La verità sul colesterolo: I rischi delle statine e le possibili alternative.
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La verità sul colesterolo - Barbara H. Roberts
vita.
PRIMA PARTE: LE STATINE FANNO AL CASO MIO?
1.
Il medico vuole prescrivermi statine: cosa devo chiedergli?
R.G. è una donna di quarantacinque anni in buona salute. Fa un check-up annuale dal medico di base, il quale le ha detto che deve perdere peso. R.G. ha un lavoro di commercialista a tempo pieno e due figli adolescenti. Si prende inoltre cura dei genitori, ambedue quasi ottantenni e malati cronici: la madre ha una grave artrite e il padre una cecità da degenerazione maculare. Avendo poco tempo per l’attività fisica, R.G. dopo la laurea ha messo su quasi quattordici chili. Per di più, si rilassa
mangiando dolci e biscotti. L’ultimo esame colesterolemico rivela che il colesterolo totale è di 255, i trigliceridi (altro grasso nel sangue) di 200 (il valore normale non supera 150), l’HDL o colesterolo buono
di 50 e l’LDL o colesterolo cattivo
di 165.
Il medico le consiglia una dieta povera di grassi e le prescrive la simvastatina (nome commerciale Zocor) per ridurre il colesterolo LDL. Dopo due settimane dall’inizio del trattamento, R.G. prova forti dolori muscolari e difficoltà di concentrazione. Consulta in internet gli effetti collaterali delle statine. Convinta di subire gli effetti avversi della simvastatina, telefona al medico, il quale prescrive un esame del sangue per eventuali danni muscolari. L’esame risulta normale, ragion per cui il medico le dice che non è la statina a causarle i sintomi. R.G. smette comunque di assumerla e nel giro di qualche settimana il dolore muscolare e i problemi di concentrazione scompaiono.
L’ABC del colesterolo
Che cos’è il colesterolo e perché dobbiamo preoccuparci se i livelli sono considerati alti? Se il medico ci dice per esempio che il colesterolo è di 250, che cosa significa?
Oltre a essere prodotto nel corpo, il colesterolo si trova anche in alimenti derivati da fonti animali. Permette molte importanti funzioni dell’organismo. È parte integrante della membrana cellulare che circonda ogni cellula del corpo, la quale impedisce a tutte le strutture interne alla cellula di fuoriuscire. È un elemento fondamentale di altre molecole, come la vitamina D, di cui il corpo ha bisogno per funzionare, e di molti ormoni. Serve a produrre gli acidi biliari, che contribuiscono alla digestione.
Il colesterolo circola nel sangue legato a proteine specializzate chiamate lipoproteine, classificate secondo la loro densità (dal greco lipos, grasso
). Il colesterolo LDL è formato da lipoproteine a bassa densità (colesterolo cattivo
), mentre il colesterolo HDL da lipoproteine ad alta densità (colesterolo buono
). Il colesterolo VLDL, composto principalmente da trigliceridi, è dato da lipoproteine a bassissima densità che, se elevate, aumentano il rischio di ASCVD. Nell’insieme, queste lipoproteine sono definite grassi o lipidi del sangue. Benché il colesterolo sia essenziale alla vita, alti livelli di certe lipoproteine (e bassi livelli di colesterolo HDL) possono rivelarsi dannosi, perché aumentano il rischio di sviluppare placche nelle arterie, i vasi sanguigni attraverso i quali il sangue ossigenato raggiunge tutte le cellule del corpo. L’aterosclerosi, come viene chiamato questo processo, è alla base di quasi tutti gli infarti e gli ictus.
I livelli di lipoproteine sono determinati sia dalla genetica sia dallo stile di vita. Per esempio, chi segue un’alimentazione ad alto contenuto di carboidrati amidacei spesso presenta elevati livelli di trigliceridi. Chi mangia grandi quantità di grassi animali (nella carne e nei latticini come latte, burro e yogurt) ha in genere alti livelli di colesterolo LDL. Alcuni presentano una rara forma familiare di colesterolo alto con livelli molto elevati di colesterolo LDL, anche se seguono una dieta vegetariana stretta.
Come si misura il colesterolo
Colesterolo e trigliceridi di solito si misurano su un campione di sangue a digiuno. Occorre digiunare per dodici ore (è possibile bere acqua, ma non bisogna mangiare o bere niente che contenga calorie). Si preleva un campione di sangue che viene poi centrifugato per separare i globuli rossi dalla parte trasparente del sangue (plasma). Il plasma viene quindi analizzato mediante una macchina che misura il colesterolo totale, il livello dei trigliceridi e il colesterolo HDL. Si calcola poi il livello del colesterolo LDL utilizzando una formula (lo si può misurare direttamente, ma in genere non lo facciamo, a meno che il livello di trigliceridi non sia molto elevato, perché in quel caso il livello di colesterolo LDL calcolato risulta impreciso).
