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Alimenti preventivi contro il cancro: Prefazione del dottor Roger Halfon.
Alimenti preventivi contro il cancro: Prefazione del dottor Roger Halfon.
Alimenti preventivi contro il cancro: Prefazione del dottor Roger Halfon.
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Alimenti preventivi contro il cancro: Prefazione del dottor Roger Halfon.

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Ogni anno in Italia almeno 140.000 persone sono vittime del cancro: è la seconda causa di mortalità dopo le malattie cardio-vascolari. È ormai noto che esistono dei fattori di rischio che predispongono alla malattia: fumo, alcol, inquinamento. In base agli studi del dottor Kousmine sull'incidenza dei fattori ambientali o alimentari, tuttavia, si stima che addirittura il 30% dei casi di cancro sia causato in maniera più o meno diretta dalle nostre abitudini alimentari. Da questi dati emerge chiaramente l'importanza di curare, oltre al nostro ambiente e al nostro stile di vita, anche il modo in cui ci alimentiamo: entrano in gioco i cosiddetti alimenti anticancro o preventivi contro il cancro, molto ricchi di antiossidanti. Alimenti preventivi contro il cancro ci insegna quali sono i cibi altamente sconsigliati, come grassi, sale, zuccheri semplici; e quali invece sono particolarmente raccomandati, come pane, cereali, legumi, frutta, latticini, oli vegetali, pesce, cavolo, soia, tè verde… L'autore propone anche una lista ristretta di venti alimenti noti per le loro proprietà antitumorali. Con un po' di buon senso e di disciplina personale, ognuno di noi grazie a questi consigli può arrivare a ridurre i rischi per la propria salute e a vivere in maniera più serena.
LanguageItaliano
Release dateFeb 3, 2011
ISBN9788880937999
Alimenti preventivi contro il cancro: Prefazione del dottor Roger Halfon.

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    Alimenti preventivi contro il cancro - Marie

    amiamo.

    Cancro

    e alimentazione:

    un legame diretto?

    Situazione attuale e ricerche in corso

    Da moltissimo tempo il possibile rapporto tra cancro e alimentazione è diventato evidente. Ad esempio, quest'aforisma cinese scritto tra il 960 e il 1280 afferma: "Si deve mangiare e bere con moderazione, mantenere una temperatura tranquilla, assumere un buon cibo; in questo modo lo Ye Ge (tumore all'esofago) non si svilupperà".

    La prevenzione alimentare del cancro è dunque leggenda o realtà? Per numerosi specialisti, questo dubbio in effetti non è nuovo. Da molto tempo è stato assecondato da una cattiva conoscenza delle concrete possibilità di prevenzione alimentare del cancro. Tuttavia, numerosi risultati rivelano in maniera convincente il ruolo di certi alimenti o fattori alimentari nella riduzione o nell'aumento della malattia.

    Globalmente, l'alimentazione potrebbe essere ritenuta responsabile di circa il trenta per cento dei tumori. Si tratta tuttavia solo di una stima. Come precisa Elio Riboli, responsabile del Centro Internazionale di Ricerca sul Cancro (CIRC): "Rimangono ancora molti interrogativi sui legami tra ciò che mangiamo e l'insorgenza del cancro".

    È infatti vero che, per l'interpretazione, vanno presi in considerazione numerosi fattori. Tener conto delle circostanze è sempre un'operazione complessa: vi sono tumori che risultano dall'intreccio di molteplici fattori, quali il terreno biologico (predisposizioni genetiche) e i fattori ambientali, questi ultimi strettamente legati ai comportamenti individuali (tabagismo, abitudini alimentari, consumo d'alcol, ecc.).

    Comunque sia, sono in corso programmi di ricerca ad ampio raggio per identificare con più precisione i fattori nutrizionali coinvolti e le modalità alimentari da adottare per proteggersi meglio.

    Già ora però sappiamo che alcune popolazioni hanno una salute migliore, vivono più a lungo e in forma migliore, perché la loro cucina le mantiene in ottima salute. Una bella notizia!

    Alimentazione e geocancerologia

    L'ipotesi di un legame tra cancro e alimentazione è stata avanzata alla fine degli anni Trenta, dapprima sulla base di alcune osservazioni cliniche e in seguito sulla base di lavori condotti su animali.

