La fisica del successo: Come usare gli incredibili segreti della fisica quantistica per creare la vita che desideri.
By Natalie Reid
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La fisica del successo - Natalie Reid
(N.d.t.).
1
Voi create la vostra realtà
Voi create la vostra realtà
. Forse avete già sentito questa frase. Ma cosa significa esattamente? Ha un grande alone di verità che le dà autorevolezza, ma è solo un modo di dire, non può essere presa alla lettera, vero?
Un terapista vi direbbe che creare la vostra realtà significa che quando accade qualcosa, voi decidete che influenza avrà su di voi con l'attitudine che assumete. Quindi, con la vostra interpretazione, decidete se quell'automobilista che vi ha tagliato la strada all'improvviso è un prepotente o uno sbadato e reagite di conseguenza. In un certo senso, questo significa creare la propria realtà. Ma non avete creato voi il tizio che guidava in quel modo. O sì?
E se aveste saputo ciò che alcuni scienziati conoscono da quasi cent'anni? Voi create la vostra realtà. Letteralmente. La create dall'inizio alla fine, create anche gli altri automobilisti sulla strada.
Quanto sarebbe diversa la vostra vita se aveste saputo di avere nelle vostre mani il potere di crearla a vostro piacimento?
La buona notizia è che quel potere è vostro e che tutto inizia accettando di averlo.
Assumetevi la responsabilità
Passo 1
Se non siete responsabili di qualcosa, non potete cambiarlo. Quindi, assumersi la responsabilità è il primo passo e la base dei seguenti quattro. Da molti punti di vista, allora, non è solo ciò da cui iniziare ma anche il passo più importante. Assumersi la responsabilità è vitale, essenziale, cruciale, e nessuno degli altri passi funzionerà senza di questo.
Cosa vuol dire assumersi la responsabilità? Come si fa?
Ecco un esempio. Non è che moriate dalla voglia di verniciare la macchina vecchia e da fricchettone del vostro vicino, quel rottame mezzo arrugginito che lui insiste a parcheggiare su quei blocchi di cemento del suo vialetto d'accesso vicino al vostro bel praticello. Anche se non ne sopportate la vista, poiché non vi appartiene non potete sbarazzarvi di quel rottame, e verniciarla sarebbe un atto di vandalismo.
In questo esempio, voi siete comunque proprietari della vostra casa e quello che potete fare è piantare una siepe fiorita lungo la linea che divide le vostre proprietà, un bel muro di piante che vi nasconda completamente il vialetto del vicino.
Anche se sembra semplice, l'idea di assumersi onestamente la responsabilità di ciò che accade nella propria vita vi può bloccare all'istante. Non sono responsabile di questo problema
, potreste dire. Io qui sono la vittima! Non guardate me!
. Mettersi nel ruolo della vittima non funziona. Da quella posizione non sarete in grado di cambiare nulla della vostra vita. Dovrete decidervi a guardare la vostra situazione da un altro punto di vista. Come si suol dire, non ci sono vittime, solo volontari
.
Molti credono erroneamente che prendersi la responsabilità di una situazione faccia di loro i colpevoli. Ma la responsabilità non riguarda la colpa. Dare la colpa a qualcuno serve solo a farlo sentire male e nelle relazioni interpersonali questo non è utile a nessuno. È solo un mezzo per punire e manipolare. Il sistema politico e quello giuridico attribuiscono delle colpe per dare a qualcuno il compito di riparare, ma colpevolizzare voi stessi non è un modo di assumersi la responsabilità.
Dall'idea di colpa nasce quella di fallimento: Se mi assumo la responsabilità significa che ho sbagliato, quindi ho fallito
. Sbagliare fa parte della natura umana e nessuno lo può evitare. Fare errori è una delle caratteristiche della nostra specie: non sareste umani se non li faceste. Colpevolizzarvi per errori inevitabili non è un'assunzione di responsabilità. Quando non centrate un obiettivo significa semplicemente che non siete riusciti in quel preciso obiettivo. Fallire non fa di voi, come individui, un fallimento. Non è responsabilità dire che voi stessi siete un fallimento o rimproverarvi per ogni tentativo non riuscito. Attribuirvi le colpe, accusarvi di aver sbagliato, decidere che siete un fallimento non hanno niente a che fare con l'assumersi la responsabilità.
Allora cos'è la responsabilità?
Assumersi la responsabilità
vuol dire che voi, e solo voi,
siete responsabili della situazione.
La responsabilità ha a che fare con la proprietà. Se quell'orrida macchina arrugginita fosse stata vostra, avreste potuto verniciarla o farla sparire.
Per avere un'idea di cosa possa voler dire assumersi la responsabilità, seguite l'esercizio seguente. Prendete carta e penna.
Esercizio
Assumersi la responsabilità
1. Pensate a qualcosa che è accaduto nella vostra vita. Può essere un evento positivo e gioioso o terribile e doloroso. Il suo sapore non è importante, ciò che importa è che sia un avvenimento reale della vostra vita.
2. Scrivete la storia di ciò che accadde da questo punto di vista: quell'evento vi precipitò addosso dal nulla, eravate una vittima innocente e non potevate gestire la situazione. Siate il più minuziosi possibile nell'esporre la storia, senza tralasciare ciò che successe a voi e agli altri come conseguenza di quell'evento.