I valori di colesterolo sono riportati come milligrammi per decilitro, abbreviato in mg/dl. Un grammo è un’unità di peso e un milligrammo è un millesimo di grammo. Una patatina pesa circa un grammo (mille milligrammi), perciò capite che stiamo parlando di piccole quantità. Un decilitro è un decimo di litro, ossia 0,1 litri di liquido. Se il livello di colesterolo totale è di 250 mg/dl, significa che la quantità di colesterolo presente in 0,1 litri di plasma pesa circa come un quarto di patatina.
Medicina basata su prove di efficacia
La paziente descritta a inizio capitolo è un riassunto delle molte persone giunte nel mio ambulatorio nel corso degli anni. In questo libro leggerete storie di pazienti in carne e ossa che hanno subito danni a causa delle statine, ma ho usato R.G. come esempio di pazienti che spesso visito e ai quali sono state prescritte statine pur non rispondendo essi alle attuali linee guida per l’utilizzo di questi farmaci. I medici oggi sono invitati a mettere in pratica la cosiddetta medicina basata su prove di efficacia. In altre parole, sono spinti a usare solo quei farmaci o quelle procedure che hanno scientificamente dimostrato, attraverso validi studi di ricerca clinica, più vantaggi che rischi.
Al capitolo 7 discuterò la storia in un certo senso travagliata delle ricerche cliniche, ma per semplificare un argomento complesso ai fini del presente capitolo, il quando e il come trattare il colesterolo sulla base delle migliori prove scientifiche a disposizione sono descritti nelle linee guida internazionali ATP III (Adult Treatment Panel III) del National Cholesterol Education Program (NCEP), dettate dal National Heart, Lung, and Blood Institute. Purtroppo, le linee guida sono pubblicate in lunghi articoli che i medici di norma non hanno tempo di leggere in dettaglio. Molti medici leggono che il livello di colesterolo LDL ottimale
è inferiore a 100 e sviluppano l’idea che chi presenta un colesterolo LDL oltre quel numero vada trattato con farmaci. Il risultato è che molti assumono statine inutilmente e una cospicua percentuale di loro subisce danni.
Tra i ben noti effetti collaterali delle statine troviamo dolori muscolari e infiammazione, nonché danni a molti altri organi, compresi fegato, tendini, nervi e cervello. Poiché il colesterolo è essenziale al normale sviluppo del feto, alle donne in gravidanza o che hanno in programma un figlio si consiglia di non assumere statine.
L’azione delle statine sul colesterolo
Le statine agiscono inibendo un enzima fondamentale per la produzione del colesterolo nell’organismo (un enzima è una proteina specializzata che contribuisce ad accelerare una reazione chimica; per esempio, gli enzimi digestivi contribuiscono ad accelerare la frantumazione del cibo in semplici sostanze chimiche assorbibili dal corpo). Accrescono inoltre l’assorbimento del colesterolo LDL da parte del fegato, altro modo in cui riducono la colesterolemia. L’enzima inibito dalle statine agisce all’inizio della via di sintesi (la via di sintesi è simile alla catena di montaggio in una fabbrica; si tratta di una serie di processi chimici che avvengono all’interno delle cellule quando il corpo produce molecole di cui ha bisogno per sopravvivere). Allorché tale enzima viene inibito, in chi assume questi farmaci possono ridursi anche i livelli di altre importanti molecole, quali il coenzima Q10 (ne riparleremo più avanti).
Per ridurre il colesterolo mi servono le statine?
Che cosa fare se il medico ci comunica che dobbiamo assumere statine? Scegliere se accettare o rifiutare il consiglio dipende dall’età, dal sesso e dall’avere o meno già ricevuto una diagnosi di aterosclerosi. Mi spiego.
Aterosclerosi
L’aterosclerosi è una forma d’indurimento delle arterie in cui sulle pareti si accumulano placche, che alla fine restringono l’apertura dei vasi sanguigni. Quando in un’arteria la stenosi è significativa, l’ossigeno e le sostanze nutritive trasportati dal sangue non riescono a raggiungere l’organo alimentato dall’arteria in questione e l’organo ne risente. Per esempio, le coronarie portano il sangue al cuore. Se il cuore non riceve la quantità di sangue necessaria, soprattutto quando è sotto sforzo (durante l’attività fisica o i periodi di stress emotivo), si definisce ischemico. Con il termine ischemia si intende una relativa carenza di afflusso sanguigno. Da qui l’espressione cardiopatia ischemica (IHD) o cardiopatia coronarica (CHD).