    Agli inizi degli anni Settanta, tale ipotesi ha acquistato ulteriore slancio allorché hanno fatto la loro comparsa studi epidemiologici cosiddetti ecologici, che analizzavano le variazioni dell'incidenza dei tumori in diversi paesi. Ad esempio, si stima che negli Stati Uniti quasi il sessanta per cento dei decessi sia dovuto ad affezioni legate al regime alimentare, che si tratti di patologie cardiovascolari o di tumori all'apparato digerente.

    L'eccessivo consumo di carne nell'arco degli ultimi cinquant'anni è all'origine dell'aumento di tali malattie, che nei paesi industrializzati rappresentano le prime due cause di morte. È stato quindi possibile stabilire una correlazione assai netta tra i paesi in cui si consuma molta carne di manzo e quelli in cui ad esempio sono più frequenti i tumori al colon.

    L'argomento è controverso, tuttavia alcuni studi comparativi condotti in Giappone, dove solo il dieci per cento dell'apporto calorico deriva dai lipidi, e negli Stati Uniti, dove invece questo tasso si avvicina al quaranta per cento, rivelano una differenza d'incidenza dei tumori al seno di uno a cinque.

    Infine, gli studi sull'incidenza del cancro presso le popolazioni migranti sono decisamente probanti. Si osserva infatti una variazione dell'incidenza delle neoplasie mammarie presso le giapponesi che vivono in Giappone e quelle che sono emigrate negli Stati Uniti in età adulta. Il tasso d'incidenza di questo tipo di tumore progressivamente tende ad avvicinarsi a quello delle americane.

    Il merito degli studi ecologici è stato dunque quello di sottolineare l'importanza dell'ambiente e di conseguenza dei comportamenti alimentari.

    Popolazioni senza cancro

    Alcuni studi effettuati su scala internazionale mostrano che i tumori maligni sono meno numerosi in certe popolazioni rispetto ad altre.

    I giapponesi muoiono meno di cancro rispetto agli occidentali. In questo paese donne e uomini, che consumano molti piatti a base di soia, presentano un'incidenza di cancro al seno (per le prime) e alla prostata (per i secondi) inferiore a quella degli occidentali (maschi e femmine), che invece ne consumano meno.

    Oggi sappiamo che la soia contiene estrogeni naturali denominati fitoestrogeni o isoflavoni. Considerata la sensibilità del tumore alla prostata verso gli androgeni, il consumo di estrogeni risulterebbe in teoria benefico.

    Analogamente, gli isoflavoni inibirebbero i meccanismi della formazione di nuovi vasi sanguigni necessari alla crescita del tumore o alla comparsa di metastasi.

    Si sa anche che i tumori alla prostata sono assai rari tra gli Inuit, da quattro a cinque volte meno frequenti che nelle altre popolazioni. Senza escludere la possibilità di una causa genetica, i ricercatori hanno ipotizzato che l'immunità degli Inuit derivi principalmente da un'alimentazione ricca di selenio e di omega-3.

    Vi sono popoli che non conoscono il cancro. Tra questi, gli Hunza del Pakistan o gli amerindi dell'ecuadoriana Valle dei centenari, nei quali si osservano pochissimi casi di tumore alla prostata. Sappiamo che sono grandi consumatori di selenio perché coltivano noci, le quali ne contengono in abbondanza.

    L'utilità del selenio contro il cancro alla prostata è emersa nel corso di uno studio sulla prevenzione dei tumori cutanei svolto su circa milleduecento uomini. Dopo dieci anni, si è constatato che il selenio non preveniva il cancro alla pelle, ma che il rischio di tumori prostatici era del sessantasei per cento inferiore alla media negli uomini che avevano ricevuto tale oligoelemento.

    L'estrema rarità del cancro presso i popoli del Gabon rappresenta un altro dato interessante, senza dubbio legato a fattori alimentari, poiché la popolazione per sfamarsi fa un maggior consumo di frutta e verdura.

    Tra i mormoni di Salt Lake City, che vietano totalmente l'alcol e il fumo, seguendo i principi di un'alimentazione equilibrata con moderato consumo di carne, si osservano molti meno casi di cancro al seno, allo stomaco e al colon rispetto a quanto accade presso gli altri americani.

    In India, l'incidenza del cancro al seno, al colon e al retto è più alta presso i Parsi piuttosto che presso gli Indù, seguaci del brahmanesimo, i quali praticamente non consumano carne.

    Infine i cretesi, grazie al loro famoso regime a base di pomodori e olio d'oliva, godono per ciò che concerne l'aspettativa di vita di un'eccezionale protezione, al punto che oggi questa dieta rientra nelle raccomandazioni dell'Unione Europea.

