aiuto prima di sentirsi male. Fosse rimasto in autostrada avrebbe potuto causare una vera strage. Aveva guardato i documenti e preso il cellulare, non c’era nessun pin da inserire, era un modello simile al suo, aveva guardato l’ultimo numero chiamato, era probabilmente il numero composto subito prima di mettersi in viaggio. Dai documenti risultava che l’uomo non era di Bologna e sicuramente qualcuno, il proprietario di quel numero, lo stava aspettando.

    Guardò il medico che cercava di rianimare l’uomo, sperò che ci riuscisse, forse non era necessario dare una notizia troppo brutta.

    Non so quando la mia vita è diventata un percorso a ostacoli. E pensare che a vent’anni credevo di sapere già tutto. Forse era davvero così per certi versi. Come mai allora ho perso di vista l’obiettivo principale? Che poi era quello di essere felice. Ognuno cerca la felicità nella vita, ma si confonde nel cercarla.

    A vent’anni non facevo altro che scappare dalle mie responsabilità. Ma poi ho passato gli anni successivi a recuperare, dimenticandomi però della mia vita. Ci preoccupiamo di non tradire gli altri, ma finiamo per tradire noi stessi.

    Ora che ho capito molte cose e so davvero quello che voglio, ora che non ho più dubbi, non posso fermarmi, anche se ci costerà tante lacrime. Manca poco, ma devo fare una sosta, mi sento soffocare, ho solo bisogno di una pausa, c’è un autogrill, devo fermarmi. Ho abusato delle mie forze, mi manca il respiro e mi sembra che il cuore abbia i battiti troppo accelerati.

    Forse è solo stanchezza, ma è meglio fermarsi.

    Capitolo 1

    Marzo 2015

    Guardava le strade vuote del paese nell’aria della sera, non le fu difficile orientarsi tra quelle vie che un tempo percorreva quotidianamente.

    L’ombra scura delle case le tornava familiare, poco sembrava cambiato nonostante gli anni passati: gli stessi vicoli, la stessa piazza, gli stessi palazzi discontinui.

    Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che era stata lì. Non poteva fare a meno di emozionarsi. Parcheggiò davanti alla casa un tempo abitata dai suoi genitori, una piccola palazzina a due piani.

    Ormai finiva per tornare in quei luoghi solo per eventi dolorosi. Era bello il tempo in cui tornare a casa equivaleva a provare un palpito di felicità, le vacanze, l’emozione di rivedere i suoi e ritrovare quel ragazzo da lei amato fino all’inverosimile.

    Sulla porta apparve sua cugina Chiara, l’aveva sempre considerata quasi una sorella, avevano vissuto insieme fin da bambine e adesso aveva bisogno di lei.

    «Ciao, Linda, ti stavo aspettando, ho sentito il rumore dell’auto».

    «Ciao, Chiara».

    Si abbracciarono. Da alcuni mesi Chiara viveva occupandosi a tempo pieno di sua madre, colpita da un ictus che l’aveva resa del tutto dipendente dagli altri.

    «Come stai?», le chiese Linda guardandola con affetto.

    «Come al solito, sono triste, la mamma sta sempre peggio. Ieri sera l’ho ricoverata di nuovo in ospedale, sono appena tornata, oggi la situazione era stabile. Ma non mi aspetto niente di buono».

    «Mi dispiace, Chiara» .

    «Hai fatto un buon viaggio?»

    Linda annuì. «Sì, c’era un po’ di traffico, ma scorrevole. Tutto bene».

    Sospirò, l’aspettavano dei giorni pesanti con la malattia di sua zia, ma aveva passato giorni peggiori nella sua vita e, nonostante la situazione, essere tornata in quei luoghi un tempo da lei così amati le faceva piacere.

    Uno stacco da quella che era stata la sua vita negli ultimi anni le sembrava quasi un regalo.

