Femina Sapiens. Le origini della conta a base sessanta e della scrittura
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Per rispondere a questa domanda che tutti ci siamo posti almeno una volta, l’Autore ci accompagna in un percorso di riscoperta delle nostre origini sociali e culturali, passando in esame diverse civiltà del passato, prima fra tutte quella dei Sumeri. E la rivisitazione della mitologia sumerica ci conduce a una serie di considerazioni sulle connessioni tra linguaggio, memoria e mito.
In un saggio breve ma complesso, accuratamente documentato, sono affrontati in modo diretto (e a tratti anticonvenzionale) argomenti come l’origine dell’agricoltura, la nascita della conta e della scrittura, la genesi dei rapporti familiari e la deriva dei rapporti di genere.
La soluzione di un enigma antico sarà alla fine tanto semplice quanto sorprendente.
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Femina Sapiens. Le origini della conta a base sessanta e della scrittura - Ennio Falabella
Wittgenstein
Premessa
Per uno spirito scientifico ogni conoscenza
è una risposta a una domanda.
Se non c’è stata una domanda,
non si può avere conoscenza scientifica.
Gaston Bachelard
Noi tutti, almeno una volta, ci siamo chiesti da dove fosse derivato, nella vita quotidiana, l’uso di due sistemi distinti di numerazione: uno per pesi, volumi e distanze, a base dieci con i suoi multipli e un altro per tempo e geometria, a base sessanta e suoi derivati.
Perché nella misura del tempo, e in un certo modo anche dello spazio, è stata messa da parte la conta con le dita delle mani, il sistema decimale, per sostituirla con un’altra a base sessanta?
Dall’antichità greco-romana i matematici hanno dato una risposta pressoché unanime, che si può così sintetizzare: fra i multipli di dieci inferiori a cento, il numero sessanta è l’unico ad avere più divisori interi (dieci = 30, 20, 15, 12, 10, 6, 5, 4, 3, 2) del multiplo per eccellenza di dieci, il numero cento (sette = 50, 20, 25, 10, 5, 4, 2). Vale a dire, per l’aritmetica sessanta è più maneggevole di cento.
Questa spiegazione, all’apparenza esauriente, non ha però base logica. Perché non si comincia mai a contare pensando agli eventuali esercizi aritmetici che si potrebbero poi fare sui numeri già contati. Altrimenti si dovrebbe attribuire ai contabili primordiali della specie sapiens una conoscenza innata della teoria dei numeri, nonché del giro dei giorni dell’anno solare.
Ludwig Wittgenstein affermava che la matematica non è una e non ha neanche una struttura unica, ma è piuttosto un miscuglio variopinto di tecniche di prova al fine di predire l’accadere di certi eventi.
Uscendo dal sentiero stretto delle scienze esatte, formuliamo la nostra domanda in altra maniera: il sistema sessagesimale ha una base antropomorfica, o comunque biologica, come quello decimale?
Lo storico inglese E. H. Carr rimarcava come la storia sia paragonabile a una montagna dai tanti e differenti profili, definiti dalla visuale di chi la osserva. Di conseguenza le risposte alle nostre domande sono tanto più esaurienti quante più sono le visuali prese in considerazione.
Ribadendo lo stesso concetto, lo storico della scienza Giorgio de Santillana auspicava una convergenza di pensieri, discipline e metodi diversi per sbrogliare enigmi antichi, trasmessi da maestri a cui dobbiamo tutto e di cui non sappiamo nulla.
Il profilo meramente storico della nostra questione ci dà la dimensione di una civiltà riapparsa improvvisamente alla metà del secolo XIX dopo millenni di oblio sul palcoscenico della storia, quella degli inventori della numerazione a base sessanta e della prima scrittura: i Sumeri.
Molto poco, però, sappiamo ancora sulla dinamica evolutiva di questa civiltà mesopotamica, fiorita nel corso della rivoluzione agricola del Neolitico.
Dal versante storico-matematico si può dedurre che le notazioni numeriche, come la scrittura in senso lato, siano state posteriori di diversi millenni all’invenzione dei sistemi primordiali di conta orale.
Si può facilmente dedurre come la base dieci abbia la sua radice nel numero delle dita delle mani, ma non si riesce ad arguire alcunché di sensato sul numero sessanta, che non corrisponde ad alcun fatto naturale di nostra conoscenza. Così l’origine pratica di questa insolita base numerica, tramandata per generazioni oralmente, è perduta nei muti deserti della preistoria.