    Sulle orme della dieta mediterranea

    Gli epidemiologi hanno constatato che i popoli mediterranei vivono più a lungo e in miglior salute dei nordoccidentali. Numerosi studi lo hanno provato nel corso degli ultimi quarant'anni.

    Nel 1960, in tali regioni l'aspettativa di vita in età adulta era tra le più alte al mondo e l'incidenza di patologie coronariche, di certi tumori e di altre malattie legate all'alimentazione era tra le più basse.

    Nel 1988, alcuni ricercatori lionesi hanno pubblicato dei risultati assolutamente sbalorditivi. Hanno esaminato seicento pazienti che nei tre anni precedenti avevano avuto un infarto. La metà di questi ha seguito un regime alimentare classico, gli altri uno di tipo cretese. I risultati hanno rivelato una forte riduzione del rischio nel campione cretese: ricadute ridotte del settantacinque per cento, mortalità totale ridotta del cinquantasei per cento e comparsa di tumori ridotta del sessantun per cento!

    Sebbene vi siano variazioni a seconda della regione, la tradizionale dieta mediterranea è ricca di glucidi e di grassi insaturi (olio d'oliva), nonché povera di grassi saturi (carni e latticini). È pertanto caratterizzata da un elevato consumo di alimenti di origine vegetale (cereali, legumi, frutta e verdura, semi e frutta secca). L'alcol, in genere vino, viene consumato con moderazione durante i pasti e il controllo del peso fa parte della tradizione. Paragonati a soggetti della stessa età, ad esempio nordeuropei, i quali consumano più burro, panna e carni grasse, i cretesi stanno a meraviglia!

    Consumo delle popolazioni mediterranee rispetto ai nordeuropei:

    olio d'oliva, quattro volte superiore

    pesce, due volte superiore

    verdura, sessanta per cento superiore

    frutta, dieci per cento superiore

    cereali, venti per cento superiore

    latte, panna, burro, cinquanta per cento inferiore

    carne, quaranta per cento inferiore

    uova, sedici per cento inferiore

    Gli uni hanno problemi cardiovascolari, gli altri no. Gli uni sono più pingui degli altri e con una maggior incidenza di tumori all'apparato digerente. Da qui ad affermare che l'olio d'oliva svolge un ruolo di primaria importanza, non ci vuole molto. Questa sostanza grassa è certamente la migliore, assieme all'olio di pesce. Ricca di antiossidanti, equilibrata, risponde in maniera del tutto naturale ai bisogni fisiologici dell'uomo. Tuttavia, non agisce da sola.

    Promemoria della dieta cretese

    Meno grassi animali: meno carne (altrimenti preferire carni bianche o pesce) e meno latticini, a eccezione del latte di capra o pecora.

    Più frutta e verdura: di preferenza fresca, ricca di vitamina C, e gialla, ricca di caroteni e vitamina A.

    Molti legumi e cereali.

    Olio d'oliva a volontà: ricco di omega-3, prodotto da prima spremitura a freddo. In mancanza di questo, olio di colza.

    Modalità di cottura a vapore e al dente.

    Attualmente si stanno realizzando gruppi di ricerca internazionali per cercare di introdurre le tradizioni mediterranee nei paesi europei e americani, laddove ci sarebbe tutto l'interesse a rendere più meridionale la cucina, a grandissimo vantaggio della salute pubblica.

    Al momento sappiamo che adottare le dieta mediterranea rappresenta uno dei modi migliori di prevenire le grandi malattie caratteristiche delle nostre culture più nordiche. Ed ecco una bella notizia: la dieta cretese presenta il vantaggio di essere appetitosa e di evitare le frustrazioni legate a certe diete ferree. Sostituite il burro con l'olio d'oliva, rimpinzatevi di frutta e verdura, sostituite in parte le patate con pasta o del buon pane.

    Niente restrizioni o privazioni, solo qualche nuova ricetta!

    Le popolazioni a rischio

    Ecco un paradosso: in tutte le società cosiddette affluenti, cioè quelle che da molto hanno superato problemi di penuria, l'alimentazione è sempre più una difficoltà.

    A livello di salute pubblica e individuale, si pongono numerosi problemi. Alcuni riguardano gli elementi e le modalità produttive (proprietà gustative e nutrizionali), altri chiamano in causa il consumatore stesso, ossia il suo comportamento alimentare.

    Nel 1996, la prima crisi della mucca pazza ha portato alla ribalta, avviando un dibattito pubblico, la questione della sicurezza alimentare. Le crisi seguenti hanno avuto in particolar modo l'effetto di chiamare in causa in maniera radicale il processo di produzione alimentare che aveva preso progressivamente piede dagli anni Cinquanta.