    ***

    La pioggia sottile in quel mattino di marzo colpiva il suo viso mentre avanzava incurante di bagnarsi.

    Era molto presto, la luce diurna non era ancora piena e l’aria piuttosto rigida.

    Lungo il vialetto di ghiaia che portava all’entrata principale dell’ospedale Linda camminava lentamente verso la sua auto. Dopo una notte terribile aveva solo voglia di tornare a casa a farsi una doccia. Tanto non c’era più nulla da fare. Non si era quasi accorta dell’uomo che avanzava verso di lei e che la stava osservando con sempre maggiore attenzione.

    «Linda?» L’uomo la guardò. «Sei proprio tu!».

    «Come stai?», chiese Giulio, guardandola con un sorriso sorpreso. «È passato tanto tempo», continuò con un leggero imbarazzo.

    Linda si passò una mano tra i capelli, si sentiva esausta e doveva avere un aspetto spaventoso.

    «Di’ pure che è passata una vita, saranno almeno vent’anni anni che non ci vediamo! Forse anche di più» , rispose lei, ricambiando il sorriso.

    " Accidenti, sono orribile" , pensò, non avrebbe mai pensato di incontrare proprio lui. Dopo tutti quegli anni avrebbe voluto avere un aspetto migliore, invece si sentiva a pezzi, dopo aver passato una notte insonne seduta sulla fredda panca di un ospedale.

    «Sono qui per il funerale di mia zia, era l’ultima parente ancora in vita», disse cercando di darsi un tono. «È morta in ospedale e devo predisporre tutti i documenti necessari, era malata da tempo», continuò.

    Gli stava dando tutte quelle informazioni più per giustificare il suo aspetto post notte insonne che per una reale esigenza di informarlo.

    Cercava di capire che effetto le faceva rivederlo, perché diavolo si preoccupava del suo aspetto?

    Che importanza aveva? Giulio non era più nella sua vita da tanti anni, da quando era partita decisa a non voltarsi più indietro.

    Lui le chiese il numero di cellulare.

    «Potremmo vederci per un caffè, prima della tua partenza, così ci raccontiamo un po’ di cose, che ne dici?» .

    Acconsentì, gli diede il numero con indifferenza, era quasi certa che lui non l’avrebbe chiamata.

    Poi lo salutò con un lieve bacio sulla guancia e quasi scappò via, prima che quella lieve vicinanza ridestasse in lei sensazioni dimenticate.

    Capitolo 2

    «Diciotto anni! Non venti», le disse Giulio al cellulare.

    «Cosa?»

    «Non sono passati vent’anni», disse lui, «sono diciotto anni, più o meno» .

    Linda sorrise. «Però, hai fatto i conti con la calcolatrice!»

    «Già... Allora che ne dici di vederci per quel caffè, così magari mi racconti cosa hai fatto in questi diciotto anni».

    «Non credo basti un caffè», replicò lei, «o forse sì... in fondo non ho fatto poi così tanto... anche tu avrai un po’ da raccontare».

    «Ti racconto tutti i miei ultimi diciotto anni, un giorno alla volta se vuoi».

    «Va bene, spiritoso, dove ci vediamo? Non sono aggiornata sulle caffetterie della zona».

    «Se vuoi ti passo a prendere io e ti porto in un posto carino che conosco».

    Presero accordi per il mattino dopo alle dieci e trenta.

    Linda si sentiva strana, la situazione le sembrava quasi surreale, Giulio che la passava a prendere per uscire come una volta. Pensò che sarebbe stata solo una chiacchierata tra vecchi amici, o forse era meglio dire tra ex, fidanzati, amanti? Cosa era stato Giulio nella sua vita? Una volta erano stati anche solo amici. Per poco.

    Comunque aveva solo bisogno di staccare un attimo, erano stati giorni pesanti tra l’organizzazione del funerale, i documenti da sistemare, le decisioni da prendere, cercare di sostenere Chiara, per quanto possibile.