Il sintomo avvertito quando il cuore viene privato dell’ossigeno è chiamato angina pectoris. L’angina di solito è come una sensazione di stretta, bruciore o oppressione al petto prevedibilmente causata dall’esercizio fisico o dallo stress emotivo, che sparisce in circa cinque minuti con il riposo, il relax o un farmaco chiamato nitroglicerina.
Oltre a ostruire le arterie fino a compromettere il flusso sanguigno, le placche possono anche rompersi. Una placca che si rompe assomiglia a un ascesso o a una vescica sulla parete dell’arteria. Quando il materiale della placca viene in contatto con il sangue che scorre nell’arteria, l’organismo cerca di isolare questo materiale formando un coagulo di sangue (trombo). Se da una placca aperta si forma un coagulo, il sangue che scorre attraverso l’arteria rischia di venire completamente bloccato e il muscolo cardiaco a valle del coagulo muore nel giro di qualche ora, a meno che la circolazione non venga ripristinata. Un danno al muscolo cardiaco provocato dall’interruzione del flusso sanguigno è un infarto del miocardio: un attacco di cuore.
Fattori di rischio
Esercitiamo un controllo alquanto soddisfacente sui fattori di rischio che rendono più probabile lo sviluppo di cardiovasculopatia aterosclerotica (ASCVD). Solo due non possono essere modificati: l’età e l’anamnesi familiare. Possiamo mentire sulla nostra età, ma naturalmente questo non cambia le cose. Possiamo desiderare di aver avuto una famiglia diversa e un diverso insieme di geni (io ho sempre voluto essere più alta), ma i geni con cui siamo nati dobbiamo più o meno tenerceli. Tutti gli altri fattori di rischio quali fumo, ipertensione, anomali livelli di grassi nel sangue, diabete, infiammazione, sedentarietà e obesità sono modificabili, evitabili o curabili.
Più fattori di rischio si hanno, maggiori sono le probabilità di sviluppare ASCVD. Le linee guida tuttavia si concentrano soprattutto sui livelli di colesterolo. Le attuali linee guida per la prevenzione dell’ASCVD affermano che il livello ottimale
di colesterolo totale è inferiore a 200, quello di colesterolo LDL a 100 e quello di trigliceridi a 150. Quest’ultimo è stato recentemente modificato a 100, quantunque 150 costituisca tuttora il limite massimo della norma. Si noti che questi sono livelli ottimali
: non sono i livelli che tutti dobbiamo raggiungere, soprattutto dal momento che per molti, considerata l’alimentazione e lo stile di vita poco sani, tali livelli sono raggiungibili solo con i farmaci.
Le linee guida che i medici sono chiamati a seguire nella prevenzione dell’ASCVD sostengono che il medico deve determinare il numero di fattori di rischio, oltre a valutare il livello di colesterolo LDL. Quindi, sulla base di tali fattori, definisce il nostro rischio basso, medio o alto. Gli altri fattori di rischio sono età (quarantacinque anni o più per gli uomini, cinquantacinque anni o più per le donne), fumo, ipertensione (pressione arteriosa di 140/90 o più oppure assunzione di farmaci antipertensivi), colesterolo HDL basso (inferiore a 40 nell’uomo, a 50 nella donna) e anamnesi familiare di cardiopatia coronarica precoce in un parente maschio di primo grado (padre, fratello, figlio) a meno di cinquantacinque anni d’età o in una parente femmina di primo grado (madre, sorella, figlia) a meno di sessantacinque anni d’età (per ragioni che non comprendiamo, anche a livelli equivalenti di rischio le donne tendono a sviluppare l’ASCVD dieci o quindici anni dopo gli uomini).
Tabella 2: principali fattori di rischio (colesterolo LDL escluso) che modificano gli obiettivi dell’LDL*
•Fumo
•Ipertensione
•Colesterolo HDL basso (inferiore a 40 negli uomini, a 50 nelle donne)
•Anamnesi familiare di cardiopatia coronarica precoce
•Età (quarantacinque anni o più per gli uomini, cinquantacinque anni o più per le donne)
*Se l’HDL è pari a 60 o oltre, viene considerato fattore di rischio negativo
e la sua presenza consente di sottrarre un fattore di rischio dal conteggio totale (fattore di rischio negativo
in questo caso significa che il colesterolo HDL riduce il rischio di sviluppare placche).
In chi già soffre di ASCVD o patologia equivalente (il diabete è considerato un rischio equivalente di CHD), l’obiettivo
dovrebbe essere quello di portare il colesterolo LDL al di sotto di 100. In presenza di ASCVD e molteplici altri fattori di rischio, un obiettivo facoltativo è dato dal colesterolo LDL inferiore a 70.
Se il paziente presenta fattori di rischio da zero a uno, in altre parole se è a basso rischio, l’obiettivo del colesterolo LDL è al di sotto di 160; le linee guida affermano che la farmacoterapia va presa in considerazione se il colesterolo LDL è pari a 190 o più.