3. Scrivete poi un'altra versione della stessa storia. Prendete lo stesso evento, ma questa volta descrivetelo come se foste stati responsabili di ciò che accadde, come se in qualche modo lo aveste pianificato e vi foste aspettati quel risultato.
Jane fece questo esercizio scrivendo la storia di un terribile incidente automobilistico che le era capitato cinque anni prima. Uno scontro frontale con un camion enorme, la sua auto che rotolava su se stessa giù da un burrone, Jane e il suo ragazzo, Larry, ingabbiati a testa in giù. Ne uscirono gravemente feriti.
Jane aveva poi subito una delicata operazione chirurgica alla testa e aveva fatto molti mesi di riabilitazione. Scrisse la storia dell'incidente con un elenco di ferite e traumi che sembrava una lista della spesa e dettagliò il periodo di recupero con tanto di grafici. La sua storia terminava con la triste conclusione che, anche se entrambi erano guariti fisicamente, la loro relazione non era sopravvissuta a quella terribile esperienza.
Rileggere il suo racconto era difficile per lei. La storia era piena di dolore e tristezza, ma c'era anche l'amarezza per la perdita della sua relazione con Larry. Una relazione che durava da sei anni e che, giurava Jane, era finita solo a causa dell'incidente e delle sue conseguenze.
Ma quando scrisse la seconda versione della storia, qualcosa in Jane cambiò. Sebbene inizialmente le sembrasse sciocco, scrisse che lei stessa aveva causato l'incidente passando distrattamente da una strada all'autostrada (e ciò, almeno in parte, era vero dato che venne multata per aver provocato l'incidente) e che lo aveva fatto, anche se segretamente e quasi inconsciamente, per poter raggiungere alcuni obiettivi importanti nella sua vita. Jane notò che aveva bisogno di un grande cambiamento nella sua vita e non sapeva come fare. Scrisse che prima dell'incidente era sempre stata una persona paurosa, che non amava stare da sola o allontanarsi dal suo quartiere. Dopo essere guarita, invece, lasciò la piccola cittadina del Massachusetts dove viveva per stabilirsi in un monolocale del Greenwich Village a Manhattan, e due anni dopo se ne andò a cinquemila chilometri di distanza per iniziare una nuova vita in California.
Ricordò anche di aver messo in discussione la sua relazione con Larry prima dell'incidente. Circa una settimana prima, aveva parlato di lui a un'amica. Era una conversazione che preferiva fingere che non fosse mai avvenuta. Nella seconda versione della storia, Jane ricordò che quel giorno disse alla sua amica: Non ho proprio idea di cosa ci potrebbe separare. Mi piacerebbe che fossimo sposati così potremmo già divorziare e farla finita
.
Era talmente scioccante che già mentre lo scriveva sentì qualcosa muoversi dentro di lei. Improvvisamente le sue idee cambiarono e si convinse che la seconda versione era quella vera. Riconobbe che nel profondo stava cercando qualcosa che sconvolgesse la sua vita, e anche se non credeva di aver provocato intenzionalmente l'incidente, ammise che per lei era stato funzionale. Infatti, la cosa più importante che ne risultò fu che visse in modo molto diverso la sua vita affettiva. In ospedale, quando capì di essere stata sul punto di morire, ciò che l'aveva angosciata di più era il fatto che avrebbe potuto essere stata costretta a lasciare questo pianeta senza aver mai detto alle persone che amava ciò che sentiva verso di loro. Dopo l'incidente, Jane si premurò di farglielo sapere sempre. Ogni volta che si separava da amici e familiari, anche per brevi periodi, lo faceva dicendo ti voglio bene
o rendendo chiaro quanto le importavano.
Per la sua storia, Ed scelse un fatto accaduto solo qualche settimana prima. Era stato licenziato e la ferita e l'umiliazione bruciavano ancora. Si gettò sulla prima versione con molto piacere. Poiché le sue emozioni erano ancora molto in superficie, qualsiasi dettaglio lo faceva esplodere, quindi questa prima parte del processo fu l'arena perfetta per dare libero sfogo alla sua rabbia e al suo disagio.
Ecco cosa era accaduto: Ed era stato chiamato dal vicepresidente nell'ufficio del personale. Quando arrivò, scoprì che anche Sarah, il suo capo, era là, e lui iniziò a sudare. Sarah disse: La tua funzione è stata eliminata a partire da oggi
. Ed non riusciva a immaginare cosa avesse fatto per provocare una tale frattura insanabile con il suo capo e l'azienda e se ne vergognò all'istante.
Tornò alla sua scrivania accompagnato dal vicepresidente che lo guardava mentre impacchettava le sue cose. Sotto lo sguardo di tutto l'ufficio, il vicepresidente lo scortò fino all'uscita. Con il suo scatolone in mano, Ed era tutto rosso in viso, mortificato.
Nella sua testa non c'era ombra di dubbio: lui era la vittima. Prima di quel giorno orribile non aveva avuto nessun segnale che qualcosa andasse storto, stava lavorando proprio bene. Anche se era in quell'azienda soltanto da quattro mesi, sapeva di essere il migliore.