    Dovevano solo prendere un caffè insieme, non c’era nulla di male.

    Ricordava i suoi occhi verdi, la fossetta sul mento, i capelli neri che scendevano sulle spalle con spavalderia e che la facevano impazzire.

    Ora quei lunghi capelli non c’erano più, adesso portava i capelli a spazzola per coprire una calvizie incipiente, ma quella sua faccia da schiaffi era, se possibile, ancora più affascinante.

    " Ma perché lo trovo ancora così irresistibile, accidenti" , pensava. " Per fortuna non ho tempo, devo sistemare tutto e ripartire in fretta".

    Riusciva ancora a lasciarsi abbagliare da quel suo sorriso sfrontato, pur restando impassibile con la consapevolezza di chi sa che quell’uomo non poteva appartenerle, in nessun caso.

    Chissà come erano stati quegli anni senza di lei, era felice e soddisfatto della sua vita oppure sentiva una punta di rimpianto? Non lo avrebbe mai saputo e poi, in fondo, non aveva nessuna importanza. Adesso non più.

    Non ricordava bene quando, a un certo punto della sua vita, aveva cominciato a decidere e a programmare senza di lui. Aveva organizzato qualcosa di importante e lui non era stato considerato.

    Anche perché, se lo avesse fatto, lui comunque non sarebbe stato presente, troppo impegnato a fare altro.

    «Vieni alla festa del mio compleanno? Vado fuori con un gruppo di amici, vieni anche tu?»

    «Non posso, ho già un impegno, mi dispiace, ma era il tuo compleanno? Quando?» .

    Era sempre stato così con Giulio, lei era al secondo posto.

    Quasi senza accorgersene la sua vita aveva intrapreso un proprio percorso senza di lui.

    Se c’era ne era felice, altrimenti era un dettaglio.

    All’inizio soffriva moltissimo di quell’assenza, poi però aveva cominciato a ignorarla. E a decidere senza di lui. E quando era arrivata quell’opportunità di lavoro che le imponeva una scelta definitiva aveva scelto di partire, tanto con Giulio non c’era futuro. La loro non era neanche una storia, Giulio aveva il potere di spiazzarla di continuo. A volte lo sentiva vicino e quasi innamorato, altre volte diventava scostante e insofferente. E non riusciva più a vivere in balìa del suo umore ballerino, aveva bisogno di certezze.

    E queste certezze credeva di averle trovate con Marco, l’uomo che era diventato suo marito.

    Giulio si presentò a casa sua in perfetto orario, lei fece le scale quasi di corsa, non sapeva bene cosa aspettarsi da quell’incontro ed era quasi stupita del fatto che Giulio avesse mantenuto la promessa di chiamarla. Probabilmente il suo invito era dettato dalla curiosità di sapere cosa era successo alla sua vita, non era forse la stessa curiosità che aveva lei?

    L’aspettava in piedi vicino alla sua auto, quando la vide, le sorrise e le andò incontro.

    Le diede un leggero bacio sulla guancia.

    «Ti trovo bene», disse guardandola.

    Linda si sentì sciogliere ancora una volta sotto il suo sguardo, diede la colpa all’emozione di rivederlo.

    «Grazie, sei gentile», rispose con un lieve sorriso. Sperava di apparire tranquilla e che il suo viso non mostrasse il suo coinvolgimento emotivo.

    Salirono in auto e si diressero verso l’esterno del paese.

    «Andiamo a San Benedetto», la informò, «in un locale di fronte alla spiaggia».

    Linda sorrise. «Ottima scelta, mi è mancato il mare in tutti questi anni».

    Pensò che le era mancato anche lui, ma non lo disse. Negli anni in cui era stata lontana pensava di averlo cancellato dai suoi pensieri e per un periodo era stato effettivamente così. Non aveva più pensato a lui, si era concentrata sulla sua nuova vita, il lavoro, il matrimonio, la nascita di sua figlia. Sembrava proprio che nella sua vita non ci fosse più nessun posto neanche per il pensiero di Giulio. Era un ricordo lontano, ci aveva messo così tanto a strapparselo dal cuore che quando le sembrava di esserci finalmente riuscita lo aveva cancellato anche dai suoi pensieri.