Con due o più fattori di rischio, l’obiettivo del colesterolo LDL è al di sotto di 130¹, mentre in presenza di vasculopatia o diabete, l’obiettivo diventa inferiore a 100. Le linee guida sostengono che in ogni caso la terapia elettiva è data da sani cambiamenti allo stile di vita; ne riparleremo al capitolo 5.
Purtroppo, molti medici non leggono le linee guida fino in fondo. Leggono solo che l’obiettivo di colesterolo LDL ottimale
è inferiore a 100 e volenti o nolenti consigliano a chiunque presenti un colesterolo LDL superiore a tale numero di assumere statine.
Le suddette linee guida sono state scritte da prestigiosi gruppi di scienziati, molti dei quali hanno diretto le sperimentazioni cliniche che hanno prodotto i risultati utilizzati per giustificare le raccomandazioni delle linee guida. Questi studi hanno coinvolto decine di migliaia di persone in tutto il mondo e hanno raffrontato i farmaci (in genere statine) al placebo. Molti degli sperimentatori ricavano ingenti somme di denaro da tali studi, spesso finanziati dalle case farmaceutiche che producono il farmaco in fase di studio. Gli stessi sperimentatori in genere rientrano nell’elenco conferenzieri delle aziende e vengono profumatamente pagati per tenere conferenze sui benefici dei prodotti. La questione del conflitto d’interesse assilla la scienza medica in misura maggiore oggi che in qualsiasi altro momento della storia.
Le linee guida sono valide per le donne?
Per le donne, le linee guida presentano un altro problema. La stragrande maggioranza dei partecipanti alle sperimentazioni cliniche che hanno dimostrato una riduzione del colesterolo era di sesso maschile. Alcune sperimentazioni hanno escluso le donne, mentre altre ne hanno incluso solo una piccola percentuale. In molte di queste sperimentazioni la presenza femminile non era sufficiente a determinare se il trattamento con le statine esercitasse un effetto benefico sulle donne.
Un tempo si pensava che bastasse applicare alle donne i risultati clinici della sperimentazione sugli uomini. Cionondimeno, analizzando un numero via via maggiore di donne è diventato evidente che queste non beneficino di alcuni farmaci tanto quanto gli uomini. Le statine rientrano nella suddetta categoria, ma le linee guida non prendono in considerazione il minor beneficio nelle donne.
Eventi cardiaci nonostante le statine
Persino i più ferventi sostenitori delle statine devono ammettere che, nonostante il trattamento, la maggior parte degli uomini e delle donne affetti da ASCVD seguita a subire eventi cardiaci e a morire della malattia. Il rischio residuo è ancora molto elevato, a prescindere da quanto venga ridotto il colesterolo LDL. Il rischio assoluto di subire un evento cardiaco pur assumendo statine per abbassare il colesterolo, in presenza o meno di ASCVD, si riduce infatti solo di pochi punti percentuali.
Il motivo può essere nel fatto che il colesterolo LDL non è il solo responsabile. In realtà, la maggior parte dei pazienti con aterosclerosi non ha livelli spaventosamente alti di colesterolo LDL. È assai più comune presentare un insieme di fattori di rischio chiamato sindrome metabolica. La sindrome è caratterizzata da cinque componenti; se ne compaiono tre, la diagnosi viene formulata. Le cinque componenti sono:
Dal momento che le statine agiscono principalmente sui livelli di colesterolo LDL e hanno scarso effetto su trigliceridi o colesterolo HDL (di fatto, alte dosi di statine in genere riducono il colesterolo buono), sussiste un elevato rischio residuo di progressione dell’aterosclerosi in chi assume i farmaci, soprattutto se alimentazione e stili di vita poco sani perdurano.
Come vedremo nei capitoli successivi, in presenza di ASCVD conclamata le statine riducono moderatamente il rischio di eventi quali l’infarto. Nelle donne con ASCVD, il rischio si ridurrà meno rispetto agli uomini. Negli uomini che presentano fattori di rischio ma non diagnosi di ASCVD, assumere statine per abbassare livelli eccessivi di colesterolo ridurrà un po’ il rischio di futuri eventi cardiaci. Pur tuttavia, nelle donne sane non vi sono prove che l’assunzione di statine riduca il rischio d’infarto o di decesso per cardiopatia.
Sulla base dei risultati della sperimentazione JUPITER, la FDA ha approvato l’estensione delle indicazioni per la rosuvastatina, includendovi donne di sessant’anni o più e uomini di cinquant’anni o più con livelli normali di colesterolo LDL, maggior infiammazione (evidenziata nell’esame ematico da una PCR-hs di oltre 2) e un altro fattore di rischio. Io però vedo sempre più donne sane di trent’anni assumere