Le lacune della storia sono in qualche modo colmate da quanto riportato nei miti perché, come diceva ancora de Santillana, il mito è nato dalla scienza, solo la scienza lo può spiegare.
E dal versante mitologico emergono problematiche affrontate e risolte in maniera del tutto originale dalla civiltà sumerica. Purtroppo, in nessuna delle centinaia di migliaia di tavolette d’argilla marcate dai caratteri cuneiformi, ritrovate negli scavi archeologici in Medio Oriente e sinora decifrate, ci sono fatti, indizi e miti che possano spiegare l’origine di un sistema di conta basato su un numero all’apparenza di nessun significato pratico.
Per afferrare problematiche per una qualche ragione trascurate dai miti si è rivelato utile attingere alle tradizioni delle popolazioni autoctone con tecnologie e organizzazioni sociali differenti dalle nostre, i cosiddetti ‘primitivi secondari.’
Nessuna disciplina storica può essere però presa in seria considerazione se non affronta con la giusta attenzione anche l’argomento dei rapporti di genere. E la storia dell’antica Mesopotamia non fa eccezione, afferma lo storico americano Marc Van De Mieroop.
Il concorso di discipline diverse ci ha dato così la mappa mentale e la rotta per risolvere un enigma antico.
Poiché nessuna indagine seria può far mistero delle sue fonti e parlare del passato come se lo si conoscesse per divinazione, alla fine di ciascun capitolo della nostra ricerca sono indicati i testi e gli autori di riferimento.
Riferimenti
Bachelard, Gaston – La formazione dello spirito scientifico. Raffaello Cortina 1996.
Boyer, Carl B. – Storia della matematica. Mondadori 1980.
Carr, E.H. – Sei lezioni di storia. Einaudi 1966.
Pettinato, Giovanni – I Sumeri. Bompiani 2013.
de Santillana, Giorgio – Fato antico e fato moderno. Adelphi 1985.
de Santillana, Giorgio; von Dechend, Herta – Il Mulino di Amleto. Adelphi 1990.
Van De Mieroop, Marc – Cuneiform Texts and the Writing of History. Routledge 1999.
Wittgenstein, Ludwig – Osservazioni sui fondamenti della matematica. Einaudi 1988.
1. La rivoluzione decimale della Dea Ragione
L’essenza del numero sta nel dieci,
fonte e radice della natura perenne.
Dichiarazione attribuita a Pitagora
Durante la Rivoluzione Francese un congresso di sapienti affiancò il Comitato di Salute Pubblica per accelerare le riforme che avrebbero consentito alla Repubblica di sopravvivere, di vincere le forze della reazione e di diventare la nazione insegnante dell’Europa.
Così l’istruzione fu resa obbligatoria in tutto il territorio francese. La libertà politica doveva essere accompagnata dal libero accesso alla conoscenza che, per la sua parte, doveva essere resa di semplice comprensione. L’istruzione doveva essere permanente e, per garantire un’uguaglianza reale, non poteva interrompersi alla fine dei cicli scolastici canonici. Il regime rivoluzionario mise in programma quella che Condorcet chiamava seconda istruzione
, riservata agli adulti che avevano perduto l’occasione di beneficiare dell’istruzione obbligatoria appena introdotta.
Veniva concepita in questo modo un’istruzione permanente, la radice delle attuali università della terza età.
La circolazione delle nuove idee e conoscenze doveva inoltre essere libera per non impedire il libero sviluppo ad alcuno. I manuali scolastici dovevano essere uguali per tutti i dipartimenti della nuova repubblica.
Infine, il diritto all’istruzione andava esteso alle giovani francesi, per liberarle dal giogo dell’oscurantismo religioso. E il clero venne cacciato dalle chiese, che divennero luoghi di culto della Dea Ragione.
Nel fermento collettivo di cambiamento universale e radicale, gli scienziati furono chiamati a mettere ordine, una volta per tutte, nel ginepraio dei diversi sistemi di pesi e misure allora in vigore nelle diverse regioni del territorio nazionale, che erano di ostacolo al libero e onesto commercio. La dieci-milionesima parte dello spazio compreso fra l’Equatore e il Polo fu chiamata metro, unità generatrice di tutte le misure. Questa