    Fino al giorno in cui Marco le aveva detto che voleva andarsene.

    Si voltò a guardarlo mentre guidava, le era sempre piaciuto sbirciarlo di nascosto.

    «Sono invecchiato, lo so», commentò Giulio sentendo il suo sguardo, sorrise facendo apparire due leggere rughe agli angoli degli occhi che lo rendevano perfino più attraente.

    «Sei in cerca di complimenti? No, perché mi sembra che il tempo con te sia stato piuttosto clemente, ti trovo davvero bene». Sospirò. «Gli uomini invecchiano meglio delle donne, dovresti saperlo e tu non fai eccezione», concluse Linda.

    «Sono contento che lo pensi, ma anche tu direi che non sei affatto invecchiata, anzi, ti trovo particolarmente bella, hai una luce nuova negli occhi, non so, qualcosa di indefinito che non ricordavo».

    Linda restò in silenzio, non sapeva bene cosa rispondere, né come considerare quella sua affermazione, si era sentita così triste nell’ultimo periodo che credeva che tutta quella tristezza l’avesse resa più brutta.

    E adesso lui le diceva che la trovava più bella.

    " Forse è la luce di chi non si aspetta più niente", pensò.

    «Grazie», rispose dissimulando l’imbarazzo.

    «Siamo arrivati», annunciò Giulio mentre parcheggiava.

    Il bar sulla spiaggia aveva all’interno un’atmosfera calda e accogliente, quasi raccolta.

    Giulio la guidò verso un tavolo in un angolo del locale, lontano dalla porta, sembrava conoscesse bene il luogo, infatti il cameriere si avvicinò salutandolo con slancio.

    «Ciao, Giulio, cosa vi porto?»

    «Per me un decaffeinato», poi guardando Linda, «qui hanno dei cornetti alla crema fantastici, se vuoi approfittare»,

    «Va bene un caffè anche per me, normale», Linda aveva lo stomaco chiuso, stare con Giulio le faceva ancora quell’effetto.

    Lo guardò, finalmente erano seduti una di fronte all’altro e avrebbe voluto fargli mille domande, ma non voleva sembrare morbosa.

    «Cos’è quella storia della luce?», cominciò per prendere tempo.

    Giulio sorrise. «Allora mi hai ascoltato prima».

    «Certo, io ti ascolto sempre».

    «Ho detto che hai una luce nuova negli occhi che ti rende più bella, ma so cos’è».

    Linda lo guardò con curiosità.

    «Sai cos’è?»

    «Consapevolezza di te, sicurezza, insomma sei una donna adesso, non sei più la ragazzina fragile di un tempo».

    Fragile? Appariva fragile a vent’anni? Magari era lui che la faceva sentire insicura.

    «Quanto può ingannare l’apparenza, io non sono sicura di niente, anzi, negli ultimi tempi ho perso quasi tutti i miei punti fermi», replicò Linda con l’aria quasi divertita.

    Giulio sembrò rattristato. «Davvero? Mi dispiace, ti va di raccontarmi qualcosa di te?»

    Linda sospirò. «Non c’è molto da dire, o meglio, si può raccontare tutto in due parole, mio marito dopo dieci anni di matrimonio e una figlia insieme si è innamorato di una donna più giovane e se n’è andato, primo punto fermo crollato». Pensò che anche il lavoro negli ultimi tempi era diventato sempre di più una fonte di ansia e preoccupazioni, ma non voleva farsi compatire troppo, non da Giulio.

    «Cosa fa tuo marito nella vita?», chiese lui.