    Queste tensioni caratterizzano il rapporto tra il consumatore contemporaneo e la sua alimentazione, sempre più trasformata, sempre più dilazionata in filiere industriali, sempre più estranea ai locali ecosistemi del paese. Si tratta di alimenti prodotti altrove, non si sa dove, non si sa come, distribuiti come oggetti di consumo di massa, sostenuti da martellanti campagne pubblicitarie, colmi di sostanze misteriose e inquietanti (coloranti, conservanti, additivi vari).

    Oltre alla questione della sicurezza alimentare e dei rischi tossicologici, si pone quella del rischio nutrizionale. L'inadeguatezza delle pratiche alimentari è considerata la causa dell'aumento dell'obesità e dell'insorgenza delle malattie ai primi posti, nei paesi più prosperi, come causa di morte: le patologie cardiovascolari e i tumori.

    Chiaramente, l'alimentazione dei paesi ricchi è povera di alleati. L'uomo moderno ha nettamente modificato le proprie abitudini alimentari e, di conseguenza, i processi di assorbimento e di assimilazione, come pure il metabolismo. Dagli studi veniamo a conoscenza del fatto che ha notevolmente ridotto l'apporto di frutta, verdura e cereali, ossia di fibre, vitamina C, provitamina A e vitamina E, fattori protettivi contro il cancro.

    Tali cambiamenti sono stati inoltre associati a una sedentarietà sempre più consistente. Viviamo in un universo meccanizzato (automobili, ascensori, innumerevoli macchine) e termicamente regolato (riscaldamento, climatizzazione), cosicché il nostro fabbisogno calorico è in media assai inferiore di quello di un tempo.

    Oggi gli epidemiologi sono anche riusciti statisticamente a dimostrare ciò che si sapeva a livello empirico: la maggior parte delle malattie degenerative e metaboliche predominanti negli occidentali è legata o associata a fattori alimentari.

    La dottoressa Kousmine, che per prima ha studiato gli effetti dell'alimentazione sui rischi di cancro, ha concluso che tale malattia non è stata concepita a caso dall'organismo, bensì per difendersi da fattori tossico-infettivi. Il tumore sarebbe dunque un processo di difesa e deriverebbe da uno squilibrio immunitario, squilibrio essenzialmente dovuto al profondo mutamento dei nostri comportamenti alimentari: "Abbiamo perduto, afferma la dottoressa, l'istinto che in passato ci permetteva di scegliere gli alimenti più adatti ai nostri bisogni. Ci siamo così resi sempre più fragili e la frequenza dei tumori è aumentata".

    Secondo la tesi della dottoressa Kousmine, l'alimentazione delle popolazioni cosiddette civilizzate sarebbe notevolmente degenerata a partire dal secondo dopoguerra, con l'introduzione di cereali e oli raffinati, conserve e modalità di cottura aggressive, il tutto aggravato da una netta riduzione nel consumo di frutta e verdura crude, primo passo nell'eliminazione di numerose vitamine indispensabili all'organismo.

    In un secondo momento, il consumo in quantità esagerate di zucchero bianco, nonché di proteine e grassi animali, avrebbe causato lo sviluppo di una flora intestinale di putrefazione, la diminuzione della flora acidofila protettiva e un aumento della fragilità nella parete della mucosa intestinale, principali cause della comparsa di tumori.

    Basandosi sul pionieristico lavoro della dottoressa Kousmine, i nutrizionisti di oggi insistono nel mettere in guardia contro gli alimenti denaturati, gli zuccheri e i grassi animali, chiaramente non senza arricchire gli arsenali di sostanze nutritive le cui proprietà antitumorali sono state scoperte più di recente.

    Le cifre lo attestano: gli individui che si nutrono in maniera corretta sono molto meno esposti al cancro e alle malattie in generale.

    Oggi sappiamo che la nostra società è la più colpita dalle malattie cosiddette di civilizzazione, ma, paradossalmente, seguitiamo a scavarci la fossa con la forchetta!

    Cancro e alimentazione: dove sono i rischi?

    In base alle attuali conoscenze è difficile affermare, prove scientifiche alla mano, che il tale additivo cancerogeno viene utilizzato indiscriminatamente nell'alimentazione o che, al contrario, il tale alimento è il rimedio miracoloso contro il cancro. Pertanto, affermeremo piuttosto che i consigli di prevenzione sono basati sul concetto di maggior o minor

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