    «Marco è un medico. Chirurgo. Si è invaghito di una giovane specializzanda dell’ospedale. La solita storia banale. Solo che quando ti tocca di persona, non sembra poi così banale!».

    Il cameriere arrivò con i due caffè creando un intermezzo provvidenziale. Giulio lo ringraziò, aspettò che si allontanasse e le porse il caffè .

    «Mi dispiace», disse guardandola, «i momenti di crisi in un matrimonio possono verificarsi, ma a volte è più facile scappare che cercare di risolverli».

    «Ne parli come se ne sapessi qualcosa», replicò lei.

    «Beh, direi proprio di sì, solo che io sono rimasto», rispose lui.

    Linda fece un sorriso amaro. «Tua moglie allora è più fortunata».

    Pensò che sua moglie era fortunata soprattutto perché aveva Giulio, l’uomo che aveva amato con tutta se stessa e che alla fine non era riuscita ad avere. Strano, quel pensiero la faceva ancora soffrire, eppure finché era stata sposata con Marco non aveva mai ripensato a Giulio. E cosa aveva voluto dire con quella frase? Anche lui aveva avuto un’altra storia? Decise di non voler approfondire.

    «Comunque adesso sto bene, è stato un momento difficile ma è stato superato», concluse Linda che non aveva nessuna voglia di farsi commiserare e soprattutto voleva sapere di lui e di cosa era accaduto nella sua vita.

    «Raccontami di te, Giulio, cosa hai fatto in questi anni? Che lavoro fai?»

    «Ho gestito l’azienda di mio padre, non me la sono sentito di abbandonare il suo lavoro».

    Linda lo guardò sorpresa. Giulio le aveva sempre detto che non voleva continuare quel lavoro, che la gestione di quell’azienda era stata la causa della morte di suo padre con tutte le ansie e i grattacapi che gli aveva dato.

    «Strano, ma non era stata rilevata da tuo zio?»

    «Sì, mio zio aveva rilevato l’azienda, ma non poteva farcela da solo e così alla fine ho pensato che anche io dovevo fare la mia parte», disse osservandola, «è stata la scelta giusta, alla fine sono contento di come è andata».

    Linda lo scrutò, Giulio sembrava soddisfatto della sua vita e tutto sommato si sentiva contenta per lui.

    Non riusciva a non volergli bene, lo aveva amato così tanto che, anche se le loro strade si erano separate, saperlo sereno rasserenava un poco anche lei.

    «Hai dei figli?», gli chiese.

    «Due maschi, tredici e quindici anni. E tua figlia quanti anni ha?»

    «Quindici anni e in piena crisi adolescenziale», rispose lei.

    Linda non poteva fare a meno di chiedersi perché Giulio era lì con lei, avrebbe dovuto essere al lavoro o magari con sua moglie.

    Solo che io sono rimasto. C hissà cosa aveva voluto dire, non poteva fare a meno di chiederselo.

    «Non dovresti essere al lavoro, Giulio?»

    «Sono il titolare, quindi posso godere di una certa libertà. Oggi ho degli appuntamenti con un paio di clienti solo nel pomeriggio e quindi ho la mattina libera». Fece un piccolo sospiro e proseguì: «Del resto con questa crisi si corre molto meno».

    Linda lo guardò, la crisi... quella che mordeva ormai tutti da diversi anni e non accennava a finire.

    «Giusto, la crisi! Hai avuto problemi con la tua azienda?»

    «Ho rischiato di chiudere i battenti».

    «Davvero?»

    «Due anni fa abbiamo quasi toccato il fondo, ma alla fine siamo riusciti a risollevarci, sacrificando alcune produzioni. Ora va molto meglio. Certo, se ci fosse una ripresa, potremmo tirare un sospiro di sollievo, ma non voglio lamentarmi».

    Linda lo osservò, sembrava tranquillo, aveva l’aspetto di chi, avendo affrontato enormi difficoltà, ha finalmente le idee chiare e

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